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alcuni appunti sull’approccio interculturale nelle scuole della repubblica

gennaro tedesco

Dopo tanta teoria , poco e mal studiata e soprattutto non metabolizzata , su una intercultura di cui nelle Scuole ma anche in non poche Università si conoscono solo le maldestre interpretazioni di sporadici e non sempre sperimentali maestri senza rimandare studenti e docenti alle fonti originarie e originali e senza mai aver visto e praticato un extracomunitario nel suo luogo e contesto d’origine oltre che nel “territorio” , per usare un’espressione alla moda di sapore “federalista” (giacchè nel Bel Paese , fortunatamente in questo caso , tutto si riduce a vuoto propagandismo) credo che sia giunto il momento di tentare di “carnalizzare” , rendendoli meno ectoplasmatici dei ragazzi extracomunitari intravisti nelle nebbie e nelle brume gassose delle elucubrazioni e sofisticazioni di non pochi docenti e dirigenti , alcuni punti dell’approccio interculturale nelle Scuole della Repubblica .

Innanzitutto quali programmi , quali curricoli ? Non sembra proprio che quelli vigenti e operanti nelle nostre Scuole , per quanto continuamente rivisti , aggiornati e rimodellati , siano all’altezza della sfida mondiale posta dall’impatto planetario e dall’accelerazione della globalizzazione e dall’apertura concettuale delle teorie della complessità . In essi vi è totale assenza di interdisciplinarizzazione e mondializzazione assunta a pratica di apprendimento .La Globalizzazione e le Teorie della Complessità hanno abbattuto contemporaneamente barriere e confini geografici oltre che le paratie stagne delle discipline , ma di tutto ciò nei nostri curricoli non vi è alcuna traccia praticabile a parte , nella migliore delle ipotesi , qualche maldestro e contraddittorio enunciato teorico che lascia il tempo che trova .

Quale formazione per i docenti ? Ci si può proporre come guide e facilitatori nei confronti di allievi extracomunitari che posseggono almeno due esperienze e pratiche di vita mentre i nostri docenti non solo scolastici ne posseggono a stento una , tra l’altro , in molti casi inficiata pure da un provincialismo territorialistico e mentale ? Non è soltanto una questione di mancanza o carenza di docenti di diverse origini o di diverse lingue madri . Per cominciare ad affrontare l’annoso problema della formazione dei docenti non solo scolastici con qualche probabilità di successo , dobbiamo riorientare totalmente il senso di marcia dei nostri docenti : l’avvicinamento all’agognata cattedra comporta l’allontanamento formativo obbligatorio in “Terre assai lontane” nelle dolenti contrade dei Migranti a strettissimo contatto con le loro realtà di provenienza . Una ineludibile e pur necessaria Rivoluzione formativa che , tra l’altro , consentirebbe di scegliere docenti la cui vocazione sarebbe verificata e convalidata dall’accettazione e dall’esperienza dell’allontanamento formativo .

Ancora identità e senso di appartenenza , pur in un contesto di ineludibile e necessario confronto imposto dalle circostanze dell’ambiente-classe in una Scuola italiana ( ma anche Università) che sembra ancora subire e vivere come un vincolo la “scelta” dell’eterogeneità e della diversità piuttosto che avvertirla come una risorsa ,un’occasione irripetibile di ricchezza formativa , educativa e culturale , come preservazione di essenze e sostanze eterne e di radici monolitiche e univoche mai possedute e mai storicamente esistite ? A noi pare che , anche quando tra i più ‘illuminati” della nostra intellighenzia non solo pedagogica si enfatizzi la necessità e la bontà del “mescolamento” o “rimescolamento” , del confronto e del dialogo tra “noi” e “loro” , ci sia sempre un grosso equivoco che non è solo teorico purtroppo . Non è questione di sostanze ed essenze identitarie o di inespugnabili trincee di appartenenza immutabili ed eterne entro cui rifugiarci per difenderci dal diverso da “noi” , che non esistono e non sono mai esistite se non nelle teste di cemento armato e nelle mani lorde e insanguinate di xenofobi ,nazionalisti e fondamentalisti , ma di capire e soprattutto praticare , a cominciare dalle aule scolastiche e universitarie , ma non solo , un vissuto interculturale che è veramente tale quando è carne e sangue che non si incontra semplicemente con l’altro per preservare , pur accettando l’altro , se stesso , ma che diventa impatto anche doloroso che trasforma te stesso e l’altro . Non più sostanze ed essenze che carinamente e superficialmente si incontrano , preservandosi a vicenda , quasi intimorite da eventuali totali immersioni negli abissi senza fondo delle profondità umane , ma ibridazioni e contaminazioni di nature umane prima che culturali , carne e sangue appunto . In questo ancora una volta superati noi occidentali europei ed americani dalle civiltà orientali . Alludo , in questo caso , a Bali dove credo di aver appreso una piccola grande lezione totalmente e prepotentemente umana : il naturalismo e l’animismo balinese sono cunei che penetrano e attraversano le croste e le corazze occidentali per giungere direttamente al “cuore” , cioè , se così si può dire , dato che è difficile in questo campo tra l’antropologico e l’esperienziale trovare , se esistono , parole adatte e consone a rendere appunto l’ “esperienza” , cioè alla “natura terrestre” , mammifera dell’uomo . Forse è questo che temevano e continuano a temere i tanti pastori e preti cristiani che ancora oggi sulla diabolica e pagana , cioè concreta isola , tentano di convertire , fortunatamente , non riuscendoci , tante anime “ in pena “ “perdute” nella loro infima “terrestrità” che immediatamente ti fagocita come uno di “loro” , cioè uno che per “patria” , prima del mondo , possiede la madre natura .
Identità e appartenenze sono solo costruzioni e finzioni intellettualistiche , politiche e propagandistiche utili ai potenti di turno per dividere e dominare i popoli . L’adulto , prima adolescente e scolaro , attraversa la vita e il mondo e comprende quest’ultimo , se stesso e “l’altro” non con l’invenzione , la fabbricazione e la finzione dell’identità inossidabile e monolitica che non esiste , ma con la rottura e l’abbattimento dei “confini” , con la caleidoscopica e poliedrica proliferazione e moltiplicazione delle esperienze dell’”altro” che lo trasformano in un eterno , dinamico , polimorfico e complesso divenire . Ma è proprio questo che temono i fondamentalisti della religione e della ragione , il flusso incontenibile ed inarrestabile della vita metamorfica e trasformatrice che rende l’uomo sempre diverso da se stesso e alla continua ricerca di se stesso e dell’altro da se senza ancoraggi definitivi a “fondamenta” di alcun genere . Ed è a questo e non ad altro che una Scuola e un’Università davvero interculturali dovrebbero educare e formare gli allievi .

Cosmopolitizzazione ? Ma se al centro della nostra Scuola e della nostra Università l’unico “avanzato” dibattito in corso è quello sull’educazione civica e sull’educazione alla cittadinanza . Non mi sembra nemmeno pensabile e tanto meno agibile il concetto e la pratica di cosmopolitizzazione in una Scuola e in una Università ripiegate su se stesse all’inseguimento di bieche e ristrette nozioni pragmatistiche di civismo , di regolamenti e di microcomportamenti patrio-istituzionalistici e microscopiche buone pratiche e all’insegna del patriottismo costituzionale , mentre la stessa Unione Europea non riesce nemmeno a concettualizzare nei suoi Trattati , Carte e simili la valanga inarrestabile non solo economica della Cosmopolitizzazione travolgente che avanza impetuosa e straripante nelle forme aggressive del Dragone Cinese e dell’Elefante Indiano .
Nella Città Mondiale gli allievi assumono punti di vista diversi , basati sulla conoscenza , frequentazione , esperienza e pratica della differenza che non risiede solo nella classe e nel “territorio” , ma anche e soprattutto in luoghi lontani e dissimili dai “propri” , consapevoli di “appartenere”a una sola Comunità contemporaneamente naturale ed umana che , forse , metafisicamente , aspira a divenire Assoluta .
Ma di tutto ciò nella nostra Scuola e nella nostra Università non si intravede non solo l’ombra , ma nemmeno la penombra .

La nostra Scuola , insieme all’Università, pur incessantemente “riformata” almeno apparentemente e propagandisticamente nelle sue architetture ordinamentali , nel suo ordinamento gerarchico , contribuisce in qualche modo a concretizzare l’approccio interculturale ?
Negli ultimi anni , di fronte all’imperversare e all’acutizzarsi di una reazione educativa oltre che politica evidente non solo nella Repubblica , ma anche in Europa e in America , le stesse Scuole elementari e medie , in tempi non lontani caratterizzate da modelli universalistici ed inclusivi , si sono avviate e incamminate sul sentiero stretto , impervio e subdolo di un neodisciplinarismo precoce e selettivo all’insegna di un nozionismo perduto e finalmente ritrovato che , evidentemente , premia in partenza i più “fortunati” socialmente e i più “dotati” di censo . Un solo esempio : la dislessia non è più un problema relazionale , comunicativo e sociale , ma una predisposizione genetica ! Se è così , allora la maggior parte degli albanesi , dei rumeni , dei marocchini , dei tunisini , ecc…., con le loro ovvie e scontate difficoltà linguistiche , espressive e comportamentali , finiscono col divenire i candidati più probabili ad una nuova e più pericolosa specie di ghettizzazione , quella genetica . Lo spettro brutale di Hitler ritorna a materializzarsi tra di noi per indicarci la via maestra , quella del Lager .
Se questa è la situazione di accoglienza al diverso nella Scuola di Base , peggio ancora nelle Superiori . Un solo caso ed esempio : il Liceo, meglio, o peggio , classico . Qui vige lo sterminio di massa del più debole , se solo per un mero incidente o accidente un adolescente socialmente fragile si arrischia a iscriversi e a frequentare questo Giardino delle delizie che è il Liceo Classico . Qui non solo l’eventuale allievo extracomunitario , come del resto quello “nazionale” cioè l’italiano, si troverebbe sbarrato il passo da un modello educativo pregiudizialmente selettivo ed elitario , ma si verrebbe a trovare anche nella condizione , specialmente se islamico , indù o buddista , di dover subire l’imposizione coatta di una dottrina occidentale identificabile ed identificata nell’esclusivismo settario oltre che ideologico dell’identitarismo classico e cristiano riversato , coniugato , declinato e propagandato nella versione italocentrica e ed eurocentrica . Un delirio xenofobo !

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Anno 9, Numero 36
June 2012

 

 

 

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