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in assenza del padre

stelian turlea

Era già buio da tempo, mi sono infagottato per bene, mi sono tirato il berretto di lana sulle orecchie e mi preparavo a uscire dalla porta.
Dove vai, mi ha chiesto mio fratello più piccolo,
a cercare un albero, gli ho risposto, stanotte arriva Babbo Natale,
sapevo che il babbo deve trovare l’albero in ogni casa e, con papà via e
la mamma al lavoro, non c’era nessuno a procurarne uno,
vengo anch’io con te, mi ha detto mio fratello,
non pensarci nemmeno, stai qui e aspettami,
magari è pesante, ha detto ancora lui, ti aiuto a portarlo,
ce la faccio, gli ho risposto di nuovo, mentre pensavo che forse aveva ragione, in due sarebbe stato più facile, ma non potevo portarlo con me,
tremavano le gambe anche a me al pensiero di attraversare la città, di notte, fino al mercato dei capannoni, dove avevo sentito dai vicini che avrebbero portato degli alberi verso sera, dovevo farmi forza, non toccare la stufa, dissi ancora e, per essere sicuro che la casa non si sarebbe raffreddata, ci ho infilato tre grossi legni nella stufa grande di terracotta, queste terranno caldo fino al mattino, gli ho detto di non aprire a nessunno, sia io che la mamma abbiamo la chiave,
non stare via per molto, avrò paura, mi ha detto,
gli ho fatto segno di sì e quando sono uscito fuori un’ondata di aria fredda mi ha schiaffeggiato e mi ha tolto il respiro, ma ho fatto il primo passo nella neve alta.
C’era vento, non troppo forte, ma scuoteva le poche lampadine accese e la luce violacea si dondolava come se qualcuno avesse giocato con una lanterna sul sentiero che serpeggiva sul marciapiede, nel mucchio di neve, aperto dalla gente passata avanti e indietro per tutto il giorno, fortuna che non nevicava più, occhio a non scivolare sulla neve battuta e gelata non badavo nemmeno al ringhio dei cani dietro le cinte, abbaiate quanto volete, non mi fate paura, la neve scricchiolava sotto i piedi, ogni due-tre passi schiacciavo con più forza, per farla scricchiolare ancora di più, mi dava coraggio, sono arrivato all’angolo della strada, ho camminato sul sentiero battuto fino alla strada principale, vicino alla chiesa, da lì sapevo che sarei arrivato in fretta in centro e il cuore mi si è tranquillizzato, c’erano un sacco di passanti frettolosi, mi ero scaldato, non mi ero nemmeno accorto di quanto avessi camminato veloce, quasi di corsa, ho rallentato, sgranavo gli occhi alle vetrine con i manechini di gesso su cui penzolavano dei cappoti grigi, alle montagne di scatole di conserve, alle bambole smisurate in abiti da sposa impolverati, ero all’acquario che mi ammagliava sempre, sopra di lui vacillava la lucina blu che conoscevo, ma niente era più come prima nella vetrina, ho schiacciato il naso contro il vetro freddo, appannato dal di dentro, ma non riuscivo a scorgere neanche un pesciolino nell’acquario, sarà congelato, mi dissi, nella ghiaia sul fondo non si vedeva nemmeno una carogna, vuol dire che li hanno portati da qualche altra parte, ma non si vedeva nessun altro acquario, non c’era anima viva a cui chiedere, nella stanza non c’era proprio nessuno, continuai a guardare verso l’acquario, magari sarebbe spuntato qualche segno di vita, e allora passarono vicino a me degli uomini che si auguravano Buon Natale, mi sono ricordato che dovevo cercare un albero e mi sono staccato a fatica dal vetro appannato. Dietro ai capannoni di carne e pesce, dove papà comprava la trippa per la zuppa di trippa, c’era lo spiazzo dove vendono la verdura d’estate, ma ora non si vedeva altro che mucchi di neve a coprire le bancarelle vuote e da un lato una grande fila di gente che batteva i piedi per scaldarsi, ero convinto che aspettavano gli alberi di Natale e così era. Non era ancora arrivato il camion con i pini. Mi sono messo dietro all’ultimo uomo e subito dopo altri due si sono messi dietro di me, ormai si era formata una gran coda, battevo i piedi anch’io come tutti gli altri,
non hai freddo, piccolino, mi ha chiesto uno,
feci segno di no,
perchè non sei a casa e stai qui a prender freddo,
per gli alberi, balbettai,
ah, ma non poteva venire tu’ padre,
ma non gli risposi più, non potevo mica raccontargli tutto il guazzabuglio con papà, l’uomo non sembrava nemmeno voler sentire la mia storia, aveva ripreso la conversazione con il suo vicino prima ancora che io aprissi bocca e comunque non avevo alcuna intenzione di aprirla, ogni tanto sentivo qualcuno che chiedeva
arriva o no, diamine, ‘sta macchina con gli alberi, cosa diccono ‘sti qua,
dicono che è sulla strada,
sulla strada, sulla strada, ma qui ci piglia la mezzanotte,
e io che posso farci, mi hai chiesto che dicono e io te l’ho detto,
e se è rimasto bloccato dalla neve da qualche parte e non arriva più,
chiedeva ogni tanto qualcuno e un brivido ci attraversava tutti, questa sarebbe stata una vera sfiga, che rimanesse bloccato nella neve proprio la vigilia di Natale,
ce l’avrebbero detto, gente,
macchè, mica lo sanno, non mollava quello che aveva lanciato la pietra, e dopo un po’ si sentiva un sussulto e la fila pareva svegliarsi dal torpore, si dondolava da una parte all’altra, come fosse viva, qualcuno aveva detto che la macchina fosse entrata in città, chissà come l’avrà saputo, non capivo, la gente si irrigidiva di colpo, si mettevano in ordine l’uno dietro l’altro, qualcuno brontolava, che lui era stato prima di non so chi, quelli gli dicevano di non rompere le scatole, li calmavano altri da dietro, ci saranno alberi per tutti, ne portano sempre tanti, ne avanzeranno anche da mettere sul fuoco, chi li ha comprati per tempo lo starà già addobbando, guardavamo tutti giù per la strada, ma non si vedeva alcun camion fino a lontano e l’agitazione cominciava a scemare.

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Anno 9, Numero 36
June 2012

 

 

 

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