Nota biografica | Versione lettura |
La sua non era una poltrona moderna ma un vecchio dondolo di legno. Lì si era abbandonato. Si chiamava Antonio, aveva sessantanove anni e una piccola serra dove, per passione, coltivava le orchidee. Sposato con Maria Adele avevano due figli sistemati. Era appena tornato dall’ospedale. Aveva ritirato le ultime analisi. Dopo una lunga serie di accertamenti la sentenza poteva dirsi definitiva: cancro al pancreas. Mancavano pochi dettagli per averne la certezza ma lui sentiva che la sua battaglia era persa.
Maria Adele aveva fatto suonare la sveglia alle cinque e mezza quella mattina. Meno male che la sera prima aveva stirato. Era andata a letto dopo la mezzanotte. Almeno si era avvantaggiata. Bevve un caffè in piedi. Mentre Antonio era in bagno cambiò le lenzuola anche se non era venerdì. Tolse i panni dalla lavatrice e li andò a disporre sui termosifoni per farli asciugare prima. Presto uscì a fare la spesa e suo marito per andare da qualche parte. Glielo aveva detto dove. Al supermercato incontrò una cugina e anche se era in ritardo, dovette fermarsi a risponderle. Le aveva chiesto come stava suo marito. Benino, era andato a prendere le analisi. A casa arrostì le braciole di maiale così a mezzogiorno bastava scaldarle. Non erano buone come fatte lì per lì ma loro si accontentavano. Cuoceva già anche la cena quando Antonio era rientrato. Senza fretta. Beato lui.
La sedia a dondolo stava davanti a una grande finestra dal vetro unico. Da lì si vedeva il giardino e un vecchio mandorlo che a primavera avrebbe fiorito come al solito. Lontano all’orizzonte c’erano le montagne. Rotonde, ospitali.
Antonio disse a Maria Adele
- Moglie vieni qui, ricordi quando si fece fare questa finestra? Quanto brontolasti perché era troppo grande e c’era da pulirla …
- E avevo ragione! Tanto l’ho sempre fatto io. E anche tutti i vetri della serra per quelle tue orchidee.
Rispose lei alzando il coperchio della pentola dove cuoceva il sugo all’amatriciana per la sera.
- Eh sì, sei sempre stata gelosa delle mie orchidee. Ricordi la prima che comprai?
Vieni, vieni qui seduta accanto a me. Ne abbiamo fatte di cose …
- Proprio perché io non mi sono riposata tante volte quanto lo hai fatto tu. Non vedi che ho da fare? Anzi, mi registri la telenovela che come al solito non ce la faccio a vederla? Ne avrò già una decina da parte. Ogni giorno la stessa storia.
- Non c’è ragione per registrarla, ti fermi e la guardi. Tu devi sempre correre, non serve credimi. Si arriva … Vieni, ho da dirti una cosa.
- E dai! Non me la puoi dire da lì?! Guarda che sei noioso, eccomi, che c’è?
- Sono andato a prendere le analisi.
- Ah già … ti avevano spaventato per nulla è vero?
- No … sembra che sia molto grave.
Mentre lo disse si alzò ad aprire la finestra. Un refolo di aria fredda gli fece bene.
- Chiudi che ti fa male lo sbalzo. E allora? Ti operano? C’è da organizzarsi!
- Mi daranno una cura … Non si può fare altro.
- Non ti vedo convinto. Dobbiamo avere fiducia. In tanti con quelle cure si sono salvati. Guarda anche tuo zio. Se vuoi che funzioni devi crederci. Sei un po’ magro è vero ma per il resto non sembri così malato. Vedrai che tutto si aggiusta. Non ti hanno dato niente da prendere subito, per avvantaggiarti … devo proprio andare a controllare il sugo per stasera.
- No … per ora niente … la prossima settimana.
Tutto si aggiusta.
Antonio era certo che tutto si sarebbe aggiustato. Da mesi studiava la situazione. Vedrai che tutto si aggiusta. Giorno per giorno si era preparato. Era quasi pronto.
Nel pomeriggio andò a trovare il direttore della banca in cui si serviva. Un essere umano dopotutto. A lui aveva già spiegato quello che gli stava capitando e con lui suddivise i suoi averi in tre parti uguali. Moglie e figli. Legali senza fraintendimenti. Vedrai che tutto si aggiusta. Gli aveva stretto forte la mano. Più tardi era passato dall’ufficio del notaio. Lo avrebbe ricevuto l’indomani mattina. Quando tornò a casa era sera. Dalla finestra grande sembrava tutto cielo. Solo il mandorlo si capiva che era lui. Pensò che aveva rami forti. A cena Maria Adele si rallegrò per quanto suo marito riuscì a mangiare. Spaghetti, involtini, patate, vino, torta di mele. Un’arancia. Aveva voluto un po’ di tutto. Era da tanto che non le dava così soddisfazione cucinare. Pensò che forse non era troppo malato perché gli era tornato l’appetito.
Dopo cena, mentre sua moglie si avvantaggiava, Antonio si lasciò cadere sulla sedia a dondolo. Chiuse gli occhi. Dondolava lento pensando. Ai figli che non sapevano niente. A un fucile a gommini, ai girini nelle bottiglie. Erano ragazzi in gamba. Avrebbero capito. Pensò anche alle orchidee. Forse il meccanico suo amico le avrebbe curate. Cercò di rilassarsi. Smise di dondolare. Immobile immaginò di rimanere sdraiato sulla cima di un grattacielo. Di ascoltare il vento. Qualche uccello in seguito lo avrebbe assaggiato e un seme sarebbe potuto spuntare concimato dalle sue viscere. Niente avrebbe più avuto importanza.
Maria Adele lo svegliò poco dopo la mezzanotte. C’era odore di appretto. A letto non riuscì a riprendere sonno. Quando spuntò il sole si appisolò.
Lo svegliò il latrare di un cane. Sentì l’odore di varichina. Sua moglie stava avvantaggiandosi in modo familiare. La stanza era in penombra. Girandosi fra le coperte distinse l’aroma dei sacchetti di lavanda che tenevano nei cassetti. Era il 31 di gennaio. Guardò a lungo il soffitto e il lampadario con le gocce di vetro che ammiccavano. Ricordò con esattezza dove l’aveva comprato e il commesso che li aveva serviti. Sul comò i morti sorridevano: i suoi genitori, i suoceri. La nonna Gina. Pensò che si era mantenuto bene il manifesto con l’orchidea Brassia che stava attaccato alla parete. Aveva almeno dieci anni. Forse undici. Quella era la varietà che preferiva. I suoi fiori profumati possono raggiungere i quaranta centimetri di lunghezza. Sembrano ragni dalle zampe sottili.
Si vestì a fatica. Maria Adele spense l’aspirapolvere e gli riscaldò il caffè. Lui poi si lavò e si fece la barba. Una questione di dignità. Andò dalle orchidee. Ne aspirò il profumo. Controllò che tutto fosse a posto. Umidità, nutrimento, malattie, temperatura. Erano piante speciali. Cocciute. I fiori si conservano recisi per molto tempo. In pochi sanno che è per tutelare la specie. Le capsule dei frutti contengono un numero straordinario di semi e quindi hanno bisogno di una esagerata quantità di polline, e se non sono tutti fecondati la riproduzione non avviene. Per questo durano tanto. Sanno aspettare. Lui si era riprodotto due volte. Si sentiva in pari. I suoi figli lo avrebbero perdonato.
Dedicò ad ognuna un momento.
Ricordava.
Con la Brassia si fermò a lungo.
Andò dal notaio e poi in paese a comprare una corda. In tanti lo salutarono premurosi. Sentì il profumo del pane che veniva dal forno e quello dei dolci. Distinse l’appretto che usavano in lavanderia. Davanti alla cartoleria l’odore di abete delle matite gli fece tornare in mente la scuola. Quando arrivò vicino alla fontana riconobbe il puzzo di pesce frollato del banchetto. In piazza l’aroma d’incenso quando si spalancarono le porte della Collegiata finita la messa. Per ultimo passò dal suo amico meccanico con lui come al solito parlò di orchidee. In generale, senza riferimenti.
Nessuno gli domandò cosa avrebbe fatto con la corda.
Arrivato a casa trovò un biglietto. Sua moglie era andata a farsi i capelli. Sedette sulla sedia a dondolo, si cullò guardando gli oggetti che aveva intorno. I libri. I mobili. Le montagne che erano sempre nel riquadro della finestra. Il mandorlo dai rami robusti. Chiuse l’avvolgibile.
Quando Maria Adele andò a stendere i panni lo trovò che penzolava dall’albero. Come un frutto. Gridò buttando all’aria la tinozza. Ma lui non si mosse. Per la prima volta Antonio Lari, che aveva sempre vissuto nel presente, si era avvantaggiato su qualcosa.