Versione Originale | Nota biografica | Versione lettura |
Potrei stare sul tuo corpo
la bocca sulla fronte
le membra intrecciate
in un nodo troppo denso
per bramare, alle lievi raffiche
del tuo respiro, alla folle vicinanza
del tuo battito, e non ti sarei
unita abbastanza
potrei ingoiarti
sentirti malta
sul palato
--e in gola
rapirti
con strappo, ringhio
e stretta di canini
e molari, gustare l’acino ancestrale
che ti ha generato, la tua porporeità
turbinante in gola,
e mi avvicinerei
a conoscerti,
ma non saresti
me abbastanza
io imparo, amore,
imparo ancora
che c’è di più del desiderio
del vivifico
tribale fremito
dei lombi.
Ma non sono certa
di essere già pronta
per questo:
lo shock
nel quotidiano kabuki
di forma ed evento.
Non ancora.
Non ancora
per lo shock
del vuoto.
Forse mi stancherà
la tua grammatica,
esser lì a bramare
il rombo del verbo o la soffice
carne della pura vocale
nei mattini in cui inciampo
nel paesaggio
dei tuoi implacabili nomi
e può darsi ch’io rimpicciolisca
proprio il torace
in cui una volta cercavo rifugio
che rosicchi l’inflessibile nervo
delle norme ancestrali
tenga il broncio
ritorni immatura
ti dica ‘fanculo
arrangiati
solo per rompere
le simmetrie della tua famiglia
del tuo nobile DNA
Forse un giorno
vorrò solo
di più
del tuo lascito di punti e virgole
qualcosa di più estremo
silenzioso
Ma anche se giro pagina
per prima,
sappi che sono
stropicciata,
sporca,
confusa,
come te
e allo stesso modo innamorata.
Ho rinunciato alla forma
molto tempo fa
ho scelto
la gonfiezza
l’infinita
recesso-
attività
ma certi giorni
la bramosia
ritorna
e non riesco a tollerare
lo sterile cinismo
del club degli Anti-Coppia
i compiaciuti venditori
dell’Advaita del Monismo
lo so che vuol dire
da capo
la saga delle
due vecchie scarpe
la loro unione di pelli sudice,
racconti d’infanzia,
pregiudizio, sporcizia, politica,
trini in un perpetuo groviglio
di nodi,
impronte
impronte.
Ma certi giorni
sono tanto idolatra
da volerla ancora:
la vecchia farsa,
l’alterità