Nota biografica | Versione lettura |
All’inizio il Brasile erano i racconti, le parole, la musica della lingua del mio amico Heleno Oliveira, un poeta migrante che ha avuto il compito di farci vedere Firenze con gli occhi del sud del mondo, uno sguardo inedito e straniante che è stato per me un riorientamento culturale ed esistenziale che, chissà, mi ha preparato ad una scoperta “non esotica” dell’altro.
Poi è arrivato il momento dell’incontro reale, anzitutto attraverso alcuni amici di Porto Alegre, tra i quali Armindo Trevisan, poeta raffinatissimo che mi hanno fatto entrare in quel Rio Grande do Sul che tutti si onoravano di presentarmi come “lo stato più europeo”.
Ma il luogo nel quale ho deciso di vivere per sei mesi è stata la periferia della capitale di Santa Catarina, Florianopolis. Tutti la conoscono come la città del surf, la “città isola” dalle spiagge bianchissime, verdissima di mata atlantica. Il centro della città, portoghese e azzorriano, abitato da una popolazione per l’80% di origine europea, è circondato e sovrastato dalle periferie, dai morros nei quali la percentuale si rovescia a favore dei neri. Ho vissuto nel morro de Montserrat – o Morro da Caixa – nel quale dalla fine dell’800 erano stati mandati a vivere ex schiavi, pescatori, operai e lavandaie. Un quartiere nero, in buona parte “città informale”, “favela”, dove la cultura afrobrasiliana non solo è presente ma è stata consapevolmente riscattata dalle donne della comunità, che hanno costituito un centro culturale intitolato a Escrava Anastacia, personaggio della religione afrobrasiliana che incarna la resistenza e la dignità femminile di una regina fatta schiava che non volle sottostare al proprio padrone bianco. Ho vissuto nel cuore del quartiere, nella casa di P. Vilson Groh, il sacerdote che anima il centro e altre comunità ecclesiali di base della città. Adesso la sfida è il lavoro che si fa con i giovani, per costruire alternative di vita e lavoro al narcotraffico. Come a Scampia, come Scandicci o le Piagge. Qui è stato possibile “materializzare la speranza” e articolarla in azioni sociali e politiche, perché si sono ritrovate le radici africane nei culti afrobrasiliani, nei riti e nella vita di strada, nella vita condivisa, nel Vangelo letto e vissuto nel quotidiano. Tutto questo sta producendo il riscatto del corpo e della dignità di una cultura vigente, che continua a nutrire di vita e di speranza le persone.
RIO
troppo velocemente
siamo scivolati
in questa foresta
che somiglia ad una città'
che vive ancora
nel ritmo immobile
dell'utero di Abya Yala
della terra senza tramonto
con i bambini sulle spalle
o sporti sui fianchi
arrivavano senza stupore
a queste lunghissime spiagge
per immergersi
nella fonte della fertilità,
Carioca...
Adesso coqueiros e banani
sono i portici sotto cui scivoliamo
nella notte di pioggia calda
Avenida Vinicius de MOraes
botequim Garota de Ipanema
gli appartamenti dei ricchi
sogni tappezzati
di legno d'ogni specie
stanchi epigoni del modernismo
disprezzano la feijoada
ascoltando Bach
mentre dietro l'angolo
si sale alla favela
ma il buraco quente
non e' la porta della citta' di Dite,
apre verso un altro mondo
dove un'altra storia sta nascendo
prima o dopo il moderno non importa più.
Come faccio a dire
la nostalgia di averti lasciato
senza averti conosciuto,
Rio de Janeiro?
***
Una e molteplice
come la creazione
aperta e chiusa
sotto lo sguardo
del Demiurgo
fotografia e anche pellicola
racconto immemore
ed istantaneo riconoscimento
di ogni scandalo e grandezza
della storia;
utopica e concreta
come il desiderio degli uomini
che pure vollero qua sopra
l'abbraccio placido del Redentore.
Non si finisce mai di guardarti
sapendo di non poterti possedere,
inizio e fine,
genesi ed apocatastasi,
Corcovado e Redentor
terribile e meravigliosa,
Baia di Guanabara.
----
Missa no Morro
Maria dei bambini Do Alto da Caieira
Maria di centotrè anni
India piccoletta
Bambina assieme ai suoi nipoti
Portando la statuetta de Nossa Senhora
Donna velata – Dio Madre
Aiutaci a riconoscere in noi
Il tuo corpo risvegliarsi ogni mattina
Riaccendendo il fuoco della casa e della strada
Perché Nossa Senhora de Monteserrat
Perché Aparecida e de Guadalupe
Col volto nero e indio?
Ogni latitudine ogni popolo
Ogni morro ogni foresta è gravida
Del Signore della Vita
E come Maria da Isabel corre
Per sognare insieme il sogno
Di suo Figlio di ogni figlio
Che alla fine di ogni notte
Oltre il dolore
All’inizio di ogni alba fredda
Ci sta dicendo di rigettare le reti
Mentre Lui ha già acceso per noi
il fuoco e ci attende sulla spiaggia.
E’ questo il tempo
Per andare gravidi, uomini e donne
Per il mondo
Francisco Beltrao
Enorme primavera del Paranà
Distesa di verde nuovo
Punteggiata di palme e pini australi.
Un vento tiepido accarezza il corpo
poi la notte
distende un profumo sconosciuto
una stagione nuova
che non mi aspettavo
già sta fecondando il prossimo inverno.
Sorge enorme la luna
La Madre
La Gran Patria latinoamericana
Che mi riaccoglie
2 novembre, “O vento dos Finados”
Vento forte di primavera
è questo del giorno dei morti
nel Rio Grande del Sud
enormi spazi e altri tempi
richiamando le memorie
come il vento della Mancha
Volver
ma non è il tempo delle madri
nel volto da tragedia greca
di Penelope Cruz
questo parla dei padri
di guerra e di schiavismo
liberazione incompiuta
che sempre ricomincia
dal riscatto della memoria
dal capire “ cosa ci hanno fatto”
come diceva Malcom X.
Per questo non si può essere troppo felici,
infantilmente felici,
si può essere centrati
nella storia che portiamo nel corpo,
questo sì,
coi piedi ben piantati per terra,
con un cammino negli occhi,
con una passione nelle mani
e nella mente la storia le storie
intreccio di carne e sangue
e parole per costruire il futuro,
questo sì, possiamo essere
ora.
All’inizio di me
C’è una spiaggia infinita
Che si ritrae spaventata se provo a raccontare
All’inizio di me c’è un porto di paese
Funi di vele che tintinnano frizzanti di vento
All’inizio di me c’è una pietra di granito
Disseminata di grandi pesci con squame d’argento
Polipi viola gusci neri strisce arancioni e azzurre
Una grande mano callosa
Fa saltare le squame con un coltello lucente
E il manico è di legno consumato.
All’inizio di me c’è una stanza ombrosa
E mia madre che mi lava in una vasca di pietra
Poi spalanca la finestra
E mi mostra la luce del reale.
All’inizio di me c’è una vertigine di sole
E un meriggio di cicale assordante
Un prato verticale e un cavallo
che si rotola nell’erba.
All’inizio di me
ci sono le camicie bianche di mio padre
la mia mano nella sua
che mi mostra l’orizzonte
da qualche ponte di nave
da un tornante di strada.
Questo ho visto
Di fronte all’oceano
Seduto tra le pietre
Consumate dal lavoro antichissimo
di pescatori e navigatori.
l’acqua del Rio Vermelho scorre
L’oceano verde mi accoglie.
Praia dos Ingleses, dezembro 2010