El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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pap khouma

Cari lettori,

su questo numero El-Ghibli di febbraio 2012, vi proponiamo le voci di poeti e narratori siriani. La Siria, antica terra d’oriente dove, in questo momento, gli sgherri di un giovane dittatore Bashar Al Assad continuano ad ammazzare decine di migliaia di manifestanti che hanno osato rivendicare la democrazia. La loro legittima rivolta viene chiamata “Primavera araba”!.
Primavera dovrebbe evocare la stagione di rinascita che viene subito dopo l’inverno, ricordare un oasi con palme rigogliose, cammelli senza briglia, liberi di pasturare, di irrompere in ogni momento nell’acqua abbondante dell’oasi, voci di milioni di donne e di uomini giovani o vecchi, voci finalmente prive di catene, voci che riecheggiano notte e giorno e senza timore in ogni angolo del mondo arabo. Nella Tunisia profonda, nel piccolo borgo di Sidi Bouzid, dove tutto ebbe inizio, dopo che un diplomato disoccupato di 26 anni, Mohamed Bouazizi, si immolò col fuoco e successivamente in Egitto, in Libia, nello Yemen, in Siria, la repressione dei regimi è stata fatta nel sangue e ci sono state tante vittime.
In Marocco, Mauritania, Arabia Saudita, Bahrein, i regimi hanno smorzato la tensione accettando subito di applicare qualche rivendicazione dei giovani rivoltosi. La “primavera araba” (o così indicata), era tanto attesa quanto l’inverno (quello sì, reale) dei dittatori del Maghreb e del Machrek era profondo, agghiacciante.

In Iran, terra di antiche tradizioni, oggi immensa e ricca di petrolio, a ridosso del mondo arabo, non c’è un romantico re persiano come Shahrazir che si era lasciato intenerire dalle favole delle Mille e una Notte intrecciate dalla principessa Sharazad, che aveva scovato questa astuzia per preservare la propria vita, quella della sorella e delle fanciulle dell’impero. Oggi, a Teheran perdura l’ordine teocratico degli ayatollah che non amano le favole da Mille e una Notte, le poesie orientali, la democrazia all’occidentale, la libertà di parola. Finora hanno represso nel sangue ogni tentativo di ribellione delle fanciulle e dei fanciulli della Persia odierna. E’ vero, le preziose riserve di petrolio e gas dell’intera regione fanno gola agli ingordi e prepotenti paesi occidentali. Però il sangue e la vita del proprio popolo devono essere ancora più preziosi.

Per definire il dramma che si svolgeva in Tunisia, giornali, radio e televisioni della Francia (ex paese colonizzatrice o “protettrice”) hanno insistito molto su questa romantica definizione: Révolution du jasmin, Rivoluzione del gelsomino. Come se la morte di Mohamed Bouzizi e tutto il sollevamento popolare conseguente fossero una reclame di una nuova stagione turistica al sud del Mediterraneo? La stampa araba parlava giustamente di intifada tunisina, egiziana, yemenita…
Nei paesi arabi, in Tunisia soprattutto, è ancora in corso La Révolution des figues de Barbarie o des Figuiers de Barbarie, un’amara Rivoluzione dei fichi d’India, come è stata definita da alcune intellettuali donne nordafricane, espressione questa (che possiamo dire “autoctona”), che evoca una realtà dura, spinosa, arida, (come il paesaggio che caratterizza la regione di Sidi Bouzid, terra di Mohamed Bouazizi), in ogni caso non c’è niente di romantica o di “primaverile”, come nelle notizie che ci sono giunte dalla stampa occidentale. Realtà dura che troviamo confermata nelle rime e nei versi elaborati dai poeti e narratori siriani pubblicati su questo numero di El-ghibli. Come è noto, i rivoltosi sono ragazzi, ragazze e persone meno giovani del mondo arabo-berbero, che richiedono per i loro popoli, nulla di meno straordinario della libertà, dignità, giustizia sociale. Strano però che siamo abituati a leggere e a sentire qui in Occidente che Islam non rima con libertà, democrazia, diritti umani, uguaglianza! Questo anche se la Turchia, paese ponte tra Occidente e Oriente, patria del laico Kemal Ataturk ma governata da un partito islamico da più di un decennio, ha quasi dimostrato il contrario.

Cari lettori,
c’è chi auspica una “primavera” dell’Africa subsahariana. Lo scrittore senegalese Boubacar Boris Diop, mi ha ricordato recentemente un fatto importante che io e tanti altri avevamo rimosso: “I giovani e gli studenti dell’Africa nera hanno iniziato la loro “primavera” democratica vent’anni prima delle rivolte dei giovani dell’Africa bianca”.
Ancora prima dei tam-tam di internet, facebook o twitter usati dalle piazze arabe, dalla fine degli anni ’80 fino alla prima metà degli anni ’90, des Conférences Nationales si sono tenute in Benin, Cameroun, Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo), Congo Brazzaville, Mali, in altri paesi dell’Africa francofona. Le società civili, gli studenti, il clero cattolico e musulmano ( che dopo hanno fatto un passo indietro e sono tornati ai loro ruoli di pastori delle anime), gli imprenditori, ecc, hanno imposto, attraverso un intenso dialogo pacifico durato mesi, il sistema del multipartitismo ai regimi autocratici che governavano questi paesi dall’indipendenza. Les Conférences Nationales hanno generato tanti aspetti sociali positivi, portato delle considerevoli aperture democratiche, hanno favorito la creazione di partiti d’opposizione, la diffusione delle libertà d’espressione e di stampa, e progressivamente la nascita di giornali, radio e televisioni private, agevolato l’alternanza democratica. Diversamente dai paesi arabi, non tutti i paesi dell’Africa nera avevano bisogno di Primavere, Intifada o Conférences Nationales. Anche qui ci dimentichiamo che malgrado i suoi numerosi problemi sociali ed economici, il sistema democratico, l’alternanza consolidata all’occidentale, la libertà di stampa e di espressione erano e sono tutt’ora diffusi in quasi tutti i paesi dell’Africa anglofona indipendente: Ghana, Nigeria, Zambia, Namibia, Sudafrica, Kenia, Bostwana… anche in Capo Verde, a Sao Tome e Principe, in Senegal, ecc. E’ capitato anche, dopo les Conférences Nationales, che alcuni nuovi democratici africani non si siano dimostrati migliori degli autocrati che avevano sconfitto alle urne. Però possiamo ammettere che è sempre meglio una democrazia imperfetta di una perfetta autocrazia.

In Tunisia, Egitto, Marocco, Libia, probabilmente in Algeria e in Siria i partiti islamici sono diventati i beneficiari della “primavera” democratica pagata col prezzo delle torture e del sangue dai giovani di Sidi Bouzid, Tunisi, Piazza Tahrir, Sanaa, Benghazi, Misurata, Damasco, Homs, Hama. I partiti islamici del Nordafrica hanno spesso operato per il cambiamento dei regimi dei Rais. Erano pronti a guidarla, avevano gettato le basi da anni, infiltrato i loro elementi nella società.
I loro affiliati sono stati perseguitati, arrestati, incarcerati, assassinati, esiliati. Incrociamo le dita sperando che si ricordino senza rancore i loro calvari e non calchino le orme degli ayatollah, che dopo la cacciata dei Reza Pahlavi, lo Shah di Persia, nel 1979, facendo loro il motto cinico del Gattopardo, narrato nel capolavoro di Giuseppe Tommasi di Lampedusa:
“Se vogliamo che tutto rimanga come prima, bisogna che tutto cambi”.
Sarebbe una disastrosa follia per il mondo arabo e per l’umanità se i Ben Ali di Tunisia, i Mubarak d’Egitto, i Gheddafi di Libia, gli Al Saleh di Yemen, dal loro esilio o dalle loro tombe potessero sghignazzare e pensare, (come scritto da Giuseppe Tommasi di Lampedusa):
«Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra.»* Gli ayatollah di Teheran che hanno sostituito lo Shah Pahlavi di Persia sono divenuti scialletti e iene, instaurando un regime ancora più despotica. Prima o poi gli ayatollah finiranno per essere sconfitti.

Cari lettori,
penso che potrebbe essere un insegnamento positivo, per gli attuali e futuri rivoluzionari africani, il Sudafrica post apartheid guidato da Nelson Mandela, con il sostegno morale dell’Arcivescovo anglicano nero di Città del Capo, Desmond Mpilo Tutu.
Mandela e Tutu, il laico e il religioso, senza troppi dubbi, sono i migliori rivoluzionari dell’Africa contemporanea. Il duo e i loro collaboratori neri e bianchi hanno traghettato il Sudafrica lontano da rancori e vendette giustificate.
Eletto primo Presidente nero di un governo sudafricano, nel 1994, Nelson Mandela costruì una nazione con delle istituzioni solide, democratiche, soprattutto inclusive. Alcuni esempi: sono garantiti i diritti delle minoranze bianche, delle donne, i matrimoni di gay e di lesbiche sono sancite dalla costituzione. Mandela rimase al potere fino al 1999, per un solo mandato. Non si ricandidò pur avendo tutte le chance di essere rieletto. I problemi dei sudafricani non sono ancora tutti risolti, ma è toccato all’Arcivescovo Desmond Mpilo Tutu, capo della Commissione Verità e Riconciliazione Nazionale, applicare l’Ubuntu, la filosofia morale africana che promuove l’interazione tra individui, etnie e culture. La Commissione Verità e Riconciliazione è stato un luogo d’incontro, quasi obbligato, tra carnefici e vittime del periodo dell’apartheid. I carnefici hanno riconosciuto pubblicamente le proprie colpe e chiesto il perdono alle vittime che l’hanno concesso a loro. Come dicono, si può perdonare per sempre ma senza cancellare la memoria delle vittime.
Nelle lingue Zulu e Xhosa si dice:
“Ubuntu ngumuntu ngabantu”.
Significa:
“Una persona è una persona attraverso gli occhi di un’altra persona”.
“Io sono ciò che sono per merito di ciò che tu sei”.

Il segreto degli ossequiati Mandela e Tutu? A parte le istituzioni solide e democratiche, è stato a mio parere il fatto di non aggrapparsi al potere. Di sapersi ritirare prestissimo e di passare subito la fiamma a un’altra generazione democraticamente eletta. Mubarak, Ben Ali, Gheddafi, Al Saleh, hanno fatto esattamente il contrario.

Cari lettori,
il 22 gennaio 2012 è deceduto lo scrittore Vincenzo Consolo. Era un uomo sensibile e aperto alle trasformazioni sociali e culturali che noi immigrati portavamo in Italia. Era una gioia vedere Vincenzo entrare ogni tanto nella libreria nel centro di Milano, dove lavoro o in un dibattito sulla letteratura da qualche parte a Milano o durante il famoso Festival di letteratura di Mantova. Consideravo un privilegio incontrare quel signore, me ne vantavo anche con i miei colleghi. Era molto distinto, dai modi e gesti nobili, colto ma discreto e si presentava sempre, anche se lo riconoscevo bene: “Ciao Pap. Sono Vincenzo. Sono passato a salutarti”. “Ciao Vincenzo, ma ti riconosco, anche senza presentazione. Che piacere mi fai”. “Come vanno i libri, Pap? La gente compra e legge i libri? E Oreste? Lo vedi ogni tanto Oreste Pivetta? Compro anche qualche libro... Milano, l’Italia, la politica, l’immigrazione, la letteratura, ecc, ecc…”. Vincenzo Consolo va ricordato per il suo impegno culturale e sociale da Milano a Palermo, per le posizioni che ha assunto nel difendere la “cultura” all’arrivo dei nuovi veri barbari. Nel ’93 affermò sui giornali che avrebbe fatto le valigie senza esitare se mai il leghista Marco Formentini avesse conquistato la poltrona di primo cittadino. Vogliamo ricordarlo anche per l’attenzione che ha posto alla letteratura della migrazione sin dall’inizio. Era un maestro. Era il mio maestro! Nel 2006, quando ricevette il testo Letteratura Nascentedi Raffaele Taddeo, membro del comitato editoriale di el-ghibli, così si espresse con una breve lettera che allora gli inviò: Gentile signore, mi ha fatto molto piacere ricevere “Letteratura nascente”. La ringrazio e Le faccio i miei più sinceri complimenti per questo notevole saggio sulla migrazione linguistica nel nostro Paese. E’ il primo, credo, che guarda a questo nuovo panorama ricco di promesse. I più cordiali saluti da Vincenzo Consolo”. Grazie Vincenzo, da parte di tutto il comitato editoriale di El-ghibli!

Il comitato editoriale di El-ghibli ha ricevuto una proposta importante da parte della poetessa e attrice Laura Fusco, che ha già collaborato con la nostra rivista. Ecco alcuni passi della proposta: “Ho avuto il piacere di collaborare con El-ghibli lo scorso anno e occasioni differenti per conoscere molti di voi. Vi scrivo per la stima che ne è nata e l'apprezzamento per la rivista, che coniuga qualità e grande visibilità, cosa rara, ancora di più dati i temi trattati. “Il motivo di questa lettera è di condividere, se lo riterrete, un'occasione e una battaglia drammaticamente importante e urgente. Da anni mi occupo di acqua. Ho più volte sostenuto associazioni internazionali che hanno messo al centro della loro attività la difesa dei diritti dei popoli autoctoni e/o attive e presenti là dove dighe sta espropriando e/o minacciando il benessere, la salute e la stessa sopravvivenza di intere tribù e popoli. L'acqua è e sarà sempre come sapete causa di conflitti.
Certa del potere dell'Arte e della Parola nel difendere e sostenere l'idea di una realtà diversa e migliore, da tempo mi sono impegnata, come artista e donna, a scriverne e sensibilizzare sul tema, utilizzando soprattutto i miei spettacoli e i miei versi, ma anche tutti i canali a mia disposizione (giornali, Festival, editoria). Mentre la scelta di voler sensibilizzare il grande pubblico e non solo gli addetti ai lavori o le persone già impegnate mi ha portato a realizzare spettacoli e readings e ad altre iniziative di grande visibilità in cui l'acqua è diventata anche location. Sono ultimamente stata invitata come artista per questi motivi a collaborare con il Festival Internazionale Cinemambiente e presenterò un lavoro per la Giornata Mondiale dell'Ambiente giugno 2012…
Mi sembrava importante informarvi e proporvi un coinvolgimento soprattutto dato il tema. Penso infatti la proposta possa essere coincidente con la vs politica culturale. A maggior ragione se consideriamo che in un mondo globale il problema dell'acqua è sì universale, ma di sicuro al momento più drammatico proprio per molti di quei popoli che trovano voce su El-Ghibli attraverso loro scrittori, intellettuali e testimoni…”

Gentile Laura Fusco, il Comitato editoriale di El-ghibli ritiene utile questa proposta e dedicherà, con tutta probabilità il numero di settembre 2012 al tema dell’acqua. Per quella occasione Lei farà parte del nostro Comitato editoriale durante la realizzazione del numero. E come ha suggerito, creeremo una sinergia invitando poeti e narratori e gli stessi collaboratori della nostra rivista a mandare dei testi.

In questo numero di marzo 2012 vi proponiamo questi autori, che ringraziamo per la loro collaborazione: Mihai Mircea Butcovan, Stefanie Golish, Melita Richter, Mohamed Malih, Giovanni Avogadri, Paolo Tommasi, Sabina Macchiavelli, Salvatore Molignano, Yves-Jacques Bouin, Ingrid Beatrice Coman, Krzysztof t. Dabrowski, Arundhathi Subramaniam, Sushma Joshi, Abdelmalek Smari, Raffaele Taddeo.

Buona lettura.
Pap Khouma

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Anno 8, Numero 35
March 2012

 

 

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