El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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tv a tarda notte

dorianne laux

Di nuovo l’insonnia di agosto,
il cielo notturno incerato dal caldo,
l’aria così ferma che lo squillo di un telefono
a tre isolati di distanza risuona
fra le lente pale del ventilatore.
La gatta addormentata ai piedi del letto
sussulta in una pozza di lenzuola polverose,
il pelo color malto, elettrico.

È ora di sciogliere gli stretti nodi alla spalla
con il pollice, accendere la TV, guardare un uomo
che imbratta d’inchiostro una camicetta bianca prima di immergere
quella mesta manica in un secchio trasparente.

Quale tazza d’amore lo avrà riversato in questo mondo?
E la madre, avrà appoggiato le labbra
alla sua chioma percossa dal ventre
e respirato il suo profumo?
E il neopadre, lo avrà levato al cielo e gli avrà messo nome?
Lo hanno nutrito, vestito, gli hanno insegnato a parlare.
Qualcuno deve averlo rialzato
ogni volta che ha barcollato ed è caduto.
Ci sarà stata una scrivania, un libro di storia,
delle matite in un astuccio, una serie
di giocattoli a ruote.

Da quale via secondaria sarà giunto
a questa emittente notturna?
Quale impercettibile serie di circostanze
lo avrà portato nella mia camera in una notte d’estate,
il collo di una camicia stretto tra le dita,
la sua invenzione chiusa in una scatola blu,
squarciata da un arcobaleno?

Da qualche parte nell’universo c’è un palazzo
dove su ognuno di noi viene impressa una mappa,
percorso unico cauterizzato nei circuiti del nostro cervello.
Ci fa svoltare a sinistra al semaforo verde,
a destra all’albero morto.

Non sappiamo niente di come il tutto funzioni,
di come finiamo in un letto o in un altro,
parliamo una lingua invece di altre,
di quale fuoco ci trascina verso il lavoro della nostra vita
o ci trattiene da un sogno finché non diventa
una bolla che ci grattiamo nel sonno.

La sua voce è emolliente, ha i denti storti,
le braccia forti e lisce sotto i polsini arrotolati.
Ho il potere di farlo sparire
con un tocco, ma se lo faccio poi l’oscurità
mi inghiotte, mi sommerge.

È ora di adagiarsi sui cuscini
e contemplare nel profondo l’emozione
che zampilla dai suoi occhi. È un miracolo, sussurra
mentre la luna carbonizzata scivola nel cielo.
Poi scaglia dentro i cristalli granulosi
e rimesta l’acqua con un cucchiaio di legno.

"da The Book of Men, W.W. Norton 2011"

Traduzione di Daniela Marina Rossi

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lezioni di guida

dorianne laux

Le lunghe miglia sulla strada fuori mano
dove ho imparato a guidare. Il ragazzo
seduto al mio fianco. La sua mano sulla mia sul

pomello del cambio, i nostri occhi incollati
al parabrezza polveroso, l’asfalto
crepato, vecchia pista d’atterraggio, il nulla spalmato

per miglia: grovigli di arbusti, onde di calore, cielo,
qualche rara, sottile scia di condensazione. La sua pazienza
infinita. Il mio impaccio: il cambio

che gratta, la frizione premuta male. La marcia
che salta come un arto slogato,
la sua adorata Ford del ’57, azzurra, che sbanda

nel fango. Avevo sedici anni, lui era più grande,
le spalle da giocatore di football muscolose,
larghe. Da dove prendeva tutta quella gentilezza?

Perché sprecarla per una come me: pelle e ossa,
seriosa, unghie mangiate, gambe
ammaccate. Ore sotto l’incessante

calura estiva, con l’auto incespicante
su quel terreno brullo finché non ce la feci,
capii come sollevare il piede sinistro,

la mano destra, in tandem, come ballare,
cosa che non ho mai imparato, mai voluto
descrivere cerchi sul pavimento lustro

di un auditorio buio, le gradinate
asfissianti. Guidavo verso l’orizzonte,
la ghiaia scricchiolava a ritmo di jazz sotto i copertoni. Lucertole

guizzavano veloci. Ghiandaie si levavano al brusio
dei fili del telefono. Mi ha insegnato
a portare un’auto, a scalare

fino alla seconda, a sgommare da fermi.
La sua mano sospesa fuori dal finestrino aperto,
le dita strette su una sigaretta accesa,

tirando boccate di fumo. Non potevamo immaginare
dove saremmo finiti. Lui non sapeva
che sarebbe volato in Vietnam

e io che stavo per andarmene da lì,
iByrds cantavano Eight Miles High
quando spense la radio

e mi fece fermare, aprì lo sportello
e scivolò fuori per rimanere sulla strada deserta,
e lasciarmi andare da sola, la sua schiena compressa

contro tutto quel vuoto.

"da The Book of Men, W.W. Norton 2011"

Traduzione di Daniela Marina Rossi

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uomini

dorianne laux

È dura essere un maschio, costretto alla parte del crudo
e nudo, del tipo solido e taciturno, costretto a riderci
sopra – sofferenza, sconfitta, pentimento, tradimento – o ignorare la rabbia
e dire Non fa niente, farsi un giro, ascoltare
rock’n’roll tanto forte da portarsi via il cervello, se
non il cuore. O venir chiamato checca o frocio
se ami qualcosa o qualcuno, segnare
il pavimento con la scarpa, coprire un sorriso con la sciarpa
tirata su fino al naso, alzare un sopracciglio alla parola boccata
che spunta in un discorso distratto – vino, aria, cambio dell’olio al Jiffy
Lube – trattenerla, una battuta che nessuno capirebbe. È dura,
sì, la cravatta intorno al collo, i polsini bianchi e inamidati
troppo lunghi, troppo corti, sfilacciati, arricciati, arrotolati. Il Sé
non è ricerca facile per una bestia con palle, e uccello, prove
di una cosa difficile da definire o difendere. Capo o cuoco,
rapinatore o riparatore, sergente o sceriffo, coi piedi per terra o per aria.
Figlio, fratello, marito, innamorato, padre, sono diversi
da noi, se non quando cadono o se ne stanno da soli su un molo.

"da The Book of Men, W.W. Norton 2011"

Traduzione di Daniela Marina Rossi

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Anno 8, Numero 34
December 2011

 

 

 

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