Nota biografica | Versione lettura |
"Ragazzi, da oggi avremo con noi una nuova compagna. Mi raccomando, trattatela bene e fatela sentire come a casa!" annunciò la professoressa Sharin, appoggiando la sua borsa sulla cattedra.
Sfoderò il suo sorriso da ribalta ed esclamò: "Avanti!".
La porta si aprì cigolando e i passi leggeri della nuova arrivata si diffusero per tutta la classe. La
ragazza nuova aveva due occhi verdi smeraldo incastonati in un visetto pallido pallido, quasi color
latte, le guance cosparse di lentiggini arancioni che avevano la stessa tonalità dei capelli, lisci e
lunghi. E fu proprio perché i capelli erano così visibili che si creò scompiglio nell’aula: tutti gli
alunni e tutte le alunne iniziarono a bisbigliare fra loro e a fare smorfie sorprese e sconvolte.
La professoressa li zittì con uno "Shhh!" più che deciso e poi presentò la nuova arrivata: "Lei è
Diana, è la vostra nuova compagna di scuola. Ora puoi andarti a sedere vicino a ... vicino a ... ah sì, c’è un posto libero vicino a Yagmur, accomodati pure lì!" esclamò.
Quella che doveva essere Yagmur di sicuro non gradiva il fatto che la nuova arrivata si sedesse
vicino a lei. Da cosa si capiva? Dal fatto che si fosse quasi stesa sul banco libero e che ci avesse
appoggiato sopra tutti i libri che aveva in cartella. Forse il motivo era perché tutti avevano già
iniziato a parlare male della ragazza nuova. Ma quando Diana fu proprio di fronte a lei e le fece un
sorriso imbarazzato sgomberò il banco sbuffando e le lasciò il posto.
La professoressa iniziò la lezione di matematica mentre Yagmur chiedeva a Diana: "Senti, io ho un
chador di scorta dentro lo zaino, se vuoi te lo presto, però me lo devi riportare domani e ricordarti di metterti il tuo!".
"Tu hai nello zaino che cosa?" chiese spaventata Diana
"Un chador! Mai sentito parlare? Oh, lasciamo stare. Ma lo sai almeno dove siamo?"
"In che senso?"
"Siamo ad Ankara, in Turchia, qui siamo tutti musulmani!" esclamò stizzita Yagmur.
"Non è vero, io non lo sono. E vivo ad Ankara, in Turchia”
"Sì, ma... oh, mi fai impazzire! Mettitelo il mio chador, è l’ultimo avvertimento!”
"Perché, scusa?"
"Perché qui comanda la maggioranza e visto che siamo al 97% musulmani in tutto lo stato ti
conviene metterti il velo e farla finita"
"lo non me lo metto, e comunque perché dovrei se non sono musulmana?”
"Allah mi perdoni, ma... mi fai davvero arrabbiare! Non ti sopporto! Tanto dopo le conseguenze le
paghi tu!"
“Quali conseguenze, scusami?"
Yagmur non rispose più alle domande di Diana e in silenzio attesero la fine dell’ora di matematica.
Appena la campanella suonò Yagmur scostò con rabbia la sedia e uscì dalla classe con passi
pesanti. Diana rimase seduta ancora per qualche secondo, poi uscì anche lei nel corridoio. Le
compagne di classe di quella scuola le sembravano così strane...
Uscita dall’aula, si ritrovò accerchiata da quattro ragazzi che le impedirono di mescolarsi alla folla
degli altri alunni. Il più massiccio dei quattro iniziò: "Guardate cosa abbiamo qui, una bella ragazza
italiana!"
"Peccato che abbia un unico, fatale diletto. . .” constatò il secondo.
"Vediamo un po’, quale potrebbe essere?" chiese il terzo ragazzo.
"Forse potrebbe essere il fatto che sulla sua testolina rossa manca il chador?" ipotizzò ironicamente il quarto.
"Che volete da me?" chiese Diana, senza mostrare alcun segno di paura.
"Senti, forse non ti sei ancora resa conto di dove siamo, ma qui tutte le ragazze devono portare il
chador e anche tu, carina, te ne devi procurare uno, altrimenti finisci male!" la minacciò il ragazzo
che aveva parlato per primo.
"lo non sono musulmana, e il velo quindi non lo porto e non lo voglio portare, non m’importa di
quello che pensi tu o che pensa quella schizzata della mia vicina di banco, Yatur, Yamur,
Yaqualcosa, insomma, o di quello che pensa tutto il resto delle persone. Io sono così e così resterò" replicò Diana, facendo una smorfia di sfida.
I quattro ragazzoni la guardarono male e il quarto fece: "Sfacciata! Domani verrai a scuola col velo,
oppure tornatene in Italia e non farti più vedere".
Detto questo si dileguarono e la campanella che suonava nuovamente non lasciò neanche un
momento per respirare a Diana.
Il giorno dopo, Diana tornò a scuola, e di nuovo con il capo scoperto. I quattro schizzati, che poi si
chiamavano Ibrahim, Nazim, Okan e Tarik, la guardarono cinque minuti di fila senza staccarle gli
occhi di dosso e poi vennero a dirle: "Allora il concetto di ieri non ti è ancora chiaro?".
"Evidentemente no... forse perché è del tutto illogico e insensato?" rispose Diana.
I quattro ragazzi fecero un verso di disapprovazione e le dissero che aveva tempo ancora un giorno e poi sarebbero passati alle maniere forti.
Anche quel giorno passò velocemente e si giunse alla mattina del giorno seguente. Si ripeté la stessa scena: Diana non si pose problemi e venne a scuola ancora con la testa scoperta, i quattro ragazzi si avvicinarono e iniziarono a minacciarla, dicendo che era una sfacciata e una maleducata.
Era dal giorno prima che Diana notava che Yagmur, mentre Ibrahim, Nazim, Okan e Tarik la
minacciavano, non era del tutto indifferente: ogni tanto si voltava, indietreggiava, tendeva le
orecchie e faceva finta di mangiarsi le unghie, ma in realtà ascoltava le parole dei quattro bulletti.
Quel giorno ne ebbe la conferma: quando il pugno di Nazim si alzò minaccioso nell’aria, Yagmur si
staccò velocemente dal gruppo di amiche che frequentava ad ogni intervallo e si diresse con passo deciso verso i quattro ragazzoni.
"Cosa volete farle?" chiese, mettendosi davanti a Diana. Quest’ultima aveva l’espressione più
stupita di uno che osservava un elefante che volava.
"Tu levati di mezzo" la spinse via Ibrahim.
"NO!" si impuntò Yagmur.
"E perché mai dovresti restare qua?”
"Perché non mi sta bene che picchiate una. .. una. . ."
"Una che cosa?" domandò seccato Nazim.
"Una mia amica!"
"Amica? Tu sei amica di una ragazza cosi maleducata?" esclamò Tarik.
"Sì, e solo perché sei mio fratello non vuol dire che debba avere il controllo totale della mia vita!"
furono le parole di Yagmur.
"Questo cavernicolo senza cervello è un tuo stretto parente?" sussurrò Diana all’orecchio di
Yagmur.
"Sì, e non m’importa se a casa mi sgriderai! Non voglio che picchiate Diana!“ rispose ad alta voce
Yagmur.
"Cos’hai in comune con lei? Tu sei sempre stata rispettosa ed educata! Lascia stare questa ragazzina sciocca e sconsiderata!" le consigliò con fermezza Tarik.
"No. perché lei ha ragione. Se lei è fatta così deve restare così. Ognuno dev’essere quello che si
sente davvero, deve seguire i suoi istinti. Nessuno la deve costringere ad indossare il chador, ad
adorare Allah o qualunque altro dio esistente!".
Il discorso di Yagmur colpì molto Diana, che le diede una pacca sulla spalla e le fece i complimenti.
“E nessun altro deve essere costretto! Qualunque legge esista, il nostro è un pianeta libero! Anche
se tu mi metti mille ostacoli davanti, posso superarli tutti e lo farò con tutti quelli che mi metterete
davanti! La vita è fatta di scelte. Se sei tu a dare le risposte al quiz della vita al posto degli altri,
finisce che incasini la tua vita e le tue risposte diventano quelle sbagliate. Non so quante parole del
mio discorso abbiate compreso fino in fondo, ma so che ve ne basteranno tre: IO SONO LIBERA"
concluse Diana, con un tono di soddisfazione che sembrava quello di un uccello che spicca il suo
primo volo.
l quattro ragazzi formato armadio rimasero piuttosto imbambolati davanti a quella ribellione
improvvisa ed inaspettata, e se ne andarono a bocca spalancata, senza spiccicare una parola.
Yagmur e Diana si guardarono per un secondo, poi il gesto fu istintivo: le due ragazze, così diverse
ma così uguali nella loro diversità, si strinsero in un abbraccio forte e sicuro, che le rese amiche per tutta la vita.