El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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dialogo di un venditore di caldarroste e un senegalese

cisti fornaio

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Caldarroste, caldarroste. Ottime in tutti i tempi, che non sono più quelli di una volta.
- Ma siamo a settembre, amico. Non è tempo per le castagne, né queste sono castagne di stagione.
- Non ci sono più stagioni, sono tutte rimescolate. Un giorno è primavera e il giorno dopo è estate. Un altro è inverno e il giorno dopo è autunno. Tutto sta mutando e tutte le cose sono di stagione e fuori stagione.
- Non è neppure un prodotto locale, chissà da dove vengono.
- Sarebbero buone forse se fossero solo locali? Tu sei locale, amico mio? Forse non sei il migliore dei miei amici? Che cosa cementa la nostra amicizia, l’appartenenza ad un luogo o la tua sensibilità di uomo, il colore della tua pelle o la tua qualità di uomo? Certamente la seconda, così pure per tutte le cose. Che cosa definisce la bontà o meno di una cosa. La sua genuinità. Ma cosa vorrà dire genuinità? La mancanza di edulcorazioni, di alterazioni, di contraffazioni. Che poi provenga dalla Papuasia o dall’orto di casa mia, non ha nessuna importanza. Non perché una merce sia più vicina alla mia abitazione, sarà più buona, e meno genuina, specialmente se per produrla avrò usato tutti gli accorgimenti meno sani possibili, come concimi e antiparassitari che rendono il prodotto nocivo fino in profondità. Ogni cosa è buona se è cresciuta, è stata fatta o prodotta per essere utile all’uomo e non al portafoglio. Si dice che se qualcosa non è del posto manca di sapore, manca di gusto, manca di profumo. Ma cos’è il gusto, il sapore? E’ un’abitudine, amico mio. I medioevali usavano pepe così in abbondanza da far stordire. Le spezie utilizzate da voi in ogni cibo, bevanda, persino nel caffé urta con il nostro gusto. Forse che voi ritenete il caffé alla cannella meno gustoso del caffé normale? Forse lo ritenete meno genuino? Eppure difficilmente da noi, per ora, si andrebbe al bar ad ordinare caffé alla cannella, come pure difficilmente lo si offrirebbe ad un amico abituato al gusto europeo. Forse che qualcuno si scandalizzerebbe per il fatto che il caffè non è prodotto in Europa? Ma non è forse la bevanda tipica dei napoletani? Così diffusa che non si permette a nessuno di esserne privato e chi non può ordinarlo, perché senza anche pochi centesimi che servono per gustarlo, può sempre contare sul “sospeso”. Il vecchio detto che “tutto il mondo è paese” si è attualizzato, così che chi ti arriva da un angolo remotissimo della terra è come se fosse del tuo stesso paese e tu ti aspetti la stessa cosa se vai da qui a finire in Patagonia. Dobbiamo rendere vero e attuale il detto che “tutto il mondo è paese”, in tutte le cose, dalla circolazione delle merci, alla circolazione degli uomini. Ogni prodotto genuino è tale da qualunque parte provenga; ogni uomo di buona volontà è tuo amico da qualunque parte arrivi.
- Amico, ma se fino all’altro ieri hai difeso a spada tratta l’Italia e la sua unità in Nazione? Non è questo in contraddizione con “tutto il mondo è paese”, di cui hai parlato prima? Che cosa ti importa dell’Italia e della sua unità.
- Il piccolo e il grande possono coesistere. Il piccolissimo non si lega a nessuno. Perché è egocentrismo. La storia del paese geografico Italia lo dimostra in maniera eclatante. I comuni nel medioevo furono una grande realtà, ma durarono poco, pochissimo, perché divennero succubi di uomini senza scrupolo e persero le loro libertà così faticosamente acquisite. Già Dante lamentava la divisione, “serva Italia, nave senza nocchiere”. Ma poi Machiavelli dimostrò la inconsistenza politica, militare, economica di un paese disunito. L’egoismo dei piccoli comuni non permetteva che si avesse una vera autonomia, si era alla mercè dei primi avventurieri.
- Ma il federalismo, di cui parla la Lega, non è una divisione dell’unità del paese? perché l’avete accettato.
- IL federalismo non è una divisione, perché riconosce un potere centrale, il solo che può aiutarlo a svilupparsi, a non chiudersi in un cieco egoismo.
- L’unità italiana quindi va difesa.
- L’unità italiana va non solo difesa, ma è la base attraverso coi costruire fattori di libertà e di progresso civile ed economico del paese in cui viviamo. Per che cosa pensi che sia stata fatta l’unità italiana? Per sentimenti romantici? Il romanticismo avrà anche avuto la sua funzione, ma se non si fosse intravista la possibilità di creare un mercato economico più ampio rispetto a quello regionale difficilmente si sarebbe intrapresa l’unificazione. E’ stato il capitale lombardo e piemontese ad aver avuto bisogno di un mercato più largo e della necessità di riscattarsi dalla sudditanza economico finanziaria della Francia e dell’Austria.
- Caldarroste, caldarroste per tutti, piccini e grandi, maschi e femmine, italiani e stranieri. Lei signora, vuole un cartoccio di caldarroste, anche con questo tempo sono gustose.
- Amico, ritorniamo a quanto dicevi prima, io sento molti meridionali che dicono che l’unità d’Italia è stata uno sfruttamento nei loro confronti, mentre i leghisti invece affermano che il meridione ha succhiato troppi capitali dal Nord. Portano l’esempio della "Cassa del Mezzogiorno”, che ha trasferito enormi capitali dal Nord al Sud. Poi dicono ancora che ci sono molte pensioni di invalidità fasulle. Chi ha ragione in questo?
- Caldarroste, caldarroste. Amico mi vuoi fare fare una lezione di storia. Quando fu realizzata l’Unità d’Italia è certo che il Sud venne trattato da colonia, più che da territorio con una sua dignità. Il federalismo doveva essere realizzato allora e teoricamente un’impostazione del federalismo esisteva, ma ciò avrebbe voluto dire dilatare i tempi della espansione del capitale “padano”, così che si scelse una unità centralistica “alla francese”, e quando il Sud cercò di opporsi alla sudditanza coloniale, la si conquistò è domò con una esercito di 100.000 uomini e migliaia di morti in battaglia e migliaia di uomini finiti in carcere. Ma anche la politica socio economica nei riguardi del mezzogiorno continuò in stile coloniale almeno fino a tutta la seconda guerra mondiale, basti pensare che quando alla fine della seconda metà del 1800 iniziò il primo processo di industrializzazione in Italia, chi ne fece le spese fu proprio il meridione, da cui vennero ricavate le risorse per sviluppare l’industria al Nord (la tassa sul macinato è l’emblema di tale linea politica). Ed , ancora amico mio, quando si impostò un piano di sviluppo scolastico, all’inizio del fascismo, in meridione furono istituite scuole liceali e magistrali (col cui diploma era possibile entrare nella burocrazia), mentre al Nord furono le scuole tecniche ad essere maggiormente presenti.
- Caldarroste, caldarroste per tutte le stagioni. Caldarroste per tutte le menzogne.
- Amico, non dici nulla sui trasferimenti di ingenti capitali dal Nord al Sud, così che è sembrato che per decenni il Meridione abbia sfruttato il Settentrione. Forse che alla fine hanno ragione i leghisti?
- Chi volesse scrivere una storia d’Italia puntando l’attenzione sulla nascita della Repubblica e sui rapporti fra Stato e Sud o sul diverso sviluppo economico fra Nord e Sud non potrebbe che trovarsi di fronte a situazioni stranissime. Che dire del diverso comportamento delle banche fra il Nord e il Sud? Interessi diversi, garanzie diverse per concedere crediti. Le rimesse degli emigrati, vera risorsa fino a tutti gli anni ’70, utilizzata come investimento nel Nord. E’ pur vero che sono aumentate pensioni a sproposito, posti nella Pubblica Amministrazione inventati, ma questi fatti erano legati a scambi di favori elettorali, ancora una volta forma di colonizzazione. Se si dovesse fare un calcolo sui guadagni e perdite del Sud in 150 anni di unità si verrebbe a scoprire che le perdite sono state di gran lunga maggiori dei guadagni.
- Ma allora perché non è il Sud a richiedere una secessione e fare a meno del Nord?
- Ma perché oggi separazione è un non senso. E fortunatamente i meridionali, pur consapevoli di vivere ancora in una specie di colonialismo, stretti fra “cosa nostra”, “ ‘ndrangheta”, “camorra” e lo Stato comprendono che bisogna andare oltre, che il futuro non è ridursi ai piccoli folclori, di cui l’Italia meridionale è talmente ricca da poterli esportare, ma che il futuro è aprirsi, guardare al mondo, superare i particolarismi e darsi da fare per costruire un uomo non solo europeo, ma mondiale.
- Caldarroste, caldarroste. Bambino, vuoi castagne ben cotte. Non aver paura che la pancina, se ne mangi poche, non ti farà male.
- Caro amico, tu parli di uomo europeo, mondiale e intanto io, che sono qui da oltre 10 anni sono costretto a rincorrere il permesso di soggiorno come se in tutti questi anni non abbia pagato le tasse, non abbia partecipato alla vita sociale del paese. I miei connazionali sono stati abbattuti a Casal Volturno, ma hanno anche combattuto a Rosarno. Hanno forse scritto pagine di lotta sociale degne delle più gloriose operaie. E intanto debbono mendicare periodicamente il permesso di soggiorno.
- E’ il ricatto che le Nazioni ricche stanno facendo alle povere. Il ricatto dei ricchi ai poveri. I primi, le prime hanno sempre preteso di poter aver accesso a qualunque territorio. Essi continuano a pensare che tutte le ricchezze sono di loro esclusiva proprietà. Ed ora che non riescono più a spremere ricchezza dal resto del mondo, dopo averne sottratto una gran quantità, quando le popolazioni che sono state private del loro sistema economico sono impoverite e gettate su quello capitalistico, decretano che si deve bloccare anche l’arrivo di quelle persone che ora sono in estrema difficoltà. E’ come se dei ladri venissero in casa tua a derubarti e dopo averti lasciato privo di ogni mezzo per sostenerti, quando tu, invece di denunziarlo e di richiedere i danni subiti, vai a chiedere la carità, trovi il tuo ladro a tal punto arrogante da respingerti e considerarti a sua volta un depredatore e un ladro e un corruttore di civiltà.
- Che cosa dovremmo fare? Diventare violenti? Riprenderci il maltolto?
- Caldarroste per tutti. Caro amico, un pensiero moderno comincia a farsi strada con molte contraddizioni e incertezze: la non violenza. Sarebbe un grave errore rinnegare questo pensiero e rendere dominante l’idea che la violenza sia l’unica soluzione ad ogni rivendicazione di diritti e giustizia.
- Ma la non violenza sembra essere un pensiero occidentale, dei paesi ricchi che, capziosamente lo affermano dopo averne fatto per millenni la loro regola di comportamento.
- Dimentichi che la non violenza ci proviene da altra cultura, ci proviene dall’estremo oriente, dall’India. La civiltà va avanti secondo uno schema sinusoidale e qualche volta arrivati ad un certo punto della curva si precipita e sembra che tutto debba ricominciare cancellando ogni parvenza conquista fatta. Fortunatamente ci si accorge che dopo la crisi è possibile riprendere dal posto lasciato precedentemente e ricominciare. Il pensiero dell’uomo non sorge mai del tutto invano, qualcosa rimane sempre nel tempo che poi viene ripreso. Ecco il pensiero della non violenza deve essere ormai uno di quei fari che illumina la nostra vita, vanto della civiltà, perseguirlo nonostante i tentativi di annullarlo e sopprimerlo. Bisogna con la pazienza richiedere che la giustizia venga ripristinata e sia operante in ogni angolo della terra.
- Devi fare il filosofo, amico, non il venditore di caldarroste. Eppure tutte le tue parole, i tuoi ragionamenti, il tuo filosofare non mi convince. Tu ti ritrovi a parlare di Unità d’Italia, di federalismo, di non violenza, io mi trovo ogni giorno esposto al ricatto del permesso di soggiorno e ogni volta che cerco lavoro non poso mai far valere le mie ragioni perché sono sempre ricattato.
- Forse devo ricredermi amico e rinnegare tutto quello che ho detto. Forse è vero che è più libero chi cura il proprio orticello e impedisce che chiunque possa minimamente scalfirlo. Forse è vero che bisogna temere l’invasione dei mussulmani per non assistere all’annebbiamento della civiltà cristiana. Forse è anche vero che si diventa più civili quanto più ci si scanna. La primissima emancipazione dell’uomo, dopo la cacciata dal Paradiso terrestre non è forse stata il fratricidio di Caino. Fratello, ritieni che tutto quello che ho detto prima sia falso e che sia frutto del mio vaneggiare. Tutti i pensieri espressi prima sono letteratura, non realtà.
- Ma allora qual è il tuo credo? Quello espresso prima o quello espresso dopo?
- E’ tutta letteratura. E’ tutto letteratura. Vuoi caldarroste, uomini, donne, ecco caldarroste per tutte le stagioni.
- Non è neppure letteratura che è fatta di narrazione e poesia. Questa tua è solo filosofia.
- E no, amico, forse che Leopardi faceva filosofia quando scriveva i dialoghi? O non faceva dell’alta letteratura? Chi direbbe che i dialoghi di Leopardi siano filosofia e non autentica letteratura? Che cos’è la letteratura?

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Anno 8, Numero 33
September 2011

 

 

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