Nota biografica | Versione lettura |
Un tempo si diventava maggiorenni a 21 anni. Il compimento di questa età era un rito di passaggio attraverso il quale si entrava nel mondo adulto. Ora che siamo nel 2011, la letteratura nata dalle opere dei nuovi narratori italiani compie 21 anni. Sta uscendo dalla sua condizione di minore età, ovvero smetterà di essere considerata, almeno da un certo establishment letterario, una letteratura minore, secondo la definizione data da Deleuze e Guattari, cioè di una letteratura di una minoranza scritta nella lingua della maggioranza? Entrare nella maggiore età dipende solo dal tempo passato, bastano i 21 anni a sancire un punto di svolta, come se si trattasse di un processo di maturazione automatico comune a tutti?
Quello che è accaduto e sta accadendo in Italia con la pubblicazione di opere in italiano di scrittori e scrittrici1 provenienti da tutte le parti del mondo è un fenomeno unico se si pensa che avviene in un paese come il nostro per certi aspetti abbastanza provinciale e conservatore. La letteratura italiana ha la fortuna di ricevere un’iniezione di vitalità, di rinnovamento e di svecchiamento unica, grazie alle opere di questi scrittori. È ora che essi siano considerati parte del sistema letterario italiano e credo, insieme a M. Grazia Negro, di aver dato un contributo al loro riconoscimento nel panorama letterario italiano con lo studio Nuovo Immaginario Italiano. Italiani e stranieri a confronto nella letteratura italiana contemporanea.
In un'epoca di spostamenti di massa e di globalizzazione, non solo economica, ma anche culturale, le opere degli scrittori transculturali danno un contributo significativo alla internazionalizzazione della letteratura italiana, facendola uscire dai suoi confini. Abbiamo la fortuna e la ricchezza di avere scrittori di ben 92 nazionalità diverse.2 Grazie a loro entriamo in una nuova tradizione letteraria transnazionale, un fenomeno che non è solo europeo, ma mondiale. E, come ha osservato recentemente Armando Gnisci, questa letteratura ‘mondializza’ anche la mente degli italiani perché ci fa conoscere storie del mondo contemporaneo che spesso ci sono sconosciute. 3
Attualmente c’è la tendenza, mi pare soprattutto all’estero, a porre l'accento sull'emergere di una letteratura postcoloniale in lingua italiana e di una letteratura afro-italiana, ignorando le differenze esistenti tra scrittori provenienti dai diversi paesi africani, come osservò già qualche anno fa Franca Sinopoli.4 Mi sembra però che si trascurino scrittori provenienti da altri continenti, tra cui la stessa Europa, altrettanto bravi ma che non vengono da paesi considerati ‘ad effetto’ almeno da parte di una certa editoria e anche da certi critici o studiosi di questa letteratura.
Ma oltre a mondializzare la letteratura italiana, le opere dei nuovi scrittori transculturali hanno anche un importante effetto innovativo dal punto di vista formale e tematico. Nel primo caso mi riferisco all’ibridazione dei generi letterari, all’immissione di caratteristiche di altre letterature, ad esempio l’oralità, o l’alternanza di poesia e narrativa, alla creazione di parole nuove o modificazione di parole esistenti che danno maggiore espressività all’italiano. Dal punto di vista del contenuto gli scrittori transculturali sono innovativi, in particolare nella creazione di nuovo immaginario che attinge ai loro paesi di provenienza e viene rappresentato in italiano.5
Julio Monteiro Martins ha fatto interessanti osservazioni sull’apporto dei nuovi scrittori alla letteratura italiana, in particolare ha notato la maggior diffusione di un genere come il racconto breve che in Italia ha un’antica tradizione ma che ora non è molto in voga tra gli scrittori autoctoni.6
Va anche sottolineata la valenza etica e la funzione imagologica dei testi dei nuovi scrittori italiani. Molti di loro provengono da paesi in cui le opere letterarie non sono prodotti commerciali, ‘saponette’ da vendere, per citare nuovamente Julio Monteiro Martins.7 In questi paesi, la letteratura ha svolto e svolge un’importante funzione civile di critica politica e sociale. Gli scrittori transculturali portano le tradizioni letterarie dei loro paesi e ci si augura che continuino queste tradizioni e non cadano nella trappola seppur allettante di un facile successo o di mode letterarie.
Certamente finora questi scrittori sono rimasti confinati in una nicchia, trascurati dalla critica letteraria italiana (con pochissime eccezioni di cui parlerò tra poco) e dagli studiosi di letteratura. Ogni tanto appare un articolo su un quotidiano o su una rivista che spesso contiene imprecisioni, ma questi scrittori hanno però suscitato e continuano a suscitare interesse all’estero specialmente nelle università ma anche nelle scuole. Le loro opere sono entrate a far parte di corsi di letteratura italiana già dieci anni fa come ebbi modo di documentare a suo tempo. Questo non accade a molti scrittori autoctoni contemporanei viventi.
Ho parlato dell'interesse per i nuovi scrittori italiani all'estero, ma voglio ricordare quanti hanno contribuito a far conoscere e diffondere questa letteratura qui in Italia: Remo Cacciatori, che fu il primo a scrivere su di loro sulla rivista Tirature nel lontano 1991, Armando Gnisci a cui oltre a numerose pubblicazioni e alla creazione di una collana, "Kumacreola. Scritture migranti", dobbiamo l’idea di realizzare molto tempestivamente Basili, una banca dati utilissima che, ogni anno, con il bollettino di sintesi preparato da Maria Senette ci dà un'idea dell'andamento della produzione letteraria degli scrittori immigrati in lingua italiana. Basili è ora curato da Franca Sinopoli che ha fatto interessanti riflessioni teoriche sulla nuova letteratura italiana transculturale. Tra gli altri studiosi che si prodigano nel far conoscere i nuovi scrittori italiani vanno ricordati Nora Moll, Fulvio Pezzarossa, Clotilde Barbarulli e Silvia Camilotti. Graziella Parati, vostra concittadina espatriata, ha contribuito notevolmente alla diffusione dei nuovi scrittori negli Stati Uniti, anche facendo tradurre alcune delle loro opere in inglese.
I nuovi scrittori italiani hanno iniziato a scrivere in un'epoca in cui le riviste in rete iniziavano a diffondersi. Queste riviste, Kúmá. Creolizzare l’Europa, El-Ghibli, Letterranza, Le voci dal silenzio, Sagarana, ognuna nella specificità che le caratterizza, danno un contributo notevole alla diffusione delle loro opere oltre a pubblicare testi critici su di loro.
Bisogna ricordare anche il ruolo svolto dai concorsi letterari, in particolare Eks&Tra. I concorsi sono stati un trampolino di lancio per molti autori che sono qui questa sera tra noi, ma come ho avuto modo di dichiarare recentemente, credo che sia il momento di chiudere questa fase e soprattutto evitare i concorsi riservati in base al genere degli scrittori o lanciare concorsi con temi che mirano a sfruttare l'esotismo delle scritture migranti.
Fa parte di un bilancio considerare il fatto che, purtroppo, alcuni nuovi scrittori italiani abbiano scelto o dovuto scegliere di lasciare l’Italia per trasferirsi, ancora una volta, altrove, aggiungendo un’ulteriore tappa alla loro migranza. Yousef Wakkas è tornato in Siria. Ron Kubati studia e insegna a Chicago. Ingrid Coman vive a Malta e dopo aver pubblicato il suo ultimo romanzo in italiano, ora si accinge a scrivere in inglese. Jadelin Gangbo vive a Londra. Jorge Canifa Alves si è trasferito in Spagna. È interessante però notare che alcune scrittrici, come Ornela Vorpsi e Elvira Dones, pur vivendo all'estero, scelgono di scrivere in italiano.
Desidero trattare un altro punto rilevante e faccio nuovamente riferimento a Julio Monteiro Martins che recentemente a un convegno sulla letteratura della migrazione a Strasburgo ha fatto un’osservazione che mi ha colpito, infatti ha detto: “Parliamo delle opere e meno della condizione migrante”. “Lo scrittore è l’opera che scrive”. Ha ragione, a volte si pone troppo l’accento sull’autore e sulla sua condizione di migranza invece di parlare delle opere che scrive e di concentrarsi sui loro aspetti formali e tematici. A proposito dell’enfasi posta sull’autore più che sull’opera va denunciata la responsabilità dei media e delle case editrici che vogliono a volte creare il caso letterario a tutti i costi. Giustamente molti scrittori sentono come una limitazione alla loro creatività la pressione a scrivere solo di migranza, come se questa dovesse essere la loro sola fonte di ispirazione. È vero che continuano a essere pubblicate opere che appartengono al filone autobiografico con cui hanno esordito alcuni degli scrittori transculturali e che è il genere più collegato a tematiche della migranza. Senza negare il valore terapeutico, testimoniale e etico di queste opere, va detto che la tematica della migrazione rischia però di diventare una gabbia e, a volte, uno specchietto per le allodole per chi vuole pubblicare (anche a proprie spese perché alcune case editrici lo richiedono in forme più o meno indirette) la propria storia.
Va ricordato che alla categoria di scrittori migranti (se mi permettete di usare questa espressione, che so che non piace a molti e che come avrete notato ho cercato finora di evitare) appartengono solo quelli che hanno fatto il viaggio, cioè si sono trasferiti in Italia e hanno scelto l’italiano come lingua di espressione letteraria. Ricordo la bella metafora di Jarmila Ockajová che appare nel suo romanzo L'essenziale è invisibile agli occhi, la metafora si riferisce a parlare una lingua straniera ma si può applicarla anche alla scrittura:
“Parlare la lingua materna è come trovarsi la tavola già apparecchiata, il cibo bello e pronto che ti portano dalla cucina di un ristorante. Adottare una lingua nuova, invece, è come doversi cucinare quella stessa pietanza da soli. Fai la spesa, imbratti la cucina, stai attento a ogni ingrediente.”
E ora veniamo alla spinosa questione della definizione letteratura della migrazione. Questo termine è stato utile perché ha permesso di individuare e definire il fenomeno. La definizione di un genere è abbastanza comune in letteratura, si pensi alla letteratura femminista, alla letteratura dell’esilio (qui mi riferisco a un genere della letteratura tedesca nel dopoguerra). I termini letteratura della migrazione e scrittore migrante stanno stretti a molti, alcuni li trovano stigmatizzanti, per altri invece sono una fonte di orgoglio. Consolatevi anche in altri paesi europei ci sono polemiche su questo termine da parte degli scrittori migranti.
C’è chi usa il termine letteratura multiculturale, come ha fatto Parati, nell’introduzione all’ultima antologia che ha pubblicato, Multicultural Literature in Contemporary Italy, per potere includere gli scrittori nati in Italia ma da genitori immigrati). Francamente non capisco perché la parola ‘migrante’ abbia per alcuni autori questa accezione negativa, migrare vuole dire spostarsi tra lingue e culture. Per altro la mobilità di scrittori non è un fenomeno recente, esiste dai più antichi tempi.
Chi va in libreria e sceglie il libro di uno scrittore migrante (detto e non concesso che lo trovi) lo fa perché ne ha sentito parlare, o è attratto dal titolo, dalla quarta di copertina, dalla copertina (e qui ci sarebbero cose da dire su certe scelte editoriali!). Non mi pare che i libri dei nuovi scrittori portino l’etichetta di letteratura della migrazione quando sono in libreria.
Per concludere vorrei sottolineare pochi punti. Bisogna fare attenzione all’invadenza dell’editoria che tende a manipolare autori e testi. La grande editoria vuole stampare testi che siano ‘vendibili’ e che esercitino una certa attrazione emotiva sui lettori. Alcuni autori spesso molto interessanti e maturi (diversi autori scrivevano prima ancora di arrivare in Italia) non sono considerati pubblicabili almeno dai grandi editori. Ringraziamo l’esistenza della piccola e media editoria che svolgono un ruolo molto importante nel nostro paese e non solo per gli scrittori migranti.
C’è da augurarsi che negli anni futuri la critica si concentri più su aspetti letterari dei testi e non solo quelli antropologici e sociologici. Porre l’accento sulla letterarietà dei testi contribuirà a far sì che la letteratura della migranza sia finalmente considerata adulta e parte del sistema letterario italiano, ma attenzione, non parlo di assimilazione in questo sistema. Mi riferisco a un sistema letterario nuovo ibridizzato di cui fanno parte sia le culture locali sia le culture portate dai nuovi scrittori e scrittrici italiani.
Infine penso che nel futuro, come è accaduto in altri paesi europei, emergeranno sempre più singoli autori e autrici indipendentemente dalle tematiche che trattano e mi pare che questo, in taluni casi, stia già avvenendo.
(Intervento presentato al Convegno "20 anni di letteratura della migrazione in Italia" 12 febbraio 2011)
1 Userò il termine scrittore ma con esso faccio riferimento sia agli scrittori sia alle scrittrici.
2 Faccio riferimento ai dati del Bollettino Basili più recente. www.disp.let.uniroma1.it/basili2001
3 Armando Gnisci, “ Di che cosa parliamo quando parliamo di letteratura mondiale nel 2010?” in A. Gnisci, F. Sinopoli, N. Moll, La letteratura del mondo nel XXI secolo, Milano, Bruno Mondadori, 2010, p. 27.
4 Franca Sinopoli, “La critica sulla letteratura della migrazione in Italia” in Nuovo Planetario Italiano. Geografia e antologia della migrazione in Italia e in Europa, (a cura di A. Gnisci), Enna, Città Aperta, 2006, pp. 92.
5 Nora Moll, “La figura dell’immigrato nella letteratura italiana contemporanea: tra l’integrazione detta e l’integrazione taciuta” intervento al Convegno Internazionale “Cultural Integration: fact and fiction” Squola, Firenze, Stony Brook University New York 23.07.2010)
6 Julio Monteiro Martins, “Letterati e disperati”, in El-Ghibli, 7, n.a 30, 2010
http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/id_1-issue_07_30-section_1-index_pos_3.html
7 Laura Barile, “Intervista con Julio Monteiro Martins” in Scrittura e migrazione: una sfida per la lingua italiana a cura di Laura Barile, Donata Feroldi e Antonio Prete, Siena,Edizioni dell'Università, 2009.
M. Cristina Mauceri
Cassamarca Lecturer - University of Sydney