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maelstrom

clementina coppini

Sono venuto a scavare in questo riparo sottoroccia. Hanno trovato delle ossa, molte ossa. Crani, femori, tibie. Tutte le ossa sono spezzate e bruciate. Non torture, ma riti funebri della preistoria, per scongiurare il ritorno del defunto. Se gli spacchi le gambe se gli sfondi la testa e lo bruci per bene farà più fatica a diventare zombi o fantasma e non verrà a turbare il tuo sonno.
Con me il mio gruppo di appassionati. Tutti anziani, tutti in forma. Tutti desiderano scoprire, e arrivare agli ultimi strati, i più antichi. Devo trattenerli, ansiosi come sono di scendere sempre più in fondo.
Nei giorni scorsi, tra il terreno e la roccia, abbiamo trovato una fenditura e abbiamo potuto resistere. Siamo scesi e finiti in una sorta di stanza. Lì c’erano i resti di una spedizione. Come se qualcuno fosse stato qui cinquant’anni fa e avesse lasciato tutto. Perché sono andati via precipitosamente abbandonando il materiale? Fuggiti. Ma da cosa?
Si può scendere ancora, ma non ci fidiamo a farlo senza l’attrezzatura adatta. Ce la dobbiamo procurare e dobbiamo chiamare Livio, lo speleologo del gruppo.
Ieri abbiamo allestito nella stanza sotterranea una specie di campo base, per continuare la discesa. Siamo arrivati in un’altra stanza sotterranea, dove abbiamo trovato delle sepolture, antiche di almeno cinque millenni. Intorno a ciascuno dei defunti sono disposte delle pietre con incise serie di spirali. Spirali e spirali che si attorcigliano su se stesse. Gli stessi sassi, a una più attenta osservazione, risultano sistemati a spirale intorno al defunto. Un ritrovamento a dir poco eccezionale. Siamo tornati a casa esaltati.
Oggi eccoci di nuovo quaggiù. O per meglio dire eccomi. Due ore fa abbiamo notato in fondo alla grotta un cunicolo, nemmeno troppo stretto, che si insinua in profondità. È stato scavato da mano umana – e quale altra mano avrebbe potuto? – anch’esso a forma di spirale.
Stavo aggiornando questo diario quando Livio, come a seguire una sua intuizione, ha preso quella stretta via. Di corsa, come invasato. Gli altri lo hanno seguito. E io dietro. Dopo una discesa lunga e difficile, un avvoltolarsi nelle spire di questo sottosuolo che si torce su se stesso, siamo giunti a lui, il vortice.
“Il Maelstrom” ha gridato Livio, spiritato.
E ci si è buttato dentro.
Gli altri componenti della nostra piccola spedizione si sono guardati senza sapere cosa fare. Avevo bisogno d’aria, ho dovuto uscire. Gli altri non riuscivano a staccarsi dal vortice, e non hanno voluto seguirmi verso l’esterno. Continuavano a fissarlo nel tentativo di comprenderlo, pur temendolo. Il vortice ispira un desiderio di comunione con il suo nero occhio soffiante e allo stesso tempo una ancestrale paura della caduta libera, dell’entrarci e di non sapere mai dove è la fine, né se c’è. Una sospensione infinita, senza trovare risposta.
Ho provato come loro attrazione e repulsione, i due componenti che si attraggono e si respingono creando la natura stessa del vortice.
Quando sono rientrato, dopo mezz’ora, sembrava che un tempo di dieci secoli si fosse posato sulle cose. Il nostro campo base era già diventato sedimento, si era confuso con i resti della precedente spedizione e stava lì, invecchiato a dismisura in un tempo minimo.
Sono tornato nella stanza del Maelstrom. Ancora la stessa sensazione di attrazione e repulsione, di qualcosa che inghiotte. Nessuno, non c’era nessuno. Sono usciti senza avvisarmi? Si sono buttati nel gorgo? Credo di sì. Terrorizzato, sono tornato qui, ma c’è qualcosa che mi impedisce di uscire all’aria aperta e di andare a casa a farmi una doccia. Non posso. Io devo restare. Devo sapere dov’è il fondo di quel mulinello di vento. Devo sapere. Non mi si chieda il motivo di questa necessità. Ma c’è un motivo alla necessità della conoscenza?
Li raggiungo.

L’archeologo che circa un secolo più tardi trovò in quella stessa stanza il diario notò che tutte le pagine erano ricoperte di spirali. Immaginò quello che poteva essere successo. Una tragedia, o meglio una catena di tragedie, tutte collegate a quel vento circolare che soffiava là sotto. Terribile. Chiuse il libro e scese anche lui nel cunicolo, anche lui per il desiderio di sapere, che è voluttà, non solo volontà.
Non si può resistere al Maelstrom.

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Anno 7, Numero 31
March 2011

 

 

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