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notte di settembre

laura fusco

Notte di settembre,
notte stanotte,
ventinove volte
notte.
Attraversati da un dolore blu come una pallottola,
mentre la riva va e diventa bella,
come se la raccontassero quelli rimasti a quelli partiti,
che non li possono sentire.
Notte,
indietro canto avanti coltello,
passata a baciarci,
a contare le stelle e a dividercele fino all’ultima,
per tutti e due una sola.
Io sono lui dentro la luce della sigaretta,
lei ha la sabbia sulle labbra, le parole come petali,
le dico “non dire nulla”, le dico
“facciamo un figlio, ora, prima che parta”,
io sono lei : entro nella luce di lui,
la stessa della stella,

del mare che torna con vetri,
torna con conchiglie, torna.
Notte,
che cambi i disegni delle comete per fare posto agli dei della vita,
al suo impossibile morire anche mentre accade eppure non è,
ancora, mai, nel modo pensato,
di cui abbiamo avuto paura.
Fino all’ultimo io sono lui,
un cerchio sulla spiaggia dove non entra il vento,
lei piena di cuori sulla pelle, piena di uccelli,
la bacio, la copro di mani, di conchiglie, di cielo, di piante,
della voce di mia madre,
fino all’ultimo io sono lei, un cerchio sulla spiaggia dove non entra il vento,
lui pieno di barba, di valigie,
lo bacio, mi lascio essere la terra che lo coprirà, il dopo dei suoi semi,
del suo canto, delle sue piante bellissime, della voce di sua madre.
Poi però io mangio il gelato, rido, straparlo, nuoto come un pesce,
e io mi nascondo nella stiva,
naufrago, bevo acqua, muoio preso a calci e a pugni,
finisco nella plastica di un sacco con la cerniera.
Poi però io ho fame, ho freddo, son nervosa,
non vedo l’ora che tu parta, che torni anzi di raggiungerti,
di dimenticare questa notte,
stanotte ventinove.

Nel mare Mediterraneo,

Nel mare Mediterraneo, nel mare Egeo, nel mare Adriatico,
nell’Oceano Atlantico, nell’Oceano Indiano, nel Canale di Sicilia,
tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia,
Malta, tra l’Albania e Montenegro,
dal Marocco, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania,
dal Senegal,
dall’Algeria,
verso la Sardegna, verso le Canarie,
lungo le rotte che vanno, lungo le rotte che vanno
all’isola
Mayotte, sulle piste tra Sudan, Chad, Niger, Mali,
nel Sahara per arrivare al mare.
Nell’Evros,
tra la Turchia e la Grecia,
nella Sava
tra la Bosnia e la Croazia,
nella Morava tra la Slovacchia e la Repubblica Ceca.
A Zawiyah
a Ceuta
a Ceuta
a Ceuta a Ceuta
a Melilla
a Melilla,
in Gambia,
lungo il confine turco,
tra l’Iran e l’Iraq,
nel Canale della Manica, al largo
di Capo verde, al largo
di Annaba, al largo
di Sidi Da’ud,
1549 corpi
non sono mai stati recuperati,
1986
non sono mai stati recuperati,
4255
non sono mai stati recuperati
8315 corpi
non sono stati recuperati, 9227
corpi, 11036
corpi….
nei cassoni dei tir,
sotto il telaio di un camion,
chiusi nei container,
nascosti su treni merci,
sui ponti delle navi,
nelle stive
dei mercantili e dei traghetti,
nelle stive di barconi fatiscenti alla deriva per 9 giorni,
alla deriva
per 12 giorni, alla deriva
per due settimane,
alla deriva senza cibo e senza acqua,
a piedi tra montagne e foreste,
a piedi attraverso il deserto,
a piedi sui campi minati di Evros,
sui campi minati di Evros,
sui campi minati di Evros,
lungo il tragitto per l’ospedale Mater Dei,
all’ospedale di “La Candelaria”,
all’ospedale di Nuadibù,
all’ospedale Nuestra Senora de Guadelupe,
all’ospedale di Tenerife,
all’ospedale di Oran,
all’Hospital Insular,
all’ospedale di El Hierro,
all’ospedale di Salonicco,
all’ospedale di Gran Canaria,
nel campo di detenzione di Kirklareli,
nel centro di detenzione di Merksplas,
nel carcere al-Fellah.
Per arrivare in Italia,
per proseguire da Milano al Regno Unito,
dai punti di raccolta di Peshawar,
nel porto di Atene
e di Venezia
e di Ancona
e di Fuerteventura
agli arrivi a Roma, Calais, Londra,
negli aeroporti di Parigi, Rotterdam,
in Puglia
e a Lampedusa,
in Sicilia,
e a Brindisi,
a Istanbul,
sulla N-340,
sulla A-340,
sulla A14,
e a Darro, e a Almeria, e a Algeciras, e a Thessaloniki, e a Yukari Bakracli
………..

Nostos

Tutto è finito, si torna a casa.
Hai perso sangue azzurro.
I brividi e la febbre parlano davanti alle telecamere,
hanno conficcati uccelli,
lo stomaco:
“finché fa male non puoi morire.”
“Una volta all’anno la notte”
una volta dicevi
“lasciamo aperte le porte, aperto tutto
e andiamo ad occhi chiusi fuori ad aspettare,
aspettare il vento.”
Ma l’aria immobile ora
sa di sale,
dissenteria.
China sul lavabo,
gli occhi pesti,
i calmanti e il cucchiaio,
la chiave in mano,
le luci a doccia,
troppi respiri,
troppo poco spazio pieno di capelli,
troppe dita che pettinano il vuoto lasciato dal tuo bambino,
troppi vassoi di riso rovesciati,
scagliati lontano.
Non riesci a dormire,
non bevi,
non ti lavi da addosso il mare,
il sogno di partire con le nausee,
le voci dell’infanzia che rientrano da dove erano venute
senza essere diventate grandi,
il vuoto di tornare in stanze che hanno ucciso……..

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Anno 7, Numero 31
March 2011

 

 

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