El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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intervista a cristina mauceri

maria cristina mauceri

Sono passati vent'anni dalla pubblicazione dei primi libri della cosiddetta letteratura della migrazione. Alcuni di voi hanno contribuito alla sua nascita e altri alla sua diffusione in Italia e all’estero. Che bilancio si può fare? Questa letteratura è conosciuta? C'è attenzione su di essa oppure è ancora una sconosciuta?

Io credo che tutto sommato si possa fare un bilancio positivo nel senso che in vent’anni la letteratura della migrazione è cresciuta molto, è sufficiente guardare i dati raccolti in BASILI e i bollettini pubblicati annualmente, per vedere come il numero delle opere sia aumentato in modo esponenziale nel corso del tempo.

Conosciuta da chi? Purtroppo in Italia non si legge molto in generale e poi, come sappiamo, le opere degli scrittori migranti hanno spesso molta meno visibilità rispetto a quelle degli scrittori autoctoni, in quanto pubblicate da case editrici piccole e non sempre ben distribuite. Non direi però che è sconosciuta, posso dire che fuori dall’Italia - e qui parlo di un ambiente particolare, cioè quello accademico - è certamente conosciuta, in Inghilterra, in Germania (dove ho riscontrato interesse anche da parte degli insegnanti di italiano) in Francia ( l’ottobre scorso l’Università di Strasburgo ha organizzato un convegno per festeggiare i vent’anni a cui hanno partecipato diversi scrittori), negli Stati Uniti (alcuni scrittori sono stati invitati a partecipare a seminari) e anche in Australia (la radio SBS, che trasmette in italiano, ha fatto interviste a scrittori migranti). Sto parlando di paesi che sono nati come paesi di immigrazione o che hanno conosciuto l’immigrazione molto prima dell’Italia e che quindi conoscono questo fenomeno dei migrant writers, in quanto da loro è nato prima. Però gli scrittori migranti scrivono per farsi leggere da tutti, non solo dagli accademici e quindi ancora molto va fatto per farli conoscere in modo più capillare. A questo proposito trovo interessanti le inziative di alcuni programmi radiofonici italiani. Ad esempio nell’estate del 2009 Radio 3 Suite ha trasmesso una serie di interviste a scrittori migranti (dal 3 al 28 agosto) durante un programma chiamato “Il mormorio del sangue. Il tumulto dei sogni”. Recentemente Radio Trentino sta trasmettendo un programma “Leggere le identità” curato da Silvia Camilotti. Inoltre è utilissimo il lavoro di alcuni insegnanti delle scuole secondarie e degli stessi scrittori/scrittrici che contribuiscono a diffondere la conoscenza di questa letteratura tra le giovani generazioni. Questo è molto importante perché contribuisce a promuovere la conoscenza di altre realtà culturali e del fenomeno della migrazione tra i giovani in una scuola italiana in cui il numero di studenti ‘nuovi italiani’ sta crescendo.

La produzione letteraria degli autori migranti ( prosa, poesia) ha avuto una funzione culturale nella società italiana?

Io credo di sì, nel senso ampio della parola cultura, ci apre a nuovi mondi, contribuisce al dialogo interculturale, ci fa comprendere modi di vivere, pensare e scrivere diversi, insomma ha aperto i confini della letteratura italiana, l’ha sprovincializzata, anche se finora, forse, se ne sono accorti in pochi.

La letteratura della migrazione italiana ha avuto qualche influenza nella produzione letteraria degli autoctoni?

No, mi pare che le due letterature viaggino ancora su binari paralleli. Gli scrittori italiani restano chiusi nel loro Olimpo. Poi se, come è capitato, qualcuno esprime un giudizio su un testo di uno scrittore migrante lo fa con una supponenza sgradevole e inaudita - si pensi che cosa scrisse Lodoli sul romanzo di Lakhous Scontro di civiltà: ‘Il romanzo dello scrittore algerino non arriva alle ginocchia del capolavoro di Gadda, però si fa leggere con piacere. ha scritto in italiano questo romanzetto agrodolce che ha vinto il premio Flaiano” .
Per quanto riguarda il tema dello straniero nella letteratura italiana, come abbiamo notato Maria Grazia Negro ed io nel nostro studio, Nuovo Immaginario Italiano. Lo straniero nella letteratura Italiana contemporanea, questo tema ricorre da vent’anni nella letteratura italiana autoctona, ma non abbiamo avuto l’impressione che molti scrittori e scrittrici italiani si siano ben documentati anche leggendo i testi degli scrittori migranti che sarebbero stati una fonte utile anche per conoscere le diverse comunità straniere che vivono in Italia.

Più recentemente alcuni scrittori italiani hanno fatto da portavoce ad alcuni stranieri, raccontando la loro storia, ad esempio Fabio Geda con Nel mare ci sono i coccodrilli e Marta Franceschini con La valigia di Agafia. Una storia vera. Ma non si tratta di libri scritti a quattro mani come era avvenuto con i testi apparsi negli anni Novanta che avevano segnato l’esordio di questa letteratura.

E' ancora importante mantenere la denominazione di letteratura della migrazione, oppure questa stagione è ormai superata e secondo voi sono emersi scrittori che si cimentano alla pari con scrittori autoctoni o meglio dire di origine italiana?

Bisogna vedere cosa si intende con cimentarsi alla pari, pubblicare con grosse case editrici, avere successo nelle vendite? Vincere premi letterari aperti a tutti, scrittori migranti e autoctoni? Pur essendo molto sospettosa verso i premi letterari di tutti i tipi, va ricordato che Lakhous ha vinto il premio Flaiano, Kubati è arrivato in semifinale allo Strega, Tawfik e Vorpsi hanno vinto il Grinzane per esordienti. Va notato che tutti questi autori pubblicano con case editrici grandi che sono in grado di garantire loro visibilità e promuovere i loro libri. Credo che se uno scrittore migrante diventa noto questo possa tornare a favore anche degli altri e diffondere una maggior consapevolezza dell’esistenza di questi nuovi scrittori italiani.

La questione del termine letteratura della migrazione è spinosa. E’ una dicitura che sta stretta a molti e credo che anche cambiandola con letteratura multietnica (che usano negli Stati Uniti) o transculturale (personalmente preferirei il secondo termine) non è che si risolva il problema. Alcuni usano il termine letteratura diasporica, ma è un termine abusato perché non tutti gli scrittori appartengono a una vera diaspora.

Tuttavia, credo che sia opportune ricordare la differenza tra gli scrittori e le scrittrici che sono nati altrove, sono arrivati in Italia da adolescenti o già adulti e hanno imparato la lingua, e invece gli scrittori e scrittrici post-migranti nati in Italia e che si sono formati in Italia. Questi come ha recentemente osservato Nora Moll: “ […] ereditano dai loro padri il “doppio sguardo” sulla società in cui vivono, ma non la fatica – amorosa ed emozionante – di conquistare una lingua nuova. http://www.treccani.it/Portale/sito/lingua_italiana/speciali/migrazione/Moll.html.

Infine al convegno di Strasburgo è emerso che alcuni scrittori (quelli che scrivono da tempo e hanno più di due pubblicazioni alle spalle) vogliono che le loro opere siano considerate dal punto di vista prettamente letterario e non per il loro contenuto sociologico o antropologico. Ritengo che questa richiesta sia giustissima e vada rispettata.

Che funzione ha avuto la piccola e grande editoria nello sviluppo e diffusione della letteratura della migrazione?

Tutte e due hanno avuto una funzione importante, ma in modo diverso. È stata la grande editoria pubblicare i primi testi, quelli scritti a quattro mani, e poi per un po’ si è completamente disinteressata, degli scrittori migranti. Chi ha sempre continuato e continua a pubblicare i testi degli scrittori/scrittrici migranti è la coraggiosa piccola editoria. Ora io farei un distinguo, perché mi sembra che negli ultimi tempi ci sia anche da parte di alcune case editrici la corsa allo scrittore/scrittrice migrante e così pubblicano un po’ di tutto.

Ho notato inoltre che le grandi case editrici si concentrano su autori e autrici che provengono da alcuni paesi sui quali specialmente per motivi politici si concentra l’attenzione del pubblico, penso in particolare all’Iran, all’Iraq o alla Cecenia (mi riferisco all’ultimo romanzo di Lilin). Non rivelano altrettanto interesse per autori seppur molto bravi (Bozidar Stanisic, Sarah Zurah Lukanic) che provengono dalla zona dei Balcani, se si fa eccezione per gli scrittori e le scrittrici albanesi. Ma dieci anni fa, fu un piccolo editore come Besa a pubblicare i libri Ron Kubati e Leonard Guaci, nessuno si interessava agli albanesi quando la loro migrazione era ancora in corso, unica eccezione il libro Sole bruciato di Elvira Dones, ma era stato scritto in albanese. La stessa Vorpsi è stata pubblicata prima in Francia e solo dopo Einaudi l’ha pubblicata e lanciata in Italia.

Il linguaggio della letteratura della migrazione è stato in qualche modo particolare? Ha segnato dei mutamenti nel linguaggio letterario italiano?

Senz’altro. Si pensi all’importanza dell’oralità in scrittori provenienti dall’Africa come ad esempio Cristina Ali Farah. A generi nuovi, forme ibride del narrare, come La straniera di Tawfik che alterna poesia e narrativa. Alla musicalità dello stile di Christiana de Caldas Brito, al portuliano del suo racconto Ana de Jesus. o all’invenzione di parole nuove nel racconto Maroggia. Inoltre penso alla ricchezza di un immaginario nuovo che caratterizza questa letteratura, a modi di dire nuovi, mi colpirono ad esempio quelli usati da Ziarati in Salam, maman. Le contaminazioni linguistiche sono sempre più presenti nei testi di alcuni scrittori migranti, in cui accanto all’italiano troviamo parole o espressioni della prima lingua.

Come mai la produzione di donne di origine straniera è così copiosa?

Bisogna tenere presenta che una delle caratteristiche della migrazione contemporanea è il grande numero di donne che migrano. Per quanto riguarda i risultati del bollettino Basili, in cui predominano le scrittrici, va detto che la copiosità della produzione può dipendere anche dal fatto che esistono concorsi riservati solo alle donne (personalmente sarei per l’abolizione di tutti i concorsi letterari riservati e no, nessuno si sognerebbe di indire un concorso solo per uomini). Ma sarebbe importante vedere anche chi, tra gli scrittori e le scrittrici, scrive in modo continuativo e chi si limita a un racconto scritto per un concorso per vedere come sono realmente le proporzioni tra i due generi. E’ un lavoro che andrebbe fatto.

Ricordiamo inoltre che le donne leggono molto di più degli uomini. Le donne migranti non solo scrivono di più’ rispetto agli uomini, ma come risulta dal terzo rapporto “European Migration Network Italia” http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2010/12/02/news/le_immigrate_leggono_di_pi-9770209/ le donne immigrate leggono molto di più delle italiane e speriamo che continuino a farlo.

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Anno 7, Numero 30
December 2010

 

 

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