Nota biografica | Versione lettura |
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in principio dal libro sesto virgilii patris:
mi ritrovai per una selva oscura,
per una selva oscura, tra lacrime, lacrimae rerum,
ma ora la marcia del viaggio rallenta,
si ferma sulle coste di una terra qualunque.
e dunque ecco una casa abbandonata,
scolpita da un fuggiasco dopo il labirinto,
(dopo il volo celeste al nord delle fredde orse)
il fuggiasco dedalus, le mat,
l’uomo delle cose impossibili,
l’uomo che non conclude, non conclude
e ha inciso qui miti del tempo dei tempi:
la fine di uno straniero, e onori resi a incubi,
e il fallo di un toro dentro una donna figlia del sole,
e suo figlio biforme che vaga a vuoto
per una voragine inestricabile.
sulle pareti incise le forme della sua guida, un filo,
per i ciechi passi di un salvatore tanto amato…
(solo di suo figlio non riuscì dedalus a scolpire,
la mano si ferma paralizzata kat’asphodelion leimona)
e finalmente io sono nell’alta casa con sybilla, la papesse,
sie ist’s, die sieht, solo lei riesce a vedere, meine mutter,
sacerdotessa del vecchio del mare, senhal di morte e vita.
cento porte, cento fori,
da ogni foro corrono le sue voci...
ora sento il suo grido:
l’impératrice non ha più un solo volto,
non ha più un solo colore,
i suoi capelli volano col vento,
il petto è pieno di sensi, il cuore invasato,
la voce insopportabile, disumana.
mi grida: muoviti, o non si apriranno mai
le porte della casa ispirata!
(e io, l’empereur, la prego dal profondo,
per le tante terre attraversate,
di trovare un luogo dove fermarmi
con il mio walkabout viaggiante,
e di saperlo dalle parole,
non da foglie lanciate per rapidi venti)
sybilla dice cose vere su cose oscure:
vedo sangue, sussurra, come nel tuo passato,
e una donna straniera, ma tu cerca una via di salute,
forse ti piace dedicarti a quest’impresa da pazzi?
(io ho provato ogni cosa, le dico,
ma tu congiungimi al mio passato,
per questo con undaunted heart
sono venuto da te)
lei ricorda: misteri di terra sotterranea si aprono,
ma nell’istante in cui parla e ammutolisce
un amico è caduto a terra privo di vita,
mentre soffiava su un tubo di bronzo.
seguo allora due colombe bianche,
segno di mia madre,
e giungo al vischio d’oro,
(le chariot na anyate, che non muore)
il ramo che non appartiene a terra e cielo,
sul filo del vento.
ecco, raggiungo una spelonca, nascosta da un lago nero
e dal buio della foresta, la vedo nel sangue nero dei sacrifici,
tra ululati di cagne, ma i nervi devono restare saldi;
(mi consolano le sorgenti vicine, d’acque calde sulfuree
where time ago i plunged)
aornon, nessun uccello sopra il lago.
entro nell’antro, e sybilla è la guida dei miei passi
nella bocca aperta della terra,
nel cielo sotterraneo,
sotto la luce del sole nero, le soleil.
lenti e neri siamo sotto la notte sanza tempo tinta,
deserto e vuoto, tohu wabohu
per la linea delle case vuote e le terre perdute, la lune,
e la nebbia della notte acida che toglie colore alle cose,
no light, but rather darkness visible.
sul portone luttocubiliapaurafamevecchimalattie,
e il sonno, piccolo fratello della morte,
i letti di ferro di donne alate, e un olmo nero
dalle vecchie braccia di rami, dove dormono,
appiccicati sotto ogni foglia, mucchi di sogni falsi…
sybilla mi ferma la mano,
sono solo fantasmi della mente,
vegetazioni del nulla per tenebre trasparenti.
poi l’hermit, il trascurato vecchio traghettatore
tra la pazzia dispersa di uomini e donne,
uccelli dal mare e fredde foglie.
e vedo il fratello che era caduto in mare e perduto,
posseduto dalle acque, avvolto dal vento piovoso…
è un fantasma perso nel vuoto
che non può passare il fiume,
e vorrebbe venire con me…
(ma non serve pensare di mutare il proprio destino;
forse un luogo conserverà il suo nome, tempérance)
andiamo avanti. nella terra del buio,
dell’incoscienza, del torpore della notte…
impossibile portare corpi vivi sulle vele dello stige!
ma sybilla ha il ramo d’oro, che tiene sotto la veste,
e il vecchio si calma, ci lascia salire nella barca di giunchi
(arrivaanche il cane famoso, sybilla lo addormenta: la force)
allora sento fragile un vasto vagito,
le anime di bambini che piangono…
neanche offerti alla vita, un nero giorno
li aveva inghiottiti in anticipo nella notte senza fine,
dicono che l’aria tremi ai loro sospiri
(ma io non riesco neppure a vedere i loro volti,
in questo fondo dell’infinito)
giungiamo ai campi del pianto. ecco fedra e pasifae,
infine elissa, la donna che ho amato e abbandonato
perché non avevo la forza di cambiare il mio destino.
piango (sono l’amoreux? ), mi avvicino e le dico parole:
non volevo lasciarti, obblighi mi trascinano controvoglia
per le ombre, per regni abbandonati, per la notte profonda…
non andare via, forse non potremo mai più rivederci…
(ma la sua ferita è in cancrena, tiene gli occhi fissi lontano)
vedo allora un corpo inutilmente mutilato,
senza mani, senza orecchie, senza naso, le pendu.
la notte corre… lasciamo a sinistra il tartaro d’acciaio,
le diableprigioniero di una donna sporca di sangue,
mentre stridono catene sotto la roue de fortun.
a steel building, la maison dieu
all the authorities burning inside (what a silly demagogy),
prime ministers kings generals & their disfigured faces,
cropped ears cropped noses. And (once hailing) crowds crawl
before the river, just shades hunting for themselves…
the weeping camp smells of hospital wards,
syrinxes phleboclysis crutches & amputation saws.
la Mort, the rest is silence.
the woman-kamikaze: no arms; her mother, no legs,
killed in a refugee camp.
Elì Elì, lemà sabactani?
finalmente giungiamo in campi vestiti di luce,
che conoscono sole e stelle proprie.
e mio padre, la justice,
quello per cui avevo passato i grandi fiumi dell’erebo.
lo trovo occupato a controllare altre anime, le jugement:
prima che rifacciano di nuovo il grande passo
verso la vita, ins leben.
vorrei abbracciarlo, ma non posso,
son smeshnovo sheloveka
sogno ridicolo di uomo (pulvis et umbra sumus) .
e mi parla di chi beve lunghe dimenticanze
sul fiume incurante dei campi elisi (asperges me, hysopo) ,
dello spirito interiore che nutre cieli e terre del mondo,
del passato che ognuno di noi patisce,
della fragile joi qu’esper, denan.
gigli versati a piene mani mi mostra nel tempo a venire,
fiori purpurei della catena delle generazioni,
fino alle due porte del sogno.
una è di corno, dei sogni veri, l’altra d’avorio, di quelli falsi:
il padre mi dice di passare con sybilla per quella d’avorio,
e mi fa uscire, insieme ai miei mani viaggianti,
a riveder le stelle, a riveder le stelle
Om Shantih, comme en apparence de rêve
nous traversons la porte d'ivoire.
at the dream doors: der Horizont, le monde
few guests de terra lonhdana.
on the stream only green leaves, mizu no oto!
pebbles & nests on the water-lilies…
a twinkling morning star, l’ètoile, la alma,
talitha kumi
in alto ancora le stelle che ci guardano