El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Nota biografica | Versione lettura |

libri vietati

agi berta

La fiaba serale costituiva il momento culminante delle mie giornate di bambina. Negli anni cinquanta in Ungheria si andava a letto piuttosto presto. Si cenava alle 6 e dopo le sette ero già a letto, aspettando che nonno mi raccontasse la fiaba della buonanotte.
Da piccolina ricevevo favole, racconti fantasiosi, più tardi, però volevo delle storie vere, fatti davvero accaduti. Così dopo l’intera Odissea, Eneide, i miti germanici e la Divina Commedia – solo molto più tardi compresi che si trattava dei classici - il nonno iniziò un nuovo filone che riguardava episodi salenti della storia ungherese. Più tardi, a scuola durante le ore di storia salutavo con enorme gioia i miei eroi familiari, Santo Stefano il fondatore dello stato ungherese, re Matthia il giusto, Hunyadi che combatté i turchi ecc. L’impronta fiabesca di questi eroi mi era rimasta talmente forte che perfino all’università ebbi qualche difficoltà elaborare le immancabili debolezze umane e politiche di questi personaggi.
A sei anni cominciai la prima elementare. Essendo mancina ebbi non poche difficoltà con la scrittura, ma m’impegnai molto con la lettura, perché il nonno mi spiegò che la conoscenza delle lettere mi avrebbe permesso di possedere tutti i racconti del mondo. Ricordo che usava proprio quest’espressione: possedere. Probabilmente non aveva mai letto Fromm e non sapeva niente sulla polemica dell’essere o avere, ma con la sua semplice e lineare lucidità non aveva mai messo in dubbio che le uniche cose che possiamo possedere sono le cose che comprendiamo con la mente o sentiamo con il cuore. Il resto, beh il resto sono occasionali oggetti che possono semplificarci la vita, renderla più piacevole, ma in fin dei conti non sono importanti. La lettura sì. Quella era una cosa importante perché tra l’altro non sarei più dipesa da alcuno; anche da sola avrei potuto spaziare sui più svariati argomenti che i libri mi avrebbero offerto.
Infatti, cominciai leggere molto presto e, non avendo la pazienza di aspettare le spiegazioni della maestra, le ultime lettere le imparai da sola.
Chiesi subito al nonno di regalarmi un libro con storie simili a quelle che mi aveva raccontato, quando ero piccola. Egli, però, si schernì dicendo che per quanto ne sapeva non pubblicavano libri del genere, fu lui stesso a modificare degli episodi storici che conosceva rendendoli adatti ai bambini, ma mi promise che si sarebbe informato meglio.
Un giorno tornò a casa con l’aria da sornione e dopo pranzo mi chiamò a fare due passi con lui. Ci avviammo fuori paese mano nella mano, chiacchierando tranquillamente, quando un certo punto si fermò e iniziò a parlarmi in un modo più serio: - Agi, non sei più una bambina (avevo circa sette anni) ti devo dire una cosa segreta. Per motivi sciocchi alcuni bei libri del passato ora non si possono più leggere. Proprio la legge lo vieta, perché si teme che essi potrebbero influenzare negativamente i ragazzi. Allora, questi libri, che del resto erano i preferiti anche di tua madre quando era piccola, oggi non sono più in commercio, li hanno ritirati anche dalle biblioteche e perfino i privati avrebbero dovuto distruggerli. Avrebbero dovuto….Molti lo hanno fatto, altri, che non sono d’accordo con questa legge, invece li hanno conservati. Sai che io ti ho sempre detto di rispettare la legge, ma la verità non è così semplice. Ci sono leggi eterne e poi ci sono delle regole che cambiano ogni volta che cambia il potere. In linea di massima dobbiamo osservarle, ma qualche volta, quando siamo convintissimi che si tratta di una prescrizione stupida – raramente, ma può succedere – allora, abbiamo il diritto di non prenderle troppo sul serio.
Povero nonno sudò sette camicie per pronunciare queste parole. Sia per il suo mestiere di maestro, sia perché era una persona profondamente onesta dovette fare una violenza su se stesso per esprimere queste “idee trasgressive” per di più alla sua nipotina di sette anni.
- Bene, ti volevo dire che ho trovato alcuni libri che ritengo possano piacerti, ma disgraziatamente sono vietati. Non lo erano prima della guerra, ma oggi sono considerati eccessivamente nazionalisti, perciò dannosi per la gioventù che dovrebbe imparare a pensare in termini più larghi, in termini internazionali…- poi vedendo la mia espressione un pochino ebete, si è reso conto che non lo seguivo più e concluse in fretta:
- La persona che te li presterebbe è un mio carissimo amico, che anche tu conosci bene, ma prima mi devi promettere che non ne parlerai con nessuno.

La mia fantasia iniziò a galoppare; facevo parte di una congiura d’adulti, forse la polizia segreta mi avrebbe torturato come hanno fatto i tedeschi con Zoia, la piccola partigiana russa nel film che abbiamo visto a scuola! Ma io non avrei mai tradito l’amico del nonno nemmeno al costo di morire….Certo, avevo anche qualche difficoltà immaginare lo zio Sandor, l’unico poliziotto del paese, che mi picchia con il manganello, ma non si sa mai. Anzi, a ripensarci bene, trovavo sempre un po’ sospettoso il suo modo di fare mellifluo, sempre con la caramella a portata di mano (caramelle con una crema morbida all’interno che odiavo ma che non avevo mai il coraggio di rifiutare) Dalle mie fantasticherie la voce di nonno mi fece sobbalzare:
- Allora, signorina? Mi vuoi rispondere? Sei capace di mantenere questo segreto? Non devi parlare con nessuno, né con la maestra, né con i compagni…Non vorrei creare alcun problema a questo mio caro amico per non parlare delle mie difficoltà, visto il mio mestiere; “un maestro che fa leggere simili libri alla propria nipotina certamente non è una persona leale al quale affidare la sorte della nostra gioventù”.
Le ultime parole il nonno le pronunciava con la tipica voce nasale di zio Ferenc, che io adoravo perché era forte ed allegro ed ogni volta che lo incontravo mi buttava in aria e mi faceva girare. Non capivo perché i miei non lo invitavano mai a pranzo la domenica, visto che in casa mia c’erano sempre degli ospiti nei giorni di festa. Era pure una persona importante, faceva il segretario del Partito Comunista e si diceva che durante la guerra aveva combattuto insieme ai partigiani. Una volta mi fece perfino il baciamano come alla nonna e si complimentò per i bellissimi fiocchi rossi nelle mie treccine. Che c’entra adesso con tutto questo zio Sandor? Bah…gli adulti talvolta sono strani…
Certo che ero capace di tenere la bocca chiusa. Chissà che libri saranno se sono vietati dalla legge!? Avevo un tale rispetto per la parola scritta, che trovavo assolutamente normale che potessero esistere libri pericolosi, e ciò li rendeva ancora più interessanti ai miei occhi. Volevo solo sapere chi era questo coraggioso eroe che ha osato sfidare la legge e a conservare questi volumi proibiti.
La risposta del nonno mi lasciò senza parola. Mai e poi mai avrei immaginato che fosse il signor Kremzir! Era la persona più tranquilla, rispettosa perfino un pochino servile che conoscevo. Non aveva niente dell’eroe o del rivoluzionario; era basso, magrolino un pochino curvo. I suoi radi capelli color topo erano sempre spettinati e ti guardava sopra gli occhiali con un’espressione di finto interesse e con un sorriso che appariva forzato. Ti ascoltava ma come se pensasse ad altro…Faceva il commesso in una piccola cartoleria che aveva nella vetrina a fianco della pila di quaderni, anche qualche giocattolo impolverato, mai venduto. Nel mio paesino non si usava comprare dei balocchi, i soldi servivano per cose serie e i bambini fabbricavano da soli i loro giocattoli. Io in ogni modo rispettai molto questa bottega, anzi, da quando in città avevo visto un vero negozio di giocattoli, cominciai a chiamarlo dentro di me con lo stesso nome pomposo “Paese della Fantasia”.
Il signor Kremzir dunque, mi avrebbe prestato i suoi libri. Non capivo come mai avesse dei libri per i ragazzi : era una persona sola, senza moglie e senza figli…

Volevo andare subito da lui, ma il nonno per rincarare l’atmosfera di cospirazione, mi disse di aspettare la sera, mica potevamo rischiare di incontrare gente sulla via di ritorno con i tomi proibiti sotto il braccio. Naturalmente non si trattava di questo, dovevamo aspettare che signor Kremzir chiudesse il negozio, cenasse e poi gli avremmo fatto visita. Mai il tempo passò più lentamente.
Finalmente, verso le sette ci avviammo verso la sua casa. Il signor Kremzir abitava in un piccolo e malandato appartamentino che si trovava sopra il negozio. Non aveva nemmeno la cucina, lo trovammo nell’anticamera a lavare alcune pentole annerite dal fumo. Ci fece accomodare nell’unica stanza che aveva. Mi è rimasta impressa questa stanza, perché in totale contrasto con i muri screpolati e con l’aria trasandata e misera della casa, era arredata con dei mobili davvero belli. Un grosso divano di velluto verde, con due poltrone, logore, ma di buona manifattura, un tavolo di mogano lavorato con sei sedie elegantissime di pelle. Poi, in un angolo c’era una misera branda ricoperta alla meno peggio con un copriletto sfilacciato, sotto del quale s’intravedevano i lembi di un lenzuolo di dubbia pulizia.

L’ometto offrì un bicchiere di vino al nonno e versò anche a se stesso. Mi guardava con un certo impaccio, infine tirò fuori dal comò – molto bello e in linea con il tavolo – un pacco di biscotti.
I due uomini iniziarono a conversare a bassa voce, io, dopo aver mangiato i biscotti che sapevano di naftalina, adocchiai la libreria che copriva l’intera parete. Non vidi alcun volume che potesse somigliare libri per bambini, ma trovai due tomi imponenti, rilegati in pelle nera che sul dorsale riportavano dei caratteri mai visti. Non erano lettere cirilliche che ormai riconoscevo dai manifesti che decoravano i corridoi della scuola.
-Posso prenderli? – chiesi timidamente.
- No, non li toccare!– alzò la voce l’ometto mite e poi, come se si vergognasse del tono inaspettatamente stridulo della sua voce, aggiunse – Puoi sfogliare tutto, ma non quei due, del resto non ne capiresti niente, sono scritti in ebraico. Ebraico! Conoscevo questa parola, sapevo che si collegava con qualcosa di triste e forse anche vergognoso. Conoscevo molto bene il monumento degli ebrei del vecchio cimitero ormai chiuso, che era il nostro luogo ideale per giocare. Una colonna con una sfilza di nomi e con una stella strana in cima che ricordava certi ebrei massacrati durante le guerra. Questo monumento del resto mi aveva sempre turbato. Inizialmente credevo che fosse una tomba poi gli amici mi spiegarono che non c’era nessuno sotto quel granito. Allora mi chiedevo che cosa facesse nel cimitero abbandonato. C’era un altro monumento per gli eroi caduti nella piazza centrale del paese e mi sembrava giusto che cose del genere si trovassero in posti dove tutti li potevano vedere, mica nascosti in un posto abbandonato, visitato solo dalle farfalle e dai bambini giocando a nascondino. Così mi sono convinta che questi ebrei erano morti si, ma non esattamente da eroi…

Dunque il signor Kremzir aveva ben altro in casa, che non libri proibiti per ragazzi! Cominciai interessarmi a questa persona così insignificante eternamente vestito con la stessa giacca scura, un po’ lisa, che anche in casa indossava una triste cravatta nera.
Mi sedetti su una sedia vicino al nonno e cominciai ad ascoltare il discorso dei due uomini.

- Mi fa piacere che la piccola prende quei libri…non preoccuparti...chi mai avrebbe il coraggio di accusarmi di fomentare il nazionalismo magiaro. Io…che incito al nazionalismo, figuriamoci. Dopo tutto quello che ho subito dagli ungheresi…Scusami, sai, che non parlo di te, di voi persone per bene che avete cercato perfino di aiutarmi, ma gli altri…? Ancora oggi i paesani mi considerano uno diverso, un ebreo appunto, un estraneo. Me ne andrei, ma ormai è tardi. Sai, dopo la guerra sarei potuto partire per Israele, ma aspettavo loro…speravo che tornassero…ormai è tardi…non aspetto più niente. Quei libri… sì. Quei libri non volevo darli via, erano gli ultimi che il mio figliolo lesse, figurati voleva perfino portarseli con sé, e Edith, la buonanima, lo sgridò, quando li scoprì nascosti nel suo zaino. Gli ordinò di toglierli immediatamente e il poveretto…mi guardò, come se chiedesse aiuto a me. Io capii, ma non osai contraddire la mamma. Ma perché fui così grullo? Persi l’ultima occasione di farlo felice….Ma… aveva ragione lei…Io…. Noi uomini speravamo che in quel campo di lavoro avremmo forse trovato anche un po’ di pace…che potevamo ricominciare…Pure il rabbino ci tranquillizzò, ma lei…lei era sempre stata più svelta di me nel comprendere le cose. Non era molto acculturata, ma capiva tutto subito…a chi potevamo fare credito e chi ci avrebbe imbrogliato... Quando l’arrivò l’ordine di partire non disse niente, fece le valigie, ma non portò niente che non servisse per la pura sopravvivenza, nemmeno la fotografia dei suoi genitori…Anche quella lasciò qui, sul comò vicino al letto. Lei sentiva che non saremmo andati in un luogo protetto a lavorare e a vivere in pace…Mise un gran pezzo di lardo nello zaino di Jonas al posto dei libri. “Dove andremo non potrai leggere – disse a bassa voce, poi si pentì ed aggiunse: - Perché non ne fai un bel pacco, così, quando finirà questa maledetta guerra e torneremo, li ritroverai sani. …Che vuoi farci, ormai è tutto finito. Così, i libri rimasero qui…aspetta, vado a prenderli.
Si alzò con una certa fatica e uscì dalla stanza. Lo sentimmo trafficare nell’anticamera. Tornò con un pacco accuratamente legato e ricoperto di carta marrone da imballaggio. Prese un coltellino dalla tasca e recise lo spago. Con infinita tenerezza aprì il pacco: uscirono cinque volumi splendidamente rilegati. Li accarezzò e poi con un gesto brusco me li porse.
- Prendili piccola, so che sei una gran lettrice. Anche Jonas lo era…Gli farà piacere che i suoi libri almeno non siano andati in fumo…- e girandosi verso il nonno, aggiunse: –Sai quando mi sono reso conto che non sarebbero più tornati, ho pensato di bruciarli, come se il loro fumo potesse raggiungerlo…Ah! Sono un vecchio rimbambito, ma è da tanto che non prendo in mano queste cose..
Non osai toccare quei volumi. Non capivo fino in fondo il discorso del signor Kremzir, ma sentìi che una tremenda tragedia circondava quei libri misteriosi.
Ci congedammo poco dopo. Portai io il pacco, sotto braccio. Sulla via di ritorno non ebbi voglia di parlare, né chiedere spiegazioni. Anche il nonno camminava silenzioso, commosso, ma anche pieno di ira repressa. Si capiva dai lunghi passi. Quando era arrabbiato dimenticava sempre di accorciare i suoi passi alla mia misura da bambina.

I libri?…Li ricordo ancora tutti e cinque. Erano splendidi, proprio il genere che piaceva a me. Che ne sapevo io del nazionalismo, dello sciovinismo di cui erano impregnate tutte le pagine di questi volumi riccamente illustrati. A sette anni vuoi appartenere ad un popolo forte, vincente, vuoi scoprire radici di cui andare fiera e in questi libri trovai tutto ciò che mi serviva per crearmi un’identità. E fu così, che la prima lezione di nazionalismo la ricevetti dai libri di Jonas Kremzir, che non poté mai diventare un ungherese orgoglioso perché all’età di 9 anni fu ucciso ad Auschwitz.

Inizio pagina

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Anno 7, Numero 29
September 2010

 

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links