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quartet come "riscrittura" di the good soldier

maria grazia midossi

Da un punto di vista artistico, Quartet è il più grande tributo di Jean Rhys al suo protettore letterario Ford Madox Ford.
Nel suo primo romanzo, infatti, Jean Rhys rievoca nelle sue componenti fondamentali, una delle opere più importanti di Ford, The Good Soldier, rievocazione che però non si riduce ad una pedissequa imitazione di elementi presenti nel libro fordiano, ma che è al tempo stesso, rielaborazione e discussione del testo originario.
In questa operazione parodica di “riscrittura”, l’autrice, pur riprendendo l’impianto generale di The Good Soldier, trama e personaggi, riesce a produrre un controtesto al capolavoro fordiano che è contemporaneamente richiamo di quella scrittura, ma anche atto di aggiunzione e contestazione di quella stessa scrittura. Si viene a creare, in questo modo, un dialogo tra i due testi per cui l’uno si costituisce in rapporto all’altro, ma questo rapporto di costituzione presuppone una distanza critica che consente infinite possibilità di variazioni e trasformazioni.
Il dialogo intertestuale non si risolve, infatti, solo nell’assorbimento del testo preesistente in quello “nuovo”, piuttosto si identifica come ripresa della voce altrui con un orientamento diverso rispetto a quello originario e contiene dunque una volontaria variazione di senso1.
La riscrittura del romanzo di Ford da parte di Jean Rhys, si colloca problematicamente nel contesto della cultura definita post-modernista.
Nonostante il testo sia stato scritto in un periodo precedente a quello in cui si è iniziato ad usare il termine post-moderno per indicare il romanzo contemporaneo2, esso condivide con i testi post-moderni numerose tecniche formali e stilistiche.
Una delle principali caratteristiche della cultura post-moderna è la ripresa e la rielaborazione di materiali pre-dati, la convinzione che ogni testo è scritto sopra uno precedente e che l’impeto creativo si deve esprimere sotto forma di allusioni, citazioni, riscritture e parodie.
La teoria dell’intertestualità (apparsa a Parigi nel quadro della rivoluzione culturale del 1968) è stata fatta propria dai post-modernisti ed insieme ad essa anche la consapevolezza che l’originalità può solo risiedere in una nuova maniera di trattare testi già scritti.
Sebbene la modalità intertestuale, tipica della narrativa contemporanea, sia stata vista da alcuni critici come sintomo di povertà immaginativa, una letteratura che tradisce il logorio di certe forme (John Barth ha parlato di “Literature of Exhaustion”), è stato anche messo in evidenza come questo atteggiamento, piuttosto che come segno di esaurimento del romanzo possa considerarsi un significativo momento innovativo.
Infatti, è stata riconosciuta all’intertestualità la funzione di riattivare, nell’ambito del sistema letterario, vecchi elementi e di trasformare il sistema stesso e inoltre di favorire la sostituzione di moduli stereotipati con moduli nuovi che però presuppongono quelli a loro precedenti.
Come pratica inerente all’intertestualità, anche la riscrittura presenta la caratteristica di consentire un processo di trasformazione e rivitalizzazione di vecchi modelli.
Riprendendo un testo da una particolare angolazione, oppure mettendo in primo piano un personaggio che nel testo base occupa una posizione secondaria, attraverso la tecnica della riscrittura si creano testi del tutto originali e in grado di dare nuovi significati al testo primo, arricchendolo di una dimensione ironica e allusiva.
Sul carattere fondamentalmente positivo della riscrittura si sofferma Paola Splendore: "La libertà delle trasposizioni, la ricchezza degli innesti, la varietà dei registri impiegati mostrano che la pratica della ‘riscrittura’ non è sintomo di isterilimento della fantasia creativa dello scrittore, questa anzi risulta esaltata dal gusto tipicamente letterario dell’operazione”3.

Nell’ambito di un tale esercizio letterario si colloca l’operazione compiuta da Jean Rhys. L’autrice riscrive, infatti, la storia di The Good Soldier da un punto di vista femminile, ponendo al centro della vicenda l’esperienza di una donna, e soprattutto esprimendo i fatti riguardanti la sua eroina con un linguaggio completamente nuovo.
La rivisitazione di Jean Rhys del romanzo di Ford si rivela estremamente proficua, un confronto che riguarda anche gli assunti culturali del testo bersaglio, il quale, però, grazie a questa riconsiderazione acquista, anch’esso, nuova vitalità.
Riguardo alle motivazioni che sono alla base di una tale scelta, queste sono sia epocali (in grado di agire direttamente sul sistema di significazione sul quale il testo è costruito) sia personali (inclinazioni del parodista che si indirizza ad alcuni testi piuttosto che ad altri).

I processi trasformativi che avvengono nell’ambito della riscrittura vanno inquadrati all’interno del contesto culturale in cui l’autore si situa e al quale in qualche modo si oppone. Nel suo doppio ruolo di decodificatore e contestatore, lo scrittore agisce in un sistema culturale e letterario che ne determina le scelte oltre che le possibilità di intervento e trasformazione.

Per quel che concerne le motivazioni personali, non si può negare che ogni scrittore abbia alle spalle un autore da cui si sente irresistibilmente attratto, un incomodo progenitore da esorcizzare, qualcuno da imitare o da dissacrare.
Per il parodista sembra quasi inevitabile che agisca quella “ansietà dell’influenza” 4 che emerge dall’inconscio e che si risolve in un difficile ma fruttuoso conflitto tra lo scrittore e il suo o i suoi predecessori.
Come osserva Bloom, “self-appropriation involves the immense anxieties of indebtedness, for what strong maker desires the realization that he has failed to create himself?” 5.
La riscrittura di un testo non comporta, comunque, “una liberazione totale, ma si fa trasformazione di qualcosa che si conserva e, in altre forme, si perpetua” 6.
Analizziamo, dunque, in che modo Jean Rhys sviluppa il suo discorso, quali elementi mutua dal romanzo fordiano e in che maniera, invece, si discosta da The Good Soldier optando per una scelta personale.
Uno dei riferimenti più diretti a The Good Soldier è la ripresa dell’impianto generale del libro, cioè l’idea delle due coppie e del tipo di rapporto che si instaura tra loro.
Si è visto che il romanzo fordiano narra le vicende di due coppie, l’una inglese, gli Ashburnham, e l’altra americana, i Dowell, che per nove anni si incontrano in un luogo di villeggiatura dando vita ad una amicizia apparentemente serena7.
In Quartet la corrispondente coppia inglese è formata da H.J.Heidler, mercante d’arte, infedele alla moglie Lois, una donna fredda, ma devota al marito.
L’altra coppia, anche se può dirsi tale solo per poco, è composta dall’inglese Marya Hughes, una “chorus girl” che tradisce il marito Stephan Zelli, polacco, sedicente “commissionare d’objet d’art” , ma di fatto ricettatore.
La vicenda si svolge per lo più a Parigi, dove gli Heidler vivono, proteggendo giovani artisti e frequentando bar e ristoranti alla moda.
Gli Zelli, invece, vivono girovagando senza una fissa dimora, finché, a Parigi, Stephan viene arrestato per furto, lasciando la moglie sola e senza un soldo. Marya, a Parigi, è dunque una straniera senza risorse e, in un ristorante frequentato da artisti, conosce gli Heidler.
La complessa relazione che si viene a creare tra Heidler e Marya dura circa un anno, sotto gli occhi attenti e vigili, ma pur sempre complici, di Lois Heidler.
Dopo aver scontato la sua condanna, Stephan, ignaro dei tradimenti della moglie, esce di prigione, pronto a riprendere la sua vita con lei. Quest’ultima dopo un breve periodo di esitazione, confessa a suo marito di aver avuto una relazione con Heidler. Stephan, messo davanti al fatto compiuto, abbandona Marya, la quale viene anche lasciata da Heidler, che aveva manifestato questo proposito nel momento in cui la donna si era ricongiunta al marito.

Al di là della presenza di alcuni elementi, quali possono essere il richiamo di una determinata situazione ed anche alcune somiglianze tra i vari personaggi, ciò che più conta è il modo in cui Jean Rhys sia riuscita a cogliere il messaggio che The Good Soldier intendeva comunicare e l’abbia fatto suo, arricchendolo della propria sensibilità e della propria esperienza di scrittrice.
Quartet partendo da una certa visione della realtà espressa in The Good Soldier riprende e trasforma questa visione facendone l’elemento base del testo.
The Good Soldier narra di un mondo frantumato, sconvolto, non passibile di una conoscenza razionale, di una realtà confusa ed incerta che non può essere penetrata nella sua essenza. Questo universo multiforme ed elusivo viene celato dietro l’apparenza, a lungo sostenuta, della normalità e dell’eleganza della società perbenista dei primi del Novecento.
Nel corso della narrazione, numerosissimi sono i passi che denunciano il contrasto tra l’aspetto superficiale, felice e ordinato della gente bene e la paralisi, la corruzione e lo sfacelo interiore che stanno al di là dell’aspetto esteriore e che caratterizzano il mondo morale di quella società.
Sono emblematici, in questo senso, i paragrafi d’apertura del romanzo: "Permanence? Stability? I can’t believe it’s gone. I can’t believe that that long, tranquil life, which was just stepping a minuet, vanished in four crashing days at the end of nine years and six weeks. Upon my word, yes, our intimacy was like a minuet, simply because on every possible occasion and in every possible circumstance we knew where to go, where to sit, which table we unanimously should choose... No, indeed, it can’t be done. You can’t kill a minuet de la cour...
No, by God, it is false! It wasn’t a minuet that we stepped; it was a prison - a prison full of screaming hysterics, tied down so that they might not outsound the rolling of our carriage wheels as we went along the shaded avenues of the Taunus Wald”8.

L’idea dell’esistenza di una sostanziale differenza tra ciò che sembra e ciò che è nella realtà è evidente anche in Quartet: il romanzo rhyssiano prospetta una concezione del mondo come microcosmo frammentato e indecifrabile, una pluralità di eventi ed azioni non collegati da alcuna sequenzialità.
Questa realtà enigmatica ed oscura viene celata, con notevoli sforzi, dietro la facciata di una supposta “rispettabilità” borghese rappresentata dagli Heidler e dagli altri personaggi che costituivano la nutrita colonia inglese presente nella Parigi degli anni Venti. Oltre l’impenetrabile esteriorità si nascondono i veri motivi che sottendono le azioni della cosiddetta gente “rispettabile” che rivelano il cinismo e il genere di moralità che caratterizzano quell’ambiente. In Quartet è evidente la presenza, sotto l’aspetto superficiale, di qualcosa di subdolo e crudele nello stesso tempo, che non viene mai definito esplicitamente, ma che serpeggia nel corso di tutto il romanzo: “Life and people are cruel and despicable: that is real truth.But that real truth is always hidden. This is the ‘cruel and stupid’ thing which has always hunted Marya, and in Quartet finds her.
‘She had always known it was there’, Jean writes, ‘hidden under the more or less pleasant surface of things’.

People say that they want help you, like Lois, or that they love you, like Heidler; but underneath they hate you, and just want to control you for their own ends. They pretend to fairness, kindness, love:
but underneath they hold the knife ready to plunge into your back.
This idea of pretence is in fact the first that Quartet introduces us to, long before Marya begins to see what is lurking beneath it. Like her, and with her, therefore, we have the sense that something bad is waiting, hidden, before we know what it is”9.

Il tema della finzione, della simulazione, della doppiezza è presente nel testo fin dalle prime battute10, addirittura nell’epigrafe, tratta da un poema di Richard Cheever Dunning che è posta all’inizio del romanzo: “... Beware
Of Good Samaritans - walk to the right
Or hide thee by the roadside out of sight
Or greet them with the smile that villains wear”11,

dove è chiara l’allusione agli Heidler travestiti da buoni Samaritani che fingono di offrire un aiuto disinteressato, ma anche l’accenno alla maschera che Marya deve assumere, opponendo come difesa un sorriso anch’esso ingannevole.
Dopo solo tre pagine dall’inizio del libro, il motivo dell’inganno torna in un dialogo tra Marya e Miss De Solla: “She (Miss De Solla) began to argue that there was something unreal about most English people.
‘They touch life with gloves on. They’re pretending about something all the time. Pretending quite nice and decent things, of course. But still ...’
‘Everybody pretends’, Marya was thinking”12.

Le persone “rispettabili” cercano di ignorare, come se non esistesse, tutto ciò che ritengono imbarazzante e sgradevole, allo stesso modo in cui provano ad occultare i loro piccoli “arrangements” : “She (Marya) thought again: people are very rum. With all their little arrangements, prisons and drains and things, tucked away where nobody can see”13.

Gli Heidler esprimono, a più riprese, la loro preoccupazione riguardo al fatto che la relazione tra H.J. e Marya rimanga segreta.
Dapprima è Heidler ad esternare la propria apprensione, usando Lois come scusa: “ ‘Lois doesn’t want to be given away; she doesn’t want anybody to know, and I assure you that that’s all she cares about. Of course, she’ll be furious if anybody knows and that’s why if you go off in a hurry you will make things difficult for me’ ”14,

poi Lois, dopo la scena di Brunoy, in cui Marya aveva aggredito gli Heidler dicendo di aver capito di essere solo una vittima del loro inganno, invita la stessa a mantenere il silenzio: “Lois continued, with suspicion:
‘You are not going to talk to anybody in Paris about all this, are you?’”15.

Nella stessa scena, Heidler teme che M.me Guillot, la governante, possa sentire la voce di Marya: “Heidler got up and said nervously:
‘Don’t shout. You can hear every single word that’s said at Madame Guillot next door!’”16,

altrove, H.J. sottolinea il fatto che ciò che conta è solo salvare le apparenze: “ ‘My darling child’, said Heidler with calmeness, ‘your whole point of view and your whole attitude to life is impossible and wrong and you’ve got to change it for everybody’s sake’.
He went on to explain that one had to keep up appearances.
That everybody had to. Everybody had for everybody’s sake to keep up appearences. Il was everybody’s duty, it was in fact what they were there for. ‘You’ve got to play the game’ ”17.

Inoltre, l’inganno più evidente che gli Heidler perpetrano nei confronti dell’eroina, è rappresentato dalle ripetute asserzioni di voler aiutare la ragazza disinteressatamente, espresse attraverso le parole di Lois: “ ‘It’s something that you’ll like, or at any rate I hope you will. You know, H.J. and I have been thinking a lot about you.
And my dear, you can’t be left alone like this. I mean, it’s impossible, isn’t it?’
... Lois went on: Now look here, we want you to move into the spare room at the studio’ ”18
“Lois, was saying: ‘When you told me that your husband was in jail - d’you remember? - I felt as if you’d stretched out a hand for help. Well - and I caught hold of your hand, I want to help you. I’ll be awfully disappointed and hurt if you don’t allow me to’ ”19.

Ma, alla fine, la verità emerge: “The room, was full of night noises. ‘After all’, she (Marya) thought, ‘I can’t lie here for ever listening to these cracks and tappings. She got up, lit the lamp and went downstairs for a bottle of Vittel and a book.
There was a light under the sitting-room door. Voices. A vague murmur from Heidler. And then Lois, very clear and loud:
‘And she’s so rude sometimes - surly. It gets on my nerves. I don’t trust her, let me tell you that she isn’t to be trusted’.
Another murmur from Heidler.
‘They are talking about me’, Marya told herself
... then she opened the door as noisily as she could. ‘Hullo!’, said Heidler, looking round ... Marya told them:
‘I heard what you said just now!’
‘Well, why not?’ said Heidler with an expression of good-natured sarcasm.
... ‘You mustn’t think that I don’t realize ... that I haven’t realized for a long time the arrangement that you and Lois have made about me!’ ‘You’re mad’, said Lois with indignation.
‘You have made an arrangemt!’ said Marya loudly.
‘Not in so many words, perhaps, a tacit arrangement. If he wants the woman let him have her. Yes. D’you think I don’t know?”20.

Il tentativo continuo di oscurare, mascherare, di ricoprire di orpelli una realtà latente si rivela, in ultima analisi, del tutto illusorio e rende ancora più acuta la percezione dell’esistenza, sotto le spoglie di un falsa “onorabilità”, di un mondo recondito, fatto di sentimenti contrastanti, di odio e amore, di disprezzo, di perfidia, di malvagità, ma anche di grande solitudine e tristezza.
Infatti, la condizione esistenziale dei quattro personaggi è caratterizzata da uno stato di profondo isolamento e incomunicabilità.
I protagonisti non riescono mai, nel corso del romanzo, a stabilire una vera e propria comunicazione, ciascuno di loro è un universo a sé stante, chiuso nei propri egoismi ed interessi: Heidler, dedito a cercare delle giovani amanti che suppliscano alla freddezza della moglie; Lois, interessata a tenere sotto controllo le varie storie del marito e a far sì che rimangano nell’ombra; Stephan (che, tra l’altro, nel racconto, è il personaggio meno definito da un punto di vista psicologico) occupato, quasi esclusivamente, a districarsi nei suoi loschi affari, e Marya, in perenne ricerca di protezione, il cui bisogno di amore ed affetto e il suo non voler essere abbandonata la conducono proprio ad una condizione finale di estrema solitudine, infatti, la ragazza perde Heidler per essersi mostrata solidale con Stephan e viceversa, difendendo Heidler presso il marito scatena le ire di quest’ultimo.
L’elemento di disturbo della buona coscienza borghese è rappresentato dall’eroina stessa.
Come osserva Bianca Tarozzi: “Funzione della eroina ‘passiva’ della Rhys è quella di agire come catalizzatore dell’azione aggressiva di chi la circonda, ma questa eroina senza maschera riesce con la sua sola presenza a smascherare le regole del gioco dei suoi antagonisti”21.

È questo uno stato che la stessa Marya riconosce per sé, verificando di esser diventata la disturbatrice della quiete “the villain of the piece” 22, per il gruppo dei frequentatori anglosassoni di Montparnasse.
Proprio di quel microcosmo turbato e privo di valori, caratteristiche che la presenza della protagonista aveva contribuito a mettere in evidenza, Marya è il simbolo più illuminante.
Consumandosi in camere d’albergo, ma soprattutto nel dubbio di sé, nella titubanza e nell’esitazione, nel timore dell’inganno e nella paura degli altri, il personaggio femminile è colto in questo momento di estrema dissoluzione.

Inammissibile, ineducabile, piangente e senza un soldo, in eterno vagabondaggio tra i caffé di Montparnasse, tesa nello sforzo di “farsi la faccia”, di preparare un viso che sia all’altezza della situazione, l’eroina della Rhys è l’emblema dell’atomizzazione e dell’alienazione nel mondo moderno.
Staley nota che Marya è il primo esempio concreto di quelle caratteristiche condivise da tutte le eroine della Rhys: “Although each (heroine) is a fully drawn and well-defined character in her own right, collectively they form a stunning portrait of the feminine condition in the modern world.
Even though these women because of their similar backgrounds, represent only a segment of women in the world, the depth of their plights and the nature of their struggles reveal many of the broad social and moral issue against which the feminine consciousness must contend.
The heroine of Quartet is the first figure that goes into the make up of this sad and woeful portrait of denigration and abuse”23.

Alcuni caratteri tipici della protagonista di Quartet sono presenti in altri personaggi rhyssiani, tra questi la condizione di emarginazione e di estraniamento, sottolineata da Mary Lou Emery: “Jean Rhys’s novels portray marginal women, exiled both culturally and sexually. Displaced from their native Caribbean, outsiders to women’s traditional domestic world, and trespassers on masculine public territory, they walk the streets, not quite prostitutes, yet living on the edges of respectability, sanity and dignity.
Their fragmented perceptions and disjointed voices present the modern experience of exile and the decentered self”24.

Bianca Tarozzi mostra come questo estraniarsi dal mondo circostante, ritenuto ostile, sia un modo, per le donne create da Jean Rhys, per trovare la salvezza, attraverso l’evasione nel sogno e nella pazzia: “Ciò che caratterizza ... il personaggio femminile centrale della Rhys nei primi quattro romanzi è proprio una fluidità di atteggiamenti e di emozioni, un ‘tempo’ lanciato nel buio e nel vuoto esistenziale del trapasso, della crisi, una imprevedibilità costante pur nell’itinerario ‘discendente’. La sua problematica passività è una forma di non collaborazione alla lotta feroce che agita i personaggi di contorno, è un tentativo di uscire dalla mischia, un modo per salvarsi dalla realtà ... nei romanzi l’eroina evade nel sogno e nella pazzia”25.

Dello stesso avviso è la Emery: “Seemingly passive victims, they (Rhys’s heroines) resist social violence and degradation, through dreams, hallucinations, memory and madness. The formal devices that structure these apparently subjective events allow the heroines to create and re-create their displaced selves, defiantly refusing a one dimensional reduction of identity”26.

La peculiarità di prendere le distanze dal mondo circostante, di distaccarsi da un’esistenza ritenuta pesante e insopportabile è tipica dell’eroina di Quartet.
In alcuni episodi nel corso della narrazione, in quelli di maggior tensione, si avverte la tendenza di Marya ad estraniarsi dalla realtà e a concentrarsi su dei particolari banali e insignificanti che rendono chiaro il tentativo operato dal personaggio di evitare una situazione troppo incombente.
In una delle scene principali di Quartet, l’incontro dei quattro protagonisti al Pantheon, Marya pone in atto questo stratagemma: “Almost immediately after they reached the café Marya, who had her eyes fixed on the door, saw Lois come in and look round with an expression of defiance. Heidler followed her.
They came up to the table and sat down. The horrible moment of meeting was over: Lois began a smooth and tactful monologue ...
Heidler had carefully arranged his face to look perfectly expressionless, but when he lit a cigarette his hand trembled.
He cut Stephan’s thanks short with nervousness. Silence.
And then more desperate conversation about the café - how old it was, how famous it was, how ugly it was”27.

Proprio nel momento maggiormente critico, l’attenzione di Marya si sposta su un personaggio completamente estraneo alla faccenda: “Marya gazed intently at woman behind the counter and wondered whether she wore a wig or whether her hair had by some extraordinary freak of nature remained blond, supple, and vital above her rather terrible mask of an avaricious and sensual old woman”28.

Ritroviamo questa forma di rimozione, di rifiuto e incapacità della protagonista di affrontare le cose, in un altro passo fondamentale, l’ultimo dialogo tra Marya e Heidler che segna la fine della loro relazione: “ ‘My dear Mado’ ... He began to talk dispassionately and deliberately. He spoke with dignity and with a certain relief, as though he were saying something which he had often longed to say. Towards the end of his explanation he became definite, even brutal, though not to excess”29.

Durante il discorso di Heidler, l’unica possibilità per Marya, per evitare una pressione insopportabile, è quella di concentrarsi su un uomo seduto davanti a lei che aveva già conosciuto in precedenza: “The odd thing was that sitting on a café bench opposite was a little man whom she had met when she first came to Paris five years before, a little yellow, wizened man and his name was - she couldn’t remember - something like Monferrat, Monlisson, Mon ... something.
It seemed to her enormously important that she should remember the name of the little man who, staring at her, was obvioulsy thinking: ‘Who is she, where have I met her!’ ”30.

Un altro modo per estraniarsi è quello di rifugiarsi nel sogno, inteso come ancora di salvezza. Queste evasioni avvengono nei momenti di maggior solitudine, e mostrano la caratteristica forma di alienazione della coscienza della protagonista. Durante le passeggiate solitarie ad esempio, Marya si lascia andare ai suoi vaneggiamenti: “Left alone at the flat in the Avenue de l’Observatoire she would dine in the Rue St Jacques and go for solitary walks when the meal was over. But she vaguely disliked the Boulevard St Michel with its rows of glaring cafés, and always felt relieved when she turned into the Boulevard Montparnasse, softer, more dimly lit, more kindly.
There she could plunge herself into her dream.
Fancy being shut up in a little dark dirty cell when the spring was coming. Perhaps one morning you’d smell it through the window and then surely your heart would nearly burst with the longing for liberty”31,

poi, di nuovo, sempre mentre sta camminando: “As she walked back to the hotel after her meal Marya would have the strange sensation that she was walking under water. The people passing were like the wavering reflections seen in water, the sound of water was in her ears. Or sometimes she would feel sure that her life was a dream - that all life was a dream.
‘It’s a dream’, she would think, ‘it isn’t real’ - ‘and be strangely comforted’. A dream. A dream. ‘La vie toute faite des morceaux. Sans suite comme des rêves!’ A dream. Long shining empty streets and tall dark houses looking down at her”32

,

ed infine, al buio, chiusa nella sua stanza: “She was too giddy to keep her eyes open. She shut them and again the bed plunged downwards with her - sickeningly - into blackness.
She was trying to climb out of the blackness up an interminable ladder. She was very small, as small as fly, yet so heavy, so weighted down that it was impossible to hoist herself to the next rung. The weight on her was terrible, the vastness of space round her was terrible. She was going to fall. She was falling.
The breath left her body”33.

Oltre all’evasione nel sogno, alcune caratteristiche della protagonista rivelano come questa astrazione avvenga anche in altre forme che denunciano questa sua alienazione.
Tra i tratti che Marya ha in comune con i personaggi di altri romanzi rhyssiani, c’è questa attitudine a rifugiarsi nella follia che spesso assume le sembianze di vera e propria schizofrenia: “A closer look at Rhys’s recurrent heroine, however, reveals that in addition to her obvious passivity, she manifests several specific symptoms of schizophrenia: impoverished affect, apathy, obsessive thought and behavior coupled with the inability to take real initiative, a sense of the unreality of both the world and self, and a feeling of detachment from the body.
Like schizophrenics, Rhys’s heroines experience the world as a hostile environment and lead lives of isolation detached from family and friends, unable to establish real contacts with others”34.

Elizabeth Abel ha notato come l’opera di Laing, The Divided Self, si riveli veramente interessante per quel che riguarda l’approccio al problema della schizofrenia: “Laing initiates his discussion of schizophrenia with his important phenomenological exploration of the schizophrenic experience. In his first book, The Divided Self (1960) he describes the fundamental split that develops in the person lacking ‘ontological security’ the sense that his or her identity is acceptable to others. Denied this basic security, a child may create a persona that conforms to parental desires and protects the ‘real’ self form attacks on its identity. This division between a real internal self and a false external one that complies mechanically with the desires of others gradually intensifies.

The real self becomes increasingly associated with the mind and the false with the body. Because the real self attempts to remain unembodied in order to escape the threats to its identity it tends to grow increasingly detached from concrete things.
The split within the self thus leads to a secondary split between the real self and the external world, which is experienced in relation to the false self of the body and therefore as an empty and meaningless place”35.

L’esplorazione fenomenologica della modalità schizofrenica di Laing, particolarmente adatta all’analisi dei personaggi letterari36, sembra molto utile anche nell’indagine del comportamento dell’eroina di Quartet.
Marya viene, infatti, avvicinata dai ricchi Heidler che continuamente chiamano la ragazza “child” e che le offrono ospitalità in cambio di un incondizionato consenso ai loro desideri.
Durante il periodo in cui Marya vive con gli Heidler, si assiste da una parte ad una progressiva resa della ragazza alla volontà dei coniugi e dall’altra ad un tentativo di Marya di mantenere una propria identità anche a costo di perdere l’amore di H.J.
Mano a mano che la situazione degenera e la protagonista si arrende al volere altrui, si nota come la stessa entri in uno stato di stordimento, di irrealtà, quasi di ipnosi, che caratterizza tutte le eroine della Rhys nel momento in cui perdono la percezione di se stesse.
Gli Heidler riducono la donna completamente in loro potere e addirittura ella pensa che “her mind was part of their minds” 37. I coniugi cercano di plagiare l’eroina a tal punto che Marya percepisce se stessa “like a marionette, as though something outside her were jerking strings that forced her to scream and strike” 38. Quando il corpo si comporta come se fosse una macchina, anche i pensieri perdono coerenza e diventano “vague and pale like ghosts” 39.
Questa perdita di integrazione tra la mente e il corpo produce la caratteristica sensazione schizoide di irrealtà.
In questa condizione Marya ha spesso l’impressione di essere “like a grey ghost walking in a vague, shadowy world” 40, ed arriva ad un punto tale che “A profound conviction of the unreality of everything possessed her” 41.
Infine, nel momento in cui Heidler l’abbandona si sente “numb and grey like a soul in a limbo” 42, e accetta l’invito di uno sconosciuto comportandosi “like a sleep-walker” 43.
Naturalmente questo tipo atteggiamento non è diffuso in tutto il romanzo, però è importante notare la ricorrenza di un certo modo di vivere la realtà che implica la familiarità dell’eroina con le modalità schizoidi della coscienza.
La caratteristica di assumere un comportamento che si avvicina alla follia, accomuna la protagonista di Quartet ad un personaggio minore di The Good Soldier, Nancy Rufford, la giovane pupilla degli Ashburnham.

La ragazza, pur rappresentando nel romanzo di Ford un personaggio secondario, riesce a influire sui destini degli altri protagonisti del libro: ella è, infatti, causa inconsapevole del suicidio di Florence, del crollo di Leonora, la quale non riesce a sopportare l’idea che suo marito ami veramente Nancy, della morte di Edward e della solitudine finale di Dowell. A sua volta la ragazza, alla notizia del suicidio di Edward, perde la ragione.
Alcuni sintomi, già osservati per Marya, sono presenti anche in Nancy, tra questi la sensazione di essere soggiogata, da un punto di vista psicologico, dai coniugi Ashburnham e di essere solo uno strumento in loro potere: “And as for Nancy ... Well, yesterday at lunch she said suddenly: ‘Shuttlecocks!’
And she repeated the word ‘shuttlecocks’ three times. I know what was passing in her mind, if she can be said to have a mind, for Leonora told me that, once, the poor girl said she felt like a shuttlecock, being tossed backwards and forwards between the violent personalities of Edward and his wife. Leonora, she said, was always trying to deliver her over to Edward, and Edward tacitly and silently forced her back again”44.

L’infermità che colpisce Nancy è chiaramente più profonda di quella di Marya e l’ultima descrizione di Dowell ce la mostra “like a picture without meaning” 45: “I shall return to dine and Nancy will sit opposite me with the old nurse standing behind her. Enigmatic, silent, utterly well-behaved as far her knife and fork go, Nancy will stare in front of her with the blue eyes that have over them strained, stretched brows.
Once or perhaps twice, during the meal her knife and fork will be suspended in mid-air as if she were trying to think of something that she had forgotten. Then she will say that she believes in an Omnipotent Deity or she will utter the one word ‘shuttlecocks’, perhaps”46.

Nancy Rufford è, nella strategia del romanzo, dapprima un mistero inspiegabile, un labirinto di contraddizioni, infine, una specie di automa ridotta ad alcune frasi senza senso.
Proprio dal groviglio irrisolto della pazzia di Nancy Rufford, la Rhys prende le mosse per la propria storia.
Il fatto di aver scelto come protagonista del libro un personaggio apparentemente secondario e il fatto che questo personaggio sia una donna influenzano in maniera determinante il romanzo.
In The Good Soldier, colui che orienta il racconto, il punto di vista attraverso il quale viene filtrata l’intera vicenda è rappresentato da John Dowell e quindi la prospettiva è quella di un uomo, con un tipo di interpretazione maschile.

In Quartet si assiste a questo rovesciamento, il punto di vista prevalente, la mente che giudica e da interpretazioni su personaggi ed eventi è una donna con un bagaglio di emozioni, esperienze, sensazioni, stati d’animo completamente diversi da quelli di un uomo.
Osserva Judith Kegan Gardiner: “In Quartet the main character who grows from happy ignorance to sad knowledge is Marya, the single whole woman who plays the dual roles of the sluttish Florence and the innocent Nancy, which irreconciliably alternate for both the men in The Good Soldier.
Marya is the both sensual, actively - questing woman and the naive girl whose protecting older mentor threatens her with an enticing almost incestuos passion.
By adopting this viewpoint for her ... heroine, Rhys forces her readers to feel what it is like to be on the other side of the conventionale attitudes about love, passion, and social repressional that pass as unquestioned, if ironic, profundities in The Good Soldier”47.

Nota ancora la Gardiner: “Quartet attacks the double standard upon which The Good Soldier rests.In Ford’s novel Edward the aduterer is a virile man who deserves sexual consolation for his wife coldness, and he is also pathetic creature struggling nobly with overwhelming drives he cannot be expected to control. The narrator loves and admires him, while regarding his own adulterous wife as a trash. Rhys makes this adulterous wife the center of narrative consciousness. Unlike Anna Karenina, Emma Bovary, and other famous adulteresses created by male authors, Marya does not herself believe in the double standard, and adultery does not plunge her into Christian guilt. Like Dowell, Marya ends her story alone and adrift. However, as the female self that speaks from the position of the traditinal ‘other woman’, her views on sex and love are very different from Dowell’s”48.

Infatti, relativamente all’adulterio, sono molto diverse le opinioni di Dowell e Marya sul ruolo degli uomini e dell donne nella società. A giudizi d’ammirazione nei confronti di Edward: “For I can’t conceal from myself the fact that I loved Edward Ashburnham - and that I love him because he was just myself. If I had had the courage and virility and possibly also the physique of Edward Ashburnham I should, I fancy, have done much what he did”49,

Dowell oppone commenti di disprezzo nei confronti della moglie: “And yet, poor thing, is it for me to condemn her (Leonora) - and what did it matter in the end? If it had not been Florence, it would have been some other ... Still, it might have been a better woman than my wife. For Florence was vulgar; Florence was a common flirt who would not, at the last, lacher prise; and Florence was an unstoppable talker”50.

In Quartet attraverso la prospettiva dell’eroina, si ironizza su questa classificazione; infatti, ad un certo punto, Marya immagina di ascoltare Heidler mentre fa queste affermazioni: “Now then, don’t be hysterical. Besides, Lois was there first. Lois is a good woman and you are a bad one, it’s quite simple. These things are. That’s what is meant by having principles. Nobody owes a fair deal to a prostitute. It isn’t done. My dear girl, what would become of things if it were? Come, come to think it over”51.

La riscrittura di Jean Rhys comporta una rivalutazione dell’immagine della donna connessa ad una riconsiderazione di tutto ciò che riguarda la sfera del “femminile” (le emozioni, il corpo, il non-razionale).
Il discorso letterario diventa il mezzo attraverso il quale il personaggio femminile recupera una propria identità, non più isolata o emarginata, ma in rapporto con la storia e la cultura.
Attraverso una narrazione nuova, vengono celebrati il riscatto e l’affermazione femminile, la donna si trasforma da oggetto in soggetto diventando la protagonista di un nuovo mondo.
Anche il linguaggio si rinnova, si fa più ricco, più articolato e più adatto a comunicare, con estrema varietà, un’esperienza, quella della donna appunto, che finalmente riceve la giusta considerazione.
Quindi la scelta di Jean Rhys si rivela molto importante, una scelta che serve a far sì che l’esperienza femminile non finisca ignorata, distorta o soppressa, ma venga considerata e valutata in rapporto a quella maschile.

1 Cfr. M. BILLI, “Dialogo testuale e dialettica culturale. La parodia nel romanzo contemporaneo di lingua inglese” in L’immagine riflessa N. S. I (1992), p. 301.
2 Si ritiene che il termine sia stato usato per la prima volta nel saggio “Mass Society and Postmodern Fiction” di Irving HOWE nel 1959.
3 P. SPLENDORE, Il ritorno del narratore, Pratiche, Parma, 1991, p. 58.
4 H. BLOOM, The Anxiety of Influence, Oxford University Press, New York-London, 1973.
5 Ibidem, p. 5.
6 M. BILLI, Il testo riflesso, Liguori, Napoli, 1993, p. 54.
7 Il libro narra le vicende di due coppie, una inglese, l’altra americana, che per nove anni si incontrano a Bad Nauheim dando vita ad una amicizia apparentemente serena. La coppia inglese è formata da Edward Ashburnham, il buon soldato, infedele e sentimentale, e da sua moglie Leonora, una donna fredda, devota al marito, ma incapace di comprenderlo; la coppia americana è invece composta da Florence, astuta ed infedele e da suo marito John Dowell (che all’interno del testo riveste il ruolo di narratore).La relazione amorosa che si viene a creare tra Edward e Florence continua ininterrottamente per nove anni sotto gli occhi ignari di John Dowell che verrà a conoscenza dei tradimenti di sua moglie solo alla fine. Ma, ad un certo punto, Edward si innamora di Nancy Rufford, una giovane pupilla degli Ashburnham. Florence, dopo aver saputo del nuovo amore di Edward, per gelosia si avvelena. La ragazza viene rimandata in India dal padre, perché Edward, che pure l’ama, non può separarsi dalla moglie.All’arrivo di un telegramma di Nancy da Brindisi, dove la ragazza afferma di divertirsi, Edward si uccide.Avuta la notizia, Nancy ha un crollo nervoso irreversibile e alla fine la troviamo assistita da John Dowell che alla morte della moglie aveva espresso il desiderio di sposarla.Leonora, dal canto suo, si è risposata dopo la morte di Edward, e sta per avere un bambino.
8 F. M. FORD, The Good Soldier, Penguin, London, 1987, pp. 13-14.
9 C. ANGIER, Jean Rhys: Life and Work, cit., pp. 192-193.
10 Il titolo originario del romanzo, Postures, alludeva in maniera esplicita all’argomento trattato nel testo.
11 J. RHYS, Quartet, Penguin, Harmondsworth, 1987, p. 5.
12 Ibidem, p. 9.
13 Ibidem, p. 44.
14 Ibidem, p. 70.
15 Ibidem, p. 84.
16 Ibidem, p. 81.
17 Ibidem, p. 89.
18 Ibidem, p. 39.
19 Ibidem, p. 43.
20 Ibidem, p. 80.
21 B. TAROZZI, La forma vincente, cit., p. 13.
22 J. RHYS, Quartet, cit., p. 95.
23 T.F. STALEY, “The Emergence of a Form: Style and Consciousness in Jean Rhys’s Quartet”, cit., p. 95. 24 M. L. EMERY, “The Politics of Form: Jean Rhys’s Social Vision in Voyage in the Dark and Wide Sargasso Sea” in Twentieth Century Literature, 1982, p. 418.
25 B. TAROZZI, La forma vincente, cit., pp. 50-51.
26 M. L. EMERY, “The Politics of Form: Jean Rhys’s Social Vision in Voyage in the Dark and Wide Sargasso Sea”, cit., p. 419.
27 J. RHYS, Quartet, cit., pp. 107-108.
28 Ibidem, p. 108.
29 Ibidem, p. 114.
30 Ibidem, p. 115.
31 Ibidem, p. 54.
32 Ibidem, p. 96.
33 Ibidem, p. 126.
34 E. ABEL, “Women and Schizophrenia: The Fiction of Jean Rhys” in Contemporary Literature XX 2, University of Wisconsin, 1979, p. 156.
35 Ibidem, pp. 157-158.
36 “The particular approach to schizophrenia formulated by R. D. Laing is especially useful in analyzing the responses of Rhys’s heroines ... Laing’s existential-phenomenological approach, his attempt to ‘characterize the nature of a person’s experience of his world and of himself’ rather than to provide a clinical analysis of this experience, makes his descriptions of schizophrenia especially appropriate to the analysis of literary characters. Moreover, Laing’s insistence that schizophrenia is a legitimate and not uncommon response to certain interpersonal interactions provides a clue to understanding Rhys’s heroines and thus the nucleus of Rhys’s fiction ...” E. ABEL, “Women and Schizophrenia: The Fiction of Jean Rhys”, cit., p. 157.
37 J. RHYS, Quartet, cit., p. 76.
38 Ibidem, p. 82.
39 Ibidem, p. 120.
40 Ibidem, p. 46.
41 Ibidem, p. 65.
42 Ibidem, p. 114.
43 Ibidem, p. 118.
44 F. M. FORD, The Good Soldier, cit., p. 226.
45 Ibidem, p. 228.
46 Ibidem, pp. 227-228.
47 J. K. GARDINER, “Rhys Recalls Ford: Quartet and The Good Soldier” in Tulsa Studies in Women’s Literature, vol. I, n. I, 1982, pp. 71-72.
48 Ibidem, p. 72.
49 F. M. FORD, The Good Soldier, cit., p. 227.
50 Ibidem, p. 168.
51 J. RHYS, Quartet, cit., p. 125.

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Anno 7, Numero 28
June 2010

 

 

 

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