El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Nota biografica | Versione lettura |

il sogno di orlando

božidar stanišić

Personaggi:

Orlando (pacifista triestino)
Sara (convivente di Orlando)
Ivan (profugo bosniaco)
Azra (moglie di Ivan)
Visnja (loro figlia)
Petar (profugo bosniaco)
Mira (ex moglie di Petar)
Maja (loro figlia)
Jane (impiegata di Petar)
Daniele (amico di Orlando)
Prostituta
Cassandra
Due poliziotti
Autista (di corriere espresso)
Ciclista
Professore

unico attore

Venditore (di ricambi per motorino)
Primo infermiere
Secondo infermiere
Una ragazza
Donna grassoccia

Un uomo (panciuto) Katerine
Turista
Una donna (con la radiolina)
Visitatori dell’Esposizione Mondiale 2052

I

Scena aperta, non illuminata. “Imagine" , la canzone di John Lennon; all'inizio a bassa voce, poi più forte. A metà canzone il cerchio di luce illumina lentamente il centro della scena dov'è seduto su una valigia un uomo di età matura. È vestito con un mantello scuro, con uno scialle rosso; tiene in mano un berretto francese, girandolo ogni tanto. Finita la canzone di Lennon, una voce dall'off recita gli ultimi versi, in italiano.

Tu puoi dire che sono
un sognatore
ma non sono l’unico
io spero che un giorno
ti unirai a noi

e che il mondo sarà unito.

Arriva una donna delle pulizie, con l'apposito carretto. Pulisce il pavimento non dimostrando nessun interesse per l’uomo; a momenti si ferma, si pulisce il naso e si gratta i capelli. Andata la donna delle pulizie, si avvicina all'uomo una vecchia prostituta; è vestita in modo stravagante: una pelliccia mini, stivali alti, calze arancioni, parrucca di color argenteo; fuma, girando lentamente attorno all'uomo seduto.

PROSTITUTA: Sei solo?

ORLANDO: (come non sentisse, ripete l'ultimo verso)... e che il mondo sarà unito... (con un sorriso amaro e ironico)

PROSTITUTA: Ma quale mondo!?

ORLANDO: (come non la vedesse) Sognare, sognare, sognare...

PROSTITUTA: Sognare? Che cosa sognare?

ORLANDO: (non risponde)

PROSTITUTA: (per sé) Insomma, chi se ne frega dei sogni... (a Orlando) Ehi, sordocieco! Ti chiedo un’altra cosa, più importante... Sei solo?

ORLANDO: (come fosse appena svegliato) Solo?

PROSTITUTA: Per amor del cielo, rispondi!

ORLANDO: (come fosse assente) Io?

PROSTITUTA: Tu, caro... Tu!

ORLANDO: Devo rispondere?

PROSTITUTA: Beh! (gli soffia una nuvoletta di fumo sopra la testa) Devi? Devi cosa? Oh, caro, non si deve niente, un bel niente, niente! (pausa) Sei solo, caro?

ORLANDO: Sì, sono solo...

PROSTITUTA: Ottimo! E che cosa stai facendo, caro?

ORLANDO: (come non sentisse)

PROSTITUTA: (ad alta voce) Che cosa stai facendo, caro?

ORLANDO: (come fosse risvegliato) Lo stai chiedendo a me?

PROSTITUTA: Che disgrazia, che vita! Oh, Dio, Dio! Perché questo capita a me? (per sé, con rassegnazione) Forse sarà anche giusto che ciò capiti a chi va a caccia con dei fucili arrugginiti...(pausa). Chiedo a te, caro! E poiché a te certe cose importanti pare che non siano chiare, ti avverto: alla stazione siamo soli... Ora, caro, guarda e ricorda bene! (prende la valigia di Orlando per un lato e la gira insieme a lui seduto per trecentosessantagradi) Hai visto?

ORLANDO: Che cosa dovevo vedere?

PROSTITUTA: Che l’intero mondo si è ridotto a noi due...

ORLANDO: Pensi che ciò che vedi sia l'intero mondo?

PROSTITUTA: Sei impossibile! Mi costringi a pensare, a quest'ora! (pausa) Senti caro, se tu non sei d’accordo che l'intero mondo è sempre quello che possiamo toccare, mordere, prendere o comprare -è un problema tuo... (con la rabbia, butta la cicca e la spegne con il tacco). Un grosso, grossissimo, maledettissimo problema... (osserva Orlando che sembra non ascoltare le sue parole; lei si tranquillizza improvvisamente e accende un' altra sigaretta). Non mi ascolti? (pausa) Hai ragione... Forse non so neanche di che cosa parlo... (pausa). Allora, come siamo?

ORLANDO: Siamo soli...

PROSTITUTA: Quindi? (si raddrizza) Quindi, caro?

ORLANDO: (come fosse eco delle parole sentite) Quindi? (pausa) Tu... (osserva la prostituta come appena la vedesse) Chi sei?

PROSTITUTA: Che tizio! (schiaccia con il tacco della scarpa la sigaretta appena buttata per terra) Non capisci niente! Un uomo alla stazione, appena passata la mezzanotte; una donna che vende amore, alla stazione, appena passata la mezzanotte... Allora, caro?

ORLANDO: Perché, perché... (pausa) Perché...

PROSTITUTA: Perché? Perché cosa?

ORLANDO: Perché vendi l’amore?

PROSTITUTA: Guarda, guarda! (a bassa voce) Pensi che l’amore non sia una cosa da vendere?

ORLANDO: Proprio così...

PROSTITUTA: Che stronzo! (alzando la voce) Ma tu... (pausa) Tu... (batte con il piede la valigia) Tu, in questa stramaledetta valigia, non porti niente da vendere?

ORLANDO: Dentro non c’è niente da vendere...

PROSTITUTA: (con curiosità) Forse soldi? E i soldi servono per comprare qualcosa...

ORLANDO: Sì, ci sono anche i soldi...

PROSTITUTA: Sii ragionevole: tu hai soldi per comprare qualcosa, io ho qualcosa da vendere... E non chiedo molto...

ORLANDO: Questi soldi serviranno agli altri...

PROSTITUTA: Quali altri? Mio caro scemino... (gli accarezza i capelli) Il denaro serve per i nostri bisogni... Quali altri!

ORLANDO: Poi...

PROSTITUTA: Poi? (con allegria) Hai cambiato opinione?

ORLANDO: Poi... Parla come ti pare, ma io pensoche l’amore non sia da vendere...

PROSTITUTA: (cambia umore) Tu che mi stai criticando, sei sicuro di non esserti venduto... Mai? (pausa) Pensi che ci vendiamo soltanto noi, donne venditrici d amore? (pausa) Ti inganni, caro... Ti inganni... In questo mondo tutti vendono qualcosa e, vendendo qualcosa, vendono se stessi e poi... (accende un’altra sigaretta) E poi... (come fosse deconcentrata, tocca con l’indice la propria fronte) E poi a molti diventa più facile dire: ecco, guardate le prostitute! Condanniamole, ok! Sono loro il peggio del mondo, ecc.ecc.

ORLANDO: (come fosse assente) Può darsi che tu abbia ragione, ma io ancora voglio credere che esista un mondo dove si lotta per non essere venduti e per non vendere le cose, ma per scambiarne con il cuore, dove si sogna la pace nonostante la morte violenta, ospite quotidianamente presente, lì...

PROSTITUTA: (impazientemente, fra due boccate della sigaretta) Lì? Dove, caro? Dove può esistere ciò che mi stavi raccontando?

ORLANDO: Lì, per dove voglio andare...

PROSTITUTA: E dov'è, caro, quel tuo lì?

ORLANDO: Lì... (estende una mano)

PROSTITUTA: Lì? E lì, se non sbaglio, è il cesso di questa stazione...

ORLANDO: Lì... Sulle Ande...

PROSTITUTA: Sulle Ande? Così lontano? Ma pensi sul serio, caro? Partire a quest'ora, da questo deserto di mezzanotte della stazione di Pordenone, alle Ande? Non sai che il primo treno passa fra...(guarda l’orologio) Hm, quando? Penso, circa fra tre ore e mezza...

(Arriva un poliziotto, molto giovane. Osserva con sospetto Orlando e la prostituta. Si avvicina a loro. )

POLIZIOTTO: Signori, buona sera... I vostri documenti, per favore... (controlla le loro carte d'identità, si rivolge alla prostituta) Lei abita vicino alla stazione?

PROSTITUTA: Esatto... (prende il suo documento) Esatto...

POLIZIOTTO: E a quest'ora aspetta un treno, e di treni non c è neanche l'ombra?

PROSTITUTA: Ombra -treno, treno ombra? (pausa) Lei, di mestiere, che fa?

POLIZIOTTO: (tossisce sforzatamente) Signora!

PROSTITUTA: La mia domanda è molto semplice...

POLIZIOTTO: (severamente) Signora!

PROSTITUTA: Allora, senza signora: lei fa il poliziotto o il poeta?

POLIZIOTTO: Insomma... (pausa) Mi faccia vedere il suo biglietto...

PROSTITUTA: Nessun biglietto... Quindi, caro poliziotto-poeta, non ce l’ho... Io, semplicemente, sto accompagnando questo signore...

ORLANDO: Lei è..., è...

POLIZIOTTO: (impazientemente) ...È...è...è...?

ORLANDO: (come raccogliesse i pensieri) ... è mia sorella...

POLIZIOTTO: Proprio sua... (con sarcasmo) Sua sorella? (alla prostituta) Mi dia di nuovo, ripeto..., il suo documento... (severamente) Per favore!

PROSTITUTA: Allora, lei ha dei dubbi che questo signore sia mio fratello?

POLIZIOTTO: Io non ho nessun dubbio, mi serve un suo documento e... Basta... In quel momento suona il telefonino del poliziotto. Si sente ad alta voce: “Mi senti, mi senti... Abbiamo trovato quindici clandestini... Ripeto: quindici clandestini...

ORLANDO: (al poliziotto che sta per allontanarsi)Un momento...

POLIZIOTTO: Sì, ma velocemente, per favore!

ORLANDO: Il bambino che sta per nascere...

POLIZIOTTO: Quale bambino?

ORLANDO: Un bambino...

POLIZIOTTO: Non mi prenda in giro, per favore!

ORLANDO: No, non la prendo in giro... Solo chiedo a lei se il figlio di Dio, la cui nascita domani

sera sarà celebrata nel mondo cristiano, fu un bambino clandestino...

POLIZIOTTO: (imbarazzato) Gesù bambino clandestino? (pausa) Mai ho pensato... Hm.. Può essere, ma io devo andare... Salve! (saluta toccando il cappello e se ne va)

ORLANDO: Può essere...

PROSTITUTA: Sei religioso?

ORLANDO: No, non sono religioso...

PROSTITUTA: Perché stavi parlando di Gesù bambino se non sei credente?

ORLANDO: Perché quell’episodio è uno dei moniti eterni all’uomo...

PROSTITUTA: Io... (pausa) Quando ero piccola, i miei genitori... Ma quali genitori! Ricordo un po’ solo mia mamma... E... Mia mamma non mi ha mai regalato niente per Natale... Poi è scomparsa...

ORLANDO: Mi dispiace...

PROSTITUTA: Non rattristarti... È una storia lontana... (pausa) Allora? Vieni con me? Hai sentito che abito vicino? Nell’appartamento ho una bella stufetta a gas... Che bellezza di caldo che emana! (pausa) Quindi?

ORLANDO: Quindi?

PROSTITUTA: Quindi, quindi, quindi! Vieni con me... (si siede sul ginocchio di Orlando) Mi offro... Mi offro a metà prezzo... Io, intera...

ORLANDO: Io... Sai... (pausa) Scusami, non ho capito: ti offri intera a metà prezzo o offri una metà di te al prezzo intero?

PROSTITUTA: O, scemo! Mi offro, io a te... Non sei contento del prezzo dimezzato?

ORLANDO: Allora, ti vendi a uno che ormai qui non esiste più...

PROSTITUTA: Secondo me tu esisti... Sei un cliente, ipotetico ma cliente... Perché no? (pausa) Caro... Che dici?

ORLANDO: Ma... Ma... (pausa)

PROSTITUTA: (imitandolo) Ma... Ma... Ma...

ORLANDO: Ma... Io non compro, né vendo niente più...

PROSTITUTA: (si alza) Che scemo che sei! Ti lascio da solo... (pausa) Fratello! Sei fuori... Nient’ altro... (esce)

ORLANDO: Io aspetto il mio treno... Il mio treno arriverà... Io aspetto il mio treno... Io aspetto...

(Orlando rimane solo, seduto sulla valigia. La luce si spegne, lentamente.
Musica: una melodia sudamericana, piano.

II

Due-tre squilli di telefono. La luce illumina la parte destra della scena:una semplice stilizzazione di uno studio; due tavoli per disegno tecnico, con le lampade di sopra; due sedie girevoli; un uomo, cinquantenne, e una donna giovane stanno disegnando ai tavoli, in piedi.

JANE: The telephone is ringing!

PETAR: (cancellando qualcosa con la gomma) Rispondi, please...

JANE: (alza la cornetta del cordless) It’s for you... (porta la cornetta al tavolo di Petar)

PETAR: Yes... Yes... Ivan? Proprio tu? Che sorpresa!

La luce illumina la parte sinistra della scena: una camera da letto semplicemente stilizzata; un uomo cinquantenne in pigiama seduto sul letto, con la cornetta del cordless;una donna in pigiama, appena svegliata, nel letto.

IVAN: Sì, Petar... Sono io... Come stai?

PETAR: Sto benissimo... Meglio che mai!

IVAN: Mi fa piacere...

PETAR: E tu? Come va?

IVAN: Mi va più che bene...

PETAR: Mi fa piacere...(cammina per lo studio)Davvero, che altro dire: mi hai fatto una vera sorpresa! (con un gesto di mano indica a Jane cosa fa re nel disegno) Allora, che tempo fa a... a... (pausa)... a Udine? Non ho sbagliato? Sei ancora lì?

IVAN: Sì, ma non proprio a Udine...

PETAR: Va bene... Va bene... E... Che tempo fa nei dintorni di Udine?

IVAN: Insomma, non è bello: nebbia, umidità enorme, non vediamo sole... Eh, mi ricorda la Bosnia, a cavallo fra l’inverno e la primavera...

PETAR: Che posso dire, io, su Toronto, che, senz'altro per me è un parametro migliore rispetto ai miei ricordi scoloriti sulla Bosnia e ormai sull'intero gomitolo dei paesi sorti dalla ex Jugoslavia? Ricordi sbiaditi di cui molti, per fortuna, scomparsi! (pausa) Allora, che posso dire per i nostri inverni canadesi senza fine, malgrado che quest'anno non ci sia tanta neve! Sono, per fortuna, sempre preso dal lavoro e... (pausa)... da altre cose e... (pausa)... e il tempo, insomma, non mi disturba... (a Jane, che chiede un altro consiglio, con dei gesti spiega che cosa c’è da fare) Sai, Ivan, volevo telefonarti mille volte... E accidentalmente non ti ho telefonato... E... In realtà sono i fusi orari che mi imbarazzano... Come se io avessi un altro tempo! (Jane insiste su qualcosa nel disegno) Un attimo, amico! (a Jane) My God! (pausa) Non l’ho detto a te, scusami! (pausa) Poi, Ivan, sai come va: prima delle feste tutto si accelera... Ti accorgi tardi che il Natale quasi bussa alle porte... E tutto è già noto anche a te: dopo una cosa ne viene sempre un’altra...

IVAN: ... poi terza, quarta, ecc. ecc. Ma... Io...

PETAR: (interrompendo il discorso di Ivan) Naturalmente, naturalmente... Immagino che da te sia uguale... Avevamo già discusso sul problema della mancanza di tempo nei paesi occidentali...

IVAN: Certo, ma molto tempo fa...

PETAR: Come molto tempo?

IVAN: Ci siamo sentiti esattamente due anni fa...

PETAR: Due anni fa!? Dio, Dio... Il tempo non fa altro che volare... (pausa) Ormai, quando la mia attività ha preso un buon corso, più di qualche volta mi viene la voglia che le giornate durino almeno trenta ore!

IVAN: (ironicamente) Ti credo, davvero!

AZRA: (con la voce della persona appena svegliata) Con chi parli così tardi?

IVAN: (sussurrando) Con Petar...

AZRA: Con Petar? (pausa) Proprio con Petar? A quest'ora?

IVAN: Ecco, Azra ti saluta...

AZRA: (sussurrando) Che bugia!

PETAR: Grazie, altrettanto...

AZRA: (alzando la voce) Tu, Ivan, proprio non riesci a resistere al tuo animo romantico...

IVAN: Azra, non capisci... Il mio animo non è romantico!

AZRA: Lascia anche che qualcun altro faccia almeno una piccola diagnosi... Poiché il tuo animo è romantico, tale animo crea nella tua mente alcune immagini ingannevoli come se tutto fosse rimasto uguale nei tempi... (pausa)... nei tempi...

IVAN: Ingannevoli?

AZRA: ... nei tempi... (pausa)... felici!

IVAN: Felici?

PETAR: Pronto! Mi senti?

IVAN: Sì, sì... Un momento!

AZRA: Sì, felici... Perché... (pausa)... perché... (come avesse un freno per pensare)

IVAN: Tre volte hai ripetuto perché...

AZRA: ... perché..., semplicemente: c’era la pace e tutto, proprio tutto sembrava diverso, fiabesco, addirittura surreale... (pausa) E... Perciò... Scusami... (gli dà un bacio)

IVAN: Perciò?

AZRA: Perché ti capisco... Petar, per te, è ancora quel giovanotto con il quale vorresti andare a fare il bagno nel fiume o passare le serate primaverili insieme alle ragazze, in Bosnia...

IVAN: (coprendo la cornetta) Non è vero, non è vero...

AZRA: Va bene, ciò è più forte di te...

IVAN: Ti sbagli...

PETAR: Pronto! Mi senti?

IVAN: Sì, Petar, ti sento...

AZRA: (per sé) Petar? Da quando lo conosco, era conformista, accettava tutto il possibile che era da sfruttare per gli interessi personali...

PETAR: Pronto! Mi senti? (arriva di nuovo Jane; le mostra qualcosa nel disegno)

IVAN: (ad Azra, coprendo la cornetta) Ma Petar non era diventato nazionalista neanche quando una moltitudine di gente si trasformava in una massa senza cervello...

AZRA: Non sai perché? (lo guarda con ironia) Il motivo penso che fosse molto semplice: il suo animo è liberista, liberista sfrenato... Ma, se fosse rimasto lì, strumentalizzerebbe anche il nazionalismo per raddoppiare le acque che vanno al suo mulino...

IVAN: Tutte queste sono solo ipotesi, nient'altro...

PETAR: (Jane torna al tavolo da disegno) Dio, che cosa sta succedendo?

IVAN: Niente... Stavo parlando con Azra?

PETAR: A proposito di Azra... Sei sempre con lei?

IVAN: Sì...

PETAR: Ah, che male vivere sempre con la stessa donna!

AZRA: (si avvicina alla cornetta) Che cosa sta dicendo?

IVAN: Niente, ti saluta e... e...

AZRA: E?

IVAN: Ti saluta e ... basta...

AZRA: (si copre la testa brontolando sotto la coperta) Buona notte amici... Amici eterni!

IVAN: (a Petar) E a proposito di ciò che stavi dicendo...

PETAR: In breve, caro amico: dal Natale del 2001 non vivo più con Mira... Ecco, ormai si sta compiendo un anno... (pausa) Ci siamo stufati, reciprocamente e... Basta!

IVAN: E Maja, vostra figlia?

PETAR: Tu immagini ancora quella ragazzina di quell'autunno a Trieste, con gli occhi piangenti,che stringe al petto una bambola con dei capelli quasi strappati? Se è così, ti inganni! È una ragazza diciannovenne, studentessa del primo anno di università; ha un simpatico fidanzatino, naturalmente canadese, il cui papà è proprietario di un’azienda edile, abbastanza conosciuta nel- l’ambito della città... (pausa). E Maja, normalmente e con una grande maturità, nonostante un po' di lacrime, beh, sai..., ha preso la nostra decisione sul divorzio... Abita con la mamma, ma è molto indipendente... Sono fiero, fiero di Maja...Appena finisce gli studi... Sai, ha scelto il design, le piace, ha talento... E... Appena finisce l'università, aprirò uno studio per lei... Perché campare per gli altri?

IVAN: Certo, certo...

PETAR: Perché faticare nella vita, per gli altri?

IVAN: (con il palmo sulla fronte) Certo, certo...

PETAR: E tua figlia?

IVAN: Višnja... (pausa) Assomiglia ad Azra...

PETAR: (leggermente ironico) Congratulazioni...

IVAN: Višnja ha fatto la scuola per pasticceri...

PETAR: (come non credesse) Per pasticceri?

IVAN: Sì, proprio così... Ha provato a studiare in un liceo tecnico, ma non è andata bene e... Così...

PETAR: Avete aperto una bottega per lei? Almeno...

IVAN: Che bottega?

PETAR: Dio, che domanda! Una bottega, una pasticceria...

IVAN: Che pasticceria! Lavora in una pasticceria, qui, vicino...

PETAR: Non sei in grado di aprire per lei neanche una piccola botteguccia?

IVAN: No, non sono in grado... Poi...

PETAR: Poi?

IVAN: Poi... La vediamo più serena ora che quando era a scuola...

PETAR: Dio, Ivan! Parli della serenità come fosse una componente di base per fare qualcosa di importante nella vita!

IVAN: Perché no! Anche Azra e io attraverso la serenità di Visnja l’abbiamo riscoperta...

PETAR: Beh... Però la lasciate a lavorare... Così... Per una manciata di soldi?

IVAN: Secondo te, che cosa doveva fare?

PETAR: Non offenderti, ma io pensavo che tu e Azra foste in grado di fare qualcosa almeno per vostra figlia e... (pausa) E... Sai, per dire la verità, neanche qua fioriscono alberi per tutti... Io sono fra i pochi, meglio dire (accentua) pochissimi...provenienti dalle nostre parti che è riuscito a fare qualcosa... Il resto degli immigranti produce trucioli e polvere... (pausa). Anche Mira, la mia ex moglie, è un’eccezione nonostante non avesse fatto un gran che... A quanto ne so, è diventata capo di un reparto in una grande industria chimica... Ma, la vedo raramente...

IVAN: E ora..? Con chi vivi?

PETAR: Vivo con Katherin... Così... Un legame senza legami... Se veniamo in Italia, avrai l’occasione di conoscerla...

IVAN: Con piacere... Ma quando arriverete?

PETAR: Sai, tutto dipende dal tempo, che ci manca...

IVAN: Ho capito...

PETAR: Poi, non rinuncio a certi piaceri...

IVAN: Cioè?

PETAR: Ad esempio: ad alcune belle sculture mobili, con le grandi tette, con la voce sonora, con il volto sorridente ecc. ecc. Hai capito? Bisogna utilizzare bene i riflessi delle forze e della volontà del corpo... (pausa) Vedi che chiacchierone sono! A momenti mi scordavo perché volevo telefonarti... Sono un po' preoccupato: abbiamo sentito dei problemi dell'inquinamento in Italia...

IVAN: Beh, in questo periodo l’Italia è davvero molto, molto inquinata... Ma, io...

PETAR: Mi dispiace, davvero!

IVAN: Ma io, a quest'ora...

PETAR: Pensa tu, non mi sono chiesto che ore sono in Europa? Qui sono le 18.40... Allora, più sei...Quindi fanno: mezzanotte e quaranta... O, Dio, non dormi ancora?

IVAN: Stavo per dirti perché ti telefono...

PETAR: Dimmi, ti ascolto...

IVAN: Hai ricevuto la mia lettera?

PETAR: La tua lettera? Nessuna lettera, da nessuno... Qui ormai la posta viene usata soltanto

per spedire materiali pubblicitari e gli auguri per Natale... Che lettera!

IVAN: In quella lettera che non è ancora arrivata ti ho scritto di Orlando...

PETAR: Orlando? Di chi stai parlando?

IVAN: Orlando, uno dei miei migliori amici...

PETAR: Orlando, Orlando, Orlando...?

IVAN: Non ricordi?

PETAR: O, Dio... (cammina frettolosamente) Aspetta...

IVAN: Te lo ricorderò io... Dieci anni fa...

PETAR: (tenta di scherzare) Dieci anni fa, quindi in un secolo passato, un millennio dietro le nostre spalle...

IVAN: È tutto vero ciò che stai dicendo... (pausa) Ma io ripeto: dieci anni fa, l’autunno del novantadue... Il porto di Trieste...

Musica. Si spegne la luce da entrambe le parti della scena.

III

La voce dall'altoparlante: “In arrivo il traghetto da Parenzo... In arrivo il traghetto da Parenzo... Il lungo suono della sirena del traghetto. Le voci dei viaggiatori per qualche istante. La luce illumina il centro della scena. Ivan, Orlando con la bicicletta, l'avvocato Daniele con la pipa spenta, un poliziotto. Arrivano Petar, Mira e Maja. Petar porta la valigia che all'inizio era di Orlando. Mira porta le borse di plastica, Maja stringe al petto una bambola.

IVAN: (esclamando) Ecco, sono loro... (fa un accenno con la mano)

POLIZIOTTO: (a Petar) I vostri passaporti, prego...(sfoglia i passaporti) Un momento, per favore... Questo passaporto è scaduto...

PETAR: (al poliziotto) Do you speak english?

POLIZIOTTO: A questo punto pare che ci aiuti poco qualsiasi lingua... Il problema è un documento non valido... It s a big problem!

PETAR: O my God! I... I... I think

DANIELE: (si avvicina al poliziotto) Mi presento... (saluta il poliziotto stringendogli la mano) Sono amico di questi signori... E qui sarò anche il loro legale... Ciao, Pietro!

PETAR: Pietro? (perplesso) Ciao...

DANIELE: (al poliziotto) Le spiegherò tutto... In breve: questi signori sono scappati dalla Bosnia, quindi dalla guerra... In Croazia si erano fermati per qualche giorno, e non intendono restare neppure in Italia... Aspettano il visto d'ingresso per il Canadà...

POLIZIOTTO: (fa un cenno con la mano) Un momento, signor avvocato... (telefona al cellulare e si allontana per qualche istante dal gruppo) Sì, sì, sì... Va bene, va bene... (torna) Tutto a posto... (restituisce il passaporto) I signori vanno a Cervignano, al campo per gli sfollati della ex-Jugoslavia?

DANIELE: No, no... Abbiamo già pensato a tutto...Grazie...

Il poliziotto saluta tutti. Ivan e Petar si abbracciano. Le luci si spengono. Musica.

IV

Ivan e Azra nel letto. Petar nel suo studio.

PETAR: Dio! Altroché! Ora ricordo chi è! Orlando, yes... Allora, è malato? È morto?

IVAN: No, non è morto, io penso che non sia neanche malato...

PETAR: È nei guai con i soldi? Senti, sono pronto a spedire un bell'assegno, se serve...

IVAN: No, ma che soldi!

PETAR: Allora? Se non si tratta dei soldi?

IVAN: Non sappiamo dov'è...

PETAR: (con un gesto dà spiegazione a Jane che sussurando gli chiede qualcosa) Aspetta, Ivan, aspetta... Mi stai parlando di Orlando, prima della lettera che ancora non mi è arrivata che parla di Orlando... Poi... (pausa) Avrai un costo molto alto per questa telefonata.

..

IVAN: Beh!

PETAR: Ti chiamerò, fra un istante... (attacca la cornetta, va verso il tavolo di Jane e incomincia a spiegare a lei qualcosa del disegno)

AZRA: (si sveglia e scopre la testa sotto la coperta) Non dormi?

IVAN: No, non riesco...

AZRA: Non riesci... (pausa) Sara ha telefonato di nuovo?

IVAN: No, ma penso che Orlando abbia deciso di andarsene via...

AZRA: Pensi così perché Sara si è accorta che mancano alcuni suoi vestiti, una valigia e i suoi risparmi?

IVAN: Sì...

AZRA: E per dove parte? Forse per l’Africa?

IVAN: Più probabilmente per il Sud America... Non lo so... Forse ha già raggiunto qualche aeroporto, Venezia, Milano, Roma... Chissà?

AZRA: Tutto a causa di quel sogno stranissimo, che ci aveva raccontato?

IVAN: Penso di sì... Oppure non lo so... Ritieni che per me sia facile accettare la mancanza di Orlando?! (pausa) E perché stavi dicendo che quel sogno di Orlando è stranissimo?

AZRA: Ma lo è, caro Ivan... Lo è... (pausa) Sara, per caso, andrà alla polizia a denunciare l' accaduto?

IVAN: Che polizia! Questi problemi non sono per la polizia...

AZRA: Sono stanca... Ma ho sonno e non ce l’ho... Che strano... Tutto è strano questa notte... Coprimi bene...

IVAN: (la copre) Sogni d’oro... Buona notte... Petar preme i numeri sull'apparecchio telefonico. Jane lo saluta, gli dà un bacio. Il telefono di Ivan squilla.

IVAN: Pronto... Sono io, Ivan... Che scena che fai! Non dovevi riattaccare la tua cornetta... Di notte le telefonate non costano molto... (con la coperta copre meglio Azra)

PETAR: Spiegami meglio: Orlando, nella tua lettera, era già andato da qualche parte?

IVAN: No, affatto... Nella mia lettera ti ho descritto un sogno di Orlando e...

PETAR: Un suo sogno?

IVAN: E anche altre cose... Poi, pensavo che la mia lettera ti facesse una sorpresa, bella o brutta non importa; che venisse portata da un vero postino... Quindi, niente e-mail...

PETAR: Io non uso più altri mezzi di corrispondenza... (ironicamente) Poi... per quanto

riguarda la tua scrittura, la tua lettera per me sarà leggibile?

IVAN: Mi ero sforzato, proprio perché tu riuscissi a leggerla...

PETAR: Beh! (con il volto sfiduciato) La tua scrittura...

IVAN: Non ripetere, per favore, che la mia scrittura assomiglia al ballo di una formica gioiosamente uscita da una bottiglietta d’inchiostro... (pausa) Va bene?

PETAR: Va bene... Poi?

IVAN: È una lettera priva di falsità, di luoghi comuni: niente meteorologia, niente descrizioni superficiali della quotidianità, niente...

PETAR: Spero neanche con dei ricordi sulla nostra infanzia e giovinezza, sulla Bosnia prima e durante la guerra...

IVAN: Proprio così: parla solo e soltanto di Orlando... E perciò è lunga, molto lunga...

PETAR: È una lettera importante per Orlando?

IVAN: (con un sorriso amaro) No, non ci credo... E... (pausa)

PETAR: E?

IVAN: E... Forse potrà salvare noi...

PETAR: Sei ridicolo! Io, ormai in Canadà, tu in Italia, benché avresti potuto sforzarti di più per ottenere una vita migliore, ma per questo ti criticherò in un’altra occasione... Ma noi, insomma, non ci siamo salvati? Di questo, ricordi, avevamo conversato anche quell'autunno, a Trieste?

IVAN: Sì, ricordo... Ricordo quasi tutto malgrado mi sembri di ricordare sempre meno, sempre più superficialmente... (pausa) Ricordo...

Musica -piano e per qualche istante; le luci si spengono e mentre Ivan, dopo essersi avvolto in un mantello, parla muovendosi verso il centro della scena, Orlando si alza dalla valigia, si mette in fondo a osservare la prossima sequenza.

IVAN: Orlando vi aveva sistemato nell'appartamento di un suo amico, vicino alla stazione, in una di quelle vie ripide... Lì avete passato un mese e mezzo, aspettando la risposta dell'Ambasciata canadese... (pausa) Ricordo il tramonto di un giorno autunnale: pioveva un sacco, il vento soffiava e batteva sulle finestre che scricchiolavano, nella via le luci erano già accese... (si sente il vento)

V

Accompagnati dalle luci smorzate entrano Mira e Maja con la sua bambola, e Petar li raggiunge dallo studio; Mira e Petar si siedono su quella valigia e Maja, dopo aver lasciato la bambola sul pavimento, incomincia a “disegnare con l’indice per aria,come fosse il vetro di una finestra. Mira incomincia a leggere un giornale. (vento e riflessi di una luce in fondo che ripetutamente si spegne e si accende).

PETAR: (molto nervoso) Questa luce! Che diavolo è?

MIRA: Tranquillizzati... (abbracciandolo) Piano, tutto andrà bene...

PETAR: Che luce è!?

IVAN: È del bar, di sotto... Dovrebbe esserci qualche contatto nell'insegna... (pausa) Piove, piove molto, quindi...

PETAR: Sotto c’è un bar?

MIRA: (a Ivan) Lo senti? Prima non sapeva che sotto ci fosse un bar! (a Petar) Ormai non riesci a percepire neanche un gatto bianco?

PETAR: (con grande nervosismo, si alza e cammina) Sì, è vero... È verissimo! Né gatto bianco né cammello viola, né mucca blu! Niente! Io aspetto una maledetta busta con una risposta e... Basta! È tutto! E non ho nessun maledetto interesse di camminare per le vie di questa città, né di osservare il Golfo, né le navi, né... Niente! (pausa, a Mira) Non far rumore con i fogli di questo quotidiano!

MIRA: (chiude il giornale e lo lascia sul pavimento)Va bene...

PETAR: Niente va bene... Niente! Poi, leggi quel giornale e non capisci l’italiano...

MIRA: Beh, qualcosa si riesce a capire... Poi ci sono molte foto... (pausa) Intanto è dell'altro ieri...

PETAR: (nervoso) Mia cara, può essere anche di oggi, pure di domani, se vuoi anche dell'anno dopo o... (pausa, prende il giornale e lo batte con il palmo) O del novantacinque! Parlerà della stessa, nostra merda e... (butta il giornale) Basta!

MIRA: Petar!

PETAR: (imita la voce di Mira, gesticolando con le mani) Petar, Petar...

IVAN: Petar, il bar...

PETAR: (alza la voce) Non mi interessa nessun bar e... Punto!

IVAN: Solo una domanda: sai come si chiama il bar..?

PETAR: (grida) Di nuovo stai parlando di quel maledetto bar? (mostra con l’indice) Sotto?

IVAN: Basta! Che cosa cambi gridando? (pausa) Il bar, mio caro amico, si chiama Speranza...

PETAR: (improvvisamente incomincia a ridere) Ha-ha-ha! Che ridicolo che sei! Allora, la speranza si accende... (guarda verso il riflesso di quella luce che un momento dopo si spegne) La speranza si spegne... (cammina frettolosamente) Si accende, si spegne, si accende, si spegne... (a Ivan) Per te, mio caro amico, è come se il tempo non ci fosse...

MIRA: Petar!

PETAR: Lasciami parlare! (a Ivan) Tu sai benissimo che io volevo andare in America molto prima che la guerra in Bosnia scoppiasse... Sai benissimo che lì, ormai, nella ex Jugoslavia, lo spazio per le mie intenzioni e le mie capacità era troppo ristretto... Non occorre che io ti parli del mio desiderio di guadagnare meglio! Hanno respinto la mia richiesta per gli Stati Uniti, e ora, con questa pioggia, con la risposta che non è ancora arrivata dalla rappresentanza canadese devo essere tranquillo?

IVAN: Va bene, pazienza...

PETAR: Non ripetere, per favore, pazienza! Questa parola mi fa impazzire molto di più che la guerra,che la gente stupida che combatte per la merda...(pausa) Caro amico, io non posso essere come te...

MIRA: Petar! Per amor di Dio!

PETAR: (come non la sentisse) Tu, se non ci fosse stata la guerra, anche per i prossimi cento anni saresti rimasto in quella scuola nella profonda provincia bosniaca, a parlare di Socrate, Spinosa, Kant, Marx, e...

MIRA: Anche tu studiavi alla stessa facoltà?

PETAR: Solo un anno... Poi, essendo diventato sobrio, mi sono laureato per una professione molto più normale..

.

MIRA: (si alza) Carissimo ingegnere edile, pensi che questo luogo in questo momento sia adatto per superflui discorsi del genere? (si siede, con le lacrime negli occhi) Scusaci, caro Ivan... (stende la mano, Ivan la prende nella sua)

PETAR: Sì, sì! Mi dispiace, ma tutto ciò che stavo dicendo è vero... Poi... (a Ivan) Il tuo pacifismo? Come non può innervosirmi? Ti allontana dalla realtà, dalle possibili prospettive per un cambiamento radicale della tua vita! Esso, in realtà, è stranissimo per una ragione molto semplice: sei nato in Bosnia, una terra che non è né Oriente né Occidente, dove per secoli, come disse Ivo Andric, tuo scrittore preferito, ci siamo osservati la canna di un fucile... (pausa) Con certi intervalli, è vero. E l’ultimo è durato quasi cinquant'anni... E tu? Che pensavi? Che quell'intervallo potesse durare secoli e secoli? (pausa) No, mio caro amico! Ti ingannavi e continui a ingannarti! Il tuo pacifismo... Cos’è il tuo pacifismo se non un modo di fuggire? E con esso oggi un sacco di gente riesce a evitare molti problemi vitali per il nostro progresso....

MIRA: (ad alta voce) Basta! Non ti vergogni?

PETAR: No, affatto, non mi vergogno! Anzi, penso di parlare per il bene di Ivan!

MIRA: Se non ti vergogni della vivisezione di un amico che non ti ha dimenticato, che ti ha steso la sua mano nonostante i suoi mille problemi: i suoi parenti più cari sono ancora in Bosnia, inclusi sua figlia e sua moglie... Li aspetta, soffre,e... (pausa) Dio, quanto mi vergogno..

.

IVAN: (tranquillamente) No, Mira, tu non devi vergognarti... Neanche Petar... È vero: sono fuggito... (va verso il proscenio)

MIRA: E Petar? Oh, mio marito non è fuggito, lui è arrivato, prima in Croazia, poi in Italia... Mio marito è un semplice e normale viaggiatore anche se i tempi sono poco normali... Mio marito è un ingegnere normalissimo che sogna di fare carriera in Canadà...

PETAR: (con ironia) Certo, certo...

MIRA: (beffardamente) Certo, certo...

PETAR: (con ironia) Cara mia, sai benissimo che non mi interessano le guerre... C’erano sempre e ci saranno sempre... Mi interessa vivere e ritrovarmi nella mia professione.... Ti inganni, cara...

IVAN: (come non sentisse le parole di Petar) Sì, sono fuggito... Io sono un traditore, anche un disertore... Insomma un vigliacco fuggiasco, in realtà doppio: ho sangue misto, serbo-croato, quindi dovevo combattere per gli uni o per glialtri... (pausa) Aspetta, forse anche triplice! Mia moglie si chiama Azra, è musulmana... Potevo combattere anche per i musulmani! (pausa) Insomma, sono un fuggiasco... (pausa) Sei contento ora?

Din-don del campanello. Ivan rimane immobile con l'indice alzato al livello degli occhi.

MAJA: Come siete rumorosi! Un campanello!

MIRA: Campanello?

IVAN: Campanello?

PETAR: Campanello? (esce e dopo un istante torna con l’autista di un corriere espresso; l'autista è l' attore che prima svolgeva il ruolo del poliziotto) Quest'uomo mi stava dicendo qualcosa e io non ho capito niente...

AUTISTA: (con una busta grande in una mano e un notes nell'altra) Buona sera... Chi è, per favore, signor Petar...

PETAR: (come un sonnambulo) Petar? Ho sentito il mio nome... Chi è quest'uomo? C è una busta per me? (emozionato) Una busta per me...

AUTISTA: Bisogna che lei firmi... Qui, sotto per favore...

PETAR: Do you speak english?

AUTISTA: (con un gesto) O Dio! Ho dimenticato come si dice firmare in inglese! I must... I must...

IVAN: (a Petar, come fosse risvegliato) Devi firmare nel suo notes... La busta è per te...

PETAR: Per me! (emozionato) Va bene... (firma e saluta l'autista che sta per uscire) Stop! Mira, offri a quest'uomo qualcosa, una birra...

MIRA: Non c è birra... Hai bevuto tutte le bottiglie...

PETAR: Io? E vino?

MIRA: Neanche...

PETAR: (autista esce) Mi dispiace... (osserva la busta) O Dio, questa è proprio la risposta dell’ Ambasciata canadese! (va da solo al fondo della scena e apre la busta) Signori... (pausa). Signori... (trionfalmente). Signori, si va oltre l’Atlantico! (prende Maja e la alza dal pavimento in su) Si parte, Maja!

MIRA: (senza gioia) Si parte...

IVAN: Bene..

.

MAJA: Papà, lasciami... Non ho finito il mio disegno di Pinocchio sul vetro!

PETAR: Lo finirai in Canadà!

MAJA: Gli mancano gli occhi, papà!

Le luci si spengono lentamente. Mira e Maja escono, Ivan e Petar tornano alle loro posizioni sulla scena, come pure Orlando torna a sedersi sulla valigia.

VI

Le luci illuminano la parte destra e la parte sinistra della scena in modo che il centro rimanga appena illuminato. Ivan è di nuovo sul letto, con la cornetta in mano, vicino ad Azra che dorme; Petar è nel suo studio.

PETAR: Tutto ciò è successo dieci anni fa... È soltanto acqua passata...

IVAN: Acqua passata?

PETAR: Sì, carissimo... Sì! Acqua passata e sporca, perciò torbida... (pausa, si siede sulla sedia girevole) Chissà quante volte volevo chiederti: come hai conosciuto Orlando?

IVAN: Vuoi sapere? (pausa) Non siamo in piena notte?

PETAR: (sorridendo) Non qui no... Sto aspettando Katherine, usciamo a cena...

IVAN: Ah, sì... Ho dimenticato la differenza fra i fusi orari... (pausa) E le tue spese di telefono?

PETAR: Stai tranquillo, carissimo... (si muove con la sedia, si avvicina al tavolo e sul bordo di esso mette i piedi in posa cowboy) Ho avuto un anno molto buono...

IVAN: Orlando... L’ho conosciuto in settembre di quell'autunno del novantadue...

PETAR: Non devi mica insistere sempre a specificare quell'autunno ecc. ecc.!

IVAN: No, non insisto... Soltanto sto per iniziare a raccontarti... (pausa). Quindi, una sera di quell' autunno del novantadue... (mentre le luci delle parti destra e sinistra si spengono lentamente e si accende piano quella che illumina il centro dove è seduto Orlando, Ivan, non smettendo di parlare, si alza dal letto, lascia la cornetta, prende il mantello e va verso Orlando che si alza dalla valigia, con il cappello sulla testa; Petar, nella sua parte, illuminato da una luce quasi smorzata)... Finita una conferenza sul tema della guerra in Bosnia e dell'assedio di Sarajevo, un amico triestino, a cui devo molto per non essere finito in un campo profughi, mi presentò Orlando...

Le luci più forti, con il sotto fondo del rumore di molte voci.

ORLANDO: Piacere... (stringe la mano di Ivan, con un sorriso oltre la pipa accesa) Il tuo discorso per me era molto interessante...

PETAR: Ivan, hai parlato davanti al pubblico?

IVAN: Sì, ho parlato...

ORLANDO: Soprattutto due cose: la prima sul mistero del conoscere realmente chi è davvero il nostro prossimo; la seconda sulla tua esperienza di essere pacifista in un paese senza tradizione di pacifismo... (pausa) Penso che in Bosnia sia un'occasione per capire dov'è la speranza per l'intera Europa... (pausa) Un Europa senza armi, con l’animo aperto... (pausa) Sì, una speranza come quella per l'intero mondo... A Gerusalemme... (rimane immobile)

PETAR: Orlando è un politico?

IVAN: No, non lo è...

PETAR: Un ex prete?

IVAN: No, non lo è...

PETAR: Un filosofo?

IVAN: No, almeno non lo è nel senso in cui siamo abituati a individuare i filosofi, in maniera più seccamente formale, quindi limitata e stupida...

PETAR: Bella battuta! Congratulazioni!

IVAN: No, non faccio battute... Da Orlando, in realtà, ho imparato che la filosofia come volontà dello spirito di trovare e capire la verità non vale niente se non è determinata dal riflettere, dal dire e dall'agire in coerenza con gli ideali più alti dell'umanità e...

PETAR: Che parole grandi! Ahimé! E la verità? Non è mica una sola?

IVAN: Per carità! Chi l’ha detto? (pausa) Orlando pensa che la verità o le verità siano un sacco vuoto se non sono collegate alla pace, alla solidarietà, al dialogo fra le persone, fra le classi sociali, fra le culture e le religioni diverse...

PETAR: Hm... (pausa) Bello e... troppo... vaneggiamento di un sognatore!

IVAN: Chi non sogna, pensa lui, forse non è neanche vivo...

PETAR: Hm... E l’amico Orlando dove ha studiato filosofia?

IVAN: No, affatto, non l’ha studiata... Dopo le medie inferiori non è più andato a scuola...

PETAR: Incredibile! Il tuo maestro Orlando pare che sia un autodidatta!

IVAN: Esatto... Un autodidatta, ma magari insegnasse in qualche università...

ORLANDO: Allora, ti hanno detto che sarai mio ospite?

IVAN: No, non mi hanno detto... (pausa) Fino a quando? Non so quando mia moglie e mia figlia riusciranno a fuggire dalla Bosnia per raggiungere Trieste.

ORLANDO: (con sorriso) Ti auguro che arrivino presto, ma puoi stare da me finché ti piace... (pausa) Sei stanco?

IVAN: Allora, possiamo andare... (prende quella valigia, si muovono piano verso il fondo della scena, mentre si abbassa l’intensità della luce)

PETAR: Aspetta!

IVAN: (si ferma) Sì...

PETAR: Ma io sono stato da te, in quell'appartamento... Almeno tre volte, quell'autunno...

Musica.

VII

Orlando è in fondo alla scena, seduto per terra, con le spalle voltate. Petar va verso il centro della scena dove viene messo un pannello con i poster di John Lennon e di Albert Einstein. In mezzo c’è la valigia.

PETAR: Incredibile!

IVAN: Incredibile cosa?

PETAR: Questo dovrebbe essere l’appartamento di un occidentale? (cammina per la stanza) Questa umiltà, anzi povertà di arredo... Un frigo, un fornello, un vecchio divano, un tavolino, alcune sedie, nessun tappeto... (va dietro il pannello) Ma molti libri, alcuni foto-album e scatole piene di ritagli di giornali... (torna davanti al pannello) Non ha neanche la macchina?

IVAN: No, non c è l’ha... Usa una bicicletta o un motorino...

PETAR: Incredibile! Orlando davvero abita qui? Forse è la sua seconda o terza abitazione?

IVAN: Né seconda, né terza.. È l’unica...

PETAR: E l’appartamento in cui siamo sistemati noi?

IVAN: È del suo amico Daniele, avvocato... Quello che è venuto al porto, quando siete arrivati...L’aveva ereditato da una sua zia morta qualche mese fa’... Orlando ha chiesto a Daniele che vi offrisse la casa... (pausa) Ma io ti ho già raccontato questo...

PETAR: Forse... Ah, sì... Però... (pausa) È una solidarietà imbarazzante... L’ appartamento, il frigorifero con i cibi, il bagno con materiali igienici, niente bollette né affitto da pagare... Non riesco a capire tutto ciò... È’ imbarazzante...

IVAN: No, Petar... Per loro non c’è niente di imbarazzante... Si tratta di una scelta libera...

PETAR: Non riesco a capire... Non riesco... (camminando per la stanza) Orlando è sposato?

IVAN: È difficile da spiegare: ora abita da Nadia...

PETAR: Allora, è sposato...

IVAN: Aspetta... (fa fatica a spiegargli) Orlando abita qui, ma poiché ormai ci sono io, si è trasferito da Nadia...

PETAR: E Nadia?

IVAN: Nadia è la sua nuova amica, con la quale convive...

PETAR: Beh, quindi Orlando non è sposato...

IVAN: Non so che risponderti: il divorzio con Maria non è ancora terminato.

PETAR: Conosci anche la sua ex?

IVAN: No, conosco solo la sua voce... Lei qualche volta telefona e chiede di Orlando...

PETAR: E tu? Come riesci a rispondere?

IVAN: Orlando mi ha scritto su un foglio un possibile svolgimento della conversazione con Maria...

PETAR: Cioè?

IVAN: Mi dispiace, signora... Mi dispiace terribilmente, signora! Orlando non è in casa! E non so quando tornerà... È la fine del nostro discorso perché io parlo l'italiano molto male...

PETAR: Poi?

IVAN: Poi... Maria esprimeva i suoi complimenti per il mio italiano... E mi dispiaceva dirle una bugia, perché ha una voce frusciante, piana, come mia moglie...

PETAR: Beh... A quanto riesco a capire –Orlando non è proprio un santo...

IVAN: Chi l’ha detto? Scherzi!

PETAR: Non volevo offenderlo...

IVAN: Lui stesso dice che...

ORLANDO: (si alza e cammina fra loro due come non esistessero) Ogni uomo ha delle ombre... Le donne e il mio rapporto con loro sono le mie ombre... Prima di Maria, vivevo con Anna, poi mi sono sposato con Laura, poi con Maria... Nadia è la mia nuova amica... (torna al suo posto)

PETAR: Bello... Finalmente una cosa molto occidentale... (osserva i poster) Perché Lennon?

IVAN: Orlando dice che le canzoni di Lennon lo aiutano a riflettere...

PETAR: Ed Einstein? Mica era un filosofo o un cantante?

IVAN: Einstein? Orlando pensa che Einstein sia la vetta del pensiero umano e, insieme ad alcuni altri pacifisti, il promotore di un’utopia possibile: di un mondo senza armi, di solidarietà e di pace...

PETAR: Hm, pensavo che Einstein fosse grande per le sue teorie scientifiche...

IVAN: Oh, dovresti sentire Orlando quando parla di Einstein! (pausa) Vedi la scritta sotto il poster...

PETAR: (legge) La coscienza è al di sopra dell'autorità della legge dello Stato... Hm, Orlando è pure un anarchico?

IVAN: Dell'anarchia non abbiamo parlato... (pausa) Di molte altre cose, però, molto...

PETAR: (come eco)... molte altre cose... (pausa) Anche della guerra, da noi?

IVAN: No... Poco, quasi niente... Orlando sa che tutti quelli che mi incontrano vogliono sapere perché stiamo facendo una guerra e, lo sai anche tu, per me tutto ciò è come un brutto sogno...

PETAR: Non ti pare che sia il momento che ti risvegli? (pausa) Se la mia domanda viene confermata in maniera positiva, perché non raggiungere me e la mia famiglia, in Canada? (pausa) Vuoi rimanere qui? E come da un balcone, da una terribile vicinanza, rovinandoti il proprio fegato, osservare i Balcani? (pausa) Caro mio, io voglio vivere! (osserva Ivan, dubitando di essere sentito da lui) Mi hai sentito? Io voglio vivere! (pausa) E di questa volontà ne parli con Orlando?

IVAN: Sì... (alza la voce) Sì, sia di questo che di molte altre cose...

PETAR: Non capisco come riusciate e conversare...Tu non conosci l italiano, Orlando conosce poche parole della nostra lingua... Il tuo inglese non è buono, il suo molto peggio... Tu balbetti un po' in sloveno, lui un po' meglio di te...

IVAN: (con sorriso) Fra me e Orlando la lingua non ha nessuna importanza...

ORLANDO: (si alza) È vero, anzi verissimo... Durante i miei cinquantacinque anni ho incontrato dei perfetti conoscitori di molte lingue... (pausa) Tranne una... (si siede)

IVAN: Sì, conversiamo... In ogni posto, e con piacere anche in un luogo in particolare, al molo Audace...

Musica, finché si spengono le luci.

VIII

Kli-kli dei gabbiani, i rumori del mare che batte al molo, il suono del vento che soffia... Le luci illuminano il proscenio sul quale camminano Ivan e Orlando. Petar è in fondo, seduto sulla valigia, illuminato da una luce smorzata.

ORLANDO: Hai freddo? Torniamo al bar, prendiamo qualcosa...

IVAN: No, io sto bene...

ORLANDO: (si fermano) Raccontami del tuo gioco preferito quando eri piccolo?

IVAN: Ti interessa questo?

ORLANDO: Sì... Così...

IVAN: Hm, il mio gioco preferito? (camminano) Hm... Ecco... (pausa) Il mio gioco preferito era buttare i piccoli sassi piatti sul fiume, che facessero ranelle: plick, plick!

ORLANDO: (si ferma e tiene Ivan per il braccio) Incredibile! Che coincidenza! Era anche il mio! (camminano) E quel fiume? Come si chiama?

IVAN: Bosna... (pausa) Come la Bosnia...

ORLANDO: E il fiume della mia infanzia era l'Isonzo... (pausa) L'Isonzo, la Soca, la Soca, l' Isonzo... (pausa) In una sponda noi: la libertà... (con l'ironia) Capivi, lì, che cos è la libertà? (accentua l'ironia) Non sapevi? Naturalmente, come uno sciavo comunista poteva capire che cos'è la libertà del mondo capitalista? Come poteva capire le nostre gerarchie dirigenti, i ruoli già divisi, ecc. (pausa) Però per noi era importante, per diffondere un senso di pericolo, che nell'altra sponda c’eravate voi... Tito, la dittatura, il comunismo... Perché dobbiamo conoscere i vicini? Ahimé, maledetti slavi ecc. ecc.

IVAN: Scusami, io non sono riuscito a capire tutto...

ORLANDO: Meglio... Andiamo a prendere un panino...

La luce si spegne. Musica, il soffio di vento, il mormorio delle onde. Poi silenzio.

IX

Ivan e Petar dialogano. Le luci sono smorzate.

IVAN: Petar, ti ricordi quell'osteria?

PETAR: Quale osteria?

IVAN: A Trieste... Da una finestrella si vedeva la torre dell'orologio della Vecchia Pescheria.

PETAR: L’osteria? Una finestrella? Una torre?

IVAN: Ci siamo stati insieme due-tre volte...

PETAR: Due-tre volte?

IVAN: Sì, è quella dove c’è sempre un buon odore di sarde, il cui oste ancora taglia le fettine di prosciutto grosse come un dito e nel bicchiere di vino rimane un fondo denso, di color viola...

PETAR: Ormai... Sì... Sì, la ricordo ma come attraversando una strada sommersa dalla nebbia...

IVAN: (come non sentisse)... E tu, contento, dicesti: Oh, che festa sarebbe per me, se da noi non ci fosse la guerra!

PETAR: Oh, Dio... L’amico mio, esci da quella maledetta grondaia oscura, respira almeno per qualche attimo... (pausa) Poi, la guerra è finita...

IVAN: Un giorno... Era il pomeriggio di una giornata autunnale, un tempo ingannevole... Con Orlando entrai in quella osteria e fuori lasciammo il bel tempo... Appena usciti, piovve un sacco... Ma dopo qualche minuto il vento portò via le nuvole e uscì addirittura il sole...

Musica.

X

Le luci illuminano il proscenio sul quale camminano Orlando e Ivan.

ORLANDO: (toglie il mantello e lo mette in mano) Vedi... Dopo la tempesta, il sole... (pausa). Dopo le guerre... (con il sorriso) Scusami, amico...

IVAN: Di che cosa?

ORLANDO: Ottimo! Non hai capito... (pausa) Sai perché ti ho chiesto del tuo gioco preferito? (vede Ivan senza una risposta) Così riesco a colmare quel vuoto di tempo in cui non ci conoscevamo...

Le luci si spengono. Musica. Le luci illuminano la stanza stilizzata di Orlando. Ivan e Petar davanti al pannello. Ivan con un foto album in mano. Orlando seduto sulla valigia, in fondo alla scena.

IVAN: Vedi... Orlando fanciullo a pancia nuda, sulla sponda dell'Isonzo, con i genitori durante una gita: il pranzo al sacco in una radura sul Carso; giovane, in bici; bracciante nelle vigne; operaio nel Porto di Trieste, scioperante per le vie della città, insieme ai compagni a portare la scritta: lavoro, libertà, giustizia per tutti; con una ragazza, in un sentiero di montagna; in un circolo pacifista, prima di partire a protestare contro la guerra fredda; con Ernesto Balducci, nelle ombre e nelle luci dei castagneti ai piedi del Monte Amiata; con Alex Zanotelli e un gruppetto di giovani africani, nella baraccopoli di Korogocho; con don Mario Vatta e la sua comunità; con Suzuko Numata, testimone di Hiroshima, quando era venuta in Italia; con gli indios, nelle Ande...Con don Ciotti... Con Rigoberta Menchù... Poi con don Di Piazza, nel centro “Balducci a Zugliano... E sempre con quel suo sorriso...

PETAR: Tutti i nomi e i luoghi che stavi pronunciando a me dicono poco o niente... (pausa) Poi, tra l’altro, non mi interessano... (pausa) E tu hai preso questo album senza il permesso di Orlando?

IVAN: No, me l’aveva dato lui... E ripeteva: Così saremo più vicini...

PETAR: Sono confuso... Non capisco te, né Orlando... Non capisco nessuno e niente... Neppure perché Orlando ha aiutato me, la mia famiglia?

IVAN: Mi pare che tu volessi esprimere una delle domande più antiche sull'ethos delle persone...(prosegue come non vedesse che Petar si è tappato le orecchie con entrambe le mani) La filosofa Agnes Heller pone una delle domande più radicali: Perché esistono le persone buone e come può accadere che esse siano in assoluto possibili?

Si spengono le luci. Musica.

XI

Din-don delle campane, due volte.La luce illumina le parti della scena: Ivan è nel suo letto, con Azra che dorme accanto a lui; Petar è nel suo studio. Prosegue la loro conversazione.

PETAR: Ho sentito il suono delle campane?

IVAN: Sì, sono della chiesa del paese...

PETAR: Come suonano! Non vi disturba?

IVAN: No, invece, a me fa piacere... Sia di giorno che di notte...

PETAR: È un po’ strano... Tu, se mi ricordo bene,eri ateo, come me, come molti nella ex Jugoslavia?

IVAN: No, non sono stato mai ateo...

PETAR: Incredibile! Allora, non ci conosciamo bene...

IVAN: Semplicemente, della religione e della religiosità non abbiamo mai discusso...

PETAR: È vero... (pausa) Però, ora non so che dire...Io non sono credente, non vado in chiesa ma mi piace un bel tacchino sulla tavola, a Natale... Katherine ne ha già ordinato uno bello, grande...Quando quel tacchino si trasformerà in un bell'arrosto, avrà un’eccezionale e gustosissima crosticina... Mmmmh...

IVAN: Neanch'io sono credente ma non so quanto sia giusto essere non credenti pensando a quello che chiamiamo il creato: il dono di un Dio, di un’energia, di un...

PETAR: Un momento! Non andrebbe meglio se quelle campane ti spiegassero che il tuo tempo passa inutilmente? Che tu, anziché fare qualcosa di importante per te: provare a insegnare, magari in qualche università o, magari, aprire un’agenzia di traduzioni o dio sa che cosa..., ti sei messo afare il custode di una villa di un ricco locale! Tagli erba, pulisci i sentieri dei prati e dei boschetti dalle foglie, nutri i pesciolini nelle fontane... Oh, caro amico! Sei profondamente ammalato: vorresti vedere il mondo nella sua immobilità... Anni fa volevi comprendere anche l’ex Jugoslavia e la Bosnia all'interno di essa come uno stato sociale ed economico immobile! È proprio l'immobilità della storia che non mi piace, e la vorreste proprio voi, pacifisti!

IVAN: Ma tu... Tu capovolgi le cose dai piedi in su!

PETAR: Non dire sciocchezze! Ti stavo dicendo tutto ciò in piena amicizia! Devi svegliarti, lasciare quella stupida torre di avorio dove non fai altro che nasconderti, trovarti su una buona e solida barca per navigare lungo il corso del fiume della quotidianità, cercare qualcosa di prospero per te, tua moglie, tua figlia...

IVAN: A noi va bene anche così com'è...

PETAR: Ti va bene, vi va bene... Ma che bene è? (pausa) OK! Anch'io so che Orlando è onesto, buono, interessante, ecc. ecc., ma tu non sei consapevole che perdi tempo con Orlando, andando in giro con lui, dappertutto: conferenze,manifestazioni, proteste, raccolta delle firme, volontariato chissà per chi e per che cosa...

IVAN: Ma lui non mi costringe, per niente! (pausa)E a te forse andrebbe bene dire, al tavolo di un a cena, che hai un amico importante, in Italia? O almeno che si arrangia bene e guadagna bene?

PETAR: Ma che dici!

IVAN: Ciò che penso in questo momento! (pausa)Non ti pare meglio che ci salutiamo, ci scambiamo gli auguri -con uno particolare da partemia per il tuo tacchino -e riattacchiamo le cornette?

PETAR: Ce l’hai con il mio tacchino? Ti sei arrabbiato con me?

IVAN: Io no, e tu?

PETAR: Tutto sembra una sciocchezza... Dai, finalmente finisci quel discorso su Orlando...

AZRA: (si sveglia) Ivan, parlate ancora? Oh, dio! Che ore sono?

IVAN: Ormai... Non lo so...

PETAR: Che cosa non sai?

IVAN: Stavo parlando con Azra... Si è svegliata...

AZRA: (come guardasse oltre la finestra) Ivan! Dalla nebbia sono rimaste solo alcune nuvolette! Vedi quante stelle! Bellissimo! Amo questo posto in tutte e quattro le stagioni... (pausa) E quella più grande? Qual è?

IVAN: (allunga il collo) Dovrebbe essere Giove...

PETAR: State conversando del cielo stellato? A quest'ora?

IVAN: Sì, a quest'ora proprio del cielo stellato...

PETAR: Non ti pare che quelli che a lungo guardano verso i cieli siano condannati a perdere là il suolo della terra sotto i piedi?

IVAN: Perché? Qui ho scoperto che il silenzio delle colline dalle quali di notte si vedono le luci della città di Udine, pare una cosa divina...

PETAR: A me, da questa distanza oltre oceano, invece pare che tutto ciò sia... (pausa) Inutile e... Punto, così...

IVAN: Pare che ciò sia molto semplice: ad Azra piace osservare il cielo... E Orlando è pure appassionato di scrutare il cielo; devi vedere Azra e lui,nelle notti d estate mentre osservano l universo,attraverso il tubo del telescopio: sembrano un occhio, un anima che se ne frega del suolo della terra...

PETAR: Sto sforzandomi con tutta la mia fantasia...

AZRA: (si mette sotto la coperta, con la voce sonnolenta) Bello, bello... Buona notte...

IVAN: Allora, proseguiamo?

PETAR: Aspetta... Vado a prendere un whisky... (va dietro a uno dei tavoli e prende la bottiglia e un bicchiere) Parla, caro mio... (versa del whisky nel bicchiere riprendendo la posa da cowboy)

IVAN: Quindi... Non mi dà pace un fatto: è scomparso il sorriso del mio amico Orlando... Lui, che sorrideva anche se diceva: Sono un pessimista, ma combattente... A me sembrava sempre che il suo sorriso scoprisse una grande verità: Oggi è così, ma domani è un altro giorno. (Pausa) Sì, è vero: il suo sorriso mi ricordava anche quel difficile periodo quando eravamo profughi, quei giorni pesanti ma pure belli grazie alle molte amicizie e alla speranza che sarebbe venuto un giorno in cui tutto sarebbe stato diverso, anche da noi, lì... (pausa) No, non ripetere le tue vecchie opinioni: Noi, nei Balcani, eravamo e siamo rimasti matti... In questo ti chiudi come una conchiglia... (pausa) Credo che anche tu ricordi bene il sorriso di Orlando?

PETAR: Beh... (prende un sorso dal bicchiere) Intanto, prosegui...

IVAN: Orlando, mentre sorride, sembra che il suo intero volto venga illuminato da una luce particolare, che convince chi gli sta vicino: sì, malgrado non vi sembri, ma è vero; cari miei, esistono sia la speranza che la prospettiva umana! (pausa) Ah,quanti episodi potrei raccontarti, che iniziavano e finivano con quel suo sorriso che pare gli appartenga come la terra ad Anteo...

PETAR: Beh... Raccontamene alcuni...

Le luci si spengono. Musica.

XII

Il suono del motore della macchina. Sulla parete del fondo della scena vengono proiettati i contorni di una sedia gigantesca. Finché il centro della scena non viene illuminato, si sentono solo le voci di Ivan e di Orlando.

ORLANDO: Ivan, che cos’è quello?

IVAN: Che cosa?

ORLANDO: Quello! Non vedi...

IVAN: È una sedia...

ORLANDO: Siamo nel Regno delle Sedie? (pausa) Fermati, per favore...

IVAN: Va bene...

Rumore di freni. La luce illumina Orlando e un ciclista che si avvicina a lui. Il ciclista è l’attore che già aveva svolto il ruolo di poliziotto e di autista di corriere espresso.

ORLANDO: (alza la mano, con il sorriso) Buon giorno, giovanotto!

CICLISTA: (si ferma, toglie gli occhiali, pulisce la fronte con un clinex) Buon giorno, prego...

ORLANDO: Mi può spiegare perché questa sedia è così grande e noi siamo così piccoli?

CICLISTA: La vedo, signore, di buon umore... (pausa) Beh... Forse per la pubblicità...

ORLANDO: Va bene... Per la pubblicità... Ma noi,esseri umani, siamo piccoli per la pubblicità?

CICLISTA: Beh... Non lo so... Ho fretta... Mi dispiace... La saluto... (parte ed esce dalla scena)

ORLANDO: Se ne va... (con il sorriso) Senza risposta...

Musica. Le luci si spengono. La voce di Petar: “E tutto ciò non ti sembra ridicolo? Fermare il primo che incontri per la strada e chiedergli qualcosa che forse non gli interessa affatto? Però, prosegui...

XIV

Un mormorio di moltitudine di voci. Silenzio. Parla un professore. All'inizio del suo discorso il professore è presente come un ombra della sua figura in piedi, proiettata sulla parete del fondo della scena.

PROFESSORE: ...vorrei concludere il mio discorso su questo tema -spero anche per voi molto interessante, con la riflessione di un pensatore moderno, conosciuto, spero, a tutti... E lui pensa che nessuno sia in grado di prevedere il nostro futuro... Vi ringrazio della vostra pazienza... (applauso) Grazie... Ci sono alcune domande?

Le luci illuminano il centro della scena. Il professore è l’attore che era già poliziotto, autista, ciclista; sta in piedi, nella posa orgogliosa di uno struzzo: guarda a destra e a sinistra, aspettando le domande... Davanti a lui sono seduti Ivan e Orlando: il primo su una sedia, il secondo sulla valigia.

ORLANDO: (si alza) Vorrei esprimere il mio profondo disaccordo con la riflessione di quel pensatore moderno... Quella sull'impossibilità di prevedere il nostro futuro... (con il sorriso) Io la penso molto, molto diversamente...

PROFESSORE: Quindi, lei pensa che sia possibile prevedere il nostro futuro? Molto interessante....Prego... La ascoltiamo...

ORLANDO: Grazie, professore... (pausa) Quando dico che penso molto diversamente, non nego che non sia possibile prevedere il nostro futuro...

PROFESSORE: (con ironia) Allora?

ORLANDO: Prevederlo, quindi non è possibile, ma intuirlo credo che sia soltanto una semplicissima questione di usare o non usare il nostro cervello... (pausa)

PROFESSORE: Avanti, prego...

ORLANDO: Sì, vado avanti... Se la realtà di questo mondo sembra non offrirci nessuna premessa, rispetto agli eventi futuri, probabilmente non è solo questione dei nostri occhi socchiusi, ma soprattutto dei cuori prigionieri dei luoghi comuni...

PROFESSORE: Cioè?

ORLANDO: La produzione delle armi, incluse quelle più sofisticate, ormai è inesistente?

PROFESSORE: Beh, non lo è!

ORLANDO: E a che cosa servono le armi?

Una voce, dall'off: “Basta, sappiamo tutti che ci servono per difenderci dai nemici!

ORLANDO: Va bene... E chi è il nostro nemico?

Un altra voce dall'off: “Tutto ciò si sa, dai!

ORLANDO: Ottimo! Non solo produciamo le armi, ma abbiamo anche dei nemici... Quindi, per il nostro futuro è impossibile intuire guerre e distruzioni?

PROFESSORE: Io pensavo...

ORLANDO: Lei pensava..., che cosa? Anche sull'aumento dell'impoverimento dei due terzi dell' umanità? Questo può essere un’altra premessa per intuire il nostro futuro? O non può esserlo?

La voce di Orlando si perde nei rumori della protesta e nello scricchiolio delle sedie. Musica.

XV

Le luci spente. La voce di Ivan: “Petar, allora? Mi ascolti? La voce di Petar: “Tutto sembra una barzelletta, ma... Prosegui... La voce di Ivan: “L’inizio del mese di maggio del novantanove... Il pomeriggio di una domenica, sotto la tenda dei Beati costruttori di pace, di fronte all'entrata della base di Aviano... Ogni due-tre minuti decollano e atterrano i caccia bombardieri... Il tempo? Caldo, il sole batte come fosse piena estate... Orlando e io,insieme ad una ventina di altre persone, ascoltiamo l’intervento di un pacifista venuto da Torino... Lungo il sentiero, vicino alla tenda, passa un fiume di gente: sono i turisti della guerra, attrezzati con le macchine fotografiche, con le camere,con i cannocchiali... Noto anche i bambini, molti giovani... Di colpo mi accorgo: Orlando non è più seduto vicino a me... Lo cerco con lo sguardo e... Musica. Le luci illuminano il centro della scena: Orlando, con la maglietta dalle maniche corte, vuole conversare con i turisti della guerra...

ORLANDO: (ferma un turista che cammina al ritmo della musica che ascolta dalle cuffie e guarda in su; ha un grande binocolo sul petto e gli occhiali da sole alzati sopra la fronte) Per cortesia, mi dice dove va?

TURISTA: (toglie le cuffie) Io? (pausa) Hm... Proprio io? (con l’indice sul petto) Io? (guarda con sospetti Orlando) Chi è lei? Un poliziotto? Un agente segreto?

ORLANDO: Io non sono nessuno...

TURISTA: Questo l’ho già sentito in un film. Unfilm... (impazientemente schiaccia le dita) Oh, Dio, non mi viene! Ma che tipo sei?! Sei proprio un nessuno?

ORLANDO: E ciononostante, le chiedo dove va?

TURISTA: Hm, vado a guardare...

ORLANDO: A guardare? Che cosa?

TURISTA: Gli aerei... Chiaro?

ORLANDO: E... Perché?

TURISTA: (impazientemente) Perché, perché, perché? Semplicemente... (pausa) Per curiosità... (guarda in su) Che bello!

ORLANDO: Ormai è come fosse una mostra d’arte!

TURISTA: Ma un’arte lo è! I piloti sono artisti...

ORLANDO: Artisti? (pausa) Artisti della morte?

TURISTA: Artisti di volo, gentile signore! Di volo che è la vita!

ORLANDO: Ho sentito ieri uno dei piloti, alla radio...Alla domanda di un giornalista: Che pensa sui bombardamenti?, ha risposto: Il mio compito non è di pensare!

TURISTA: Ha ragione! Basta che sappia volare... (guarda in su) Sa che quel grande e bell'aereo di color verde scuro rifornisce di carburante i caccia in volo?

ORLANDO: Che bello!

TURISTA: Dicendo così lei mi sembra quasi una persona normale, anzi normalissima...

ORLANDO: Che bello!

TURISTA: Altroché! Bellissimo! (osserva il volo degli aerei attraverso il binocolo) Che forza! (offre il binocolo a Orlando)

ORLANDO: (prende il binocolo per un attimo) Uauuu!

TURISTA: Che uomini!

ORLANDO: Sai quanto costa un volo?

TURISTA: Un volo? Chi se ne frega!

ORLANDO: Sai quanto costa un aereo che semina la morte e quanti chilometri di acquedotto si potrebbero costruire al prezzo di un solo porco con le ali?

TURISTA: Aspetta! Ti riconosco! Sei uno di quei maledetti provocatori non violenti, che dicono stupidaggini, che vogliono che quando uno mangia o beve qualcosa pensi a quelli che non hanno né da mangiare né da bere! Vattene!

ORLANDO: Che bello... (con il sorriso) Che bello!

TURISTA: Allora? (improvvisamente calmo) Poi...

ORLANDO: Poi?

TURISTA: Poi... Oggi è una bellissima giornata...

ORLANDO: (con il sorriso) Ottimo! Buon divertimento!

TURISTA: (parte rimettendo le cuffie) Grazie altrettanto!

Le luci al momento sono spente. I rumori del cammino di molte persone e del decollo degli aerei. Musica, con il ritmo dei passi, mescolata con i rumori degli aerei e con le voci delle risposte dei passanti:
“Ehi, vecchio! Bada ai tuoi affari!
“Per cortesia, non mi rovini la domenica!
“Non capisco nulla!!!
“Chi è lei?
“Di che cosa parla?

Le luci smorzate. La voce di Ivan: “E non è la fine! La voce di Petar: “Va bene, prosegui! La voce di Ivan con il sottofondo dei passi di molte persone: “Non è la fine... Andando verso il posto dove avevo parcheggiato la macchina, noto la presenza di una coppia di età matura accanto a essa...

XVI

Musica. I rumori del decollo degli aerei. Le luci illuminano il centro della scena: un uomo panciuto di bassa statura osserva il cielo attraverso un cannocchiale appoggiato a un cavalletto e ogni tanto disegna su un foglio appoggiato a un altro cavalletto; una donna mingherlina con la radiolina a un orecchio,ascoltando la diretta degli ultimi minuti delle partite di calcio, gli cammina frettolosamente attorno. Arrivano Ivan e Orlando.

ORLANDO: (ad alta voce, si ferma a un passo dalla coppia) Che bello!

IVAN: Orlando, dai! Andiamo!

ORLANDO: Dove? Non siamo forse appena arrivati in questo posto favoloso? (ad alta voce, osservando il disegno) Che bello!

DONNA: Bello? (stacca la radiolina dall'orecchio) Diavolo, bello!

ORLANDO: (si inginocchia, con il sorriso) Le bacio le mani!

DONNA: (sorride) Che scemo! E che non pensi che sia bello anche per mio marito... È la pura passione per gli aerei... E le passioni sono più forti di noi stessi! (rimette la radiolina)

ORLANDO: Vedi, Ivan, le donne sono la salvezza del mondo. Anche Cassandra fu una donna... E il maschio, stronzo maschio, è quello che provoca le guerre. E tutto, pensando di muovere la ruota della storia...

Orlando e Ivan camminano lentamente.

DONNA: Non siete ancora partiti... Voglio dividere con voi la mia grande gioia...

ORLANDO: La guerra è finita?

DONNA: Che guerra, che pace! L’ Inter ha pareggiato! Al novantesimo minuto! È un miracolo!

ORLANDO: Che bello!

Le luci si spengono. I rumori del decollo degli aerei. La voce di Orlando: “Che bello, che bello! Musica.

XVII

Le luci che illuminano le parti della scena, con Ivan e Azra addormentata nel letto e Petar nello studio. Nell'oscuro del centro della scena Orlando è seduto sulla valigia.

PETAR: (guarda l’orologio da polso) Caro mio, mi hai creato una confusione incredibile! (pausa) Non so che dire: tutto pare comico con qualche pizzico di tragico...

IVAN: Pizzico, dici?

PETAR: Beh, più o meno... Poi, mi pare che Orlando non faceva mai nessuno sforzo per adeguarsi alle circostanze sociali, politiche, economiche...

IVAN: Ciò doveva fare?

PETAR: Penso di sì..

.

IVAN: Perché?

PETAR: Perché nella vita facciamo scelte e, se facciamo pure quelle sbagliate, dobbiamo ritirarci... (pausa) Ti ricordi del sessantotto?

IVAN: Come no!

PETAR: Io mi sono ritirato, quasi subito, e tu, invece di capire qualcosa di importante da quegli eventi, da ribelle sei diventato pacifista...

IVAN: Orlando pensa che il pacifismo sia la ribellione più grande e non solo contro le guerre, ma contro l’intera piramide delle ingiustizie...

PETAR: Già sentito, caro amico... Già sentito... E una delle tipiche scelte dei perdenti... È vero?

IVAN: Prosegui...

PETAR: Quell'estate, dopo il ritorno dalle manifestazioni alla nostra Cittadina, era mio papà a svegliarmi...

IVAN: Allora, Petar, quando gridavamo: Siamo realisti, chiediamo l’impossibile!, tu dormivi?

PETAR: È una battuta poco bella... Sai benissimo che entrambi siamo stati interrogati nella stazione locale di polizia e... E... (pausa) E...

IVAN: E?

PETAR: Dai, basta! Io avevo capito qualcosa soprattutto da mio papà... Mi disse: Se vuoi portare il timbro del sessantottino sulla fronte, fallo pure. E non dimenticare: in un domani, quando avrai finito gli studi, se intendi fare carriera quel timbro sarà troppo visibile...

IVAN: Mio papà era già morto...

PETAR: E se allora fosse stato vivo...?

IVAN: Io non so che cosa potrebbero dire i morti...Riesco ad ascoltare soltanto ciò che dicono i vivi...

PETAR: Beh! Insomma... Tuo papà era un partigiano, di quelli della prima linea... E tu, suo figlio, ti eri ribellato contro il sistema sociale che lui e i suoi compagni avevano costruito... Contro la rivoluzione, contro il Maresciallo Tito, contro il comunismo...

IVAN: Hm, forse... (pausa)

PETAR: Forse?

IVAN: Forse questo: l’uomo non dovrebbe piegare la propria volontà di cambiare al meglio le cose davanti al fischio di un manganello che si muove verso la schiena...

PETAR: Sei sicuro che tuo papà, se fosse stato vivo,allora avrebbe voluto dirti proprio questo?

IVAN: Non lo so... Credo che forse tu abbia ragione... Ascolto soltanto ciò che dicono i vivi... Poi...

PETAR: Un momento, Ivan! (cammina su e giù frettolosamente) Parlando del manganello non alludevi mica a quella vicenda ormai lontana anni luce? Forse a quei due giorni in più di interrogatorio che hai subìto? O trovi le colpe in me perché eri rimasto per sempre un professore di filosofia?

IVAN: Tu scherzi! Io non volevo fare nessuna carriera e perciò non colpevolizzo te, né me, né nessuno...

PETAR: (guarda l’orologio da polso e si siede sulla sedia girevole) OK, cambiamo il tema... Insomma,tutto è relativo, tutto cambia, tutto...

IVAN: Orlando dice che non può essere tutto relativo...

PETAR: Ivan, non ricominciare, per amor di Dio! (batte con il piede sul pavimento) Tutti dicono che tutto sia relativo...

IVAN: E Orlando, contro la corrente dominante di molti e non di tutti come tu li nomini...

PETAR: Si tratta sempre di una maggioranza!

IVAN: Allora? Non sono tutti ma una maggioranza! (pausa) E Orlando dice che non può essere tutto relativo. Almeno due cose dovrebbero essere assolute...

PETAR: Quali?

Musica.

XVIII

Orlando si alza dalla valigia, la porta un po' più avanti e la gira dal lato più alto. Entra il venditore dei ricambi per motorini e si mette dall'altra parte della valigia che ormai serve come un banco. È vestito in tuta da meccanico.

ORLANDO: Buon giorno...

VENDITORE: Buon giorno... Lei desidera?

ORLANDO: Mi serve il carburatore per il mio motorino...

VENDITORE: La marca, l’anno?

ORLANDO: Oh, Dio... Non ricordo! Per favore, dia un'occhiata, è davanti al negozio...

VENDITORE: (esce e torna) Mi dispiace, lei ha un modello troppo vecchio... Dovrebbe andare in qualche officina di rottamazione e, se avrà un po' di fortuna...

ORLANDO: E se non l’avrò?

VENDITORE: (impazientemente) Mi dispiace... Gentile signore, oggi come oggi -tutto è relativo...

ORLANDO: (con il sorriso) Allora, niente è assoluto?

VENDITORE: (imbarazzato) Beh, non so che dire... (entra una ragazza con il casco in mano) Prego, signorina...

ORLANDO: Un momento, soltanto un momento! Lei ora non sa che dire ma un attimo fa mi stava dicendo che tutto è relativo... Forse voleva dire che non c’è niente nel centro del nostro essere?

RAGAZZA: (al venditore) Per cortesia...

ORLANDO: Un momento, signorina... Un momento... (al venditore, con il sorriso) Allora?

VENDITORE: (nervoso) Allora, allora, allora! Allora, così! Il mio carissimo cliente, lei deve sapere che un centro altroché che c’è... È il denaro e attorno a esso gira tutto: il mondo, gli esseri umani, la felicità...

ORLANDO: Quindi, chi non ha soldi non può essere nel centro, e quindi neanche essere felice?

VENDITORE: Beh, circa...

ORLANDO: Un indiano della religione hindu, forse più povero di tutti gli altri poveri del mondo, non è felice malgrado che, pur senza un quattrino,entri nel fiume Gange e faccia il bagno rituale?

VENDITORE: O, Dio... Che ne so io sugli indiani! Io so questo: il denaro è al centro della nostra vita e... (vede la ragazza uscire dal negozio, alza la voce) Ecco, ho appena perso un cliente a causa di un discorso inutile con lei! Quindi, ho perso del denaro, ho perso una parte del centro del mondo... Perciò sono un passo più vicino alla periferia, ai perdenti...

ORLANDO: E se in quel centro ci fossero la pace e la solidarietà?

VENDITORE: Perché lo domanda a me? Io, caro signore, non ho incominciato nessuna guerra e non la incomincerò, mai... Nessuna guerra mi interessa! Chiaro! Punto! (pausa) Poi, lei si sbagliasse mi vede poco solidale... Mia moglie porta tutti i nostri vecchi vestiti ai punti di raccolta per l'aiuto ai paesi poveri... E non solo i vestiti, ma pure le scarpe... A ciò aggiungiamo pure qualche quattrino... Chiaro? E basta con le domande!

ORLANDO: (con il sorriso) Una domanda... Ancora

VENDITORE: (allarga le mani come fosse sconfitto)Una e l’ultima...

ORLANDO: (indica con la mano sopra la testa del venditore) Perché quel crocifisso appeso su uno scaffale?

VENDITORE: Quale crocifisso? (si volta) Ah, l'appese mio papà, defunto da tempo, chissà quando...(pausa) Lei è credente?

ORLANDO: Sono ateo... E lei?

VENDITORE: Non so che rispondere... (come parlasse con se stesso) La mattina, dico che bella mattina ed esco di casa; entro nel bar, bevo il mio solito macchiato, mangio una brioche alla marmellata, sfoglio le pagine dei giornali, faccio qualche chiacchiera con dei vecchi amici, esco fuori... Il sole, bello, oggi sarà bello, penso... Ma qualche minuto dopo nel mio negozio entra questa creatura... (a Orlando) Lei mi sta facendo troppe domande... (prende Orlando per la manica del suo mantello e lo dirige verso il fondo della scena) Ahimé, che bell'inizio di giornata... Grazie della visita, grazie... Spero che lei trovi il carburatore per il suo maledetto ferro da stiro... Addio!(con un fazzoletto di carta pulisce la sua fronte sudata) Che bell'inizio...

Le luci si spengono. Rimbomba la voce del venditore: “Che bell'inizio di giornata! Dovevo pensare pure agli hindu felici! Oh, Dio! Musica.

XIX

Le luci illuminano le parti della scena, con Ivan e Azra addormentata nel letto e Petar nello studio. Orlando è seduto sulla valigia nella penombra al centro della scena.

PETAR: Ivan, ti dico subito! A me il venditore sembra una persona normalissima... Come fosse uno conosciuto, vicino, facile da comprendere... Invece... (guarda l’orologio da polso)

IVAN: Invece?

PETAR: Invece... Orlando... Non so perché fa queste cose, perché provoca delle situazioni spiacevoli, tese, ecc. ecc... Non lo so! Come volesse guadagnare uno stress terribile, un’ulcera o un ictus! Sai, mi pare che lui non abbia capito le dinamiche dell'Occidente...

IVAN: Cioè?

PETAR: Che non abbia capito un mondo nell'immenso cambiamento... Parla del centro mentale del mondo, ma vuole vedere un’esistenza umana immobile, priva dei desideri per migliorare la vita, per sentirsi più forti, più... (pausa) Più...

IVAN: Più stronzi?

PETAR: Ivan, io non ti ricordo volgare! Che cosa sta succedendo?

IVAN: Non sta succedendo un bel niente! Parli come un rappresentante di quella fascia sociale dell' Occidente che non vede il centro del mondo in nessun dio, né uomo, né bene..., se non in denaro e potere...

PETAR: Essere normali è più che necessario... Più che necessario... (guarda l’orologio, come parlasse a se stesso) Katherine, per amor del cielo, dove sei! Ho prenotato per niente un tavolo per la cena stasera? (suona il telefonino nella sua tasca) Un momento, Ivan... Ho un’altra telefonata... Non mettere giù la cornetta...

IVAN: Petar, senti...

PETAR: Non metterla giù, per favore... (lascia la cornetta e prende il telefonino) Katherine? Yes, I am in my office... (la voce più bassa, poi cammina su e giù nella luce meno intensa)

AZRA: (si risveglia sotto la coperta) Ivan, che cosa sta succedendo? Sembri un fantasma con quella cornetta in mano! I discorsi al telefono di notte profonda!

IVAN: Pare che ciò sia più forte di me...

AZRA: (si volta verso una finestra immaginaria) Ivan, guarda! Che luna, che stelle! (si alza in ginocchio) Che universo! Che gioia sento, Ivan! Che gioia! Ah, se fossero qui Sara e Orlando, la sentirebbero pienamente anche loro!

ORLANDO: (la luce per un momento illumina il suo posto) La gioia? Qualcuno stava parlando di gioia? Che bello sentire questa parola... La gioia!Una di quelle poche cose con le quali i poveri riescono a fregare i ricchi! La gioia -una delle vere ricchezza delle donne e degli uomini... (si siede, la luce si spegne)

AZRA: Se non fosse così tardi, andrei nella soffitta a prendere il telescopio!

IVAN: Te lo porto io...

AZRA: No, no... E’ tardi...

Si sente qualcuno bussare.

VIŠNJA: (entra, vestita per l’inverno) Ehi, ciao vecchietti! (li bacia entrambi) E buona notte!

AZRA: Si torna a quest'ora? (annusa la giacca di Visnja) Che schifo di odore di fumo!

VIŠNJA: Mamma, per favore!

IVAN: Fai, per favore, due passi di sopra e porta a mamma il telescopio...

VIŠNJA: Il telescopio? (esce brontolando) Che scemi che siete!

PETAR: (lascia il telefonino sul tavolo, prende la cornetta del telefono fisso) Ivan, pronto! (la luce più intensa sul suo studio) Pronto!

IVAN: Pronto! Eccomi...

PETAR: Raccontami finalmente che problema c’è con Orlando...

IVAN: Dio, da dove incominciare?

VIŠNJA: (entra con il telescopio e il cavalletto) Eccolo, buona notte vecchietti... (esce)

AZRA: (Appoggia il telescopio e alza la tenda dalla finestra) Che meraviglia di cielo!

PETAR: Qualcuno sta parlando di un telescopio o io sto ascoltando le voci di fantasmi?

IVAN: È mia figlia Visnja... Ha portato il telescopio ad Azra...

PETAR: Saluta anche lei, malgrado che, credo, non si ricordi di me... Ma, Dio, a quest'ora, da voi, osservare il cielo? Non ti pare che sia più utile osservare le cose sulla terra?

IVAN: (pausa) È tardi, almeno per me è molto tardi... (pausa) Intanto -ti racconterò di Orlando... Del suo sogno...

AZRA: (lascia il telescopio e si sdraia vicino a Ivan). Ho sonno...

Le luci quasi soffocate. Ivan lascia la cornetta, si alza dal letto ed “entra nello studio di Petar. Si siede per terra. Petar lascia la cornetta.

IVAN: Dall'estate di quest'anno noto i cambiamenti dell'umore di Orlando. Pensavo che fossero quelle ombre, sue, cioè i problemi con le donne, nonostante lo vedessi stare bene con Sara...

PETAR: Sara? Una nuova? Complimenti a Orlando!Pare che sia instancabile! Che bravo!

IVAN: No, non è ciò che pensi. Le sue relazioni con le donne sono...

PETAR: Senti, caro! Se io giro un po' lì, un po' là tu, probabilmente, mi vedi donnaiolo! E in Orlando -tutto è particolare, diverso, addirittura filosofico, ecc. ecc.

IVAN: Non è vero... Dovevi conoscerlo meglio, poi anche Sara... Anche lei è pacifista...

PETAR: (tra sé) Per quale diavolo dovrei conoscere anche Sara? (pausa) Bella coppia!

IVAN: Fra loro, nonostante entrambi siano molto polemici, penso che ci sia un rapporto pieno di tenerezza e amicizia... (la forte tosse di Petar è chiara: non si può essere amici con le donne) Per stare vicino a Sara, qualche anno fa, Orlando si è trasferito a Pordenone... Così, circolando fra Trieste e Pordenone, ormai pensionato, mi visitava più frequentemente di prima; e sempre con il suo inevitabile motorino... Il suo malumore, così insolito, non riuscivo a capirlo... E se ti dico che lui e Sara hanno aderito dal primo momento,con grande ottimismo, al movimento dei no-global; sono stati a Nizza, poi a Genova...

PETAR: Che roba! Che cosa pensano? Di fermare la ruota della Storia e del progresso?

IVAN: A questo proposito Orlando si chiede: Che finalità ha la ruota della storia: l’uomo o il denaro? A chi serve il progresso che in due terzi dell'umanità crea le circostanze dell'estrema povertà e le guerre?

PETAR: O, basta, basta... Finisci, per favore, di raccontare che cosa in realtà sta succedendo al nostro carissimo profeta Orlando...

Le luci si spengono. Musica.

XX

Le luci illuminano la scena intera,ormai senza i lati; in alto, sopra il proscenio, lo striscione: ESPOSIZIONE MONDIALE 2052; in mezzo alla scena, davanti all'entrata di un padiglione intitolato: LE ARMI DEL NOSTRO OGGI E DEL FUTURO, c'è una fila di visitatori: una donna grassoccia legge un giornale; un uomo elegantemente vestito beve caffè da un bicchiere di plastica; un ragazzo e una ragazza con le cuffie ballano al ritmo della musica che ascoltano; un vecchio si occupa della lettura di un volantino pubblicitario; una coppia giovane con una carrozzina per bambini mangia gelato; un vecchio tossisce; varie altre persone... Entra Orlando, vestito con un mantello, con il berretto in testa; fa dei passi insicuri, si gira attorno.

ORLANDO: (dalla tasca del mantello estrae un biglietto) Dove sono? (alla donna grassottella) Dove sono? (lei non lo sente) Questo biglietto... Chi me l'ha dato? (pausa) Io non lo so! Non lo so! Neppure perché sono qua! Ricordo... (pausa) ... ricordo un fiume di gente di cui io ero una goccia... Tutti andavano avanti e io con loro... Sentivo una moltitudine di lingue e le conoscevo tutte, come mai... È stato così? O...? Non lo so... (estrae dalla tasca un dépliant) Ecco, sembra un dépliant... Perché ce l'ho? Chi me l’ha dato? Non lo so! (guarda attorno a sé) Pare... Ormai pare che tutto sia reale: le toilettes, i guardaroba, i bar, i chioschi... E io? Anche io sono reale? (pausa) È vero? (si tocca sul petto, sulla fronte, sullo stomaco)Può essere... (va avanti, lungo la fila)

Le voci dalla fila:

Ehi, scemo!
“Non vedi la fila?
“Chi credi di essere?
“L’asino!
“Mica vuoi entrare prima di noi?

ORLANDO: (torna camminando indietro) Dove sono?

DONNA GRASSOCCIA: Che domanda! L'intero mondo sa dove siamo, signore!

TUTTI: Tutti noi sappiamo dove siamo e perché...

ORLANDO: Quindi io sono fuori dell’intero mondo?

DONNA GRASSOCCIA: Abbreviamo la via alla risposta: siamo all'Esposizione Mondiale...

ORLANDO: L’Esposizione Mondiale?

DONNA GRASSOCCIA: Andrà tutto bene... Lei ha il biglietto... È a posto...

ORLANDO: Non ricordo... (osserva il biglietto) Non ricordo né dove né quando l’avevo preso?

DONNA GRASSOCCIA: Si tranquillizzi! Basta averlo...E si metta in fila...

ORLANDO: (si muove lungo la fila e torna, rivolgendosi a tutti) L Esposizione Mondiale... (pausa) L’Esposizione Mondiale... In quale città siamo?

Tutti, l'uno dopo l'altro, improvvisamente immobili, simili alle marionette:

“New York, Parigi, Mosca,
Gerusalemme, Londra, Pechino,
Berlino, Bombay, Varsavia, Istanbul,
Madrid, Sarajevo, Roma, Kiev, Bogotà...

ORLANDO: (gridando) Basta, basta, basta, bugiardi! Come possiamo esserci in tutte quelle città?

TUTTI: (ancora immobili) Noi non siamo bugiardi...

ORLANDO: Lo siete! O, se non lo siete, quello che vedo è soltanto un’apparizione!

TUTTI: (ciascuno fa dei piccoli movimenti simili a quelli delle marionette) Questo è un vero mondo!

ORLANDO: (rassegnato) Un vero mondo?

TUTTI: (di nuovo immobili) Un vero mondo dell'anno 2052...

ORLANDO: Allora, tutto... (quasi rallegrato) Tutto quello che vedo è un sogno, un brutto sogno!

TUTTI: I maestri ci insegnano: (Orlando con i palmi sulle orecchie) Non è necessario sognare... Il vero mondo è già realizzato... Il vero mondo è quello che si offre in ogni istante della nostra vita...

ORLANDO: (toglie i palmi) Che cosa volete visitare?

TUTTI: (nel medesimo momento alzano una mano e gli mostrano la scritta) Legga bene!

ORLANDO: (legge) Le armi del nostro oggi e del futuro...

TUTTI: Prenda il numero e si metta in fila...

ORLANDO: (sorpreso perché scopre che con le dita già tiene un bigliettino con il numero) Eccolo! Contenti? (si mette in fila)

TUTTI: Sì, certo! (appena l’hanno detto ciascuno di loro abbandona il comportamento da marionette e ricomincia a occuparsi di ciò che faceva prima)

ORLANDO: (per sé) Quindi, mi trovo alla Esposizione Mondiale dell'anno 2052... Sto in fila davanti al padiglione delle armi... (pausa) Proprio io? (pausa) Io? (incomincia a ridere) Io? Aha-haha... Io... Ahaha-aha! Le armi di oggi e di domani... Aha-ha! E io sto in fila a vedere... Aha-ha! A vedere le armi! (improvvisamente serio) Chi mi ha costretto a venire qui? Chi? (pausa) Sono, in realtà, uguale a tutta questa gente addestrata? (pausa) colombi... (prende il catalogo dalla tasca e lo osserva) Dio, quanti padiglioni! La tecnica, l'industria, le scienze... C’è tutto... Anche l’arte... (pausa) E io sto aspettando proprio qui? Io? Ma chi sono, io?

Le luci si spengono. Musica. Si accendono le luci rosse di poca intensità, in fondo alla scena. Si vede Orlando, solo, immobile: sembra una statua. Una voce sonora, dolce,dall'altoparlante: “Ora tocca a lei entrare! Musica: un ritmo di marcia militare. Le luci si spengono.

XXI

Silenzio. Qualche lampo di luci viola, rosse, blu e l’ombra di Orlando che cammina frettolosamente con le mani che stringono le orecchie. Silenzio, senza luci. Il suono del camminare di Orlando. Le luci illuminano la fila di visitatori davanti al padiglione. Orlando, nevroticamente emozionato, cammina da un visitatore all'altro.

ORLANDO: Sapete che cosa ho visto? (aspetta la loro risposta e prosegue poiché essa non arriva) Dentro... (pausa) Dentro... La prima cosa cheavevo visto era una grande insegna elettronica con la scritta: La sicurezza. Prima di tutto e dopotutto, la sicurezza. La sicurezza uguale la vita e il futuro...

TUTTI: (come si fossero trasformati in marionette) Bello!

ORLANDO: Camminavo fra gli oggetti esposti che hanno per obiettivo le distruzioni e la morte... Camminavo, camminavo, camminavo... (pausa) In un momento mi ero trovato in un aula piena di bambini che giocavano con i fucili giocattolo... Alcuni, anziché montare i cavallini di legno, cavalcavano sui missili giocattolo, guidavano i piccoli carri armati, miravano attraverso i tubi dei cannoni...

TUTTI: Interessante!

ORLANDO: E io ho incominciato a piangere... (pausa) Piangere, sapete, davanti ai bambini non è bello, ma le lacrime pare che andassero da sole, incontrollabili... (pausa) In un momento ho notato che per terra c’erano molte pozzanghere, tutte a causa delle mie lacrime e che alcuni bambini chiedevano le barchette per giocare... Poco dopo ho sentito un paio di mani forti che mi hanno preso da una parte e un altro paio dall'altra... (pausa) E mi portavano via... Una voce severa rimbombava per l'aula: Pensa di avere il diritto di disturbare altre persone nelle loro attività normali?

TUTTI: Che domanda giusta!

ORLANDO: (pausa, si ferma e li osserva) Giusta, avete detto giusta? (pausa, prende il catalogo) Corridoi, padiglioni, corridoi, padiglioni... Sembra un labirinto... (pausa) Ditemi, almeno, dov'è l'uscita?

TUTTI: Bisogna camminare...

ORLANDO: Per dove?

TUTTI: Avanti, avanti, sempre avanti... Le luci si spengono. Musica.

XXII

La voce di Orlando: “Cammino, cammino, cammino... Eccomi, improvvisamente, in un grande cortile nel cui fondo vedo una piccola luce, che, da lontano, sembra spegnersi...Cammino di nuovo verso quella luce e finalmente mi trovo vicino a essa. Vedo: essa è sopra il portone di un padiglione... Tiro fuori dalla tasca il catalogo e neanche faticando riesco a capire se quel padiglione fosse indicato... Busso e il portone si apre...Entro dentro e mi trovo nel buio... E fra poco...

Musica. Le luci smorzate illuminano il centro della scena: Orlando si sgrana gli occhi. Una ragazza vestita di bianco, con un lumino in mano, gli va incontro.

ORLANDO: Io... (pausa) Io ti conosco!

CASSANDRA: Anch’io conosco te...

ORLANDO: Il tuo nome è... (pausa) Il tuo nome è... (tocca la fronte con l’indice)... è... è...

CASSANDRA: I nomi significano poco... Sono quella alla quale da tempo hanno predetto il futuro...(attorno Orlando fa un giro con il lumino) Una volta, molto tempo fa, fui io a predire il futuro...

ORLANDO: Tu sei... (pausa) Tu sei...

CASSANDRA: Amico, non importa...

ORLANDO: Tu sei Cassandra...

CASSANDRA: Sì, sono io... E questo è il padiglione della pace e della solidarietà...

ORLANDO: Mi farai da guida?

CASSANDRA: Volentieri...

ORLANDO: Se non sei stanca...

CASSANDRA: Di che cosa? Sei uno dei pochi che hanno visitato questo padiglione...

ORLANDO: Uno dei pochi? Quindi...

CASSANDRA: Non faticare... Vieni con me...

In fondo alla scena viene acceso uno schermo che successivamente proietta le brevi immagini in bianco e nero: la marcia di Gandhi, seguito da masse verso l’oceano; Lev Tolstoj che parla con i contadini; la scuola Neve Shalom; Einstein che parla sulla pace, contro le armi atomiche; Bertrand Russel che scrive contro le guerre; Balducci che parla dell'uomo planetario; la Madre Coraggio che spinge il suo carro; don Lorenzo Milani che fa una lezione ai bambini; John Lennon che canta “Imagine ; Alex Zanotelli circondato dai giovani africani a Korogocho...

ORLANDO: Gandhi, Lev Tolstoj, la scuola Neve Shalom, l Oasi della pace, Einstein, Russel, Balducci, la Madre Coraggio di Brecht, don Lorenzo Milani, John Lennon, Alex Zanotelli... E quanti altri...

CASSANDRA: Ti fermi ancora?

ORLANDO: No, sono stanco... Sono terribilmentestanco... Ho visto una moltitudine di gente e nessuno sorrideva...

CASSANDRA: Ti capisco, fratello...

ORLANDO: Fratello? (pausa) Fratello? (va verso il proscenio) Avete sentito? Lei ha detto fratello, a me... (torna)

CASSANDRA: Ora vai... Ti vedo stanco, molto stanco, fratello... (gli dà un bacio) Ti saluto... (parte con il lume)

ORLANDO: E tu? (la segue) Rimani qui?

CASSANDRA: (si ferma) Sì, io rimango...

ORLANDO: Dormi qua?

CASSANDRA: Io non dormo, mai...

ORLANDO: (pausa) Ah, sì... L’avevo dimenticato...

CASSANDRA: Poi... Quella luce sopra il portone non può essere spenta, mai... Altrimenti...

ORLANDO: Altrimenti? (pausa) Cassandra! Altrimenti? Entrano due infermieri e afferrano Cassandra sotto le braccia.

INFERMIERI: Tranquilla... Non ti succederà niente se non scappi senza che lo sappiamo...

ORLANDO: Chi siete? Perché volete portarla con voi?

INFERMIERI: E tu? Chi sei?

ORLANDO: Io? (pausa) Io sono suo fratello...

PRIMO INFERMIERE: Quindi, abbiamo un caso difficile in più...

SECONDO INFERMIERE: Allora, anche tu devi venire con noi...

PRIMO INFERMIERE: Nel nostro ospedale c’è una stanza anche per te!

Lasciano Cassandra e vanno a prendere Orlando. Le luci si spengono.Musica. Le luci smorzate illuminano la figura di Orlando in fuga. Le luci si spengono. Musica.

XXIII

Le luci smorzate illuminano Orlando fermo in mezzo alla scena.

ORLANDO: Ce l’ho fatta! Stronzi, non sono riusciti a prendermi! (pausa) E ora? (si guarda attorno) Sono in quel grande stramaledetto cortile? (pausa) È vero! Ora ho un grande bisogno di uscirne, da qualunque parte...

UNA VOCE: (gracchiante e ironica) Orlando! Orlandino! Aha-aha!

ORLANDO: Chi sei?

UNA VOCE: Dove vai?

ORLANDO: Vado... Vado... (pausa) Davvero, mi domando anch'io...

UNA VOCE: Non importa... È importante che tu da questo posto porti fuori la verità...

ORLANDO: Quale verità?

UNA VOCE: Che avete perso! Aha-aha-aha!

ORLANDO: (imbarazzato) Noi? Chi?

UNA VOCE: Lo sai meglio di me, caro perdente! Tu lo sai! (pausa) Avete perso e... Basta! Siete già nei sotterranei della storia se non in un semplice bidone per immondizie! Aha-aha-aha!

Le luci scarse illuminano Orlando nel centro della scena; è immobile,con i palmi sulle orecchie. Le luci si spengono. Musica.

XXIV

Le luci illuminano le parti della scena, con Ivan e Petar nei loro posti, e Orlando seduto sulla sua valigia.

PETAR: Caro Ivan, io ho poco da dire... Quasi niente, tranne questo: ogni ideologia può portarci alla pazzia... Perciò stai attento pure con il pacifismo e i pacifisti, inclusi quegli squilibrati no-global... (pausa) Orlando, insomma, poiché esiste una ricetta anche per le gravi malattie, non doveva prendere a cuore quel sogno... Che cosa hai da dire su questo? Sono stato sincero?

IVAN: Sincerissimo! (con amara ironia) Che potrei dire?

AZRA: (si sveglia e si tira su nel letto) Ivan, Ivan!Ho sognato Sara e Orlando! Che sogno!

PETAR: Pronto! Ivan, mi senti? Pronto!

IVAN: Sì, ti sento... Aspetta un momento, un solo momento...

Le luci si spengono. Musica.

XXV

Le luci illuminano il centro della scena e le parti laterali di essa rimangono non illuminate. Entra Sara.È vestita con un cappotto invernale, ha un berretto sulla testa e su una spalla ha una borsa.

SARA: Orlando! Mio Dio! Dovevo essere più ragionevole o almeno intuire dove avresti potuto trovarti... (cammina frettolosamente verso Orlando) Hai fame? (mette una mano nella borsa)

ORLANDO: Sono sazio... Sono troppo sazio

SARA: Peccato! Ti ho preparato un panino, il tuo preferito: mortadella, formaggio, insalatina... (tira fuori la mano dalla borsa ma la rimette subito dentro) Hai sete?

ORLANDO: No, qua ho bevuto sia il bevibile che l'imbevibile...

SARA: Peccato, ti ho portato una bottiglietta di Refosco... Vuoi?

ORLANDO: (si alza dalla valigia e tende una mano ma subito cambia opinione) Sara, ormai voglio... (pausa) Voglio una sola cosa: andarmene... Lottavo per un mondo diverso e lo immaginavo diverso, più umano -quindi con il volto umano a misura di uomo, con il sorriso, senza guerre, non violento, e... Passano gli anni e ne sono passati,molti e molti e molti... (tende le mani) Ora aspetto il mio treno... E... (pausa) Voglio partire...E dalle Ande, dove vorrei essere utile agli amici indios, non tornerò mai più...

SARA: (accende e fuma una sigaretta) Perché partire non volendo tornare? Perché tanta fretta? (pausa) Perché?

ORLANDO: (si siede sulla valigia) Abbiamo perso... (pausa) Abbiamo perso...

SARA: Abbiamo lottato mica per una vittoria?

ORLANDO: No...

SARA: Per ottenere un potere?

ORLANDO: No...

SARA: Una poltrona?

ORLANDO: No...

SARA: Un vantaggio economico?

ORLANDO: No...

SARA: Un prestigio... (pausa) Un maledetto, cagato prestigio, sociale o chissà quale, che in molti oggi vogliono, nel nostro presente?

ORLANDO: No, no, no...

SARA: Allora?

ORLANDO: (nevroticamente) Non riesci a capire? (pausa) Abbiamo perso...

SARA: Va bene, caro... E rispondi: perché, dopo l’entusiasmo che abbiamo riconquistato con i no global, pensi che abbiamo perso?

ORLANDO: Perché... (pausa) Perché... siamo pochi,siamo deboli, siamo un pugno di niente rispetto alla moltitudine che per vari maledetti motivi sceglie la via dell'obbedienza agli ordini dei più potenti...

SARA: Non condivido... Non del tutto! Poi, ormai siamo di più, siamo numerosi, più che mai... E noi abbiamo la nostra strada... Sarà lunga e spinosa, ma è una strada... Dobbiamo camminare...

ORLANDO: Camminare, camminare, camminare!Per dove?

SARA: Ora verso il prossimo punto... Porto Alegre... Camminiamo...

ORLANDO: Fino a quando?

SARA: Senza fine...

ORLANDO: Senza fine? Dici: senza fine? Senza fine mentre si moltiplica progressivamente l’uomo di questo mondo ricco e superbo, l'uomo circondato dall'universo degli oggetti che produce, che immagina una scala infinita per la quale salire e non sa perché lo fa né con quale scopo, che usa continuamente la violenza, sia bellica che mentale, quest'ultima forse più pericolosa delle altre, dalla famiglia alla scuola, dalla caserma alla fabbrica, fino alla guerra perpetua contro i più poveri, dimentica se stesso, si nasconde... (pausa) E così nascosto, striscia, striscia per terra pensando di camminare e guarda il mondo attorno a sé da quella prospettiva della non libertà...

SARA: (rabbiosamente) E io, malgrado ormai non trovi più delle parole a difesa della nostra resistenza, camminerò finché mi porteranno avanti il cuore ed i piedi... (pausa) E mi piace stare ormai con molti giovani che vogliono riflettere e agire in maniera diversa rispetto a quello che ci aveva insegnato il passato...

ORLANDO: Sara... Io... (pausa) Io sono un uomo stanco...

SARA: (si avvicina a lui e lo abbraccia) È un piccolo, piccolo problemino di passaggio...

ORLANDO: Dici: di passaggio? Ma io sono stanco,stanco...

SARA: No, vedrai che non è vero...

Camminando come fosse sonnambula, vestita in bianco, con un lumino in mano, a loro si avvicina Cassandra, la ragazza del sogno di Orlando. Si ferma a due passi da Sara e Orlando. Sara si sposta discretamente da loro. Cassandra fa altri passi, si ferma dietro Orlando egli mette la mano libera sulla spalla.Lui dà un bacio alla mano di Cassandra.

ORLANDO: Sono stanco, stanco...

CASSANDRA: Ti capisco...

ORLANDO: (stringendo la mano della ragazza con entrambe le sue) Tu mi capisci, davvero?

CASSANDRA: Ti capisco...

ORLANDO: L’eterna Cassandra mi capisce! (pausa) Sono stanco più di te...

CASSANDRA: Ti inganni, amico mio... Io non sono stanca... E non lo sarò mai...

SARA: Povera ragazza! (si avvicina a loro, tira fuori dalla borsa quel panino e quella bottiglia con i bicchieri di plastica) Ora, cari uccellini, ascoltatemi! Bisogna mangiare e bere!

Entrano due infermieri. Il più giovane spinge una carrozzella uso ospedaliero. Il più vecchio si ferma a guardare e ascoltare.

PRIMO INFERMIERE: Incredibile! Stiamo osservando una scena inverosimile: la nostra profetessa ha trovato due vittime che non sono scappate da lei!

SECONDO INFERMIERE: (fermandosi) Dai, sbrigati! Non stare a guardare la poverina!

Cassandra e Orlando incominciano miracolosamente a mangiare e bere. Cassandra non lascia il lumino, perciò viene nutrita da Sara con molta tenerezza.

PRIMO INFERMIERE: Che fretta hai! Aspetta un po' !Non vedi che la profetessa ora sta mangiando e bevendo?

SECONDO INFERMIERE: Dopo quattro giorni di rifiuto di cibi, soltanto con flebo, ritengo che sia un fatto positivo... Domani lo riferirò al primario della clinica...

PRIMO INFERMIERE: Scherzi! Domani... Ma che domani, oggi, oltre ad alcuni nostri colleghi disgraziati, non ci sarà nessuno... Ehi, ricordati che è giorno di Natale, giorno di festa, giorno per mangiare e bere... Alle sei esco dal reparto, farò una doccia, andrò a dormire... E mentre dormirò, dalla cucina alla mia stanza arriverà profumo di arrosto... Perciò dormirò ancora meglio!

SECONDO INFERMIERE: Ascolta... Loro hanno già mangiato...

PRIMO INFERMIERE: Aspetta, non ho finito... Poi sono più vecchio di te, perciò ascoltami... Intanto pare che ai nostri amici sia rimasto ancora qualcosa nella bottiglia...

SECONDO INFERMIERE: (impazientemente girando la testa) Ormai!

PRIMO INFERMIERE: Dio, dove mi sono fermato?

SECONDO INFERMIERE: (ironicamente)... dormirai ancora meglio...

PRIMO INFERMIERE: Altrochè! Poi, verso mezzogiornomi sveglierà il tintinnìo dei bicchieri e delle posate, poi un vero tam-tam, i piatti... La mia mogliettina metterà tutto a posto... Soltanto... Peccato che con noi ci saranno i miei suoceri...

SECONDO INFERMIERE: (ironicamente) Quindi, non esiste un mondo perfetto...

PRIMO INFERMIERE: Hai ragione... Andiamo...

Ritorna la prostituta, con la sigaretta accesa. Si mette da parte a osservare gli infermieri che, a proposito di Cassandra, vogliono convincere Sara e Orlando che si tratta di un'ammalata. La loro azione non dà dei risultati. Sara e Orlando stringono le braccia di Cassandra che sta immobile con quel lumino in mano. Nessuno nota la presenza della prostituta.

PROSTITUTA: Ecco cos’è la vita! Appena mi sono allontanata, per un attimo, per uno stramaledetto attimo che mi serviva per andare al primo automat per sigarette, e chi trovo? Non una, ma due concorrenti, sconosciute ma concorrenti! Bisogna essere più crudeli per ottenere migliori risultati nella vita! Più crudeli! E afferrare meglio ciò che è da sfruttare! (pausa) Che notte! Che notte lunga, senza frutti! (pausa) E questi due disgraziati che cercano chissà chi! Dio, quanta gentaglia che non serve a nulla si moltiplica sul suolo della terra... (pausa) Che dire? (pausa) Buone feste, intanto! (esce)

SECONDO INFERMIERE: Un momento, per favore! Voglio spiegare qualcosa agli amici di Cassandra...

PRIMO INFERMIERE: Caro collega, non commettere errori: lei si chiama Federica...

SECONDO INFERMIERE: (un pò perplesso ma prosegue) Va bene, Cassandra o Federica, Federica o Cassandra, in sostanza non cambia niente... Volevo dire... (pausa) Che cosa volevo dire? (emozionato) Ah, questo! Io la capisco, la capisco benissimo...

PRIMO INFERMIERE: Caro collega, è un altro errore...Chi di noi riesce a capire gli ammalati, prende facilmente la loro strada...

SECONDO INFERMIERE: (come se non lo sentisse) È davvero interessante quando parla della pace e contro le guerre... Mi piace ascoltarla, credetemi che mi piace... (pausa) Però, cari amici, noi due abbiamo un ordine... E... Lei deve tornare all'ospedale...

ORLANDO: Ti sbagli, caro! Lei non è scappata dall ospedale...

PRIMO INFERMIERE: Sono proprio curioso di sapere da dove è scappata la nostra profetessa?

ORLANDO: È’ scappata da un mio sogno...

PRIMO INFERMIERE: (al primo infermiere) Eccolo, un altro ammalato, non evidenziato... Mica sono rari tizi come lui! Ti ricordi quello che pensava che dalla testa gli uscivano treni e navi e lui era sempre senza biglietto? O quella donna che... Oh,non ricordo più esattamente il suo problema psichico... Sono stanco, questo lavoraccio mi stanca... Ma... Almeno domani è Natale, mi aspettano l’arrosto e i vini buoni...

SECONDO INFERMIERE: (a Sara che non si oppone più all’intervento degli infermieri) Mi aiuti, per favore... Mi aiuti...

SARA: Orlando, lasciala andare...

ORLANDO: (a Cassandra) Dove vuoi andare?

CASSANDRA: (sbadigliando mentre il lumino si spegne gradualmente) Io? (pausa) Chi sono io?

SARA: (a Orlando) Vedi, Orlando, lei vuole ritornare...

ORLANDO: Dove?

SARA: Vuole ritornare... (pausa) Vuole ritornare... Nel tuo sogno?

ORLANDO: Nel mio sogno? E lì che cosa farà?

SARA: Lì? (pausa) Proseguirà con la sua attività di guida in quel padiglione per la pace... Forse la stanno già aspettando molti visitatori...

ORLANDO: Davvero? (Libera la mano di Cassandra)Molti? Proprio molti?

Cassandra, con il lumino spento, addormentata in carrozzella, viene portata via dagli infermieri.

PRIMO INFERMIERE: (off) Bel lavoro, insomma, che abbiamo fatto!

SECONDO INFERMIERE: (off) Almeno taci!

SARA: Ora, caro mio, possiamo partire anche noi...

ORLANDO: Dove?

SARA: A casa nostra?

ORLANDO: Casa nostra? Dov è la casa nostra?

SARA: Beh, è lì dove siamo io e te...

ORLANDO: Io... (stringe al petto la sua borsa) Devo partire, lì... (estende una mano verso l’alto) Ma sono stanco, molto stanco...

SARA: Andiamo... Tutti i tuoi brutti sogni sono finiti... Cammineremo insieme...

ORLANDO: (si alza) Credo che forse tu abbia ragione ma io non riesco a trovare nessuna via di uscita tranne quella di andarmene, per sempre, lì... (fa alcuni passi verso il proscenio) Lì...

SARA: Certo... (lo segue)

ORLANDO: Peccato che devo fare una dormitina,ma dormirò poco, poco...

SARA: Certo, certo...

ORLANDO: (al suono del treno) Ti saluto, il treno, e ricordati: non ti tradirò... A presto...

SARA: Ora rilassati, caro!

Orlando e Sara camminano lentamente verso il proscenio. Musica. Le luci si spengono.

XXVI

Le luci illuminano le parti della scena. Nello studio di Petar entra Katherine, bionda attraente, lo bacia e si siede nel suo grembo. Petar le versa un bicchiere di whisky. Azra si sveglia dal sogno e va verso la finestra che offre l'immagine di una nevicata.

PETAR: Bene, tesoro, sei arrivata... Finalmente...

KATHERINE: Lo dico anch'io... (gli fa un breve massaggio sul collo) Rilassati...

PETAR: Oh, tesoro, che bene...

KATHERINE: Rilassati, rilassati...

AZRA: Ivan, vieni! Che bella nevicata...

IVAN: Non voglio... Che c’è da vedere?

AZRA: (prendendolo per una mano) Nevica, caro, nevica... Guarda e rilassati! (abbracciandolo) Rilassati... Domani è un giorno nuovo...

ORLANDO: Camminare, camminare, camminare...Sono stanco, Sara!

SARA: Cammina, caro e... Rilassati... Rilassati...

Con le luci che si spengono piano, dal telefono del poliziotto, la cui sagoma passa velocemente al largo della scena, arriva la voce: “In arrivo nuovi clandestini, attenzione... In arrivo nuovi clandestini... Zugliano, primavera-autunno 2002

L’autore ringrazia Maria Carminati, Sergio Di Bez, Giorgio Dri, Armando Gnisci, Miroslav Nešic e Andjelko Šobot

Nota dell'autore

“Il sogno di Orlando” … Ho incominciato a scrivere questo testo teatrale nella primavera del 2002 e l’ho finito nell’ autunno dello stesso anno. Ricordo che la prima bozza e le prime immagini de “Il sogno di Orlando” nascevano mentre nei campi e nei frutteti del piccolo paesello friulano, in cui vivevo già da dieci anni, apparivano i primi segni verdi della primavera; apportavo le ultime revisioni al testo mentre, nell’immagine oltre la mia finestra, si raffigurava il grigiore dell’inverno che stava arrivando. Solo i cachi rosseggiavano fra i rami privi di foglie, nell’enorme chioma del vecchio albero, lo stesso quadro vivo che ricordo come una meraviglia surreale, quando misi il piede per la prima volta in terra friulana. Allora mi venne l’idea che sia il testo teatrale, sia la sua ipotizzabile messa in scena dovessero essere simili: il rosso in contrasto con il grigio. Un rosso inusuale, un rosso sorprendente e inaspettato come acqua bollente o ghiacciata nella vasca in cui di solito ci piace quella tiepida; un rosso per nulla lontano dai nostri tempi, apparentemente fatti di tutti i colori, ma in cui sia i contenuti che i contorni, nel mio vissuto, spesso si rispecchiano grigi. E tali sono perché sono antichi come i concetti di profitto, di senso di superiorità di chi si sente più forte, di impoverimento di chi è “destinato” ad essere considerato inferiore, come le guerre a cui abbiamo dato altri nomignoli e attributi… E l’apparenza della realtà ci piace che sia di tutti i colori, perché così è gradita agli abitanti della civiltà del consumo.
No, non mi serviva nessuna fantasia per “Il sogno di Orlando” ; nessuna, oltre a quella che si offriva come possibilità di trasformare la realtà vissuta nella realtà teatrale, divise l’una dall’altra solo da un filo invisibile. Volevo abbracciare due argomenti: il dramma del pacifismo e di tutti i movimenti per la pace per cui, alla fine del Secolo Breve, più di qualcuno era costretto a fare i conti delle lotte non violente; il dramma della memoria e della non memoria (e non solo di due ex profughi e disertori dell’ex Jugoslavia). Sì, volevo abbracciarli entrambi, ma non come fenomeni separati dalla storia, isolati a scopo di divertire (quel male assassino dell’arte e della semantica d’arte) finchè dura lo spettacolo.
Per la realizzazione di quest’opera teatrale ho scelto l’italiano, in cui finora mi esprimevo solo nelle forme narrative brevi, scrivendo saggistica e qualche volta le mie non-poesie. In realtà, mi serviva un linguaggio quasi ridotto all’essenziale di ciò che volevo esprimere e l’italiano, lingua che non conosco fino in fondo, me lo offriva pienamente. Nel paese d’origine scrivevo, negli anni ottanta, anche dei testi radiofonici e questa esperienza mi è stata d’aiuto nel ritorno alla scrittura per il teatro. (Maria Carminati, poetessa e scrittrice friulana, mia amica ormai di vecchia data, mi ha dato una mano per le correzioni linguistiche del testo.)
Nel periodo fra il 2002 e il 2006 avevo contattato numerose compagnie teatrali, teatri stabili (e meno “stabili”), centri di formazione teatrale… Oltre a non ottenere nessun successo in questi contatti, mi accorgevo che incominciava a scriversi - pareva da se stesso- un racconto documentario sull’argomento di ricerca di un teatro disponibile. La prima cosa che avvertivo diversa fra il mio sguardo sul teatro (pure sull’arte generalmente) e la posizione di chi lavora realmente nel suddetto settore, è che la netta maggioranza dei professionisti del palcoscenico teatrale è legata più alla sedia che alla ricerca. Poi, la sedia di un professionista, anche se sembra insignificante in confronto alle poltrone politiche, finanziarie, produttive, mediatiche… è sempre proiezione di una poltrona in cui, anche se seduti, stranamente sembra di essere più alti, quindi superiori agli altri. Tale sedia, anche se piccola, chiamiamola poltroncina, offre la possibilità, a chi si lega ad essa, di stare dentro una delle tante caste, stavolta quella della cosiddetta vita culturale. Una persona appartenente alla casta, in questo modo, può permettersi anche di non rispondere ad una lettera con allegato un testo teatrale, oppure può far finta di averlo letto e scrivere due righe in risposta all’autore, stranamente uguali a quelle dei suoi colleghi: “Abbiamo purtroppo già definito il nostro programma per i prossimi due anni…” E ciò fa certamente più comodo che dire apertamente in faccia: “Ma chi è lei?” Naturalmente senza chiedere nulla sul valore dell’opera proposta.
Sorridevo a queste risposte.
Mi chiedevo se fosse possibile che nel teatro italiano, almeno in quella parte di esso alla quale mi rivolgevo, governasse l’idea che nulla di accaduto nel mondo circostante può scalfire una programmazioni burocratica e pietrificata (eppure no, non siamo nell’ ex Unione Sovietica, tanto per essere chiari). Invece era possibile e lo è tuttora.
Ma non è successo sempre così: c’era anche qualcuno che leggeva il mio testo e rispondeva. La prima critica che ho ricevuto conteneva delle note sulla necessità di aumentare il numero degli attori da impegnare (una ventina). Anche se proponevo la riduzione a undici-dodici personaggi, ed inoltre alcune scelte tecniche (audio e video) per salvare l’integrità del testo, “Il sogno di Orlando” proseguiva la sua vita nel buio della memoria del computer. Alcuni, poi, pensavano che il testo, anche se non privo di idee provocatorie, era troppo ideologico. (Negli anni trenta – dobbiamo ormai dire del Novecento – Milos Crnjanski, scrittore serbo, scrisse una lettera alla giuria di un premio letterario che non premiò il suo racconto di viaggio L’amore in Toscana. Egli provò a difendere in modo straordinario, ma inutilmente, la propria opera valutata inferiore ad un’altra, da lui stesso invece valutata del tutto mediocre). In questo scritto, ricordando Crnjanski, rispondo in questo modo alle critiche espresse sul piano “idelogico”: “Qual’ è la vostra ideologia? Solo quella della lotta, secondo voi durissima, per i finanziamenti regionali, provinciali, comunali?” Per soddisfare poi se stessi, e gli amici, e gli amici degli amici? Oppure qualificare come ideologia il fenomeno molto semplice della questione -ancora più semplice- se tematizzare la pace non sia necessario, come lo è quando lo si fa per il pane, per il sale e per l’acqua?
Avevo ricevuto anche delle risposte serie, malgrado le critiche sull’”ideologicità” del mio testo. Trasmetto una di queste: "...La ringrazio per avermi mandato il suo testo che ho letto con curiosità. Si tratta di una pièce interessante soprattutto per i temi trattati, per i contenuti 'politici' e sociali, perché rende conto di vicende evidentemente sentite in modo urgente e necessario dall'autore per la sua storia personale. Sul piano drammaturgico, della sua teatralità, mi sembra che la struttura del testo, e quindi la sua efficacia scenica, sia come schiacciata dai contenuti, dal peso dell'utopia e dei buoni sentimenti. Ma forse mi sbaglio. In ogni caso sono contento perché ho conosciuto un nuovo (per me) autore.” Un amico di Milano, entusiasta di questa mia operetta, pubblicata nel 2006 da me stesso come libricino, mi ha raccomandato di riprovare di nuovo nel contesto della regione in cui sono residente. Avevo già provato con il CSS di Udine, da dove allora non era arrivata mai nessuna risposta; e questo si è ripetuto ugualmente con il Teatro Stabile di Trieste e con l’ Accademia “Nico Pepe” di Udine, per cui non sono nemmeno sicuro che l’insegnante e attore al quale ho consegnato il mio testo l’abbia poi proposto ai responsabili. E l’anno scorso sono andato di nuovo là, portando alla persona giusta due copie del libricino. Dopo la promessa che altre persone giuste avrebbero letto il testo, ci siamo salutati. Passati otto mesi, sono andato di nuovo in via Crispi 65. La targa accanto alla porta conteneva ancora la dicitura: Teatro Stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia – Udine.
E dentro, in uno degli uffici:
Io: Buon giorno…
Persona giusta: Buon giorno…
Io: Sono venuto per capire se il mio testo teatrale è stato valutato da voi…
Persona giusta: Il suo testo teatrale?
Io: Sì, il mio testo teatrale… “Il sogno di Orlando”.
Persona giusta: Hm… Va bene… Quando ci ha portato questo testo? Via mail, forse?
Io: No, via mail l’ ho fatto alcuni anni fa e non avete risposto. Ho lasciat
o a lei due copie del libricino e lei mi ha promesso una risposta da parte del vostro teatro.

Persona giusta: Due copie? Ma quando?
Io: Otto mesi fa… Ma vedendo che il tempo dentro questo edificio funziona come eternità senza limiti, la saluto.
Perché questa ricostruzione, che dovrebbe contenere anche la mia lettera di accusa verso questa cultura della non risposta, del disprezzo in partenza dell’opera altrui? A me è più vicino il tramonto che l’alba, sia della vita che della scrittura. E questo scritto non è partito da qualcuno che si sente emarginato o disgraziato per la scelta di scrivere. (Credo profondamente che nessuno debba essere infelice per ciò che non ha scritto, disegnato, progettato, né per gli scritti non pubblicati… Si diventa infelici per altre cose, molto più drammatiche, di cui scrivevo nella mia narrativa. Insomma, nei nostri limiti facciamo ciò che riusciamo a fare). Ma penso ai giovani scrittori e artisti di ogni espressione. Quante porte per loro restano chiuse? Quante volte sono rimasti non ascoltati o respinti, senza nessuna spiegazione? A loro vorrei trasmettere ciò che ripeto ogni mattina, mentre incomincio a scrivere: “L’arte non deve dipendere dal mondo delle convenzioni; essa è la pura negazione delle convenzioni, delle caste, delle regole vergognose della “cultura” del non dialogo e della non risposta. E’ tale dai tempi di Sofocle al nostro oggi, quell’arte autentica, che va contro i venti favorevoli dell’epoca”. Poi, mi meraviglio perché la netta maggioranza dei giovani artisti accetta queste condizioni, che non sono né democratiche, né artistiche. Mi domando anche perchè queste condizioni entrino così raramente nelle tematiche letterarie del nostro tempo. Che cosa c’è da perdere? Qualche pacca sulla spalla, qualche sogno che un giorno anche “il mio” progetto sarò finanziato e non resterà solo, nel caso del teatro, per gli attori dei monologhi? (Perché non ci interroghiamo mai, o raramente, sulla prevalenza scenica dei monologhi rispetto ai testi a più personaggi? Non c’è nulla di falso artistico nel mangiare la torta – spesso aromatizzata da dipendenza politica dall’una o dall’altra parte - da soli o in pochi?) Ma il tempo, anche se è gentiluomo per tutti, passa e le cose non cambiano per il semplice motivo che c’è solo una minoranza insignificante che combatte per i cambiamenti culturali radicali. E si invecchia precocemente, anche di mente, se ci appoggiamo alle false speranze. No, non c’è altra speranza che quella per cui bisogna combattere per vedere realizzata, incluse le proteste contro la burocratizzazione dell’arte.
Come quel rosso contro il grigio.
La fantasia non mi serviva molto per scrivere questo testo teatrale, né per descrivere almeno una parte dei fenomeni provocati dal suo viaggio. Non mi serve neppure per i lavori in corso. Ecco, si parte da un’idea di ritornare al teatro dei temi della storia, della memoria, del destino, della volontà di cambiare il mondo – e si arriva agli uffici di gente ottusa, alle non risposte, al fondo di una anticultura e di una negazione dell’arte. Sì, qualcuno mi farà la domanda: “E se tu fossi riuscito a realizzare il progetto scenico? Descriveresti tutto ciò in un altro modo?” Ma allora risponderò: “Lo farei lo stesso, fino al punto positivo… Questo punto è assente. Ma i fatti non lo sono.”
Ci manca, forse, qualche ricordo di coloro che nel passato hanno resistito, malgrado tutte le condizioni in cui loro opere venivano respinte? Qualche grande esempio per convincerci che, ad esempio, una casa editrice è una cosa diversa da un romanzo o da un libro di racconti o di poesie; la direzione di un teatro non è un olimpo né un altro spazio sacro; una galleria d’arte non è per sé sufficiente per la qualità della pittura o della scultura; il contenitore di una sala concertistica non fa da sé un musicista (lo snobismo della gente mondana sì, ma né la musica, né l’artista!); ecc.
Nominare qualcuno che riusciva a resistere a tutto ciò, non chiedendo il prezzo? Non credo che serva, perché tutti ricordiamo almeno un artista che è stato capace di resistere contro i venti favorevoli dell’epoca. Tuttavia colui che scrive queste righe finirà con un ricordo: Milos Crnjanski (1893-1977), vi maiori residente a Londra per venticinque lunghi anni, nell’esilio ha scritto “Il romanzo di Londra”, opera di straordinaria portata semantica e artistica sulla vita degli emigranti, forse il miglior romanzo della letteratura mondiale scritto su questa tematica: lo scriveva pur non sapendo se mai sarebbe stato pubblicato pubblicato.

Zugliano, 25 Novembre 2009

Inizio pagina

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Anno 6, Numero 26
December 2009

 

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links