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navi

piero fabbri

Cento navi che spaccano onde,
cento navi sui venti nodi:
asce fendenti le spume immonde;
rivalsa ai beccheggi dei chiatti moli.

Turgide prue puntate a occidente,
chiglie ringhianti unghiate dai venti;
sui ponti barcollano miseramente
nugoli di esseri marchiati perdenti.

Sono i forzati di mille processi
Sono la feccia che monda il mosto
Sono la faccia di mille eccessi
che sulla terra non trova piů posto.

Spediti a forza nell’oscuro mare,
vagano indegni di qualunque approdo,
non c’č riscatto che possa bastare,
non c’č sentenza che muti il lodo.

Saranno persi: eterni vaganti,
su legni votati alla deriva.
La festa allestita da signori paganti,
esplose la sera che la galera partiva.

Il bene dal male sarebbe spartito,
ma il solco ha da essere largo e profondo.
Gli unti al riverbero del ghigno ardito
scindono in due la zolla del mondo.

Per noi, condannati a navigare
su questi gusci risucchiati dall’ombra,
non resta dunque che assecondare
l’eterno rullio fra culla e tomba?

Davvero, non siamo fiere ruggenti,
č la miseria la nostra tiranna!
Č vero, abbiamo sguardi sfuggenti,
su questo deserto non cala mai manna!

Quali le sponde dove č normale,
avere l’agio di giudicare,
pur nella nemesi di un carnevale,
quelli che agognano di condannare?

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Anno 6, Numero 25
September 2009

 

 

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