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il dono della diversità

irma broer

Diversità, contrasto, dissomiglianza, disuguaglianza, diversificazione, distinzione, discriminazione.
La diversità può essere presa in considerazione dal punto di vista dell’appartenenza a una popolazione (ad esempio africana, europea, cinese) o dell’aspetto religioso (fede cristiana, buddista, musulmana e cosi via).
Oltre alla diversità interculturale, si può esaminare il concetto di disuguaglianza considerando anche il fatto che, pur appartenendo allo stesso genere degli esseri umani, non siamo assolutamente uguali tra noi. Ci differenziamo nel nostro modo di vivere e di pensare, abbiamo diverse capacità, viviamo le nostre emozioni, i nostri desideri, le nostre sofferenze, le nostre gioie e i nostri sentimenti in modo differente. Questo non dipende solo dalle usanze culturali, religiose ecc., ma soprattutto dall’individuo.
Siamo esseri umani, ma ognuno con la propria individualità.
Non c’è uguaglianza nell’espressione del proprio essere, perché ogni persona è irri-petibile e unica.
Ma proprio questa unicità è un vero dono! Perché ci può essere uno scambio di consapevolezze di vita. In questo modo ogni individuo può evolversi attraverso la propria irripetibilità ma anche attraverso quella dell’altro.
Ci possono essere situazioni e storie di vita che si assomigliano, ma mai potranno essere identiche perché siamo stupendamente diversi l’uno dall’altro.
Questa diversità io la considero una meraviglia e una grande ricchezza che la vita ci regala nelle sue sfumature infinite.

Ho vissuto i doni della diversità interculturale nella mia famiglia (in Austria).
Una caratteristica veramente particolare della mia famiglia era, e lo è tuttora, una spe-ciale accoglienza per tutte le persone, soprattutto straniere.
Nessuno di coloro che bussavano alla nostra porta è stato mai mandato via.
Di conseguenza a casa nostra c’erano sempre ospiti da tutto il mondo, come Canada, Gran Bretagna, Egitto, Nuova Zelanda, Giappone, Slovenia, Italia, India, Iran, In-donesia, Cina, Russia e così via.
Eravamo tutti curiosi di conoscere le altre culture e ovviamente noi abbiamo pre-sentato le nostre tradizioni agli ospiti stranieri.
In casa avevamo il mondo intero in pace.
A quei tempi ero solamente una bambina, ma assorbivo tutte queste diversità di modi di vivere, cibi sconosciuti, culture, lingue, religioni, e anche l’arte, come una spugna.
Mi ricordo con allegria un’attività domenicale in famiglia: la gara a chi sapeva parlare più lingue. Gli ospiti stranieri facevano delle competizioni a chi sapeva scrivere più velocemente nella propria lingua. La sfida più interessante è stata tra la scrittura araba e quella cinese.
Altrettanto bene mi ricordo, benché allora fossi piccola, i dialoghi e le discussioni sulle di-verse religioni. Ci siamo confrontati ma non combattuti. Ogni membro della famiglia aveva la massima libertà di vivere la propria professione religiosa. Ogni membro della famiglia aveva il massimo rispetto per la religione differente dell’altro. Ogni membro della famiglia esprimeva le proprie capacità artistiche. È stato molto stimolante fare poi dei paragoni con l’arte diversa dei nostri ospiti stranieri.
Uno dei miei fratelli studiava giapponese. A solo sette anni di età ero diventata una piccola esperta di cultura giapponese, conoscevo tutto sul loro modo di vivere, la loro arte figurativa, la loro musica, il loro teatro, la loro religione. A grande sorpresa della mia insegnante, ho cominciato a suonare sul pianoforte piccole composizioni giapponesi. Così sono stata anche stimolata a scrivere il mio primo libro illustrato “Il diario giapponese.” Un altro fratello mi ha fatto partecipe della sua passione per gli scrittori russi. Un altro ancora mi ha raccontato delle sue avventure in Canada, degli Indiani e la loro vita nelle riserve, le loro credenze, le loro tradizioni.
Bambini della mia età ascoltavano fiabe, a me invece è stato offerto dalla vita di vivere una realtà da favola, tante storie vere, totalmente differenti, da condividere.
Da tutta questa apertura al mondo è scaturito in me il rispetto per la diversità di ogni singola persona.
I miei genitori accoglievano innanzitutto gli stranieri che si trovavano in difficoltà e se potevano aiutarli lo facevano, vivendo così con molta semplicità e generosità l’amore universale.
Non importava che l’ospite fosse medico o operaio, cristiano o musulmano: tutti ve-nivano accolti e rispettati come individui.
In tal modo i miei genitori mi hanno insegnato ad accettare le persone per quello che sono e a non giudicare mai nessuno. Attraverso la comprensione e il rispetto per la diversità individuale i pregiudizi venivano eliminati prima del sorgere.
Noi figli siamo cresciuti con la disposizione all’accoglienza cordiale e naturale per qualsiasi essere umano, per conoscerci, per comunicare, per condividere, per rispettare e per amare le persone.
In conseguenza di ciò era che dentro di me sono maturate comprensione e com-passione per gli esseri umani con i loro pregi e difetti.
Più avanti nel tempo sono entrati a far parte della famiglia generi e nuore di varie nazionalità e religioni. Ho continuato questa apertura alla diversità del mondo insieme con mio marito, adottando una bambina dell’India che è stata accolta anche dai nostri due figli naturali con il cuore aperto.
La mia famiglia è stata in tutto la base della mia formazione per quello che io sono come essere umano ma anche come artista. Grazie soprattutto anche all’esperienza di aver potuto vivere tanta diversità fin da piccola.
Queste sono alcune storie di vita della mia famiglia.

La storia di H. (Iran)
Sono orfano di madre.
Solitudine fin da piccolo. Mancanza d’amore.
Sono arrivato in Austria per studiare medicina.
Sofferenza per questa vita così differente, la mentalità così contrastante con la mia, la religione diversa.
Incomprensione.
Respiro aria di diffidenza.
Chiusura.
Solitudine.
Quanta solitudine causata da tante incomprensioni.
Infine ho trovato accoglienza e affetto in una famiglia di questo paese.
Finalmente anche amore materno.
Eppure dentro di me c’è sempre la sensazione dell’abbandono, del rifiuto.
Solitudine.
Un giorno, seduto sul prato in giardino, stavo cantando.
La mia voce spezzata di sconforto mortale.
Improvvisamente vicino a me, una bambina di soli 9 anni, la mia piccola cognata.
In silenzio mi ha dato la mano, ascoltando la mia canzone di nostalgia piena di dolore.
Rassegnazione.
Solitudine. Incomprensione.
Rassegnazione.
La bimba ha tenuto la mia mano. Dolcemente. Fermamente.
Sentivo piangere il suo cuore per me e con me.
Infine l’ho abbracciata.
Non dicendo nulla.
Un momento di comprensione ci ha uniti in modo silenzioso.
Infine dopo 30 anni sono tornato nel mio paese, sentendomi straniero nella mia propria terra.
Tornato in una nuova solitudine.

La storia di A. (Cina)
Discendente dell’ultima dinastia degli imperatori cinesi.
Ai tempi di Mao sono considerato un “nemico del popolo”.
Ho solo 20 anni quando mi costringono ad assistere alla fucilazione di mio padre.
Mi lasciano vivo.
Perché?
Per tenermi sotto costante e stretto controllo.
Le orecchie delle spie intorno a me che ascoltano nei muri.
Gli occhi delle spie nella notte. I loro sguardo mi inchioda sulla croce.
La fuga.
Un viaggio nell’ignoto.
Le spie in cielo, in terra, per mare.
Onnipresenti.
La fuga.
Il punto d'arrivo: Austria. Un caso?
Senza patria, senza passaporto, senza lavoro, senza casa, senza famiglia.
Nulla.
Assoluta solitudine.
Disperazione.
Senza mangiare da giorni.
Senza meta. Senza nessuno. Il nulla intorno a me!
Indifferenza.
Cado.
Da questo vuoto assoluto improvvisamente sono accolto in una famiglia come figlio, infine come genero.
Una sera, tutti seduti intorno al tavolo, suonano alla porta.
L’ho sempre temuto questo momento.
Dentro di me esplode il terrore come un vulcano.
Le spie, mi vengono prendere, mi vengono prendere.
Le spie mi hanno trovato. Niente scampo.
Fuga inutile.
Nessuna speranza.
È la fine.
Ma non è la fine.
Forse un nuovo inizio?
Questa famiglia cosi diversa dall’indifferenza intorno a me mi ha donato accoglienza, rispetto, sostegno, amore.
Con loro tutto è differente dal mio passato.
La vita mi ha offerto finalmente la pace.
Ma questo presente è così diverso, troppo difficile viverlo come realtà.
Impossibile vivere il presente.
Prigioniero del passato di terrore.
Non sono mai più tornato nella mia terra, non potrò mai più tornare.
Il terrore è ancora dentro di me.
Il terrore è ancora il mio presente.
Ho perso le mie radici e non ho più ritrovato una “mia” terra.
Solo il terrore è ancora dentro di me.
Un incubo senza fine.
La realtà del presente, così differente dal passato, è solo un sogno.
Una storia di terrore, una sofferenza mai superata.
Un incubo senza fine.

La storia di K. (India)
Sono nata in India, per strada. Poi qualcuno mi ha portato in una casa.
Un grande materasso bianco, io sdraiata in mezzo a tanti altri bambini.
Un giorno è arrivato un signore strano, così bianco.
Diverso da quello che conosco.
Mi ha portato via, lontano lontano in un paese chiamato Italia.
Spaventata a morte. Strillavo per la disperazione e confusione.
Tutto è così differente. Tutto è nuovo. Niente è uguale.
Gli odori, i rumori, i visi, le voci.
C’era anche una donna e due bambini, così pallidi anche loro.
Così diversi.
Spaventata a morte. Strillavo per la disperazione e confusione.
Adesso ho 5 anni. Sono con papà e mamma e i miei fratelli da 4 anni.
Tutto è diventato normale, gli odori, i rumori, le loro facce di color arancione.
La mia è marrone.
Ma che importa il colore. Ci sono tanti colori nel mondo.
Il cielo è azzurro. Il prato è verde. Il mare è blu.
Arancione. Marrone.
Sono solamente colori! Differenti, ma semplicemente colori.
Gioco con gli altri bambini in cortile.
Improvvisamente un bambino mi chiama “sporca negra”.
Mi prende a pugni nello stomaco.
Sorpresa.
Dolore fisico.
Paura. Non capisco. Rabbia.
Mi difendo.
Poi corro dalla mamma, perché non capisco.
Spaventata a morte.
Non capisco.
Sorpresa dolorosa.
Il verde, l’azzurro, l’arancione e il marrone. Sono solamente colori.
Piano piano capisco: ho una pelle di un colore differente.
Gli altri bambini pensano che io sono diversa?
Solo per il colore?
Non capisco.
Sono una bambina come altri bambini.
Cosa vuol dire essere “diversi”?
Non capisco.
Oggi so che queste erano reazioni di bambini cresciuti in famiglie con valori differenti.
Oggi ho 23 anni. Un ragazzo nel bar vicino a casa mi dice “fuori di qui sporca negra”.
Questa volta c’erano i miei fratelli. Mi hanno difesa e protetta. Io sono la loro sorella che adorano, non ha alcuna importanza per loro che io abbia la pelle di un colore diverso.
Per loro non esiste questa “diversità visibile”.
Nuovamente sorpresa, incredula.
Non mi sento differente solo per la mia pelle scura.
Mi sento una giovane ragazza moderna come tante altre giovani ragazze moderne.
Rabbia.
Infine la consapevolezza che l’origine di questo atto razziale è l’ignoranza.
Discriminazione per la diversità del colore della pelle!
La discriminazione che nasce dall’ignoranza. L’ignoranza si basa sulla paura.
La paura scaturisce dalla chiusura davanti alla diversità.
Ignoranza. Discriminazione. Violenza.

La storia di R. (Italia), fratello di K.
Ho 3 anni. Ci sono papà, la mamma e il mio fratellone D. Questa è la mia famiglia.
Mamma mi dice che tra poco arriverà una sorellina da lontano lontano.
Se lei è così piccola e io sono già grande, le lascio il mio lettino.
Sono contento perché sarò il suo fratellone.
Arriva la sorellina, piccola davvero.
Nera.
Non uguale a me.
Differente.
L’adoro dal primo momento, non la lascio più un istante. Siamo sempre insieme.
E siamo felici!
Felici insieme!
Ma improvvisamente non capisco più nulla.
Tutto è differente, inaspettatamente.
La gente si ferma entusiasta della bambina.
Io non esisto più, eppure ci sono.
Non capisco!
Sono triste, molto triste!
Sempre e unicamente tutti guardano lei, la mia sorellina.
Perché? Non capisco!
Lei è una bambina, io sono un bambino.
Siamo uguali oppure differenti?
Non capisco.
Mamma perché tutti guardano solo la mia sorellina.?
Io non esisto più, eppure ci sono.
Perché, mamma, perché?
La mamma mi risponde dolcemente che la gente non ha mai visto una bimba con la pelle scura. La mamma mi spiega che, se noi andassimo in Africa, allora tutta la gente si interesserebbe di me perché sono bianco e biondo con gli occhi azzurri e le persone in Africa sicuramente non hanno mai visto un bimbo come me.
Non capisco!
Il prato è verde, il cielo è azzurro, io sono arancione e la mia sorellina è marrone.
Sono solamente colori.
Che importanza ha il colore della pelle?
Non capisco.
Sono molto triste.
Mamma, quando andiamo in Africa?
Voglio essere differente.
Io adoro la mia sorellina, è la mia compagna preferita, la mia migliore amica, la mia confidente in tutto. Allora e tuttora che ho 25 anni.
Ignoranza! Discriminazione! Sofferenza!
Il dolore di un bambino provocato dalla superficialità delle persone.
Una altra storia per la diversità del colore della pelle!
Una storia simile eppure differente!

La storia di H. , Austria
Sono padre. Sono un nonno felice.
Siamo in piscina, io e i miei nipoti austriaci, austro-iraniani, austro-cinesi, il nipotino di origine slava, la nipotina indiana.
Un uomo si avvicina e mi chiede con meraviglia se siamo di un orfanotrofio inter-nazionale.
Sorrido felicemente e rispondo con orgoglio: no, sono i miei nipoti!
L’uomo mi guarda incredulo e stupito.
Non conosce il dono della diversità.
Non conosce questa ricchezza infinita.
I bambini ridono e giocano.
Serenità.
La storia di una famiglia aperta al mondo, alla diversità.
La storia di accoglienza, adozione, amore.
Oltre ai limiti della discriminazione.
Superati i confini religiosi.
Una famiglia differente.

Oggi l’accoglienza continua! La mia famiglia “italiana” ospita un giovane rifugiato politico.

La storia di M., Niger
Un incidente stradale.
Improvvisamente senza padre e madre. Ho solo 10 anni.
Dolore immenso!
Disperazione! Paura!
Insicurezza per il futuro.
Un vuoto d’amore.
Disperazione. Paura. Confusione. L’Iman, la persona più potente e ris
pettata del villaggio, mi accoglie a casa sua.
Ma è solo per dovere. Per apparenza.
Disillusione.
Schiavitù.
Solitudine. Mancanza d’amore.
Schiavitù.
Oppressione.
Ribellione.
Infine lascio la religione di mio padre. Divento cristiano come mia madre.
Sono il disonore del villaggio.
Ripudiato dall’Iman. Rifiutato da tutti.
Un giorno un gruppo di persone improvvisamente mi ferma.
Circondato, buttato per terra, calpestato, accoltellato.
Proteggo la mia testa, ma i calci mi colpiscono senza pietà ovunque.
Allo stomaco una ferita aperta che sanguina e sanguina.
Quanto sangue.
Urla disperate di dolore.
Terrore.
Aiutatemi.
Terrore.
Paura di morire.
La voce della folla impazzita: ammazzatelo.
Guardo in faccia la morte.
Terrore, terrore.
Aiutatemi.
Ammazzatelo. Ammazzatelo.
All’ultimo minuto vengo salvato dall’essere bruciato vivo.
Mi sveglio in ospedale, ma so che devo fuggire, fuggire.
Fuggire.
Le urla mi inseguono: ammazzatelo.
Ammazzatelo.
Terrore.
Un viaggio nel deserto dove la morte di nuovo mi tende la mano.
Niente acqua, niente cibo.
È questa un'altra mia fine?
I compagni di viaggio ammazzati dai
rapinatori.
La morte mi segue come un ombra.
Nuovamente salvato all’ultimo minuto.
Il viaggio sulla barca verso la terra della speranza, Lampedusa.
Niente acqua, niente cibo.
La speranza svanisce nell’infinita distesa del mare.
Il soffio gelido della morte mi ha sfiorato ancora.
Sfinito. Limite di sopportazione.
Due compagni di viaggio si buttano in mare.
Trovano sollievo nella morte.
Questi momenti incisi nella mia anima per sempre.
La speranza svanisce nel sole accecante che brucia il mio cervello.
La morte mi tende di nuovo la mano.
Terrore!
È questa un'altra mia fine?
Inshallah!
Improvvisamente tante piccoli luci che brillano da lontano!
Lampedusa, il porto della speranza.
Le luci della vita.
Metto il piede sulla spiaggia e credo di essere in paradiso.
Infinito sollievo!
Sono salvo! Sono vivo!
La morte mi saluta, si gira e cerca un altro compagno di viaggio!
Risveglio dal paradiso.
Centro di accoglienza, richiesta per lo status di rifugiato.
Diniego.
Disperazione.
Solitudine!
Disperazione!
Mi affido a Dio.
Inshallah!
Il miracolo avviene.
Arrivano “angeli custodi” che mi ascoltano, mi consigliano, mi assistono, mi in-coraggiano.
Medici, avvocati, volontari.
Gente diversa dalla grande massa dell’indifferenza.
Richiesta di ricorso.
Mesi di silenzio e silenzio. Sconforto.
Finalmente trovo anche calore umano.
La mia speranza è come una luce debole che traballa nel vento.
Non sono più solo.
Ancora in attesa della risposta da parte delle autorità.
Di nuovo panico.
Ma non sono più solo.
C’è una mano che tiene la mia mano, camminando insieme sulla strada della vita.
La strada della verità.
Un musulmano testimonierà al mio favore.
Non tutti sono fanatici. Non tutti sono aguzzini.
Non tutti sono uguali!
Siamo esseri umani diversi uno dall’altro!
Questa comprensione mi avvolge come un mantello d’argento che mi protegge da un nuovo dolore.
Non sono più solo sulla strada della verità.
C’è una mano che tiene la mia mano, camminando insieme sulla strada della vita.
Nella mia lunga attesa, nella mia lotta interminabile.
Non sono più solo.
Il passato è andato, non sarà mai dimenticato.
Ma oggi non sono più solo.
Oggi sorrido di nuovo alla vita.
Sperando in un futuro di pace.
Inshallah!

Siamo tutti differenti nel nostro modo di agire anche in situazioni simili.
Siamo tutti diversi nell’espressione delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti.
Questa diversità si è manifestata in stimoli positivi ma anche attraverso grandi tragedie umane.
Questa diversità la vivo come un dono della vita per la mia evoluzione.
Tutto questo ha arricchita il mio essere, la mia anima.
Ringrazio la vita che mi ha donato questa apertura alla diversità.

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Anno 6, Numero 25
September 2009

 

 

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