El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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durban, sud africa alcune annotazioni significative

chris abani

Giraffe di metallo s’inerpicano sul dirupo
verso il faro. Al chiaro di luna,
balene, o i loro fantasmi, imbrattano la sabbia.

C’è un museo vicino al parco, che ospita
l’apartheid; contenuta in rigidi manichini di cera.

L’autobus turistico si ferma al margine della strada.
A destra una città di neri, a sinistra una di indiani.
Indicandole, dice: Questa è la segregazione razziale.

Una pausa al bar, la lista delle bevande offre-
Red’s divas a cinque rand l’una.

Ogni notte il frangersi del mare mi ricorda
che qui le donne sono più vecchie di Dio.

Questa gente porta con sè i defunti,
plasmandoli su ogni faccia che incontrano.

L’amore ronza ancora come un diapason
e il suono che si diffonde svanendo
è l’espansione di qualcosa di più.

La loro assenza è acuta e bramo
il battito delle farfalle come coriandoli.

I mattatoi ammorbano il paesaggio con la sinistra
aria di morte, cartelli annunciano: Macelleria Zumba
come se fosse lì che la sete di sangue di Zumba
avesse avuto la meglio su di loro.

Il condizionatore della mia stanza canticchia
una nenia per un mare troppo preso a diffondere voci.

La morte saltella tra i bambini di strada
che giocano a campana nel traffico.

La donna che canta in zulu, in un bar giamaicano,
invoca il fuoco, invoca il fuoco.
Non v’è contraddizione.

[traduzione di Caterina Monti]

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harare

chris abani

i suoi pensieri piangevano per ciò che la sua gente
aveva perso

Chirikure Chirikure
Centro città di Harare. Marciapiedi e aiuole in bell’ordine
danno l’idea dell’Africa bianca di un tempo. 
La sua bellezza appassita ferma alla fine degli anni Settanta
sembra Lagos al tramonto del colonialismo.

		--

Ma Yvonne dice: Bruciano le farfalle.

	Qui. 

			Questo è kwela . 

		--

Al Quill Club, giornalisti neri fanno salotto,
dicono, Bob usa questa terra come un suo
safari privato. I kudu sono 
quasi estinti. Giocano a biliardo, inveiscono
contro il governo. Potremmo essere
al Kings Head a Finsbury Park; una fredda 
notte londinese. E i locali si lamentano
del problema dei nativi con tiepide pinte in mano.

--


La donna ancora giovane che fuma
	la pipa appoggiata al muro del museo.
era una guerrigliera, un tempo. Dice, Gli uomini qui hanno paura di me. 
	Sa tutto su come uccidere. 
Anche su come soffiare anelli di fumo. 

		Questo è kwela. 

		--

In un mercato vicino alla poverissima township
passo tra le dita gingilli in mostra, spaesato come un qualunque turista.
Sbirciando per tutto il tempo insegne di barbiere
invecchiate dal tempo, ora ricercate in Occidente
che mi perito anche a chiedere. 

		--
Ovunque la gente indossa maschere metropolitane 
ma stanche, come sfiniti cantanti di jazz rassegnati alla perdita.
I cappelli sono messi in quella maniera vivace che ti fa 
pensare che tutte le cose sbiadite, come Cuba, sono più fighe 
di quello che sono. Non è kitsch?

		--

E tutti dicono: Il problema di Bob è che…
	
		E questo è kwela. 
		
		--

Al Book Cafè, una vibrante sottocultura:
Arte, musica, e poesia sono in ottima forma.
I ricchi bianchi a braccetto con gli Africani: per un istante
crediamo tutti che sia possibile. Questo. Qui. Ora. 

		--

Un rasta in scarpe Bata piroetta
		su un motivo dei Beach Boys suonato da
un bianco stempiato in un night club.

			Questo è kwela. 

--
Il vecchio fattore bianco nell’hotel cinque stelle
	chiama ancora questo paese Rhodesia. 
Dice, Senza offesa, ma voi Africani del cazzo
	non riuscite a far funzionare nulla.
Lo rimuovo. 

		--

Non è sempre stato così, 
		e ho ancora domande.
Sì. Sì. Anche questo

		è kwela. 


[traduzione di Caterina Monti]

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Anno 6, Numero 24
June 2009

 

 

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