All’inizio di settembre sono stato invitato a Cassago, un piccolo paese della Brianza, in occasione dei festeggiamenti annuali per S. Agostino, patrono di quella città, a tenere una relazione sulla letteratura della migrazione. La devozione al santo algerino, comunque studiato e apprezzato dalla comunità cassagese per le sue qualità intellettuali oltre che morali, è dovuta al fatto che s. Agostino si era fermato per un anno intero presso la villa di un certo Verecondo, che era localizzata nei pressi dell’area dove ora è situata Cassago. Qui il futuro vescovo di Ippona fece le ultime meditazioni prima di ricevere il battesimo.
Insieme a me c’era anche Abdel Malik Smari, autore della letteratura della migrazione, algerino, che con una dotta relazione ha presentato delle ipotesi del perché presso gli algerini S. Agostino è quasi del tutto sconosciuto.
E’ poco importante o fuorviante soffermarmi sulle ipotesi che il relatore ha presentato perché le considerazioni che mi sono nate riguardano solo lontanamente s. Agostino e la sua fama nel territorio d’Africa.
In Italia la letteratura della migrazione si sta sviluppando con ricchezza di testi e di contenuti che certamente finiranno per segnare anche la letteratura italiana quando incomincerà ad esserci un incontro più proficuo di temi e linguaggi fra le due forme espressive.
Ciò che mi preme sottolineare è che sta avvenendo qualcosa di simile a quanto accaduto a S. Agostino agli autori della migrazione. Non pochi sono ormai conosciuti e apprezzati dalla una fetta degli intellettuali e comunità italiana, ma forse poco o per nulla conosciuti dagli spezzoni delle comunità d’appartenenza presenti in Italia.
Quanti albanesi in Italia conoscono Gëzim Hajdari? Quanti Rom Kubati? Quanti brasiliani in Italia conoscono Christiana de Caldas Brito e quanti senegalesi conoscono Pap Khouma, o quanti indiani Laila Wadia? Gli autori della letteratura della migrazione sono moltissimi e si possono rintracciare anche nella nostra e in altre riviste, come Kuma e Sagarana.
Eppure la funzione della letteratura è sempre stata quella di far emergere problematiche, di portare alla luce gli elementi di disagio di ogni gruppo comunitario nel momento in cui questo si trova ad una svolta fondamentale della sua esistenza. Le varie comunità di stranieri in Italia stanno affrontando situazioni di difficoltà reale, dovute sia alla condizione stessa di migranti, sia ai mutamenti interiori che ciascun individuo sopporta solo e solamente nel sostenere e vivere tali disagi.
La letteratura della migrazione anche se faticosamente sta facendo emergere, a volte direttamente, altre indirettamente, le problematiche inerenti alle condizioni di privazioni e patimenti. Ma spesso la letteratura indica e anticipa i nuovi valori che scaturiscono dalle afflizioni che ogni comunità sostiene.
Quando si crea uno iato fra espressione della letteratura e comunità il rischio è che il lavoro creativo compiuto dalla letteratura si disperda e non agisca sulla comunità stessa orientandola alla ricerca di nuovi valori che la condizione stessa di immigrati può non far mai scaturire. Spesso le comunità di immigrati sono disorientate e disperse in un paese straniero, né hanno riferimenti umani o leader capaci di indirizzarli; molto spesso non hanno riferimenti che invece potrebbero facilmente trovare se solo incominciassero a scoprire indicazioni valoriali date dalla letteratura prodotta dai loro connazionali.
C’è insomma uno iato fra gli intellettuali stranieri che stanno producendo letteratura e le loro comunità d’origine.
Forse occorrerebbe incominciare a preoccuparsi e agire perché le conoscenze avvengano, perché ogni comunità di stranieri sappia che cosa i loro concittadini hanno prodotto e stanno producendo sul piano letterario e culturale. Occorre, insomma, incominciare ad investire anche sul piano culturale per le comunità straniere anche come fattore preventivo di ogni devianza, diversamente il rischio è che rimangano solo azioni repressive e di polizia.
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La scuola è il campo ove maggiormente può essere iniziata un’opera di investimento culturale, perché se è difficile arrivare agli stranieri di prima generazione, anche se non impossibile, i loro figli devono sapere che c’è una forte attività culturale che si accompagna alla migrazione e che produce opere di qualità, devono incominciare a sentirsi orgogliosi di avere come connazionali persone che scrivono e che hanno riconoscimenti nazionali e internazionali.
In questo numero ospitiamo testi di Julio Monteiro Martins, Livia Claudia Bazu, Barbara Pumhösel, Natalia Soloviova, Alejandro Cesar Alvarez, Geraldina Colotti, Clementina Coppini, Marco Busetta, Lorna Goodison, Chimamanda Ngozi, Adam Sameenzad. Per generazione che Ontora Rahman e gli allievi della scuola dell’Istituto sperimentale “Maffeo Vegio”.
Buona lettura
P.S. Si apprende che la giuria del premio "popoli in cammino" ha premiato Gabriella Ghermandi per il suo romanzo Regina di fiori e di perle, ha citato Candelaria Romero e Mihai Butcovan. Ha premiato per l'opera inedita Barbara Pumhösel, autrice dl testo Bioluminescenze. Congratulazioni ai vincitori e ai menzionati. Il comitato editoriale emerge con tutta la sua forza e potenza.