El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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viktor kubati

Aspetto che la notte mi aggredisca
oltre la frontiera il silenzio che attende
il mio passo trema
ma ho un solo passo da fare,
un solo fiato da urlare.
Avanti mi dico, oltre il silenzio sarà colori aspri
forse, forse montagne di corallo, ma
non più silenzio, non più buio intorno.
Lascio la mia parola alla mia lingua
il mio seme al corpo morbido di Sara
alle sue trecce ora sole nel vento di Tirana.
Ad ogni pensiero, ad ogni rimpianto
il mio cuore, la mia anima, il mio sangue sanno
che ho un solo passo da fare,
un solo fiato da urlare.
Oltre la soglia il mio passo sarà diverso,
la mia lingua avrà nuove parole sorelle,
il mio seme porterà in un nuovo corpo
le ferite di una guerra, l’eredità del dolore,
ma ora quel passo è sospeso tra due terre,
origine e futuro, storia e presente.
Alzo la gamba, distendo il ginocchio
nel passo col coraggio, unico faro
nella notte buia della scelta imposta.
E ora urlo, urlo il mio unico fiato
alla notte del deserto che mi accoglie
e mi fa suo, urlo fino a che l’urlo si spegne
nel fiato, lo stesso di sempre, mio.

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viktor kubati

Lascio un nuovo vento squarciare il mio petto
un vento diverso ma fratello
di quello che mio nonno mi indicava
accarezzare il frumento nella pianura di Tirana
“Avrai una nuova pianura, una nuova paura”
mi diceva indicando il mare,
“E porterai con te i finimenti di questo frumento
per farne strumento lucente di rabbia e vita”.

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viktor kubati

Imparo un nuovo passo
ma è lo stesso di sempre in ogni tempo
Imparo nuove abitudini
ma sono le stesse di sempre in ogni tempo
Imparo un nuovo inizio
ma ne conosco già la fine
perché ho visto la grigia foschia del male
inondare ogni strada, ogni bottega, ogni corpo
fino ad innalzarsi verso il cielo,
come un incenso sacro ricerca il suo Dio,
innalzarsi fino allo specchio chiaro del cielo
e renderlo opaco e cieco a ogni riflesso
di vita, cieco agli sguardi degli uomini miseri
che scavano la terra rivolgendo gli occhi
in alto, alla speranza che si è fatta schiava
della violenza dell’Assassino, di chi beve
la coppa del dolore altrui senza dolore.

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Anno 4, Numero 16
June 2007

 

 

 

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