El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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pap khouma

Cari lettori,
nei precedenti numeri abbiamo messo in rilievo l’attenzione, non soltanto folcloristica, esotica, riservata alla letteratura della migrazione da parte di editori piccoli e grandi, da studiosi di atenei italiani ed esteri, da diversi concorsi e premi letterari. Abbiamo accolto le risposte confortanti scaturite dalle librerie e dai lettori. Ma il fermento culturale non riguarda (non riguardava) soltanto la letteratura, campo coltivato in prevalenza dalla nostra rivista. Continuano a fiorire novità positive nelle diverse realtà della cultura migrante: cinema, teatro, musica, pittura…
Il 27 aprile 2007 uscirà nelle sale italiane il film diretto dallo scrittore tunisino residente a Roma, Mohsen Melliti: “Io e gli Altri”, interpretato da Raul Bova ed ambientato su un peschereccio. Narra l’amicizia fra il siciliano Giuseppe (Bova) e Youssef (Giuseppe Martorana) incrinata a causa di un attentato terroristico in Spagna per il quale Giuseppe sospetta di Youssef. Il film sarà probabilmente distribuito negli Stati Uniti dalla Fox. El-Ghibli ha gia presentato l’opera letteraria di Mohsen Melliti ai suoi lettori (consultare il supplemento del numero 6 del mese di dicembre 2004).
Da qualche mese, l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano sta promuovendo il progetto “Talenti Extravaganti”. Si tratta di scoprire e di valorizzare le espressioni artistiche nelle comunità immigrate presenti sul territorio della Provincia milanese. La nostra rivista fa parte del comitato scientifico. Finora, circa duecento musicisti, attori, pittori, scrittori, fotografi, ballerini, donne e uomini provenienti da tutto il mondo hanno confermato la loro disponibilità. L’intento dell’Assessorato è fondare entro fine 2007 la “Casa delle Culture di Milano” dove artisti di diverse origini, italiani compresi, potranno incontrarsi, confrontarsi.

Dal 19 al 25 marzo si svolgerà a Milano il 17° Festival del Cinema dei Tre Continenti, organizzato dal COE, una ONG attiva in progetti di cooperazione con il Sud del mondo.
“Il Festival è diventato un appuntamento storico che persegue l’obiettivo di promuovere attraverso il cinema la conoscenza delle realtà e delle culture dei paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina”. Saranno presenti registi famosi ed esordienti, attori e produttori del cinema arabo, africano, asiatico, sudamericano, ecc. (Consultare il sito www.coeweb.org/)

Ultimamente è uscito “il disco di Giammaria Testa intitolato "Da questa parte del mare". E’ un "concept album", interamente dedicato ad un unico argomento, come se tutto l’album fosse un romanzo e le canzoni, tanti capitoli che insieme raccontano una storia.
Il tema, il filo rosso che cuce e tiene insieme tutte le canzoni, è quello delle migrazioni moderne. Una riflessione poetica, aperta e senza demagogia sugli enormi movimenti di popoli che attraversano questi nostri anni. Sulle ragioni, dure, del partire, sulla decisione, sofferta, di attraversare deserti e mari, sul significato di parole come “terra” o “patria” e sul senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi porta sempre con sé. A qualsiasi latitudine.”

Il supplemento di questo numero sarà dedicato alla terza edizione delle “Strade dell'Esodo”, organizzata dal Comune di San Lazzaro di Savena (BO), in collaborazione con El-Ghibli, Human Rights, Cineteca Bologna, ITC . Le manifestazioni si terrano dal 13 aprile al 5 maggio 2007.
L’indirizzo del sito da consultare è www.lestradedellesodo.it

In questo numero ospitiamo: Per la sezione “racconti e poesie”: Lidia Amalia Palazzolo, Gregorio Carbonero, Rosana Crispim da Costa, Laila wadia, Maria Vittoria Morokovski; per la sezione “stanza degli ospiti”: Cristina Annino, Gabriella Fantato, Joseph Ng'ang'a Gichumbi , Mia Lecomte; per la sezione “parole dal mondo”: Luis Mizon , Joy Harjo , Champa Bilwakesh, Sefi Atta; per la sezione “generazione che sale”: Anais Giannakopoulos; ed infine un intervento di Itala Vivan

Buon lettura.

La redazione

Il comitato editoriale di El-Ghibli, attraverso la testimoniata della professoressa Itala Vivan, rende omaggio a Sipho Sepamla, grande poeta, romanziere, uomo di teatro sudafricano, scomparso in questi giorni. Era nato nel 1932 e cresciuto nei ghetti neri intorno a Johannesburg.

Con le armi della poesia
Quando muore un poeta si fa un attimo di silenzio sulla terra, il cielo tace attonito e un lungo sospiro sfiora i mari e le montagne. Anche oggi è morto un poeta, e noi tutti siamo più poveri per questa perdita. Sipho Sepamla ha attraversato la tragedia dell'apartheid diventandone poco a poco la voce di controcanto.
La sua parola poetica è emersa fra gli anni '60 e '70, dopo la rivolta di Soweto, a dire, con una lingua impastata di mille idiomi, la vita del ghetto, la rabbia e l'ironia, il lutto e la speranza. Era venuto più volte in Italia, invitato a leggere le sue poesie e a parlare a un pubblico ansioso di sapere che cosa fosse l'apartheid. E in Italia era stato tradotto il suo più bel romanzo, Soweto (Children of the Earth), che uscì nel 1989 per i tipi delle Edizioni Lavoro; e una scelta di sue poesie comparve all'interno del mio libro Il Nuovo Sudafrica dalle strettoie dell'apartheid alle complessità della democrazia, nel 1996.
Fra le sue raccolte più importanti vanno ricordate Hurry up to it! (1975), The Blues is You in Me (1976), The Soweto I Love (1977), Children of the Earth (1983). Aveva anche fondato delle riviste che divennero celebri e contribuirono a unire le voci degli intellettuali neri, come "S'kesh!" e "The New Classic".
Era un uomo colto ed elegante, appassionato di musica jazz, di arte, e naturalmente di letteratura. Aveva fondato la FUBA, unica scuola d'arte per studenti neri durante il regime, e raccoglieva intorno a sé molti giovani aiutandoli a vivere come se fossero liberi. Era un poeta davvero straordinario per la sua alta e forte ispirazione civile, ma anche per la capacità di riprendere i ritmi delle tradizioni orali sudafricane, il parlato ibrido del ghetto urbano, lingua magmatica impastata di mille idiomi. Un poeta che aveva accenti dolenti e rabbiosi, ma anche uno sguardo colmo di ironia e tenerezza che si posava sul popolo della sua città, Johannesburg.
L'avevo conosciuto nel 1985, durante il mio primo viaggio in Sudafrica, e intervistandolo gli avevo chiesto che cosa facessero gli intellettuali neri per combattere l'apartheid. Dopo una pausa di silenzio, aveva risposto "Io faccio i funerali", e in quella battuta amara mi aveva detto tante cose, il lutto e la disperazione di una lotta durissima, il ruolo di cantore del poeta, la realtà culturale e politica dei funerali accompagnati dalle vibranti parole del poeta, testimone e cantore che non taceva mai. Invitato in Italia, a Milano prima, poi in molte altre città, aveva sempre saputo riscaldare gli animi del pubblico giovane. L'ho rivisto spesso, dopo la fine dell'apartheid, andandolo a trovare nella sua casa situata negli antichi ghetti di Johannesburg, e mi faceva leggere le sue ultime poesie. Ora che se n'è andato, rimane di lui un'orma grande nella storia della cultura sudafricana, e permane, nel nostro orecchio, la voce di un uomo che con forza, con coraggio e con eleganza aveva saputo combattere la violenza con le armi della poesia.

Itala Vivan

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Anno 3, Numero 15
March 2007

 

 

 

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