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Quando decisi di disfarmi del mio rottame le infermiere mi rinfrescavano, puntavano la mia stilografica al bersaglio e sette ditte produttrici di cuori erano pronte a pesarmi in oro purché scegliessi la loro. Sapevo come sarebbe stata grande e pesante la valigia [con dentro il mio cuore. Impossibile contenere dolori, sogni, beffe? Non avevo forze per sollevarla: mi muovevo in carrozzina da un lato il motore, dall’altro il mio cuore. Non lo tengono forse così appresso in campagna elettorale il loro cuore i Senatori? Non lo trascinano forse così nei concerti il loro cuore i Rockettari? E i Prigionieri su-e-giù per gli ascensori con la loro pesante valigia come la palla tra i piedi? Così tutti finalmente possono vedere un cuore. Così tutti finalmente possono baciare un cuore. Così tutti finalmente possono imparare un cuore. E poi, non è che ho fatto della morte ancora uno [spettacolo, da tifo? Per una volta ha superato la morte africana superato la sedia elettrica questa mia morte in apparenza semplice la morte dimenticata numerica routinaria di ospedali [geometrici verdi calcolati al centesimo… perché anche i cuori meccanici sanno morire, miei cari.
*Il 61-enne dentista americano che visse per 112 giorni con un cuore artificiale.
E noi che volevamo fare
al Maestro maestosa la sua ultima
cerimonia ma ecco che iniziò
un piovasco che
decimò i nostri ranghi da discepolo
mentre saltavamo tombe oblique
rinculando verso le macchine sbattendo
le brache sporche di fango –
appiccicoso di morti servili
grattando le suole alle lapidi
per pulire le caccole delle pecore
liberate a pascere quell’erba
nutriente di chiappe marcite
mentre un hodja improvvisato
stava in caccia di cerimonie mistiche.
Non si seppe mai come fecero
i becchini a calare la bara
così folte erano le corde di pioggia
ma dicono la pioggia d’estate sia come
il correre dell’asino e così dimenticammo
già tutto infilati nei nostri
contemporanei pigiami.
Mia nonna Neshirè
figlia di Ibrahim Abdullah
che da vent’anni vive con la pensione
del marito morto
e con pezzi di proprietà d’inizio secolo
svendute per due lire,
ché lei è stata tutta la vita casalinga,
a quel punto, di certo, ha imparato
come si chiamava l’ombelico commerciale del mondo
mentre guardava in TV il finimondo
tra spirali di fumo della trentanovesima o
quarantesima strada (pardon, sigaretta), Allah diceva,
aiuta quegli sventurati… .