Nota biografica | Versione lettura |
Dalla soglia onirica
contemplo la magia antica
l’alchimia della mutazione
di perle brillanti
in sale.
Sale sul ventre
sale sulle cosce
sale sulle spalle
stille leggere
eclissi di luna ferme sulla fronte
e altre ancora sfuggenti tra le dita
in cerca della calle della vita.
Tesa
distesa
amata
rilassata
riprendo il mio corpo
conducente degli elementi primordiali.
Pelle ambrata tesa
distesa sulla roccia
senza intermediari
natura contro natura
come sui patinati calendari
spoglia
mentre il mare gorgoglia
l’antico poema d’argento vivo.
Con la goccia che scivola sul ventre scrivo:
estate.
Nei cortili della mia Agram(1) amata
s’affacciano le finestre insignificanti delle cucine odoranti di frittelle
come quelle delle stanze snelle delle domestiche zitelle
negli stessi insignificanti palazzi della periferia dimenticata
di una Pest, di Vienna, di Praga.
Forse anche di Alma-Ata.
Giallastri edifici a tanti piani con porte d’uscio cadenti
che odorano di piscio di uomini e di cani.
“Da noi”, come “da loro”.
Mentre i nuovi ricchi di un’Europa fortezza,
gaudenti,
si chiudono con le porte di sicurezza
blindata.
Parola derivante dal remoto eco di radice sassone
dove blind sta per cieco.
Queste sono, ecco,
alcune ragioni minime perché io mi sento europea.
(1) Nome latino di Zagabria