Nota biografica | Versione lettura |
Morbido silenzio, soffice
come una preghiera del sonno.
Il buio che adora fruscii e parole:
il buio, affannato dal mio respiro,
può solo accarezzare la
nausea di questa vita.
Nel giorno,
sputo della notte,
fiori freddi
come steli di pioggia.
Un’orma di luce
imbavaglia lo spazio.
I: IN CASA, DI SERA
Dalla finestra aperta
mi prende ancora
a ditate nel cervello
questo calore in maniche di luna,
che mi costringe sempre
a sentirmi male.
Tanto male:
un concerto di cicale
il silenzio
che si sgretola nel muro.
II: FUORI, DI NOTTE
Ma penso ai ricordi:
lo so che migrano
suscitando lo spazio.
Anche esterno.
Così almeno posso uscire.
Infatti eccomi:
vado a camminare.
E passeggiando zoppo
fra lune di tempo,
trovo un angolo d’ombra
come uno spiraglio di stanchezza.
Il sonno batte nel cervello
come un altro cuore doloroso:
e alla fine
mi riporta il silenzio
che,
riflesso dai torsi lucidi delle finestre,
sembra una fessura acuminata.
La attraverso ferendomi tanto
e, insanguinato di graffi,
(graffiato di sangue)
emergo nuovamente
ai vetri di un ricordo.
Mi affaccio.
Se guardo davvero a lungo,
poi riconoscerò nell’aria del mattino
(le campane, non per me,
sono l’alba
popolata di prime ore)
i detriti del mio semplice destino.
A quest’ora
ogni paese
è un fagotto
di stelle e di buio.
Ma lo è pure
questo cielo vagabondo
(guscio d’aria e di respiri)
che stringe in un solo mondo
città, mari e tempeste.
Ma lo è pure
questa via
(intirizzita di pioggia)
col suo buio
incatenato ai lampioni
e un po’ di stelle
che sussurrano al mio palazzo
la ninna nanna:
Vedo tante finestre
chiuse fra perimetri di sonno.
A quest’ora
ogni uomo
è un fagotto
di buio e di stelle.