El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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il fascino della letteratura come strumento di conoscenza transculturale e il suo ruolo di "interprete briccone"

marcella cavagnera

"Raccontare è un nobile compito, da adempiere con onore...
ma il narratore è anche un artista.
Allora, quando il quotidiano è arido e senza fremiti,
egli mischia ai racconti una dose di fiaba e di magia. Malika Mokeddem"

La letteratura e in particolare le letterature, cosiddette Sud del Mondo, hanno sempre costituito e tutt’ora costituiscono per me, una fonte insostituibile e inesauribile di conoscenza transculturale e un affascinante strumento di lavoro soprattutto in situazioni multilingue e multiculturali, caratterizzate dalla presenza forte di cittadini stranieri immigrati. La loro presenza ha fortunatamente e finalmente moltiplicato, la possibilità di trovare tradotte, anche in italiano, le letterature di tutti i paesi cosiddetti del Sud del mondo, specialmente le letterature nord africane e dell’africa sub-sahariana.
Inoltre, dopo un periodo di normale "silenzio dei poliglotti" dei cittadini stranieri immigrati, come ben lo definisce Julia Kristeva, una condizione di "silenzio" dovuto allo spaesamento, alle sonorità di una lingua non loro, alla mancanza di quel ponte indispensabile per il mantenimento e la continuità di almeno una parte della loro identità’ individuale e corale, essi ora "ci" parlano e "ci" scrivono e traducono se stessi attraverso la letteratura.
Sono sempre più numerose infatti, le scritture definite "letteratura dell’emigrazione", che si sono trasformate da testimonianze dell’esperienza migratoria (scritture a volte dettate in italiano e risistemate da un mediatore/scrittore italiano ) in vere e proprie opere letterarie scritte direttamente in italiano e non necessariamente legate all’esperienza migratoria.
A questo proposito però va sottolineato con forza che la lettura e l’utilizzo di questo prezioso "strumento" non dovrà limitarsi a suggerire spunti interessanti per raccogliere dati ai fini di un’indagine a carattere antropologico su ogni singolo paese, bensì offrire un ulteriore affascinante strumento di conoscenza che a partire dal se stessi-noi, permetterà di intraprendere un viaggio attraverso un mondo ricco e complesso, spesso poco conosciuto, con la disponibilità a tornare, alla fine , anche un po' cambiati .
Attraverso narrazioni individuali o corali, natura, musica, danza, riti, gesti e parole, sogni speranze e sofferenze, e tutti gli altri aspetti che caratterizzano la civiltà materiale e la cultura di questi paesi, potranno diventare parte di noi. Riteniamo infatti che, aldilà dell‘insostituibile e inconfutabile piacere della lettura, la specificità e la grande forza suggestiva della letteratura consista anche in questo: nella sua capacità di stabilire tra narratore e lettore un rapporto davvero speciale di complicità affettiva, ancor più vero nel caso di queste letterature, rapporto tanto più prezioso in quanto in grado di farci sentire "familiare" ciò che prima era "straniero".
E’ dunque possibile considerare la letteratura come "terzo", attribuendole il ruolo di mediatore linguistico e culturale è la risposta a questa domamda e lo spunto a questa riflessione mi sono stati fortemente suggeriti dalla ripetuta lettura del capolavoro di Hampatè Ba,L'ètrange destin de Wangrin ou Les Roueries d'un interpète africain, con il suggestivo titolo nella versione italiana de L'interprete Briccone. infatti, il protagonista svolge un ruolo fondamentale e rivoluzionario del concetto di interprete,in questo caso tra la sua gente e i colonizzatori francesi,poichè Wangrin comprende in fretta e con intuizioni brillanti e briccone,appunto, quanto il tradurre una lingua significhi tradurre una cultura. Ed è proprio la lettura approfondita di questo testo che mi ha ancor più convinta della possibilità di attribuire alla letteratura il ruolo di mediatore linguistico-culturale e di interprete briccone.
Il testo letterario assumerà così il necessario ruolo di terzo, di interprete solo apparentemente silenzioso, di preziosa guida al viaggio in una cultura "altra" .
Potremo scoprire le molteplici differenze rispetto alla nostra cultura, ma anche essere sorpresi da ciò che invece ci assomiglia; altre volte la letteratura si farà "ponte", Kantara , traghettatore di memorie che all'improvviso si affacceranno alla nostra mente a ricordarci che quando parliamo di identità noi parliamo sempre dello stretto legame che esiste tra lingua e cultura. E' necessario infatti tenere presente che, quando si "media" o si "traduce" da una lingua all'altra, non si "traghetta" solo una parola ma un intero patrimonio culturale .
E proprio da un amatissimo, discusso, e mille volte interpretato testo letterario,iniziamo questo viaggio e prendiamo spunto per riflettere in modo "altro" sulla grande capacità che ha la letteratura di gettare ponti sempre nuovi, agili da attraversare, a volte nascosti per i più pigri e distratti, evidenti e stimolanti per i più attenti e curiosi, comunque sempre in grado di tradurre interi patrimoni culturali e di fornirci chiavi di lettura sorpendenti.
"Alf laila wa laila": Dunyazàd, sorella di Shehrazàd, ovvero un'interprete e una mediatrice davvero speciale.
Mi piace pensare che la figura del mediatore culturale sia antichissima e che un ruolo fondamentale per scoprirlo, ce l’abbia anche la famosissima raccolta de Le mille e una notte .
Una volta, a un convegno a Milano organizzato sul tema dell'importanza della mediazione linguistico- culturale alla luce del rapido evolversi della nostra società, un relatore egiziano, cominciò il suo interessante intervento raccontandoci la storia di Shehrazàd.
Ma la cosa sorprendente fu la sua capacità di mettere in luce alcuni particolari della storia spesso passati inosservati, trasformati e tradotti dalle infinite versioni, traduzioni, trascrizioni, interpretazioni, appunto, de Le mille e una notte. A me questa sua lettura della storia, è particolarmente piaciuta e mi ha a lungo accompagnata nelle mie riflessioni sul ruolo chiave della mediazione e della letteratura in situazioni di conflitto culturale e nella ricerca di soluzioni di pace individuali e corali.
"C’era una volta e c’era davvero".....un Sultano di nome Shahriyàr, molto amato dal suo popolo.Egli si era appena sposato ed era molto innamorato della sua sposa che lo aveva reso ancora più mite e giusto verso i suoi sudditi che già lo amavano molto per la sua saggezza. Pochi giorni dopo le nozze purtroppo il Sultano aveva dovuto intraprendere un lungo viaggio per incrementare i suoi affari di stato. E purtroppo era venuto a sapere che la sua adorata moglie lo tradiva ogni sera. Quando Shahriyàr, pazzo di gelosia e di dolore, fu giunto a palazzo fece tagliare la testa alla moglie, alle schiave e agli schiavi e prese una decisione terribile per trovare un rimedio all’infedeltà ed essere certo che mai più nessuna donna gli avrebbe inflitto una tale onta. Prese l'abitudine di farsi portare ogni giorno una nuova moglie,con la quale passava una sola notte e poi al mattino le faceva tagliare la testa.
E la cosa andò avanti per ben tre anni fra il dolore e lo spavento degli abitanti, così che alla fine tutti i padri di famiglia che avevano delle fanciulle vergini in età da marito e presentabili al Sultano, fuggirono dalla città, dove non rimase più una ragazza buona per il reale amatore.
Una sera il sultano ordinò al visir, come al solito, di portargli una nuova fanciulla. Il visir uscì in giro per la città, ma non riuscì a trovare nemmeno una vergine da portare in moglie al Sultano. Tutto triste e avvilito, tornò a casa temendo l'ira del sovrano. Ora bisogna sapere che questo visir aveva due figlie bellissime che si chiamavano la maggiore Shahrazàd e la minore Dunyazàd. Shahrazàd era anche molto istruita, aveva letto parecchi libri e conosceva una quantità di storie e leggende relative alle età passate, ai re antichi e ai poeti. Sapeva parlare molto bene ed era un piacere starla ad ascoltare. Alla vista del padre ella disse: " Perché, padre mio, ti vedo chino in tal modo sotto il fardello delle pene e delle afflizioni. Sappi, o padre, che il poeta dice: < 0 tu che ti affliggi consolati! Niente dura: ogni gioia svanisce, ogni dolore si dimentica! > ". Quando il visir udì queste parole, le raccontò dal principio alla fine come stavano le cose. Allora Shahrazàd gli disse: " Per Allah, padre mio, sposami con questo re, perché o io vivrò o io servirò da riscatto per le figlie dei musulmani e le libererò dalle mani di costui! " Allora il padre le disse: " Che Allah ti protegga! Non sia mai detto che io ti esponga a un pericolo simile! " E lei rispose: " Bisogna farlo assolutamente! " Allora il padre diede alla figlia tutto ciò che le occorreva e si recò a corte, ad avvertire Shahriyàr. Intanto Shahrazàd aveva chiamato la sorella Dunyazàd e le aveva detto: " Quando sarò dal Sultano, ti manderò a chiamare e tu verrai e mi chiederai di raccontarti una storia meravigliosa. E allora io ti racconterò delle storie che, se Allah vuole, serviranno a liberare da questo giogo le figlie dei musulmani! La mia storia sarà molto lunga e quando spunterà l’alba e tu dovrai andartene, mi supplicherai di finire la storia la sera successiva....e cosi, di seguito." Dunyazed promise e cosi si accordarono.
In quel mentre tornò il visir, che prese Shahrazàd e la condusse dal re, il quale, vedendola, fu molto sorpreso del sacrificio che il suo Visir era disposto concedendogli la figlia adorata , soddisfatto accettò e ordinò che si preparassero nozze speciali e sontuose.
Quando il sultano e Shahrazàd si ritirarono nelle stanze nuziali, la principessa così parlò: " 0 mio sultano misericordioso, ho una sorellina alla quale vorrei dire addio e alla quale ho sempre raccontato una storia prima che si addormentasse! "
Allora Shahriyàr ordinò che venisse condotta Dunyazàd, e quando costei arrivò si mise a sedere in fondo al letto e si nascose dietro a una tenda che avvolgeva il letto: La sorella più piccola disse: " Per Allah, sorella mia, raccontami una storia che ci faccia passare lietamente la nottata e che mi aiuti a dormire prima di dirti addio! " E Shahrazàd cominciò a raccontare... .fino all’alba, e proprio quando la storia era arrivata a un punto cruciale la Principessa s’interrompeva e congedava la sorella: come d’accordo, la richiesta di proseguire fino alla fine della storia veniva formulata e il permesso concesso dal Sultano che era ormai piu’ curioso di Dunyazàd di conoscere il resto della storia. E così notte dopo notte: ormai la principessa era salva; il Sultano sempre più innamorato e ammirato dal coraggio e dalla bravura di Shahrazad.
Ma un dubbio tormentava la mente e il cuore del Sultano :"Come fare dunque per salvare Shahrazad, di cui ormai sono già perdutamente innamorato, senza perdere la mia terribile fama e la faccia davanti al mio popolo e senza il timore di essere ancora tradito da una donna."
Infatti nessuno avrebbe dovuto sapere che il Sultano era nascosto ad ascoltare, né tanto meno il Sultano avrebbe potuto accettare di ascoltare direttamente una storia, accogliendo la richiesta per giunta, di una donna .La soluzione era là sotto i suoi occhi : bisognava accettare la complicità che abilmente la sua principessa gli aveva offerto,la presenza di sua sorella Dunyazad che si trasformava in Mediatrice culturale e interprete dei sentimenti e delle emozioni di sua sorella e del Sultano.
Se egli avesse semplicemente accolto la richiesta della principessa, senza nascondersi, all’alba avrebbe dovuto ucciderla. E non avrebbe mai saputo quale meravigliosa compagna avrebbe perduto.
E così la notte dopo Shehrazàd racconterà il seguito della meravigliosa storia, e ancora la notte successiva, e quella dopo ancora, fino a quando, "tempo verrà" in cui sarà il Sultano stesso a chiedere il seguito della storia alla Principessa, per arrivare alle famose Mille e una notte.
Senza perdere il potere, né la sua compagna, ma essendosi invece liberato del fardello che lo obbligava a essere crudele e temibile, per continuare ad avere il rispetto dei sudditi, e avendo ricostruito grazie alle parole di Shehrazàd, il mondo dei sentimenti che aveva perduto ...
La suggestiva teoria dell’amico egiziano consisteva dunque nel dare un ruolo centrale alla piccola Dunyazàd: essa amava tanto ascoltare la magia delle storie della sorella Sherazade, ma soprattutto amava la sorella e voleva salvarla e aveva compreso quanto fondamentale fosse il suo ruolo di "souffleur", direbbe un francese, di intermediaria preziosa, di "wassita", "mediatrice culturale".
Ancor più suggestiva è la riflessione sul doppio ruolo di Dunyazàd come mediatrice. Infatti, a chi narrava davvero le storie Shehrazàd.
La Principessa, colta, istruita, amante dei libri, fine osservatrice del cuore degli uomini, non voleva salvare solo se stessa e alleviare il suo popolo dalle atroci sofferenze che Shahriyàr gli infliggeva, è al cuore del Sultano che desiderava narrare le storie, permettendogli la pacificazione interiore, il perdono la comprensione degli accadimenti e la loro ricomposizione.
La conclusione di questa storia-metafora non può che indurci a operare conseguentemente, come già fanno alcuni esperti e alcune organizzazioni più attente e sensibili al delicato ruolo della MLC , e a riflettere sull’importanza della mediazione linguistico culturale all’interno delle nostre società piene di rigidi codici che a volte impediscono di comunicare "davvero"; che limitano e mortificano la nostra vita attraverso la prigione degli stereotipi e dei pregiudizi e quella di molti cittadini stranieri immigrati; rigidi codici che privano noi tutti della ricchezza dello scambio, del "riempirsi-rimescolando", che le tante culture ormai presenti nelle nostre società possono offrirci.
Averne solo paura, ridurle al silenzio o renderle mutaciche, sarebbe un impoverimento per tutti.
"(...) si dice che l’uomo trova sollievo dall’angoscia solo in una di queste tre cose: vedere ciò che non ha mai visto, udire quanto non ha mai udito, ovvero posare il piede su un paese mai calpestato...(.)" da Le Mille e una Notte

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Anno 2, Numero 9
September 2005

 

 

 

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