El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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da "studio per una antigone irachena"

rudi bonfiglioli - veronica ravaglia

Liceo Copernico

Insegnante Maria Luisa Vezzali.

1° Coro delle Donne

Non è la prima volta che sopportiamo il destino.
E’ già successo nel 1979 quando Creonte ha preso il potere
Appena tredici anni dopo le stragi di Baath
La nostra repubblica nata sul sangue
Il re trascinato per le strade di Bagdad.
Ci è già successo tante volte
Di trovarci sul cammino di altri popoli che hanno fatto la storia:
Ottomani, Mongoli, Arabi, Romani…
Il cavallo bianco di Alessandro arrivò nel IV secolo,
ancora prima la bufera persiana
e più lontano, nel 2150, l’invasione gutea, l’orda degli assassini,
i “draghi della montagna”.
Ci è già successo di assistere al crollo delle alte mura di Ur,
città bianca, sorriso degli dei,
raggi di luce riflettevano contro le tue pareti lunari,
ricordi di una pace sognata, scomparsa, seppellita.
Tu bianca. Loro neri, nemici.
Sangue vicino ti ha sconsacrata
Grida lontane ti hanno uccisa.
Non è da noi evitare il dolore, la sofferenza
ci è sempre stata vicina.
Abbiamo smesso da tempo di fare domande.
Per questo ci basta rimanere qui,
raccolte sotto l’ombra sicura della veste di Allah:
quando cade una sua parola, la raccogliamo e la maciniamo con il pane:
e non abbiamo più fame;
quando cade una goccia di buio, la nostra anima beve:
e non abbiamo più sete.
Il suo sorriso ci illumina le menti, rischiara gli animi, ci rafforza.
Il suo pugno stretto ci annienta.
I padri pensano di colpirci, i mariti
pensano di terrorizzarci, i nemici pensano di sconfiggerci,
le organizzazioni internazionali pensano di affamarci,
ma loro non fanno niente.
E’ Allah che ci sveglia e ci addormenta.
Oh, altero dio dei mondi,
tu che punisci i malvagi, grande giudice,
tu sai che non siamo in torto,
raccogli i nostri fiumi di parole,
non lasciarli seccare,
proteggici.

2° Coro delle Donne

Abbiamo udito i suoni più terribili,
la loro cadenza, un ritornello lugubre, inesorabile è la nota finale.
Questa canzone ci rimbomba nelle orecchie
e ci ha eretto un muro
come la tela di un ragno
che impedisce alla preda di procurarsi il cibo. Così le nostre orecchie sono a digiuno
della voce di Allah.

Specchi i nostri occhi.
Riflettono gli eventi senza dare spiegazioni. La luce liquida della luna diventa tagliente quando è misericordiosa si oscura
donandoci il buio.

Avvolte nel buio, quante volte
abbiamo temuto che arrivasse la luce?
Le ore scorrono e a un certo punto
come un dono divino
le meraviglie dell'ingegno umano portano il silenzio. Intervallo sperato, inestimabile, terribile.
Perché il silenzio porta riflessione,
ci costringe a conoscere quello che nessuno scienziato vorrebbe sapere.

A noi donne viene detto di lasciar perdere.
Ma cosa dovremmo fare di fronte a tutto questo? Cantare?
La cetra è rotta, non abbiamo più niente da dire,
solo esperienze da sopportare.
Le grida provengono invece da quelle mura
dove sventola la bandiera con le stelle e le strisce bianche e rosse. Noi le stelle non le vediamo più nemmeno in cielo.
Solo rosse sono le strisce che conosciamo.
Basta ora con la cronaca della nostra battaglia scontata.
Sta per iniziarne un'altra, più strana:
quella tra la creatura
e il suo Dio.

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Anno 2, Numero 9
September 2005

 

 

 

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