Nota biografica | Versione lettura |
Gli scrittori anglo-indiani sono ormai parte costitutiva essenziale della letteratura inglese contemporanea. Se la definizione "indiani" è scorretta nel comprendere collettivamente India, Pakistan e Bangladesh, tragicamente separati nella seconda metà dello scorso secolo, essa però inquadra una presenza meticcia nel territorio metropolitano dell'ex-impero che ha saputo dare un contributo sempre più ampio e profondo, pienamente autocosciente nella memoria e nella critica (autocritica, pure), al presentarsi e all'analisi del rapporto dialettico tra identità e integrazione. Il risultato è quello di un'analisi impietosa di una convivenza necessaria, ma non armonica, sovente conflittuale, la cui esplorazione è indispensabile per tentare di trasformare il vivere accanto in un comune destino. La scrittura di questi autori si è poi rivelata talmente padrona della lingua da fornire testi di alto valore letterario e di affascinante lettura.
Hanif Kureishi, figlio di un pakistano e di un'inglese, nato in Inghilterra, è divenuto famoso per la sceneggiatura di un piccolo capolavoro, My beautifull Laundrette, realistico ritratto di un conflitto etnico e generazionale. Ha proseguito dividendosi tra lavoro letterario e cinematografico. Il suo ultimo libro, "Il mio orecchio sul suo cuore", è uscito nelle librerie italiane lo scorso novembre.
Il racconto inizia con una cartelletta verde che spunta sotto una pila di fogli sul pavimento dell'ufficio di Hanif. E' il romanzo, Un'adolescenza indiana scritto dal padre, ultimo di una serie che questi non era mai riuscito a fare accettare da un editore. E' il punto di partenza di un testo che indaga la figura paterna, percorre la storia della famiglia, ma soprattutto esplora il rapporto dell'autore con il genitore, complesso, tenero, in parte irrisolto e diventa riflessione su di sé, sulle proprie scelte e sulle proprie contraddizioni.
Shani Kureishi, il padre, ha scelto di lasciare il Pakistan più o meno al tempo della nascita del nuovo stato musulmano sorto dalla sanguinosa separazione dall'India. A Londra diviene impiegato all'Ambasciata pakistana ed è alla ricerca di un'integrazione impossibile, segnato da una "non-appartenenza", inconsciamente forse voluta, comunque sottolineata da un contesto sociale che la richiama continuamente. Una "non-appartenza" che passa, in forme diverse, al figlio che la supera, in parte, con il conquistarsi fama di artista, ponendolo in un'area protetta della società, ma anche, e meglio, analizzandola nel suo lavoro di scrittura. "Il mio orecchio sul suo cuore" non è la ricostruzione di una biografia, bensì la lucida descrizione di un rapporto che ha bisogno di darsi una memoria, di ricostruire momenti e cause. Il testo è coerente non per lo svilupparsi lineare di una trama ma per il fluido esprimersi di un pensiero che, scavando nel ricordo, cerca di rispondere a domande che, per intero, non avranno mai una risposta. E il tutto è dentro il normale esistere che è fatto di storie e di personaggi (come lo zio Omar, persona di successo in patria anche come scrittore, contraltare al padre) che, trasposti su una pagina, con ironia e malinconica partecipazione, attraggono, a ragione, il lettore.
In un universo attiguo, e nello stesso tempo assai lontano, si colloca Mappe per amanti smarriti . L'autore, Nadeem Aslaan, è nato nel 1966 in Pakistan e si è trasferito nel 1980 in Inghilterra. Dopo il successo del suo primo romanzo, ha ottenuto una borsa che gli ha consentito di lavorare per 12 anni alla sua seconda opera ( Mappe per amanti smarriti appunto, dato alle stampe nel 2004).
Il quartiere di una città indefinita ha preso nome di Dasht-e-Tanhaai (Deserto della Solitudine): è una cittadella praticamente rinchiusa dentro i propri confini, dove vive la comunità pakistana (ricchi esclusi). A difesa di una discutibile identità religiosa, essa riproduce tutte le contraddizioni della società di origine. La narrazione inizia subito dopo che Jugnu e Chandra, amanti e conviventi in spregio a tutte le regole della "Società" che li circonda, sono scomparsi, probabilmente uccisi. E' un racconto corale di quanto avviene nell'anno successivo, dall'inverno all'autunno, ai componenti la famiglia di Jugnu e agli altri che li circondano. Personaggi cardine sono il fratello Shamas e sua moglie Keukab. Il primo, pienamente conscio degli eventi che accadono attorno a lui, è incapace di dare avvio alla rivolta, pur avendone tutte le ragioni: lo scontento, il tormento, l'individualismo, il non conformismo. Finisce anche per lasciare incompiuto il suo ultimo amore.
Keukab, la madre, è dolce perché ha il gusto del colore, delle vesti, della cucine, delle spezie, dei profumi, goduti negli spazi domestici, unici veri momenti di armonia. Ma è dura, Keukab, perchè il suo amore smisurato per la famiglia è possibile solo dentro il rigido rispetto delle regole religiose, nel loro aspetto più opprimente che è un ordine fatto di paura e di fobie. E infine è violenta, anche se solo indirettamente, perché accetta e giustifica le violenze, che quasi sempre hanno come vittime le donne. Incapace di mediare le sue concezioni con quelle dei figli, dettate anche dalla voglia di nuovo e di diverse libertà, finisce per dissolvere proprio quella famiglia che è la sua ragione di vita.
Mappe per amanti smarriti contiene, nella prima parte, momenti di straordinaria magia, soprattutto per il lettore d'occidente, con le minuziose descrizioni di colori, sapori e profumi (e le falene, e i parrocchetti...). Via via, però, che il romanzo sviluppa la sua trama, prende il sopravvento la tragedia, la tragedia concreta della violenza fisica che non ha ragione, ma ancor più quella dell'ottusità che non dà spazio ai sentimenti. Non riassumiamo qui le complesse vicende che lasciamo al lettore di seguire lungo sentieri che i personaggi del libro percorrono dentro mappe che, pur dello stesso luogo, non coincidono mai (le mappe del titolo, appunto). Il desiderio che rimane è quello di discutere con l'autore, per cui, pare, solo il dolore è il riscatto dell'incapacità di comprendere e seguire i reali sentimenti, propri e altrui, in una difesa identitaria che si basa sulla chiusura, sul fanatismo. Opera affascinante e ardua, Mappe per amanti smarriti è anche una lettura utile per cercare di capire se siamo in grado di affrontare i problemi e le lacerazioni di convivenze necessarie, ma non facili, non risolvibili con slogan e astratte solidarietà perché implicano il fango della quotidianità.