La scuola media “Dario Pagano” di Torre Angela è collocata in una zona a forte processo immigratorio: gli alunni stranieri, nomadi, con una preparazione di base fortemente differenziata e disomogenea, necessitano di accoglienza adeguata per integrarsi con successo. Da anni la scuola realizza progetti di alfabetizzazione primaria, affiancando alle lezioni di italiano altre attività volte a favorisce l’inserimento dei ragazzi. In particolare nell’anno scolastico 2003-2004 il corso di alfabetizzazione linguistica si è trasformato in un laboratorio teatrale. Come è andata?
Al termine della prima lezione del corso di alfabetizzazione rivolto alla classe di secondo livello, ossia quella formata da ragazzi che parlano già un minimo di italiano, alcuni alunni si intrattengono con l’insegnante, per avanzare una proposta: realizzare nelle ore del corso uno spettacolo teatrale che racconti la loro esperienza.
All’insegnante l’idea sembra molto interessante, anche se complessa logisticamente, e si inizia subito a lavorare.
Si forma un gruppo di lavoro interclasse composto, oltre che dagli alunni stranieri, anche da alunni italiani, selezionati in base ai loro interessi e alle competenze: alcuni curano l’aspetto relazionale e si occupano della raccolta e revisione dei testi scritti dai ragazzi stranieri, mentre altri si dedicano all’aspetto propriamente scenico, ideando scenografie, coreografie e costumi.
Il lavoro, in una prima fase, produce molto materiale “grezzo” nato dai dialoghi tra i ragazzi che sono tutti invitati a lavorare in III A, durante le ore di lettere, divisi in diversi gruppetti. I compagni italiani li intervistano e li aiutano a trascrivere i racconti in un italiano un po’ improbabile, ma realistico; i fatti narrati riguardano diversi aspetti della vita, delle esperienze e delle paure connesse all’accoglienza, ma testimoniano anche la nostalgia per gli amici, i parenti e il proprio Paese lontano.
Insieme pensiamo poi ad una situazione scenica semplice, che faccia riflettere senza essere però drammatica, bensì comica in alcune parti: i ragazzi si trovano tutti in una classe e inizialmente non si conoscono; a poco a poco cominciano ad emergere dai racconti le diverse personalità, finché le tensioni e le paure si sciolgono in una multietnica festa. Inizialmente i ragazzi avevano proposto di raccontare un intero anno di scuola, per seguire in dettaglio l’evolversi delle dinamiche interpersonali: dal primo giorno di scuola alla festa di fine anno. Ma ci si è resi conto che sarebbe stato complesso da scrivere e da realizzare un testo così articolato, dunque si è deciso di mantenere la scena fissa e di ridurre gli atti a due, con la stessa ambientazione: unità di luogo, tempo e azione, nel modo più assoluto.
Il leit motiv è costituito dall’appello: l’insegnante e la tutor fanno l’appello, sbagliano i nomi e attribuiscono agli alunni nomignoli semplici da pronunciare e ricordare. L’idea è venuta ai ragazzi della III A che avevano da poco letto il racconto di una scrittrice africana emigrata in Italia: il suo complicatissimo nome africano veniva continuamente storpiato durante gli appelli e lei stessa aveva proposto allora di essere chiamata con un nome italiano semplice, di due sillabe, tipo “Mara”; ma con il passare del tempo aveva desiderato riacquistare la propria identità perduta e aveva rivendicato il proprio nome africano. L’appello del primo giorno di scuola fotografa un momento delicato: i ragazzi si muovono incerti tra l’identità d’origine e l’identità che si acquisisce nel Paese ospite; la loro vera identità nuova, che sta nella fusione delle due, è tutta da costruire, dunque per il momento mostrano una idendità sospesa. Con molta chiarezza emerge dal testo il loro diverso atteggiamento: alcuni ostentano sicurezza, altri mascherano a stento il timore; durante l’appello si presentano e parlano di sè con slancio o a monosillabi incerti, rispondendo alle domande dei compagni.
Lo spettacolo è un MUSICAL e dunque i rumeni cantano una famosa canzone in lingua romena: “Dragostei”; i ragazzi sudamericani propongono a tutti di cantare e ballare “Bomba”; il ragazzo egiziano patito di hip-hop balla la breack dance; tre ragazze nord-africane ballano la danza del ventre; infine tutti cantano e ballano “L’ombelico del mondo”; vengono inserite anche due poesie scelte dai ragazzi: “In memoria” di Ungaretti e “Ovunque io vada in Occidente” di Gezim Hajdari, poeta albanese.
L’idea di dedicare le ore del corso alla stesura di un testo teatrale con relativa messa in scena si è rivelata vincente da diversi punti di vista:
- i ragazzi si sono appassionati al lavoro ed hanno frequentato il corso con passione.
- Hanno parlato e raccontato molto di se stessi sentendosi ascoltati ed apprezzati, non solo dalle insegnanti, ma anche dai compagni che li aiutavano nella stesura del testo.
- Per alcuni di loro raccontare la propria esperienza non è stato facile, in quanto ciò significava rinnovare un dolore, o provare nostalgia, ma hanno tutti accettato di narrarsi, con slancio e fiducia nelle possibilità comunicative del teatro.
- Le loro proposte in termini di scelte musicali e coreografiche sono state accettate cercando di valorizzare al massimo i talenti e le peculiari esperienze di ognuno.
- Nella messa in scena i ragazzi hanno cercato di superare timidezze e paure rese più forti dal fatto di recitare in una lingua che non conoscevano bene: si sono impegnati molto e hanno raggiunto una dizione chiara e limpida, comprensibile da tutti.
- Il grande successo dello spettacolo, apprezzatissimo dai compagni, ha molto gratificato i ragazzi, accrescendo la loro stima in se stessi.
La curatrice del progetto
Francesca
Vennarucci
prof. Ivana Catarro: Beatrice Feliziani
prof. tutor Giovanna Panna: Ilenia Carlomagno
La bidella Concettina: Massimo Caterina
Conte Frederick Van Swarovski: Federico Policastro
preside Manu: Emanuela Capaldo
Beqiri Giulia: Giulia Beqiri
Bicand Ambrozie: Andrea Bica
Burlocu Tamia: Tamara Burlocu
Chitas Cristian: Cristian Chitas
Cosaru Mihai: Mihai Cosaru
Danci Janut: Marius Danci
Figini Leonardo: Leonardo Figini
Furtuna Daniela: Daniela Furtuna
Gherlimda Crista: Claudia Ivan
He Dong: Dong He
Leparduà Jean: Jonatan Abd El Moehety
Marican Josè: Sandro Montoro
Mesola Alessandro: Valerio Marone
Messi Sara Soumia: Sara Soumia Messi
Messi Billel: Billel Messi
Mocanu Andra: Andra Mocanu
Moufel Dina: Dina Moufel
Santos Chiara: Chiara Santos
Sudong Chen: Chen Sudong
Swarovski Franz Joseph: Simone Tolomeo
Yomal Arias: Giuseppe Gentile
tecnico luci e suono: Simone Angeli
recita Dong He
Un mio amico cinese, che è in Italia da due anni, in una lettera ha scritto:
«Il mio sogno è: voglio andare a Cina. Perché io non piace qui Italia: quando io stava Cina io giocavo insieme con miei amici e compagni, come sono gioia. Ma quando io venuto Italia io sempre sognato andare a Cina, perché quando vato a scuola i ragazzi mi prende in giro, anche i maestri. I primi mesi sono così così e dopo comincia scuola: io comincia odio Italia, perchè i ragazzi prende giro di me, perché io non parlare italiano.
Prima venuti Italia i miei cugini: dicono i Italiani erano bravi, anch’io pensava così, ma quando io andato scuola è tutto cambiato: tutti italiani mi prende giro; io odio italiani, perché tutti erano così cattivi e io non sa perché cugini dicono italiani erano bravi.
Per me i ragazzi prendemi in giro e non fa niente, ma quello più importante: erano anche maestri prende giro, dicono ero stupido.
Io sempre penso torna a Cina, perché a Cina nessuno mi prendi giro e senza studiare italiano. Io anche cammino sul strada penso “voglio torna a Cina, non voglio restare qui”. Ma qualche volta forse sentivo i miei amici stava davanti a me giocando e molto felice, molta gioia. Ma io chiuso gli occhi e apri gli occhi e tutti andati via: non c’è nulla di così, ma soltanto sono una utopia... Il mio sogno è: voglio andare a Cina».
All’amico che ha scritto questa lettera è dedicato lo spettacolo.
Grazie
La PROFBEA entra in classe e non trova nessuno. Per prima cosa sistema le sue cose sulla cattedra e in ritardo arriva Alessandro.
Ale: Ma semo sicuri che questa è ‘a classe mia?
PROFBEA: Come ti chiami?
Ale: Alessandro Mesola
PROFBEA: mmm…(controlla l’elenco)…sì, sei di questa classe e a quanto pare sei l’unico italiano!
Ale: Cheeee? ma che davero?
PROFBEA: Sì, e prima di tutto levati quel cappello per educazione! (guarda i capelli) Forse è meglio che lo lasci. Fammi un favore: vammi a chiamare la bidella.
(esce Alessandro e rientra con Concettina)
Concettina: Che c’è?
PROFBEA: ma dove sono gli altri ragazzi?
Concettina: Ah, ma allora dovevano venì qua quei 4 regazzini che ‘n sapevano do’
annà…’n attimo che je li vado a pijà!
PROFBEA: grazie……(si gira verso il pubblico) iniziamo bene!
(Concettina rientra con Ambrozie, Cristian, Tamia, Janut, Daniela, Andra e Crista).
Concettina: le ho portato i vagabondi!!!!
PROFBEA: la ringrazio ... bene ragazzi sedetevi… ma…non siete tutti!
(I ragazzi si siedono e la PROFBEA comincia a fare l’appello)
PROFBEA: Beqiri Giulia?
Silenzio
PROFBEA: non c’è Beqiri? (ancora silenzio)…ok, andiamo avanti. Bicand Ambrozie…
Ambrozie: presente
PROFBEA: bene…ma…da dove vieni?
Ambrozie: dalla Romania, ma sono così contenta ed emozionata di essere qui, in mezzo a gente nuova! L’Italia mi è sempre piaciuta tantissimo...
PROFBEA: Benissimo! Credo, tra l’altro, che ci siano in classe altri ragazzi romeni...
potrai fare amicizia facilmente. Posso chiamarti Ambra?
Ambrozie: Ambra? Non capisco...
(Bussano alla porta. Entra senza aspettare Mihai, con la faccia rivolta a terra e molto “scanzonato”)
Mihai: E’ la classe mia?
PROFBEA: Buongiorno, eh! Come ti chiami?
Mihai: Mihai, Cosaru.
PROFBEA: Per caso sei romeno anche tu? Siediti vicino alla nostra Ambra....
(Luce solo su Mihai e Andra che parlano...)
Ambrozie: Perché sei arrivato in ritardo?
Mihai: Fatti gli affari tuoi!
Ambrozie: da quale regione della Romania vieni?
Mihai: Sicuramente non dalla stessa tua!
Ambrozie: Ti trovi bene qui?
Mihai: Qui trovo tutto quello che voglio!
Ambrozie: Sono così felice di aver subito trovato un amico romeno!
Mihai: Perché, siamo amici?
Ambrozie: Lo diventeremo
Mihai: Se lo dici tu...!
( Si riaccende la luce sulla classe e la PROFBEA continua a fare l’appello)
PROFBEA: Burlocu Tamia.
Tamia: Presente.
PROFBEA: Anche tu romena vero Tamara?
Tamia: ehm, si... la mia casa sta vicino al castello di Dracula....
PROFBEA: Davvero? Finalmente da te sapremo la vera storia... vuoi raccontarla?
Tamia: Si racconta che tanto tempo fa in un castello c’era una creatura di nome Dracula. Di notte usciva per assaggiare il sangue di diversa gente, ragazze e anche bambini, che attraversavano il bosco dove viveva lui...
JANUT: Seee! Ma che dici?
TAMIA: Come no! Nella notte si sentivano i gridi delle ragazze rubate. Ogni mattina si vedeva uscire dal castello un vampiro che era la ragazza... a mezzanotte Dracula assaggiava il sangue nel suo bicchiere d’oro, ma non sopportava la luce e neppure l’aglio, che gli faceva male: la gente si difendeva con l’aglio...
Andra: Ma che cosa racconti? non è vero niente...
PROFBEA: calma, calma, tu come ti chiami?
Andra: Sono Andra e vengo anch’io dalla Romania: ha raccontato una storia falsa. In realtà “Dracula”, come l’ha chiamato lei, era un “voevod”, era un uomo che conduceva il paese e si chiamava Vlad Tepes. la leggenda è nata perché Tepes castigava i ladri e i turchi: aveva un bastone di 3-4 metri con una punta e con questo ammazzava i traditori e gli invasori. Era crudele e ha castigato troppo.
Crista: Si, è vero, Andra ha ragione. Tamia ha detto questa storia per spaventare di più i compagni, ha voluto fare una storia avventurosa.
Tamia: Ma io quello che ho raccontato l’’ho visto in un film... questa storia piace alla gente qui in Italia, per questo la racconto sempre.
PROFBEA: Va bene, va bene. E’ stata comunque una discussione interessante... continuiamo l’appello. Chitas Cristian?
CRISTIAN: Presente pressorè. Sono pure io rumeno! Siamo tutti rumeni noi che siamo qui...
(Al termine della canzone si apre la porta ed entra la tutor Giovanna con un bel mucchio di altri alunni: tutti tranne Jean e Franz)
PROFGIO: Buongiorno a tutti, miei cari, sono Giovanna Panna la vostra prof!
ALE: Ma noi già ce l’avemo e ciavanza!
PROFGIO: No, io sono inviata appositamente per prendermi cura di voi: sono il vostro TUTOOOORRRR!
Cristian: Ma che è un tuto?
PROFGIO: Non sono stata chiara, voi siete molti e quasi tutti stranieri: multietnici, mi capisci? il TUTOORRR si interessa, vi accoglie....
CRISTA: Non ci credo: qui è tutto diverso da Romania... lì i professori insegnavano le cose...
PROFBEA: Anche noi insegnamo le cose... non è vero collega?
PROFGIO: Collega! Andiamoci piano! Io supervisiono, controllo, verifico... per esempio: ho individuato dei ragazzi che vagavano per l’istituto... Come mai?
PROFBEA: Abbiamo un problema con la bidella... li rimanda sempre indietro.
PROFGIO: Tutto questo cambierà da ora in poi! La puntualità, l’ordine sono cose fondamentali... Cosa stavate facendo?
PROFBEA: Facevo l’appello, sai, anche per conoscerci un po’...
PROFGIO: Bene allora, continua pure mentre io mi siedo qui.
( PROFGIO si siede alla cattedra, buttando di lato le cose di PROFBEA)
PROFBEA: Continuiamo ... Cosaru Mihai?
Mihai: pressore’, m’ha già visto!
PROFBEA: Vedo che hai fatto subito amicizia con la compagna di banco!
Mihai: Quanto rompe sta compagna!
PROFBEA: Ambra, che succede?
Ambrozie: Boh! Che ne so? Forse ho fatto troppe domande!
Mihai: E’ da quando sono arrivato che ha cominciato a fare l’interrogatorio!
Ambrozie: L’ho fatto solo per conoscerlo meglio... ma se gli dà fastidio non chiederò più niente...
PROFBEA: ragazzi, per favore non fate così. Michele cosa mi dici della Romania, ti trovavi meglio lì?
Mihai: Si, mi trovavo bene perché avevo più amici.
Ambrozie: E ti credo! Sei così antipatico che qui non li trovi di sicuro gli amici!
Mihai: Io sono simpatico con chi mi pare!
Ambrozie: Prof. mi cambia di posto, per favore?
PROFGIO: Eh no, non cominciamo già dal primo giorno di scuola a voler cambiare i posti: bisogna cercare di andare tutti d’accordo. Obbedire insomma....
PROFBEA: Danci Janut. Da quale parte della Romania vieni tu?
Janut: Dalla campagna... si dalla Closnapaga, una parte un po’ montuosa...
(Si apre la porta ed entra ballando con visiera e cuffiette Jean)
PROFBEA: Tu chi sei?
(Jonatan continua a ballare e tutti lo guardano e ridono. La PROFBEA si alza e va verso di lui; gli solleva una cuffietta)
PROFBEA: Togliti le cuffie! Come ti chiami?
Jean: oui? che vuoi? chesque tu ve?
PROFBEA: Ma io sono l’insegnante!
Jean: oh, excuse moi, mon ami professoressa... je suis Jean Lepardois!
PROFBEA: ah, Jean! sei francese?
Jean: Oui, je suis Paris!
PROFBEA: Cosa?
Jean: Vengo da Parigi... Moulin rouge
PROFBEA: Siediti che inizia la lezione...
Jean (rivolgendosi a Alessandro). Tu es tres joli, mi piacciono i tuoi capelli.
Alessandro: Ma c’ha detto questo?
Sara: Traduco io che so il francese!
Jean: Ma che traduci: non ho bisogno de la traduzion!
Sara: Ma parli francese o spagnolo?
Jean: Spagnolo? Che cos’è questa lingua? Je suis Francois!
Sara: Francois? Frances, francese...
PROFGIO: Basta adesso, seguite l’appello!
PROFBEA: Figini Leonardo?
LEO: Presente.
PROFBEA: Bene, tu da dove vieni?
LEO: Io vengo da Perù, ma i miei genitori sono spagnoli.
JEAN: Perù, Macciu Picciu! Io conosco benissimo. Tu abla epsagnol?
LEO: Si certo... Ma non sono mai stato a Macciu Picciu. Io stavo a Lima.
JEAN: Me gusta mucho esto muciacio...
YOMAL: Pure io parlo spagnolo, se è per questo: non ci credete?
PROFGIO:Continuo a dire che non c’è sufficiente disciplina: si canta, non so volete pure ballare? Ma che siamo in discoteca? Riprendiamo l’appello. Chi è Furtuna Daniela? Una fanciulla italiana?
DANIELA: No, sono rumena anch’io, sto qui solo da tre mesi, ma mi piace parlare italiano: è simile al rumeno.
PROFGIO: Che ragazza dolce... sicuramente ci intenderemo bene: si vede che sei precisa.
DANIELA: A me piace studiare. In Romania leggevo tanto. Poi sono contenta, perché qui ho tante amiche...
PROFBEA: Bene Daniela, continuiamo l’appello: Gherlimda Crista?
Crista: Presente prof. A me piacerebbe fare molta matematica, come in Romania, che ne facciamo di più e siamo più avanti e facciamo anche degli esperimenti.
PROFGIO: Interessante, che tipo di esperimenti?
CRISTA: Il prof l’anno scorso ci ha fatto costruire delle piccole mongolfiere e poi ci ha spiegato come fare a farle volare: l’abbiamo fatte tutte volare. Era bello.
PROFGIO: Anche qui si faranno molti esperimenti, perché abbiamo i laboratori e molti strumenti... più avanti ve ne parleremo.
PROFBEA: He Dong
DONG: Presente.
PROFBEA: Da quale parte della Cina vieni? Mi capisci? Da quale regione?
DONG: Zhejiang.
PROFBEA: Eh? Forse possiamo servirci della cartina...
CHEN: Prof. è una regione vicino al mare.
PROFBEA: Ah! Anche tu vieni dalla stessa regione?
CHEN: Si, mi chiamo Chen Sudong e vengo dalla città di Wenzhou.
PROFBEA: Beh, per noi è difficile immaginare i posti da cui venite. Volete descriverli?
DONG: Il mio paese non è troppo grande, né troppo piccolo... mi piace tanto. La mattina alle cinque sono già sveglio e vado sulla montagna...
FRANZ: Anche mio padre mi fa fare queste cose in Baviera. Io odio svegliarmi all’alba per passeggiare. Preferisco leggere o dormire.
DONG: E’ bello: io vado con il mio migliore cugino e porto la canna da pesca perché ce sta un lago con tanti pesci. La mattina è un tempo migliore per fare la pesca.
FRANZ: Non me lo dire che è una cosa noiosissima: ore e ore ad aspettare i pesci che non abboccano mai!
DONG: Un giorno ho superato il mio record: dentro 3 ore ho pescato 20 pesci. Sarà più di mio cugino...
FRANZ: Ma tu vivi in una di quelle case con i tetti a pagoda?
CHEN: Che?
FRANZ: Quelle con i tetti strani...
CHEN: Nella città da cui vengo io ci sono i grattacieli.
JANUT: A me interessa molto la calligrafia cinese: una volta avevo provato a copiare da un libro, ma è difficile, sembrano disegni le lettere. Voi come fate?
CHEN: Nelle lingue neolatine si scrive con A, B, C, D, l’alfabeto, invece in cinese ogni idea è un segno. Ci si mette tanto per imparare: i segni sono molti.
PROFGIO: Ma voi di che religione siete?
CHEN: Io sono buddhista.
JANUT: Il buddhismo è una religione indiana, non cinese.
CHEN: No, esiste anche in Cina. si è diffuso da più di duemila anni e viene dall’India. Ci sono tanti dei, è politeista e devi fare le cose bene, salvare i poveri...
FRANZ: Ma Buddha non era solo uno? Che vuol dire più dei? Forse intendi le reincarnazioni di Gotama Buddha...
DONG: Anche la mia famiglia è buddhista, ma io sono cristiano.
PROFBEA: Davvero molto interessante ragazzi, riprenderemo presto questi discorsi e ci piacerà saperne di più. Marican Josè?
JOSé: Presente.
PROFBEA: José sei spagnolo?
JOS: No, sono peruviano, come Leonardo... vengo da Lima. Ci sta mio padre lì ancora.
PROFBEA: Ah, tu sei qui con tua madre?
JOS: Si, ma non c’è problema, io sto bene.
PROFBEA: Bene, arriviamo a Mesola Alessandro, unico italiano!
ALE: Pressore, me piace sta classe, me sto a divertì! So tutti strani, ma io nun so mai stato razzista...
PROFBEA: Ci mancherebbe solo...
ANDREA: Prof. possiamo andare al bagno?
PROFBEA: Certo. Messi Sara Soumia.
SARA: Presente
PROFBEA: Ah, ho sentito che parli il francese, da dove vieni?
SARA: Dall’Algeria, da Algeri proprio e parlo anche l’arabo...
PROFBEA: Eh, l’Africa è un continente bellissimo...
DINA:
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
(Si riaccendono le luci)
DINA: Anch’io vengo dall’Africa, sono egiziana, mi chiamo Dina Moufel.
PROFBEA: quindi avrete sicuramente qualcosa in comune... ditemi, di che religione siete?
DINA: Io sono musulmana...
SARA: Anch’io sono musulmana... ma tu lo fai il ramadan?
DINA: Si
SARA: Come sei fortunata! io non lo posso fare per problemi di salute...
PROFBEA: Raccontateci qualcosa sul ramadan, perché immagino che i compagni non sappiano cosa sia.
DINA: Allora... il Corano dice che si deve fare un mese di digiuno a dicembre...
Alessandro: Ma che sta a dì? Dopo du’ giorni sei morto se nun magni!
DINA: Ma solo dall’alba al tramonto non si può mangiare, di notte si mangia! Prima dei sette anni non si può fare perché i bambini non riuscirebbero a digiunare per tutte quelle ore, infatti io non sono riuscita a farlo subito, ho iniziato a dieci anni e lo facevo solo per metà giornata. La prima volta che l’ho fatto interamente è stato quest’anno.
SARA: Il mio più grande sogno è fare il ramadan...
ALESSANDRO: Il mio più grande sogno è fa ricreazione che m’è venuta fame: quando sona pressorè?
PROFBEA: Alessandro, ho già notato una tua tendenza al comportamento scorretto! Cerca di controllarti. Continua pure Dina.
DINA: Quando ero piccola e vedevo i miei genitori che non mangiavano tutto il giorno e restavano in piedi fino a tarda notte era anche il mio sogno e non vedevo l’ora di poterlo fare. Finalmente ci sono riuscita e sono sicura che per l’anno prossimo sarai guarita e potrai farlo anche tu Sara. Prof. posso andare la bagno per favore?
(Al termine della battuta Dina esce per prepararsi alla danza del ventre)
PROFBEA: Bene, continuiamo: Messi Billel, ma sei il fratello di Sara?
BILLEL: No, non la conosco quella!
SARA: Si prof, purtroppo è mio fratello!
PROFBEA: Che cos’è questa storia, Willy?
BILLEL: Niente, è che è una stupida che dice un sacco di bugie...
PROFGIO: Non accetto questo linguaggio in classe! perché dici queste cose di tua sorella?
SARA: Non ci faccia caso, dice sempre così, ci sono abituata... da quando eravamo all’altra scuola, non so perché ci hanno messo in classe insieme!
PROFGIO: Perché da quale scuola venite?
BILLEL: Veniamo dalla scuola araba di qui, di Roma!
SARA: Veniamo da una scuola di Parigi!
BILLEL: Siamo stati a Parigi solo pochi mesi!
SARA: Alla scuola araba siamo stati tre anni, ma poi quando siamo tornati alla scuola normale ci hanno bocciato!
BILLEL: Hanno bocciato a te, non dia retta!
JEAN: Mon ami, vu siete confusi. me state a fa girà la capoccia. Metteteve d’accordo. Willy, se stavi a Parigi io te vedevo siurment...
BILLEL: Senti, non metterti in mezzo!
JEAN: ma io sono in mezzo! Sto in questa classe e non ho voglia di acuter uno che fa lo sbruffone come te!
BILLEL: Bene, ti devo menare? Guarda che non ci metto niente...
PROFGIO: Ragazzi, che succede? Non tollero questi atteggiamenti provocatori e provocanti. Del tutto inadatti ad una classe. Sedetevi o chiamerò il preside...
(Si spalanca la porta ed entra di nuovo Frederick con la preside Manu)
FREDERICK: E’ davvero un piacere relazionarsi con persone così colte e attente alle esigenze dell’utenza: sono felice di lasciare mio figlio tra le sue braccia preside Manu.
MANU: Caro conte, lei sottovaluta la professionalità di noi manager della scuola pubblica: l’autonomia ci consente di realizzare mille progetti e qui ci sono laboratori all’avanguardia.
FREDERICK: Sono certo che il mio Franz troverà gli stimoli di cui abbisogna... perché sa, la scuola tedesca aveva una ricchissima biblioteca multimediale in almeno quattro lingue, nonché una tecnologia d’avanguardia!
MANU: Ma non avevano il TUTOR! (Si accosta a PROFGIO che sorride felice) Questa è la nostra punta di diamante, il nostro asso nella manica...meglio di una Rizzoli-Larousse-Treccani.
FREDERICK: Ora sono davvero convinto, ma mi vedrete spesso: amo tenere le situazioni sotto controllo.
MANU: (rivolta a PROFBEA a voce bassa) Non se ne può più di ‘sto pallone gonfiato. Non sai quanto ci ho messo a convincerlo che seguire ed.civica era meglio che frequentare il corso di scherma. Scherma, ce mancano solo i spadaccini! Ci vediamo dopo... L’accompagno conte!
GIULIA: Prof, ma a me non m’ha chiamato!
PROFGIO: Come è possibile? C’è un problema con l’appello? Tu come ti chiami?
GIULIA: Giulia Beqiri, vengo dall’Albania. Ma è da tanto che sto in Italia.
PROFGIO: Ecco qui, forse è perché sei entrata dopo. Non va affatto questa tendenza al ritardo...
GIULIA:
Ovunque io vada in Occidente
porto con me il mio volto scavato
nei miei occhi tristi
come in una prigione:
la mia Albania, voci perdute
e tu che ti bagni sotto altre
piogge
Forse in una giornata di pioggia
morirò anch'io, per strada
ucciso dai miei sassi
lanciati contro il vento.
JEAN: Mon ami, qui c’è troppa tristezza ora. Se volete vi racconto la mia storia che è divertente. Insomma mi madre è spagnola e mio padre arabo, egiziano. Io però parlo francese, perché Parigi la amo, anche se ancora non ci sono stato. L’Egitto è bello, ma preferisco vivere a Broadway nel mio futuro, oppure a Hollywood, dove andrò a fare l’attore... sono un cittadino del mondo e capisco tutti, anche se non parlo nessuna lingua.
PROFBEA: Bello davvero, ti auguro di riuscire in tutto. Mocanu Andra?
ANDRA: Eccomi prof. Io vengo da Bucarest.
JANUT: Povera te! Bucarest è la città più brutta della Romania? Magari vieni dal quartiere di Panteliman?
ANDRA: Janut, per chi mi hai preso? Sembra un insulto prof, perché in quel quartiere ci sono giovani che fanno hi-pop, tutti stupidi e anche violenti...
JANUT: Anche la polizia ci va poco in quel quartiere. Ci sono problemi di droga...
CRISTIAN: Ad andare di notte ci vuole un bel coraggio: ti ammazzano in un attimo. Ci sono le squadre di ragazzi che aggrediscono. Anche a scuola sono violenti. Io invece vengo dalla città di SatuMare, un posto davvero tranquillo...
ANDRA: Ma state sempre esagerando! Dove vivo io è molto tranquillo e mia madre mi mandava sempre da sola, invece qui non mi fa uscire perché ha paura.
TAMIA: anche mia madre ha paura a farmi uscire qui, perché dice che non conosciamo ancora la gente ed è pericoloso.
PROFGIO: E’ giusto essere prudenti, questo non è certo un quartierino raccomandabile.
PROFBEA: Continuiamo l’appello ragazzi: Santos Chiara?
CHIARA: Presente!
PROFGIO. Tu da dove vieni Chiara?
CHIARA: Veramente sono nata a Roma, ma i miei genitori sono delle Filippine.
PROFBEA: Fantastico. Ci sei mai stata?
CHIARA: No, ma mi piacerebbe andarci. I miei genitori mi hanno raccontato che è un paese molto caldo, il mare è tutto chiaro e in estate usavano orchidee come materassi...
FRANZ: Ma che vuol dire? Si mettevano a dormire su orchidee giganti?
CHIARA: se è per questo ci sono conchiglie così grandi che ci si fanno le lampade...
PROFBEA: Bene ragazzi, siamo arrivati alla fine: Yomal Arias, parlaci di te.
YOMAL: Mi chiamo Yomal e ho 15 anni. Vi racconto la mia storia.
Da quando sono nato sono finito in un istituto con 180 ragazzi più grandi di me.
C’erano anche delle persone che ci accudivano.
In quell’istituto io ho sofferto moltissimo e ho passato 11 anni di sofferenza, ma avevo anche molti amici che tutt’ora siamo ancora in contatto. Dell’amicizia non mi potevo lamentare.
In questo istituto c’era un sacerdote italiano che cercava delle famiglie per ognuno di noi. Quando sono arrivati i miei attuali genitori ero contentissimo.
E auguro a tutti i bambini abbandonati come me di trovare una famiglia, perché è bello essere accarezzati da una persona che ti vuole veramente bene, e di avere la fortuna di chiamare mamma e papà.