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Shah Nimatullah era un noto maestro Sufi e un poeta che visse in Persia molto tempo fa. Era un sant'uomo i cui insegnamenti avvicinavano gli uomini a Dio. La parola Shah significa "re" e di certo lui era un re tra gli uomini sacri. Tuttavia, aveva un potente nemico nel sovrano di quella terra, Timur lo Zoppo. Timur era un re crudele ed era odiato dalla maggior parte delle persone. Quando capì che Shah Nimatullah aveva un folto numero di seguaci e che alcuni tra i suoi stessi generali e ufficiali di rango superiore erano divenuti suoi discepoli, Timur iniziò a preoccuparsi. Decise così di trovare una buona scusa per liberarsi di Shah Nimatullah.
Non gli ci volle molto a ordire una trama che portasse alla caduta del maestro Sufi: in qualche modo sarebbe riuscito a dimostrare che Shah Nimatullah non era quel sant'uomo che tutti pensavano; Timur lo avrebbe poi mandato a morte per essersi comportato da cattivo musulmano e per aver tratto in inganno la gente.
Timur si recò allora a casa di Shah Nimatullah, per una visita. "Ho sentito parlare così tanto di te che dovevo assolutamente conoscerti di persona", disse l'astuto re. Il maestro Sufi gli diede un gentile benvenuto, come avrebbe fatto con chiunque altro fosse andato a trovarlo. Ma Timur, in modo inconsueto, rifiutò ogni sua offerta di cibo e di bevande: il re invece aveva portato con sé il suo proprio cibo e ordinò pertanto ai suoi servi di imbandire di fronte al maestro Sufi una ricca tavola con pane, tenera carne d'agnello, frutta e datteri. Quindi chiese a Shah Nimatullah di unirsi a lui nel banchetto.
Quando ebbero finito di mangiare, Timur gli pose una domanda: "Mi è stato detto che sei un musulmano così osservante che non mangeresti mai alcun cibo che sia haram o proibito. E' proprio vero?", chiese Timur.
"Solo Dio può giudicare quanto salda sia la fede di ogni musulmano", replicò Shah Nimatullah, "comunque, sì, è proprio vero: non mangio niente che sia haram".
"E allora sei un bugiardo", disse Timur. "L'agnello che hai mangiato era certamente haram". Questo era proprio il momento che Timur aveva atteso da così tanto tempo. Shah Nimatullah gli chiese, con calma, come facesse a formulare una tale accusa. Il re, allora, fece portare il cuoco al loro cospetto e gli ordinò di spiegare al maestro Sufi come si era procurato l'agnello. Il cuoco disse allora che Timur gli aveva comandato di rubare un agnello e di cucinarlo per cena. "Così ho obbedito a Sua Maestà e non sono andato al mercato a comprare la carne. Ho sottratto l'agnello a una povera vecchia".
Questa era la prova, disse Timur, che il Sufi aveva mangiato della carne che non gli apparteneva ed era pertanto haram. Shah Nimatullah gli fece gentilmente notare che anche lui aveva mangiato l'agnello, ma il re malvagio replicò dicendo che lui non era certo considerato un grande maestro Sufi e che non si era mai vantato di non mangiare cibo haram. Al Sufi sarebbe dunque toccata una punizione esemplare, insistette Timur: la pena di morte.
"Aspetta", disse Shah Nimatullah, "accertiamoci che il cuoco abbia proprio detto la verità. Dovremmo interrogare anche la povera donna". Timur acconsentì, non scorgendo nulla di male nella richiesta del Sufi. Grazie alla descrizione che il cuoco aveva fornito sia della vecchia donna che del luogo in cui il furto era avvenuto, i soldati del re riuscirono presto a trovarla.
Portarono la donna nella dimora del Sufi dove anche Timur la stava aspettando. Non appena vide Shah Nimatullah scoppiò in lacrime. "Ahimé!", gridò, "mi dispiace di esser venuta da voi a mani vuote. Sono una vedova e il mio unico figlio, giorni addietro, si era recato in una città lontana, al mercato delle pecore. Mi era stato detto che qualcosa di terribile gli era accaduto ma ieri è tornato, sano e salvo; le notizie della sua disgrazia si sono rivelate un falso allarme e, con l'aiuto di Dio, mio figlio aveva addirittura avuto una buona fortuna al mercato. Così, dal momento che mi sentivo molto felice, avevo deciso di venirvi a trovare questa mattina e mi ero messa in cammino, con un agnellino come dono. Ma un bruto mi ha fermato per la strada e ha rubato il mio agnello".
Shah Nimatullah la confortò, dicendole che Dio aveva voluto che l'agnello lo raggiungesse, in un modo o in un altro. Le spiegò quanto era accaduto, ringraziò la donna per il dono e la benedì. La vecchia vedova se ne andò via e, una volta di più, le sue sofferenze si tramutarono in gioia.
Timur aveva assistito attonito alla scena. Fu costretto ad ammettere che il Sufi era un uomo santo e che non aveva nessuna prova che lui avesse mai mangiato del cibo haram. Timur si era comunque messo in testa l'idea di sbarazzarsi di Shah Nimatullah una volta per tutte. Fece notare che il nome del Sufi era Shah. "Una terra non può avere due re", disse Timur, anche se capiva bene che Shah Nimatullah non era un re nello stesso senso che lui attribuiva al termine. Così Timur ordinò che il Sufi fosse bandito dal suo regno.
Shah Nimatullah non protestò. Radunò le sue poche cose e andò via. Qualche anno più tardi, quando Timur morì, suo figlio, Shah Rukh ascese al trono. Shah Rukh era un re ben diverso da suo padre. Aveva sempre ammirato Shah Nimatullah e quindi lo implorò di ritornare a casa. Quando il maestro Sufi infine ritornò, ci fu gran festa in tutto il regno.
Alcuni detti di Shah Nimatullah
Impegnati più che puoi, amico mio, in memoria di Dio;
se puoi lavorare, ricordaLo nel tuo lavoro.
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Fai un passo al di là di te stesso -
L'intero cammino non dura più a lungo di un passo.
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Se non riesci mai a scoprire il Creatore nella Sua creazione -
Troverai la casa, ma non la porta,
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Non posso dire i segreti [dei misteri di Dio] con carta e penna.
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Non si può trovare una rosa senza spine -
Non si possono raccogliere le rose senza versar sangue.
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Shah Nimatullah (1331- 1431 D.C.)
Shah Nimatullah nacque ad Aleppo e visse la maggior parte della sua lunga vita nel moderno Iran. Fondò l'ordine dei Sufi Nimatullai che, ai giorni d'oggi, continua ad avere un gran numero di adepti.
Shah Nimatullah visse lavorando la terra. Era anche un poeta molto bravo in lingua persiana. Il suo volume più importante, Diwan, è composto da circa 14.000 versi. Alcuni dei suoi libri furono scritti sotto forma di domanda e risposta. Uno di questi libri raccoglie le risposte date ai quesiti posti dal figlio di Timur, Shah Rukh.
Timur (1336 circa - 1405 D.C.) o Tamerlano (Timur lo Zoppo) come era anche chiamato poiché zoppo a una gamba, era discendente del conquistatore mongolo Genghis Khan, oltre ad essere uno tra i sovrani più sanguinari della storia. Le città che si rifiutavano di piegarsi al suo dominio erano soggette a una crudele punizione: Timur ordinava infatti che una buona parte dei cittadini venisse decapitata e che piramidi di teste umane fossero erette nelle piazze. Timur voleva conquistare il mondo e sbaragliò gli eserciti della Mongolia, della Persia, della Turchia, della Russia e dell'India. Si dice che Shah Nimatullah abbia detto all'arrogante Timur: "il tuo impero potrà anche estendersi dalla Cina a Shiraz, ma il mio è un mondo senza fine".
Il racconto, i detti e la nota sono riprodotti dal volume di Debjani Chatterjee intitolato Sufi Stories Around the World, pubblicato da Harper Collins India nel 1993