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in treno

julio monteiro martins

Il treno corre
dentro la valle.
Attraversa una giornata
splendida e duratura.
Al cellulare
mi racconti
dei tuoi piani
per noi due,
ed io ti ascolto
mentre guardo dal finestrino
il paesaggio:
i riflessi sul fiume,
i cipressi,
i casolari distanti.

Buio.
Un colpo.
Una galleria.
La tua voce scompare
dal palmo della mia mano.
Fuori dal vetro
il nero assoluto.
Il nulla.
Guardo dentro la carrozza
per la prima volta.
Sono solo.
Come mai?
Poco fa,
credo di ricordarmi,
c’erano altri.
Quando sono scesi?
Dove sono andati
tutti?

Cerco in fretta
di rifare il numero
ma ormai non c’è campo.
Quando tornerà?

Fuori dal treno
dalle tenebre
viene un rumore
assordante
di ferro che taglia l’aria,
di aria che taglia roccia.
Dentro il mio vagone
le luci balenano
e poi si spengono.

Ora ci sono io
e quel ruggito nel buio.
Dentro il mio corpo
gli organi faticano.

I treni
quando penetrano la montagna
spariscono per sempre.

I treni
quando perdono i freni
non si levano in volo.

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musica

julio monteiro martins

Aspettavo l’inizio di un film
di fronte al cinema sbagliato.
Ero solo,
non c’era nessuna fila,
e s’incupiva la sera.

Ero seduto sullo scalino
accanto alla statua di Puccini,
anche lui seduto,
su una poltrona.
Aveva tra le dita
una sigaretta.
Vorrei fumare anch’io,
ma ho smesso
dieci anni fa.

Un tempo
avevano inaugurato
in una piazza di Rio
un busto di bronzo
di un mio amico.
L’ho visto per caso,
attraversando distratto.
E che spavento!
Era lui
ma con gli occhi vuoti
e una enorme testa marrone
che proprio in quel momento
era imbrattata da un piccione.
Povero amico mio,
povero Pedrosa,
cosa hanno fatto di te
i tuoi ammiratori?

A quel punto avevo già capito
che quello era il cinema sbagliato.
Ma qualcosa mi inchiodava
a quella piazza deserta,
al crepuscolo bruno
che lambiva le trifore.

E all’improvviso,
camminando a ritroso,
lentamente è arrivato
un uomo alto
con i capelli bianchi.
Guardava il cielo, i comignoli,
e sorrideva estatico.

Quando si è accorto di me
ha detto piano:
“È l’usignolo.
Canterà così
per tutta la notte.”

Solo in quel momento ho capito
perché aspettavo ancora
davanti a un portone chiuso,
perché volevo
discutere con Puccini,
perché non mi ero mosso
dal mio scalino.

Era entrata in me
la bellezza.
Un’intossicazione
benigna di musica.
Uno stordimento,
una spossatezza,
un torpore nell’aria.

Nascosto in una feritoia,
o tra le tegole,
il piccolo uccello
domina.
Da bambino
mi raccontavano
la leggenda dell’uirapurú:
uccello minuscolo
dell’Amazzonia.
Quando canta la giungla
fa un silenzio assoluto,
e non ruggisce il giaguaro,
non urlano le scimmie,
non cade nessuna noce
sopra il fogliame.

E scende la notte
sulla piazza.
Scende su Puccini
e su tutta la musica,
scende sui capelli bianchi
dell’uomo bambino,
scende sulla mia pelle,
su tutto quello che ci sta sotto,
scende su un mondo
che ha eletto il metallo,
gli spigoli nascosti nelle tenebre
a suo scenario.
Un mondo senza testo.

Scende la notte,
ma canta ancora
l’uirapurú toscano.

Fai scendere tu allora
il sipario della grande notte.

Dal tuo introvabile anfratto
fai zittire questa giungla.

E fai zittire anche me,
che sono stanco.

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seduto immobile

julio monteiro martins

Seduto immobile
ho visto spegnersi
intorno a me
la mia generazione
come brace dispersa.

Fa buio
nell’angolo del mio cortile.
La notte s’illumina
di altri fuochi.
Ma io non li riconosco.

Sono il poeta
che ha deciso di non mentire.
Il poeta impopolare
a cui poco è rimasto
da dire.
Tre o quattro cose,
tutte cose tristi,
tutte cose vere.

Il vento che soffia nella notte
ad accendere fuochi
è lo stesso che consuma
la brace,
che porta via le ceneri.
In balia del vento
scompaiono le ultime tracce
di ciò che ho vissuto
di ciò che ho amato.

Tutto ciò che deve scomparire
scomparirà in mezzo
al turbinio,
al vociare stridulo,
ai tamburi, ai clacson,
a tutte le campane.

Baciata dal nulla
un’intera generazione
non è mai nata.
Le tenebre non custodiscono
residui di luce.

Baciato anch’io dal nulla,
sempre seduto e immobile,
spengo la mia memoria.
Un soffio e poi
l’oblio profondo
della memoria del mondo.

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Anno 1, Numero 7
March 2005

 

 

 

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