Nota biografica | Versione lettura |
"Tutti parlavano del temporale e della forza divina, mi ricordavo di
tutte le parole del vecchio cieco, che la nostra vita non era che un
sogno e per di più provvisorio. Mi sembrava che il cielo dovesse sputare i
segreti della giornata, che la notte avrebbe trattenuto."(1)
Una suite di cinque racconti inanellati che raccontano l’iniziazione
alla vita di un giovane marocchino in viaggio tra la rete protettiva
dell’infanzia e il vortice di una travagliata adolescenza. È questo il
leitmotiv che guida il primo romanzo di Rachid O., L’enfant ébloui (Paris,
Gallimard, 1995).
Seguendo la voce e i movimenti vivaci e volubili del protagonista il
lettore alza il velo su uno spaccato della vita marocchina degli anni
settanta e ottanta. I motivi topici della fuga da casa nell’infanzia e del
figlio illegittimo della sorella vissuto come una macchia per l’onore
della famiglia si uniscono qui alla straordinaria libertà dell’adolescenza
e alla paradossale sensualità del mese del Ramadan, ricordata con un
certo rimpianto dal narratore adulto. Il più esteso dei cinque racconti,
dapprima pubblicato sulla rivista L’infini da Sollers, è infatti
interamente dedicato agli amori di Rachid, concedendo ampio spazio alla
sessualità - nel caso di Rachid, omosessualità - come acquisizione di un
territorio libero al di fuori della realtà soffocante della famiglia e del
mondo magrebino.
Tuttavia, ciò che segna l’originalità di Rachid O. non è tanto nella
trama del romanzo quanto nella sua narrazione. È infatti inesistente
qualsiasi tipo di filtro o mediazione letteraria. La lingua e lo stile di
Rachid O. sono epurati da ogni ornamento superfluo, alla ricerca della
semplicità e dell’immediatezza del parlato. Le brevi frasi dell’io
narrante sembrano essere sussurrate all’orecchio del lettore, quasi come una
confessione intima, al punto da risultare a tratti infantili. Forse il
fatto che l’autore stesso, in questa prima prova letteraria, abbia
dettato i racconti ad un amico che si è incaricato di metterli per
iscritto, ha influito sul tono confidenziale della narrazione, donandole il
carattere intimo che ne costituisce la maggiore ricchezza. Prima di essere
scritta, la storia di Rachid O. è raccontata. La suite di novelle
acquisisce così il valore di una confidenza privata, personale, appena
sussurrata: lo stesso autore preferisce inscriversi nella schiera dei
conteurs arabes piuttosto che in quella degli scrittori veri e propri.
Oltre alle scelte lessicali e stilistiche anche i temi trattati
nell’opera di Rachid O. sono ricorrenti, quasi un sussurro ripetuto
incessantemente all’orecchio del lettore. Basti pensare ai romanzi successivi,
che ripercorrono, con piccole variazioni sul tema, i temi trattati nei
primi racconti.
Anche in Chocolat chaud, (Paris, Gallimard, 1998) ritorna il passaggio
iniziatico dall’infanzia all’età adulta. A segnare la vita del giovane
marocchino, narratore e protagonista, è l’attrazione per la vita
francese e per Noé, figlio dell’ambasciatore francese in Marocco, che il
protagonista conosce solo attraverso una sgualcita fotografia.
L’infanzia è racchiusa nello scenario della realtà di un Maghreb in cui
s’insinuano a poco a poco elementi estranei, come l’eterea e fluttuante
immagine di Noé, con cui il protagonista sogna di poter fare un giorno
una colazione all’occidentale, a base di cioccolato caldo.
Il viaggio iniziatico del protagonista tra l’infanzia e l’adolescenza
rimane sospeso tra Marocco e Francia, tra sogno e realtà, fino
all’incontro con Youssr, un giovane inquieto, che porterà il protagonista ad una
nuova consapevolezza, presa di coscienza ed accettazione di sé e della
propria sessualità. La particolare amicizia si interrompe però di colpo
quando una lettera comunica che la famiglia di Noé arriverà in Marocco.
Da quel momento il protagonista si abbandona ad immaginare l’incontro,
ossessivamente sognato fin dall’infanzia e carico di immenso valore
simbolico. Il momento fatidico sfuma in una sorta di agnizione: Noé sembra
infatti combaciare perfettamente con l’immagine -divinizzata e
idealizzata- dal protagonista. Tuttavia, l’incontro arriva troppo tardi: egli
ha infatti maturato una nuova consapevolezza, abbandonando il sogno per
la realtà, incarnata dall’amore per Youssr. Scegliendo l’amico
conterraneo, il narratore-protagonista sembra recuperare in parte le sue
origini marocchine, senza tuttavia abbandonare completamente il miraggio
della Francia. Il romanzo si conclude infatti con una colazione occidentale
insieme a Noé a base di - non c’è bisogno di sottolinearlo - cioccolato
caldo.
Il simbolico "viaggio" verso l’Europa, e più in generale verso
l’Occidente, rimane dunque ambiguo e non del tutto risolto, qualcosa di ideale
più che di realmente possibile. Esso non si esprime in un solo
passaggio, ma in un movimento di andata e ritorno continuo, dal Marocco alla
Francia e viceversa, senza una scelta risolutiva. Troppo semplice sarebbe
l’attribuzione di un significato simbolico, forse scontato. Ma la
narrazione di Rachid O. è solo apparentemente naïve, volutamente ingenua e
libera del superfluo, a dirci che nella semplicità e nella leggerezza si
nasconde, a tratti, l’ambigua poeticità del reale.
(1) « Tout le monde parlait de l’orage et de la force divine, je me rappelais aussi toutes les paroles du vieil aveugle, que notre vie n’était qu’un rêve et provisoire. Le ciel me semblait devoir cracher les secrets de la journée que la nuit allait retenir. » Rachid O., Chocolat Chaud, Paris, Gallimard, 1998, p.83. Traduzione nostra.