Nota biografica | Versione lettura |
O Tempi! O costumi!
Cicerone, in varie orazioni, esclama: "O tempora! O mores! A volte in tono sdegnato, a volte con ironia, sempre riferendosi alla decadenza dei tempi.
Noi "rubiamo" la sua battuta per collegarla a un fenomeno che riguarda i nostri tempi e la nostra rivista di letteratura da vicino: sempre meno persone leggono libri. I giovani poi sembrano i più pigri. Dall'indagine triennale del Programm for International Student Assestment sui giovani lettori dei paesi aderenti all'Ocse, gli italiani si piazzano al venticinquesimo posto (al primo posto si trovano i finlandesi, in buona compagnia di coreani e canadesi). Nel 2000 erano in ventesima posizione... Insomma una situazione deprimente che ha, e avrà, dei risvolti sulla vita di questi ragazzi: sempre le statistiche dicono che i giovani parlano una lingua smozzicata, molto lontana dall'italiano "corretto", non sanno scrivere e, di conseguenza, non hanno capacità di analisi e di sintesi. Ho incontrato un'insegnante di una terza media di un quartiere periferico di Milano mi ha raccontato che molti dei suoi alunni non sono mai entrati in una libreria. La prima volta li ha accompagnati lei ( ed io ero presente) e li ha "costretti" a scegliere un libro da leggere e poi commentare in classe. Le cause di questo distacco dal libro, secondo gli specialisti, si possono individuare nei nuovi linguaggi multimediali molto di moda tra gli adolescenti: internet, sms, videogames ecc, tutti connotati dalla velocità. La televisione, demonizzata per decenni, ha trovato nuovi alleati per inchiodare i giovani davanti a uno schermo: grande o piccolo.
Facendo una rivista di letteratura, non possiamo non chiederci quale ruolo può avere un giornale come il nostro in questa situazione. Siamo un granello di sabbia nel deserto ma crediamo che sia fondamentale investire culturalmente sui giovani, perciò abbiamo dedicato loro una sezione (Generazione che sale), che ci piacerebbe ampliare. Pensiamo che la nostra rivista possa invogliare alla lettura tutti, anche i nuovi cittadini giovani e non.
Naturalmente loro, i ragazzi, possono e devono avere un linguaggio che li connoti, come è sempre stato, ma questo linguaggio dovrebbe essere "una cosa in più", non diventare il solo modo, che in genere hanno di esprimersi, con un lessico ridotto a pochi termini: sei connesso, ecc.
Non siamo certo noi di El-Ghibli a preoccuparci di una lingua che cambia. Arriviamo da fuori (per la maggior parte) e ovviamente scriviamo in una lingua non nostra siamo i portatori di neologismi, costruzioni sintattiche insolite (anche discutibili!) che nascono da un bagaglio culturale in cui, spesso, si mischiano tre, quattro lingue: quella materna, quella scolastica, quella della migrazione o del viaggio. E qui introduco un personaggio, un illustre giovane passato alla storia come uno dei massimi romanzieri dell'800 e considerato il padre della letteratura russa: Alekandr Sergevic Pukin (1799-1836). Grazie ai suoi romanzi la lingua russa ha superato il suo complesso di inferiorità nei confronti della lingua francese e dei grandi romanzieri francesi. C'è un particolare, con un risvolto culturale fondamentale, che i russi si dimenticano sempre di dire parlando dello scrittore che ha spianato la strada al grande romanzo russo: il nonno materno di Pukin era etiope, faceva il generale in Russia e si chiamava Abdollah Hannibal. Dietro il padre delle letteratura russa c'era un incrocio - se non di lingue, perché Pukin nacque e visse in Russia - di culture.
Ma è facile puntare il dito sui giovani. E gli adulti? Dalla crisi dei librai si evince che anche i grandi (in Italia) leggono poco. Il nostro Presidente del Consiglio ha dichiarato candidamente che sono anni che non apre un libro e anche il più potente di tutti, il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, non nasconde il suo disprezzo per la letteratura. Cadono a puntino le parole del Comandante Marcos quando dice che il mondo andrebbe meglio se i potenti leggessero meno rendiconti economici e più letteratura e poesia.
Prima di concludere, rendiamo omaggio al poeta e narratore nigeriano Ken Saro-Wiwa impiccato nel novembre del 1995 da un regime dittatoriale. Saro-Wiwa usava la sua penna per difendere il popolo Ogoni oppresso dagli interessi delle potenti compagnie petrolifere. Finalmente la casa editrice Socrates ha tradotto in italiano un suo interessante libro di racconti di 176 pagine:"Foresta di fiori", la cui recensione apparirà nel prossimo numero.
E per augurarvi un felice Natale e un sereno 2005, mi affido alle parole di Daniel Pennac:
Signori bambini,
se fossi in voi, la prima cosa
che chiederei alla maestra entrando
in classe al mattino sarebbe:
"Maestra, per favore, leggici una storia".
Non c'è modo migliore per cominciare
una giornata di lavoro.
E, al termine della giornata, quando
viene sera, l'ultima piccola cosa
che chiederei all'adulto che mi sta
accanto sarebbe:
"Per favore, raccontami una storia".
Non c'è modo migliore per scivolare
fra le pieghe della notte.
Più avanti, quando sarete grandi,
le leggerete ad altri bambini,
quelle storie.
Da che mondo è mondo, e da che
i bambini crescono, tutte queste
storie scritte e lette hanno
un nome molto bello: letteratura.
(Da Signori, bambini - Feltrinelli)
A presto.
Pap Khouma