El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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bolle di sapone

seyenam adjoa

“Sono fuori, in questo momento, sul davanzale della finestra e mi riempio lentamente di neve: la cannuccia di paglia si è gelata nell’acqua e sapone, dei passeri saltellano attorno a me, rozzi uccelli che si azzuffano per una briciola di pane sparsa per loro: e io tremo per la mia vita, per cui ho già tanto tremato. Se uno di questi grossi passeri mi urta, cado giù dal davanzale, sulla striscia di cemento -acqua e sapone resteranno come qualcosa di ovale, gelato e la cannuccia si piegherà- e i miei cocci li getteranno nella spazzatura…
Non è sempre stata così, la mia vita aveva un senso prima, le giornate passavano con uno scopo, il sole sorgeva per un motivo, ma quel tempo sembra essere scappato di corsa, lasciando il vuoto intorno a me: e ora sono sola e abbandonata.
Ebbe tutto inizio un pomeriggio d’inverno, molto simile a quello di oggi, quando una mano di donna, scartò la confezione in cui mi trovavo per dare inizio alla mia vita. Ero una bellissima tazza di porcellana, di quelle da servizio, decorate a mano, ma il tempo ormai ha sbiadito una parte dei miei colori. Passavo le mie giornate a chiacchierare con una zuccheriera e una tazzina da caffè che amava spettegolare e raccontare tutto ciò che sentiva alle mie sorelle molto curiose. Verso le cinque, venivo deposta sul tavolo per l’ora del tè; non mi ci volle molto tempo a collegare quella mano che mi prendeva e ripuliva con tanta attenzione, alla signora di famiglia, una donna che credo si chiamasse “Mamma”, perché è così che il piccolo Marco l’ha sempre chiamata.
Marco era un bambino simpatico e giocherellone, che cambiò completamente la mia vita. Fu infatti durante un’ora del tè che caddi a terra, abbandonata dalle mani inesperte e impacciate di quel bambino; fu un grande spavento per me! E sfortunatamente quella caduta non fu senza danni: persi il mio bellissimo manico di porcellana. Non ricordo molto bene quello che successe dopo, ero un po’ intontita, frastornata, sentii solo lo schiocco di uno schiaffo a Marco che piangeva disperatamente. Fu un grande shock davvero, ma credevo che la mia vita sarebbe tornata come prima, certo non mi sarei sentita più come una volta, ma le altre tazzine mi avrebbero rispettata, come vittima. Ciò che era certo era che non si poteva fare nulla per me, e sarei rimasta invalida per tutta la vita. La fortuna, che fece in modo che non fossi subito gettata nella spazzatura, fu che la Mamma era molto affezionata al servizio di cui facevo parte -era infatti un regalo- e non si sentì di buttarmi. Fui quindi riposta in un altro armadietto e dimenticata. Come furono tristi quei giorni, mesi di solitudine! Abbandonata a me stessa in un armadietto, diverso dal mio, abitato solo da un’inospitale famiglia di ragni. Quante volte ho sperato, sentendo dei passi avvicinarsi, che venissero a prendermi per riportarmi a casa! E quante volte avrei voluto saper piangere per poter sfogare il mio dolore!
Un giorno, finalmente, quando ormai avevo perso la speranza e stavo cercando di abituarmi alla mia vita di solitudine, l’armadietto si aprì e sentii di nuovo le voci che mi erano state tanto familiari: che gioia provai! Fu allora che mi accorsi che fuori splendeva il sole, ed era una bellissima giornata di primavera. Devo dire che quando la Mamma mi posò nelle mani di Marco, ebbi un brivido di paura, ma con sollievo vidi che era cresciuto parecchio dall’ultima volta.
Da allora ebbi il ruolo più grande di tutta la mia vita e mi divertii davvero tanto: tazzina per le bolle di sapone. Marco correva ogni giorno al parco e non si dimenticava mai di portarmi con sé, facevamo un sacco di bolle insieme, che diventavano cangianti, quando la luce le sfiorava e ne facevamo così tante che sembrava di entrare in un arcobaleno o in un mondo di stelle colorate. Primavera e estate volarono via molto presto trasportate dal vento, ma non ero più triste di passare l’inverno da sola, perché avevo i ricordi a rallegrare le mie giornate e una volta che l’inverno finiva Marco tornava a prendermi e passavamo altri mesi in allegria.
Passarono gli anni e Marco cresceva e diventava un ragazzo, ormai passava sempre meno giornate con me e non correvamo più fino al parco. Si metteva in disparte in un angolo del davanzale e le bolle non erano più spensierate, ma ricche di pensieri e sogni che non lo lasciavano divertire. In quel momento però non mi rendevo conto del cambiamento o non volevo accorgermene, ma ne fui costretto un pomeriggio di primavera in cui capii che nulla sarebbe stato come prima.
Sapevo che Marco sarebbe arrivato, avevo sentito la sua voce in lontananza, ma mi sembrava diverso, sembrava ci tenesse a fare bella figura. Infatti non era solo, c’era una ragazza con lui, vennero sul balcone, ma Marco non mi prestò la minima attenzione. Da allora non mi prese più con sé, lo vedevo uscire sempre con questa ragazza e confesso che provai per la prima volta gelosia verso una persona e sperai che sparisse dai suoi pensieri, ma fui io ad andarmene.
Fu così che passai un estate dopo l’altra da sola, Marco non tornò più a giocare con me ed eccomi qua fuori sul davanzale.”…
Ma fu alla fine della sua lunga storia che la tazzina si sentì toccare dopo tanto tempo, dalla mano piccola e delicata di una bambina:
-Lucia! -disse una voce- Vieni in casa! Fa freddo!
La bambina raccolse la sua nuova scoperta, la ripulì dalla neve e la strinse al petto:
-Mamma, bolle di sapone!
In quel momento la tazza capì che non sarebbe più stata sola.

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cartolinandia

seyenam adjoa

Esiste una città, nel nostro mondo, che non è segnalata su nessuna carta geografica, non esistono mezzi per raggiungerla e la cui storia è sconosciuta a tutti; ma io l’ho vista, si chiama “Cartolinandia”. È una città che si trova in una cassetta della posta.
Vista da lontano poteva sembrare una normalissima città, con piccole case a schiera, qualche bar, alcuni grattacieli, negozi, qualche scuola e bellissime montagne sullo sfondo, come quelli che si vedono sui depliant turistici. Fu però con grande sorpresa che, osservandoli da vicino, mi accorsi, che non erano altro che depliant!! Le piccole case a schiera erano fatte di carta, con ritagli di volantini pubblicitari e di appartamenti in vendita, anche il fumo che usciva dai comignoli di alcune case, non era altro che una striscia di carta grigia, ben attaccata.
Credo fosse notte quando arrivai, i lampioni della città erano accesi, ma in cielo non brillava nemmeno una stella, forse nascosta dalle nuvole. Solo più tardi seppi che era cemento quello sopra di me e che solo dalla fessura da cui veniva inserita la posta , potevo ogni tanto scorgere il cielo.
Le case erano disposte ai lati della cassetta, perché un po’ di posta di troppo poteva riempire metà dello spazio disponibile. Anche quando la posta veniva ritirata c’erano dei rischi, perché il vento che entrava, poteva distruggere in un attimo le case costruite con tanta fatica. Era possibile riconoscere facilmente le case vecchie da quelle nuove, perché quelle più vecchie erano ingiallite con il tempo.
Gli abitanti poi sono personaggi ancora più strani. Sono uguali agli esseri umani, nulla li distingue da loro, solo sono molto più piccoli e indossano abiti di carta, dai mille colori.
Episodi particolari, ne succedono a bizzeffe in questo piccolo paese: come potete ben capire è vietato fumare, ma capita che qualche briciola di tabacco arrivi per caso; se una sigaretta viene appoggiata su una lettera prima di essere spedita allora viene triturata e venduta illegalmente, negli angoli bui e malfamati della città. Capitò una volta che un ragazzino, che fumava di nascosto, spense in tutta fretta la sigarette per non essere scoperto e mandò a fuoco la sua camera, fortunatamente ci sono impianti anti-incendio ovunque, perché la sicurezza non è mai troppo, soprattutto in una città di carta, e soltanto la stanza della casa, in cui si trovava andò distrutta. La madre comunque, lo mise in punizione per un anno. A Cartolinandia sanno leggere tutti molto bene, anche perché si nutrono di parole, ognuna ha un sapore diverso e non tutte sono buone; avete mai provato a mandar giù la parola “guerra” e “ odio”? Io no, ma secondo il loro parere hanno un sapore orribile, ma sfortunatamente, se ne trova in gran quantità soprattutto sui quotidiani. E anche, sempre la solita storia:
“ Su Paoletto, mangia la parola “VERDURA” che ti fa bene!” dice una mamma al suo bambino.
“ Ma mamma, non mi piace, ha un brutto sapore!”
“ Non è vero, è un giornale con inchiostro di prima scelta! Mangia almeno la “VER”, altrimenti non cresci!”
Nella scuola, vanno i bambini dai due ai dieci anni per imparare, prima a distinguere i colori e poi a leggere, a scrivere e a distinguere i giornali scadenti, da quelli migliori, meglio se appena stampati, con inchiostro fresco. Ci sono alcune scuole superiori, che non è obbligatorio frequentare, in cui è possibile imparare le lingue straniere, non tutte nello stesso modo perché la conoscenza si riduce a tradurre qualche foglietto di istruzioni.
Per la gente, le vacanze estive vogliono dire due cose: maggior tempo per leggere, ma meno spazio disponibile, perché la posta non viene ritirata ogni giorno e si accumula nella cassetta.
Non vi rivelerò il luogo in cui si trova Cartolinandia. Potete credere o non credere alla sua esistenza, ma vi consiglio di fare molto attenzione, la prossima volta che aprirete una cassetta delle lettere.

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Anno 1, Numero 4
June 2004

 

 

 

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