El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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sembra quasi...

carlos montemayor

Sembra quasi, in sere come questa,
che la terra sia un modo di essere,
una dimenticata sensazione. E che si cerchi
come un desiderio nel nostro corpo,
come se nel nostro corpo lo sentisse
l’erba che l’ha coperto,
le piogge che su di esso per tante notti sono cadute.
In sere come questa capisco,
senza fretta, chiaro,
che ogni corpo ricorda la terra che è stato.

traduzione di giovanni gentile marchetti

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siamo nella vita, oggi

carlos montemayor

Siamo nella vita, oggi. Altri l’hanno già provato.
È un emozione che gira con la stessa forza
del sole e delle stelle o della speranza.
Altri con occhi impazienti
hanno denudato i torsi
nella fragranza dei corpi.
E in una morente notte , o all’alba,
seduti sulla riva della stanchezza,
hanno pensato i ricordi come pietre preziose,
con una parola che nessuna bocca pronuncia
ma che tutti sentono.
Adesso siamo giunti.
Tocca a noi, ora, stringere i corpi
come se in questo se ne andasse la vita o la morte;
sentire i poderosi richiami delle cose,
l’ubriachezza che è un fiume luminoso,
un commosso eroismo nella fortuna e nei bicchieri.
Ci spetta d’accarezzare tutte le cose
come se accarezzassimo un corpo nuovo.
Credere che ieri sia solo alcune ore fa
e il domani il nostro ritardo.
Aprire finalmente gli scrigni delle idee
e riversarli a nostro piacimento.
Usurpare i luoghi amati da tutti coloro che hanno amato,
usurpare ore intense a tutti coloro che hanno vissuto,
usurpare le case demolite e saccheggiate
come se fossero una città nuova, una fanciulla.
Usurpare la realtà, per qualche momento,
come se solo per noi il suo sole calcinante folgorasse.

traduzione di giovanni gentile marchetti

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ai piedi del vulcano

carlos montemayor

Ci ascoltano sul pavimento di terra,
in mezzo all’odore di sigari.
Quando usciamo, ormai ebbri,
finisce la sera nel paese.
Di nuovo, il freddo.
Due bambini spargono petali di fiori
affinché le anime salgano al monte.
All’entrata, uomini mascherati ballano
sui resti dei fiori.
Alcuni rastrellano la terra, strappano erbacce,
liberano le lapidi dalle radici.
Su ogni tomba le donne accendono candele.
Il fumo dell’incenso invade la notte
e la brucia.
Per qualche centesimo un sacerdote offre preghiere.
Dio, oscuro,
zoppica nell’anima,
dove un cane lo morde.
Uomini e bambini, tutti,
sentono le risa dei morti.
È notte.
Forse l’eternità si ritira.
È notte.

traduzione di giovanni gentile marchetti

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Anno 1, Numero 4
June 2004

 

 

 

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