El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione
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brezza, spada del tempo
dipak mazumdar
Brezza, brezza, spada del Tempo, inventrice di illusioni,
sibilante memoria alla mia finestra,
ogni folata porta l'odore della criniera di cavallo
che passa per il campo,
Seduto ad un balcone, casa di molte nubi cariche di pioggia,
osservo la luna-chapati nelle increspature,
lago, una sera di cielo sereno,
mi spinge ad ascoltare dipinti di pini,
suono di monete in caduta da una slot machine,
la vigilessa scuote la testa di fumo blu
aprendo e chiudendo vacui occhi di foglie di tè verde
fluttuanti in un remoto giardino terrazzato,
tre gocce di pioggia repentina dal cielo
annebbiano questa epifania nei miei occhiali
(Traduzione di Giulia Romano)
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niente capodanno
dipak mazumdar
Verso mezzanotte
i miei denti iniziano a tintinnare
mentre scribacchio per un cameriere muto
fatto come un signore
da un cocktail
chiamato coda di leopardo
i suoi capelli lunari
elegante navigazione solitaria
prepara il vecchio palcoscenico
illuminazione intermittente ballerine di fila
ed intonati alti elettronici squittii di gente dei mezzi di comunicazione
Fine del secolo
e l'incessante futuro-che-sopraggiunge
è sempre lo stesso
non vi è né una fine né un inizio
la notte si dissolve in occhi al neon eccitati
il sedere mi tiene in alto
le luci della strada imbiancano una moltitudine di fantocci
dandoti un futuristico consenso
frigido fatalistico
poster di domani
è tanto mono-dimensionale quanto quello di ieri
ho camminato qui domani
sono qui oggi
freddo è il vento
fredda è la folla
il mio naso blu
è solo un cubo di lego
La notte cancella tutta la memoria
come un generale schiaccia una città
il ghigno che lei scuote
una puttana stanca in uno spaghetti western
un prolungato impeto di clienti
battono il pavimento con un oscuro mormorio
il bar è senza stelle
turbolenta orda di rugby suona la ritirata
tu fissi degli shaker per cocktail che mostrano la lingua
ragazze con seni nocciolina che soffiano farfalle isolate
Il secolo termina sul cuscino
il mattino di gennaio è in ritardo a tornare
nell'appartamento delle cose sono in attesa
lentiggini di uno specchio
un asciugamano si dimena sul pavimento
tattile ed intenso
un sonnellino sgocciola sul mio paté
immagini di una strada giù per lo scarico del gabinetto
ho dormito qui domani
dormirò qui oggi
sottile annebbiamento
delicatamente, delicatamente
affondando nelle tenebre indifferenti dell'eternità.
(Traduzione di Giulia Romano)
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voci veneziane
dipak mazumdar
Le mie esche erano contro il bicchiere da vino. Babele
Di voci, turisti, negozianti, leggende
E i miti erano tutti in uno sbuffo di sigaro
Ero tenero come i piccioni, un esploratore affamato,
Rimanevo fedele al mio Karma
Con la frenesia di un autista in gara.
Realizzato, lavoro, incontri di lavoro, cene
Sono delle matrigne. Discorsi di realpolitik,
Tutti fatti banali
Sono peggio di carote stracotte.
Le voci mi trascinarono,
Seducenti, piene di fascino al cocco.
Ho camminato attraverso la terrificante
Bellezza dei vicoli mettendo insieme
Penombre d'oro, navi da guerra e scheletri.
Metalli preziosi canzoni canticchiate di flutti privi di radici.
L'uomo con il capello ornato di nastri blu si ergeva sui gradini,
Con l'acqua alle ginocchia, le mani, senza dita,
accarezzavano le ferite delle loro barche.
Uva dagli occhi chiari risplendeva,
Mi costrinse a masticare le lame d'acciaio dell'abisso.
Mormorai, Care voci, sono il vostro onorato ostaggio.
Ditemi, quale profumo affamato morì in questo palazzo?
I giorni esalano zolfo, le sere hanno una grazia femminea,
Di notte lupi nelle fontane e banchetto.
Dimmi, quanti schiavi sono caduti al suolo
Per soddisfare l'appetito dei loro eleganti padroni?
Le voci allentarono i propri arti,
Trasportati sulla laguna. Venni lasciato
Con il tanfo e le ceneri profumate.
(Traduzione di Giulia Romano)
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