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La tovaglia bianca e rossa conferiva al ristorante un’atmosfera familiare e casalinga, malgrado le fotografie esotiche appese alle pareti. L’uomo esaminò le immagini in bianco e nero e provò nostalgia. Da giovane era stato anche lui appassionato di fotografia e di viaggi, prima della pressione di guadagnare, prima delle responsabilità del lavoro, prima delle incombenti aspettative e della malattia della madre. Sua moglie si esaminava le rughe della mano ingrandite con il bicchiere mentre lo sollevava per bere un sorso d’acqua, tiepida, senza ghiaccio. Scorse la lista del menù anche se sapeva che lui avrebbe ordinato pollo arrosto e lei voleva un piatto di penne. Scelte scialbe e prevedibili, senza sorprese. Aveva provato ad assaggiare i calamari una volta e le avevano lasciato in bocca un sapore viscido. Spreco di denaro prezioso. La vita è troppo breve per commettere degli azzardi. Lui continuava a fissare le foto come se cercasse delle tracce nascoste.
“Americano?” chiese educatamente la cameriera.
“Sì, americani! Siamo qua per esplorare le spiagge. Sono spettacolari. Siamo originari del Bangladesh, anche se non sembra. Ha mai sentito parlare del Bangladesh? Ha la linea costiera più lunga del mondo! È bello come la Sardegna!” Il vecchio, improvvisamente animato, farneticò ancora per un po’, benché la cameriera non capisse una parola.
“Sì?” Annuì guardando il menu che aveva ogni portata elencata in italiano e in inglese.
“Pollo … pollo, pollo,” provò a fare il verso del pollo, sbattendo le braccia e muovendo in avanti la testa e i sottili capelli bianchi caddero all’indietro, mostrando la testa irregolarmente calva.
“Puoi indicare il piatto sul menù,” gli spiegò impaziente sua moglie, irritata da quell’esplosione di eccentricità. Lui aveva sempre voglia di parlare con gli altri, troppa voglia che lo portava a sperperare energia preziosa in inutili conversazioni. A lei non aveva mai niente da dire. Risentita per la giovinezza della cameriera, indicò pollo per lui e penne per lei.
La cameriera riempì i bicchieri d’acqua e sparì dietro una porta ad arco.
La sala era di nuovo silenziosa. L’uomo si mise a ripiegare e aprire il tovagliolo. Il ristorante così vuoto lo rendeva insicuro, non a suo agio. La donna si contava le rughe sulla mano. Una, due, tre, quattro, cinque, sei... sei. Da quando se n’era insediata una sesta? Il grosso diamante che aveva al dito riflettè un raggio di sole e lasciò che i suoi occhi indugiassero sulla luce accecante. Si ricordò il giorno in cui avevano sepolto la loro figlia, splendeva il sole, proprio come oggi.
Arrivarono le portate e lui ringraziò profusamente la cameriera, “Grazia, grazia,” riconoscente per ogni interruzione della loro monotonia, tentando di trattenere l’estranea sulla scena per qualche istante in più per attenuare il silenzio. Gettò uno sguardo furtivo a sua moglie e ricordò come era stata, vivace piena d’amore e di entusiasmo, ma esigente, esigente in ogni occasione. Non era mai riuscito a stare al passo dei capricci di lei. In un momento di debolezza anni addietro, aveva cercato conforto altrove, e quando lei lo aveva scoperto, le cose si erano spezzate per sempre, in modo irreparabile, irrimediabile. Era diventata taciturna e disillusa e aveva perso la lucentezza della pelle. Lui era diventato difensivo e pieno di sensi di colpa. Posò il tovagliolo sulle ginocchia e si sentì di nuovo solo, sommerso dai rimorsi. Le cose sarebbero potute andare così diversamente. La moglie lo guardò con familiare disprezzo.
Le passò la saliera e con la mano le sfiorò la spalla. La pelle di lui era fragile e contrita. Lei si lasciò sfuggire un sorriso dalle labbra arcigne e da qualche parte in lontananza si ricordò di come ci si sentiva felici. Gli versò dell’acqua, lui era troppo debole per sollevare da solo la caraffa, non si rivolsero parola. Lei estrasse le pillole dalla borsetta e lui le ingoiò, una, due, tre, ognuna separatamente, ognuna intervallata da due sorsi d’acqua. Ogni volta.
Girò la pasta e la mescolò al parmigiano. “Mmmm,” mormorò tra sé.
Lui annuì in segno di apprezzamento, salvando i rumori che faceva lei dall’indifferenza del mondo e collocandola affettuosamente nella sua vita. Il pollo era tenero, ma lui masticò intenzionalmente ogni boccone dodici volte, assaporando ogni insipido boccone, in modo da non sprecare quell’esperienza. Sua nonna gli aveva insegnato quel trucchetto, perché se sei davvero di fretta, potresti inghiottire un pasto in un solo colpo e non notarne il sapore.
Mangiarono lentamente, con occasionali sospiri di soddisfazione. Quando ebbero finito, lui chiamò la cameriera. Sua moglie estrasse dalla borsa un portamonete decorato di conchiglie e contò gli euro, controllandoli uno per uno. Lui le tenne aperta la porta mentre usciva e si allontanarono, tenendosi per mano, per vedere il tramonto.
La tovaglia bianca e rossa dava al ristorante un aspetto alla buona, ma lei scacciò questo pensiero e si mise a guardare le foto alla parete. “Guarda amore, è la Spaggio Del Arco! Non ti pare che una sirena possa essersi posata proprio su questo scoglio e abbia sedotto un marinaio ignaro?”
Le arricciò una ciocca dei suoi boccoli selvaggi. La ciocca si tese come una molla non appena lui se la tirò verso le labbra. “Credi che lei gli abbia permesso di spalmarla di crema solare sulla schiena?”
Sua moglie rise e alzò un sopracciglio. “Forse lui l’ha conquistata con il suo fascino italiano. Gli italiani sono amanti professionisti, i migliori del mondo!”. Gli afferrò il braccio muscoloso e s’immaginò come doveva essere non avere mai più altri uomini. Ma era pronta a farsi scappare tutte le altre possiblità, a prendere quell’impegno con tutto il cuore. Lui non era perfetto, ma lei sarebbe riuscita a far funzionare le cose.
“Spaggio Del Arco. Dovremmo farci un salto. È un ottimo posto per fare snorkelling e fotografia subacquea. Alghe rosse e pesci gialli elettrici, che sembrano fuoco nell’acqua. Potrei provare la nuova macchina fotografica.” Era come un ragazzino emozionato, d’improvviso vivace, terribilmente carino.
“Americano?” chiese educatamente la cameriera.
“Una specie.” disse lui, pizzicando sua moglie sotto il tavolo.
“Sì?” Annuì la cameriera senza capire le sue parole, indicando il menù.
“Oh, non ho ancora deciso. Uno momento.” chiese la giovane donna, scostandosi i riccioli, la sua pelle risplendeva. Le piaceva prendersi il suo tempo quando doveva scegliere, non voleva far ricadere la scelta su un piatto poco gustoso. La cameriera se ne andò, lasciando in privato i due amanti in luna di miele.
“Ordiniamo qualcosa di nuovo?” chiese lui. “Due cose nuove? E poi dividiamo?” Sapeva che lei preferiva sapori familiari, ma lui amava sperimentare. Era appassionato di cucina e lei non era difficile da convincere.
“Certo, amore! Ordina qualunque cosa ti sembri buona.” L’anello al dito riflettè un raggio di sole. Il diamante era più piccolo di come sarebbe piaciuto a lei, ma c’era ancora tempo, in futuro lui avrebbe fatto un sacco di soldi. Avrebbero posseduto una casa grande con tantissime piante rigogliose e un paio di bambini ben educati e forse un cucciolo. Alzò la testa. “Ehi, c’è il sole fuori, dovremmo andare a sdraiarci su una spiaggia.”
“Nudi?” chiese lui sogghignando, “per avere una tintarella uniforme, ovviamente.”
La cameriera tornò e lui le indicò sul menù calamari, carpaccio e il vino della casa. Annotò in fretta l’ordine e tornò qualche secondo più tardi con una caraffa. Riempì i due bicchieri e sparì dietro una porta ad arco.
I due amanti tornarono ai loro giochi sotto il tavolo, dandosi dei colpetti, pizzicandosi, spingendosi, giocando, al sicuro nell’atmosfera romantica del ristorante deserto.
Arrivarono le portate e lui ringraziò profusamente la cameriera, “Grazia, grazia !”
Non appena se ne andò, lui si girò verso la sua sposa novella e continuò con il suo accento pseudo italiano: “Ma bella, grazia forra marrying meea, muchos grazia! E grazia per essere così bella, caramia, e grazia per i besas la notte scorsa al chiaro di luna, mi amoure.”
Lei sorrise e gli sussurrò nelle orecchie: “ Non avevo altra scelta che sposarti, a letto sembri proprio un italiano.” Le diede un altro pizzicotto e lei ridacchiò mentre lo colpiva sotto il tavolo.
Lei aprì il tovagliolo sulle ginocchia e lui lo tolse per giocare con la coscia. “Non ti dimenticare di prendere la pillola.” le ricordo. Gli dava fastidio che fosse così poco attenta alle medicine. Non era pronto per avere figli, troppa responsabilità. Lei prese la borsetta e inghiottì la pillola, sorridendo mentre si ricordava il sesso grandioso che facevano da quando aveva cominciato a usare i contraccettivi. Ah, pelle a pelle... era un gioia tripla... uno, ooh, due, mmm, tre, sì, sì, sì! Ogni volta.
Lui le passò la mezza porzione dal suo piatto e lei gli passò il vino per riempire i bicchieri. “Mama mia ! Buooono!” esclamò.
In segno di assenso, lui annuì con energia, leccandosi le labbra, masticando intenzionalmente, assaporando ogni boccone. Sua nonna gli aveva insegnato quel trucchetto, perché se sei davvero di fretta, potresti inghiottire un pasto in un solo colpo e non notarne il sapore. Mangiava senza fretta e lei aveva poco appettito quindi si teneva occupata giocando con le dita di lui sotto il tavolo, mentre entrambi finivano il pasto. Continuò a parlare dei paesaggi nelle fotografie e gli raccontò dei posti che voleva visitare, i viaggi già pianificati nella sua mente. Lui era felice di viaggiare insieme a lei con la fantasia, ascoltando i suoi progetti e le loro speranze di un futuro dorato.
Terminato il pasto, lui chiamò la cameriera. Sua moglie estrasse dalla borsetta un portamonete decorato di conchiglie e contò gli euro, controllandoli uno per uno. Lui le tenne aperta la porta mentre usciva e si allontanarono, tenendosi per mano, per vedere il tramonto.