Nota biografica | Versione lettura |
PERSONAGGI:
Sonia, donna brasiliana
Regina, transessuale brasiliana, in arte Giocasta
Ciro, medico
Germano, carabiniere
L’operatrice
L’ispettore
Il direttore
Altri carabinieri
Scena: La “gabbia”. Non è una cella, ma ci sono sbarre. La porta è aperta. Vestiti lavati appesi
sulle sbarre o su un filo in fondo. Una brandina aperta a destra e un’altra chiusa a sinistra. Una
scatola vecchia fa da comodino e su di essa una radiolina. Una cucina da campeggio a due bocche
per terra. Una bacinella e un contenitore con acqua. Un orologio sulle mura sgretolate. Un
calendario con donne nude, mese di agosto. Una lampadina a filo nudo pende dal soffitto. Tutto
molto sporco e precario.
Scena 1
Le luci salgono piano. Orologio 21:00. Regina è da sola nella gabbia. Veste una tuta sgualcita e
una canottiera. Si sta facendo le unghie, finte: le colora e le attacca con molta attenzione ad ogni
dito. La radiolina è accesa, una FM qualsiasi. Si sente piuttosto male, ci sono interferenze. Regina
si infastidisce, si alza e cerca di sistemare l’antenna. Ora si sente meglio: una musica pop italiana
alla moda. Regina canta, balla un po’ e poi si siede a finire il lavoro di prima canticchiando. Si
sentono voci in corridoio insieme a dei passi. La porta si apre. Entra Sonia. E’ una ragazza carina
ma timida, vestita molto pudicamente: gonna lunga, camicia, cappelli molto lunghi, raccolti. Ha in
mano solamente una borsetta, che stringe contro di sé. Subito dietro Sonia c’è un carabiniere, che
indossa guanti di latice e mascherina. Le due donne si guardano. Regina riprende a farsi le unghie.
Sonia getta uno sguardo nella stanza. Poi guarda il carabiniere, che già se ne sta andando.
SONIA (con timida foga): Desculpa, moço! [Mi scusi, signore]
Il carabiniere la guarda. Un attimo di pausa.
CARABINIERE (scocciato): Cosa vuoi?
SONIA (smarrita): Que lugar é esse? Eu vou ter que dormir aqui? [Che posto è questo? Dovrò
dormire qui?]
CARABINIERE (impaziente): Non capisco.
Il carabiniere getta uno sguardo su Regina, che è concentrata nella sua azione, a ricerca di
qualche spiegazione. Poi fa per andare via un’altra volta.
SONIA: Por favor! (il carabiniere si ferma di nuovo, la guarda) Eu queria voltar para casa. Quando
eu vou poder voltar para casa? [Vorrei tornare a casa. Quando potrò tornare a casa?]
CARABINIERE (tra sé): Siete tutti uguali voi... (irritato) Te lo ripeto per l’ultima volta: devi
restare qui finché non ti identifichiamo, hai capito? Non puoi uscire di qua. E ora non ho più tempo
da perdere.
SONIA: Mas moço! O meu passaporte e o meu dinheiro, eu... [Ma il mio passaporto e i miei
soldi...]
Il carabiniere esce. Sonia è spossata. Guarda Regina, che fa come se non ci fosse nessun’altro a
parte lei stessa. Prova ad avvicinarsi.
SONIA: Por favor, moça, a senhora podia me explicar o que está acontecendo? [Per favore, lei mi
potrebbe spiegare cosa sta succedendo?]
Silenzio. Regina la ignora completamente.
SONIA: Moça... Meu nome é Sonia, e o seu? [Mio nome è Sonia e il tuo?]
Silenzio.
SONIA (puntando la brandina): Posso abrir? [Posso aprirla?]
Silenzio. Sonia apre la brandina. Poggia la borsa, si siede.
SONIA (un po’ tra sé, un po’ a Regina): Acho que vou ter que me acostumar, não é? Acho que não
vão me deixar sair tão cedo, se eu entendi bem. Aquele homem não foi muito gentil. [Penso che
dovrò abituarmi, non è vero? Non mi lasceranno uscire così presto, se ho capito bene. Quell’uomo
non è stato molto gentile].
Regina alza il volume della radio per non sentirla. Dalla radio esce sempre una musica pop
italiana. Regina canta. Sonia si azzittisce. Si toglie le scarpe, sgranchisce i piedi.
VOCE FUORI: Chi sta facendo ‘sto macello?Abbassa ’sta musica!
Passi fuori. La faccia di un altro carabiniere spunta alla porta.
CARABINIERE: Abbassa ‘sta radio, Giocasta! Si sente dall’altra parte del padiglione!
Regina abbassa la radio borbottando e continua a farsi le unghie. Finito il lavoro con le unghie, si
mette a curare le sopraciglia. Si sentono altri passi fuori. Rientra il primo carabiniere con in mano
vernice, un piccolo rullo e una cartelletta con su della carta.
CARABINIERE: Devo prendere le impronte. Vai, alzati.
Sonia non capisce.
CARABINIERE (alzando la voce): Alzati, ho detto!
Sonia si alza indecisa, impaurita. Il carabiniere posa sulla brandina la vernice e ci preme su il
rullino.
CARABINIERE: La mano.
Sonia non capisce. Il carabiniere le prende una mano a forza e passa il rullo, sporcandola con la
vernice.
CARABINIERE: L’altra.
Sonia si schiva. Il carabiniere la prende a forza, brontolando “Tutti uguali”. Finita l’operazione,
prende la carta e prende le impronte delle due mani intere.
CARABINIERE: Fatto. (fa per uscire)
SONIA: Moço! (Il carabiniere la guarda) Como eu faço agora? As mãos estão sujas. Tenho que
lavar (gli mostra le mani sporche). [Signore! Cosa faccio adesso? Le mie mani sono sporche. Devo
lavarle…]
CARABINIERE: E’finito il sapone.
Esce, chiudendo la porta. Sonia si guarda le mani, poi si guarda intorno cercando qualcosa con
cui pulirsi. Prende un fazzolettino di carta, ma questo gli si appiccica in mano. Poi nota che dietro
la porta chiusa è affisso un foglio. Si dimentica della mano, va fino alla porta e si mette a leggerlo.
SONIA (pronunciando come il Portoghese): Gentile ospite... Sei stato portato presso questo centro
perché hai ricevuto un provvedimento di espulsione. (Pausa) Puoi essere trattenuto per un periodo
massimo di sessanta giorni. Durante questo periodo, vengono attivate le procedure, da parte della
Questura, per identificarti e organizzare l’eventuale rimpatrio. Durante il periodo di permanenza
non puoi allontanarti da Centro.
Si sentono nuovamente passi. La porta si apre. E’una operatrice del centro, una donna di circa
quarant’anni, con abito bianco, mascherina e guanti in latice. Porta con sé un pacchetto.
OPERATRICE: Sei la nuova arrivata, vero? Questo è per te.
SONIA (prendendo il pacchetto): Para mim? [Per me?]
Sonia inizia ad aprire il pacchetto, che contiene un pezzo di saponetta, una ciabatta, un lenzuolo di
carta e una tutta sporca, con macchioline di sangue.
OPERATRICE: Che caldo fa oggi, misericordia! Dov’è finito il tuo ventilatore, Giocasta?
REGINA: Me l’hanno rubato settimana scorsa. Devo procurarmi un’altro.
OPERATRICE: Mi piace questo colore, cos’è?
REGINA: Prugna selvatica.
OPERATRICE: Bello.
SONIA: Moça, desculpe, este agasalho está sujo. Olha aqui, tem manchas de sangue. [Scusi,
signora, questa tuta è sporca. Guarda qua, ci sono macchie di sangue]
OPERATRICE: Cosa?
SONIA: Tem manchas de sangue. Aqui, olha. (mostra le macchioline di sangue sulla tuta) [Ci sono
macchie di sangue. Qui, guarda.]
OPERATRICE: Ah, è sporco. Beh, capita. Siete già fortunate, siete solo in due. Sei fortunata,
capisci? Comunque te ne porto uno nuovo. (a Giocasta) Poi me lo presti?
REGINA: Certo. Trovami un’altro asciugamano.
L’operatrice ride ed esce.
REGINA (tra sè): Brutta troia.
Prende il suo asciugamano, che copriva il contenitore d’acqua. E’ tutto sgualcito, con dei buchi.
Lo annusa, fa una faccia da schifo, poi lo butta sul pavimento. Sonia vede il contenitore d’acqua e
la bacinella. S’avvicina timidamente, con la saponetta in mano.
SONIA: Posso usar?
Regina non risponde. Sonia mette l’acqua nella bacinella e cerca di pulirsi le mani, ma l’inchiostro
è molto appiccicoso. Sonia si strofina le mani con molta forza. Piange.
Scena 2
Notte. Orologio 4:00. Sonia e Regina dormono. Rumore di aereo che passa. Sonia suda molto,
mormora e si contorce nel letto. Sta avendo un incubo. Inizia borbottando, fino a gridare.
SONIA (borbottando) mãe... mãezinha... dá a mão... estou com fome... um pedaço de pão...
manteiga... está tarde... olha o avião... não... eu vim... mas cadê... alô, prima... responde... cadê...
não tem trabalho... mentira... essa cidade... não tem... responde... na rua... o que está acontecendo...
responde... esse pão... cadê... está duro... está fechado... vai cair... não... eu vim... mas cadê...
responde... prima... me enganaram... cadê... socorro... vai cair... responde... SOCORRO...
[mamma... mammina... dammi la mano... ho fame... un pezzo di pane... è tarde... guarda l’aereo...
no... sono venuta... ma dov’è... pronto, cugina... rispondi... dove... non c’è lavoro... bugia... questa
città... non c’è... rispondi... per strada... cosa sta succedendo... rispondi... questo pane... dov’è...
duro... chiuso... sta per cadere... no... sono venuta... ma dove... risponde... cugina... dove... aiuto...
cade... risponde... AIUTO...]
Si sveglia di scatto, con il respiro pesante. Regina si sveglia.
REGINA (arrabbiata): Che cazzo sta succedendo? Merda! Voglio dormire! (Pausa. La guarda per
un attimo) Se gridi un’altra volta ti spacco la faccina, hai capito?
Regina torna a dormire. Sonia è sconvolta. Pian piano si calma e ricorda quello che è successo il
giorno prima. Poi si sdraia nuovamente, senza chiudere occhio. Forte rumore d’aereo che passa.
Scena 3
Orologio 11:45. Sonia è ancora a letto. Regina ha della carta stagnola sui capelli per renderli
ricci. Ha in mano un vestito lungo da sera, che stona completamente con l’ambiente spoglio della
gabbia. Prende uno specchio roto e sudicio da sotto la branda e lo poggia da qualche parte. Si
mette il rossetto rosso e schiocca un bacio a sé stessa. Poi mette il vestito da sera davanti a sé e fa
aria da diva. Si inizia a sentire alla radio una canzone di Roberto Carlos (tipo “Emoções”).
Regina inizia a cantare e fare la “mimica” da grande cantante davanti allo specchio, poi al
pubblico (che per lei è un pubblico immaginario). Sonia si muove nel letto, alza la testa, la osserva.
Quando la musica è alla fine, Regina nota Sonia che la guarda e spegne subito la radio. Sonia ha
ancora la mano un po’ sporca di inchiostro.
REGINA (fissandola, ostile): Cosa vuoi? Non guardarmi così. Non mi piace.
Sonia continua a fissarla. Regina cerca di distrarsi, ma poi vede che Sonia continua a fissarla.
REGINA (arrabbiata): Ti ho detto di non guardarmi così, cazzo! Fanculo!
SONIA: Você fala Português. Você fala Português, eu ouvi. Você é brasileira. [Tu parli Portoghese.
Io ho sentito. Sei brasiliana]
Regina non risponde.
SONIA: Eu ouvi. Você estava cantando Roberto Carlos. Meu cantor preferido, Roberto Carlos.
Breve pausa. Regina la fissa.
REGINA: Mettiamolo subito in chiaro. Questa gabbia è mia. Tu sei solo un’ospite. Allora fai la
brava o ti rovino, hai capito?
SONIA (tra sé): Roberto Carlos. Eu ouvi. No rádio. [Roberto Carlos. L’ho sentito. Nella radio.]
(prende in mano la radio come qualcosa di prezioso)
REGINA: Che fai? Mettila a posto!
SONIA: Onde está? Onde está? [Dov’è? Dov’è?] (cerca in vano trovare la musica di Roberto
Carlos nella radio)
Regina le strappa la radio di mano.
REGINA: Dammela! E’ MIA. MI-A, capito? E non ti azzardare più a toccare le mie cose!
(spingendo Sonia) Il tuo posto è là. Vedi questa linea? (disegna con la mano o il piede uno spazio
piccolissimo, disuguale) Tu stai da quella parte. Tutto questo territorio è mio. Capito? CA-PI-TO?
Sonia torna a sedersi sulla brandina e continua a osservare Regina che si sistema per un po’.
Adesso Regina fa come se Sonia non esistesse. Sonia è stanca, sospira, poi si abbraccia le
ginocchia e fissa il vuoto. Silenzio.
La porta si apre. Entra il Dott. Ciro, un uomo di statura media e apparenza impeccabile: capelli
ben pettinati, barba rasata, profumato, vestiti bianchissimi perfettamente stirati, guanti e
mascherina. Ha in una mano una cartelletta e nell’altra una borsetta con i suoi strumenti.
CIRO: Buon giorno. Lei deve essere la nuova arrivata, (leggendo dalla cartella) Sonia Maria
Aparecida Santos do Nascimento. Giusto? (Sonia risponde con un leve ceno) Allora devo visitarti.
Tutti quelli che passano qui devono essere controllati. Si alzi. (Sonia non si muove.) SI ALZI!
ALZARSI! (Sonia non si muove, lui la tira su per il braccio). Bene. (La guarda da su un giù con
uno sguardo concupiscente e scrive qualcosa nella cartella) Quanto pesa?
SONIA: Ãh... Cinqüenta e três quilos, acho. [Ciquantatre, penso]
CIRO (scrivendo): E quanti anni hai?
SONIA (confusa): Não entendo... [Non capisco]
Getta uno sguardo a Regina ma lei è impegnata a mettersi un scintillante ombretto e fa finta di
niente.
CIRO: Anni. Età. Edad.
SONIA: Ah, idade. Vinte e oito.
CIRO: Eh?
SONIA: Vinte e oito.
CIRO (scrivendo): Va beh.
SONIA: Doutor, por favor, quando eu vou poder sair daqui? [Per favore, dottore, quando potrò
uscire di quà?]
CIRO: Gruppo sanguineo?
SONIA: O senhor pode me informar? [Lei mi può dare questa informazione?]
CIRO: No entiendo. Gruppo sanguineo?
SONIA: O quê? [Cosa?]
CIRO (indicando il braccio): Sangue. Qual è il suo tipo?
SONIA: Não sei... [Non lo so]
CIRO: Lasciamo perdere. Mettiamo... AB positivo. Va bene così. Altezza?
SONIA: Alteza? Quem? [Altezza chi?]
CIRO (sbrigativo): Mettiamo uno e cinquantadue. Adesso devo visitarti. Togli la camicia.
Sonia lo guarda senza capire.
CIRO: La camicia. La devi togliere. (fa il gesto)
Sonia non si muove. Ciro inizia a spazientirsi.
CIRO (a Regina): Puoi spiegargli?
REGINA: Cosa mi dai a cambio, pisellone?
Ciro si irrita, poi si avvicina a Sonia e fa per sbottonarle la camicia. Sonia si ritrae.
CIRO: Calma. Non ti farò del male. Anzi. Vieni qui.
Ciro le accarezza la guancia, la annusa. Sonia pulisce dove l’ha toccata. Lui la prende per il
braccio, lei lo respinge.
SONIA (gridando): Não! [No!]
Ciro è arrabbiato.
CIRO (a un carabiniere fuori): Germano! Ho bisogno del tuo aiuto qui!
Entra un carabiniere.
CARABINIERE: Mi dica, Dottore.
CIRO: Questa ragazza non capisce l’italiano. La devo visitare.
CARABINIERE: Prego, Dottore.
Il carabiniere afferra Sonia. La tiene con le braccia strette alle spalle.
CIRO: Grazie, Germano.
Ciro inizia a sbottonare pian piano la camicia di Sonia, che è abbottonata fino al collo. Regina
guarda tutta l’operazione, mentre si fuma una sigaretta. Sonia ha una catenina con un crocefisso.
E’ inorridita, cerca di svincolarsi, ma evidentemente il carabiniere stringe forte le braccia dietro,
facendole male. Ciro la lascia in reggiseno. La guarda con piacere. Poi apre la sua borsetta e
prende lo stetoscopio. Lo appoggia nella regione del cuore. Misura il battito, guardando l’orologio alla
parete.
CIRO: Centotrenta al minuto.
Prende la cartella e scrive. Tutti i suoi sguardi, le sue parole e le sue mosse hanno molta malizia.
CIRO: Sembra che vada tutto bene.
Pausa, fissa Sonia, sorride. Prende la spallina del suo reggiseno e la lascia cadere, ma non scopre
il seno. Sorride.
CIRO: Va bene così, Germano. Finiamo un’altra volta.
Germano libera Sonia, che prende subito la camicia e si copre. Ciro e il carabiniere escono.
Regina sta finendo la sigaretta, osserva Sonia e la sua reazione la fa ridere. Sonia è molto scossa,
piange. Il riso di Regina la sconvolge ancora di più.
SONIA (piangendo): Como você pode ser tão... tão... O que eu fiz para você? Odeio esse lugar!
Odeio esse país! É tudo inútil! Por quê? (Regina continua a ridere. Sonia inizia a picchiarla)
Mocréia! Me deixa em paz! [Come puoi essere così... così... Cosa ti ho fatto? Odio questo posto!
Oddio questo paese! E’ tutto inutile! Perché? Stronza, lasciami in pace!]
REGINA (alzando la mano): Stronza! Come ti permetti! Vai dalla tua parte!
Sonia è spaventata, va nel sua spazio. Lungo silenzio. Sonia piange.
SONIA: Desculpa. Foi sem querer. [Scusa, non l'ho fatto per cattiveria]
Regina non risponde.
SONIA: Desculpa. Eu não queria te ofender. [Scusa non volevo offenderti]
REGINA (irritata): Perché non stai zitta? Hai già combinato un casino. (La guarda, capisce che
piange.) E poi devi parlare l’italiano, capito? Sei in Italia, devi parlare l’italiano.
SONIA: Mas você não é... [Ma tu non sei...]
REGINA (interrompendola, schietta): Bada ai fatti tuoi!
Lunga pausa. Entrambe si calmano. Regina torna alle sue attività. Si mette a sistemare con ago e
filo un vestito.
SONIA (di scatto): Meu nome é Sonia, sabe? [Mio nome è Sonia, sai?]
Regina la ignora.
SONIA: O seu nome é Jocasta, não é? Eu ouvi o policial te chamando assim. E’ um nome estranho,
nunca tinha ouvido. [Il tuo nome è Giocasta, vero? Ho sentito il poliziotto chiamarti così. E’ un
nome strano, non avevo mai sentito]
Regina non risponde.
SONIA (provando a parlare in italiano): Come ti chiama?
REGINA (scocciata): Come ti chiami, si dice.
SONIA: Come ti chiami?
REGINA: Regina.
SONIA: O nome da minha prima. Bonito. (Pausa. Regina é indifferente). Belo. [Il nome di mia
cugina. Belo.]
REGINA (la guarda): BeLLo. Con doppia eLLe.
SONIA: BeLLo. (Pausa). Você mora aqui faz muito tempo? (Regina non risponde. Sonia prova
ancora l’italiano con difficoltà) Tu abita qui faz molto tempo?
REGINA: Abiti. Tu abiti qui DA molto tempo.
SONIA. Isso.
REGINA: Ripeti.
SONIA: Tu abici qui da molto tempu.
REGINA: AbiTi. TempO.
SONIA: Tu abiti qui da molto tempo?
REGINA: Sì. Certo.
SONIA: Quantu?
Regina la guarda.
SONIA: QuantO?
REGINA: Dodici anni. (Sonia non capisce) Dieci più due.
SONIA (sorpresa): Você mora aqui faz doze anos? [Abiti qui da dodici anni?]
REGINA: In Italia.
SONIA: Ah. E de onde sei?
REGINA: Dove. Di dove sei.
SONIA: Di dove sei?
Ora Regina sta cercando di aggiustare le spalline del vestito, l’ho ha indossato, ma non riesce da
sola a mettere la spilla per fermarlo al punto giusto.
REGINA: Vieni qua. Mettimi questa spilla qua dietro. Così. Così va bene.
SONIA: Di dove sei?
REGINA (sbrigativa): Dell’Est. (guardandosi allo specchio) Così è perfetto.
SONIA: E’muito bonito. BeLLo. E’ seu? [E’ molto bello. E’ tuo?]
REGINA: Ti piace?
SONIA: Nunca tive nada parecido. [Non ho mai avuto niente del genere]
REGINA: Sì mi piace, si dice.
SONIA: Sì mi piace. (Pausa) Você sabe que lugar é esse? Não sei dizer isso em italiano... Che lugar
é queste?
REGINA: Posto, vuoi dire. Che posto è questo?
SONIA: É.
REGINA(Guardandola): Allora non sai dove sei?
SONIA: Não. Se você pode...
REGINA: NOOOO. (imitandola) Não. Che palle. (sarcastica) Lo scoprirai presto che posto è
questo.
SONIA: Eu quero ir para casa. Ninguém me diz nada. Eu pensei que você... [Voglio andare a casa.
Nessuno mi dice niente. Ho pensato che tu potessi...]
REGINA: Basta! Fanno bene a mandarti a casa. Scema! (schernendola) E pelosa pure! (ride)
Sonia è molto triste e offesa. Si rannicchia sul letto. Regina si tranquillizza.
REGINA: E va bene. Sei in un posto per stranieri. (usando gesti) STRANIERI, capisci? POSTO?
PER STRANIERI. Ti mandano al tuo paese.
SONIA: Para o meu país? Como para o meu país? [Al mio paese? In che senso?]
REGINA (sempre usando gesti): Tu non hai documenti. Sei clandestina. Ti mandano al tuo paese.
SONIA (disperata): Não é possível! Mas eu tinha conseguido um emprego! Estava trabalhando! Eu
não posso ir para casa! Tenho que mandar dinheiro para a minha família! Não quero ir para o meu
país! [Non è possibile! Dopo che sono riuscita a trovare un lavoro! Stavo lavorando io! Non posso
tornare a casa adesso! Devo mandare soldi alla mia famiglia! Non voglio tornare al mio paese!]
REGINA: Beh, avrai il biglietto gratis.
SONIA: Meu Deus do céu, me ajuda! Não é possível! Eu não posso voltar atrás! Não assim! Uma
perderora... Não tenho nada, nada! [Dio Santo, aiutami! Non è possibile! Non posso tornare
indietro! Non così! Una fallita! Non ho niente, niente!]
REGINA: Calmati. Non ti mandano via domani. Devono identificarti. Devono vedere se tu sei chi
dici di essere.
Sonia non capisce, è troppo sconvolta.
REGINA (usando gesti): Tu hai detto loro la verità?
SONIA (smarrita): Verità?
REGINA: Hai detto il tuo nome?
SONIA (con un filo di voce): Sì...
REGINA: Che stupida. Sembra che sei nata ieri. Comunque non importa. Non è così grave. Non è
detto che tu debba andare via. Sai, tutto dipende da come uno si comporta...
Sonia la guarda, senza capire. Regina riprende a sistemare il vestito. Sonia pian piano si calma.
Forte rumore d’aereo che passa.
REGINA: Questo non ci ha preso per un pelo. Uno di questi giorni ce lo troviamo qui dentro, sono
sicura. (Sonia la guarda. Regina s’accorge che non ha capito). L’aereo. Qualche giorno saltiamo in
aria. Come hanno fatto gli arabi in America. (Pausa. Guardandogli le mani) Non sei riuscita a
pulirti bene, vero? Bisogna strofinare forte. Anch’io ci ho messo alcuni giorni. Non hanno mai il
sapone apposta. (Pausa)
SONIA: Por que esse barulho? (Si fissano. Sonia usa i gesti) Barulho.
REGINA: Rumore. Te l’ho detto. Tutto questo rumore è dell’aeroporto. Siamo in periferia. (Pausa)
Non ti preoccupare. Alla fine ci si abitua.
Pausa. S’inizia a sentire un forte odore da fuori. Sarebbe interessante che anche la platea lo
sentisse. Regina si mette la mano sul naso, prende un profumo da sotto la brandina e lo spruzza
nell’aria e sulla lampada.
REGINA: Questo era il segreto della regina Sissi. Profumo sulla lampada. Così si diffonde nell’aria.
Meglio così, no?
SONIA (tappandosi il naso): Que cheiro é esse? [Cos’è questo odore?]
REGINA:Vuoi dire puzza.
SONIA: Puzza.
REGINA: Il bagno. E’ qui dietro. Lo scarico non funziona bene. Capisci? La merda rimane lì. Ma
adesso va meglio, no? Chanel numero 5.
Sonia si stappa il naso ma si vede che le dà fastidio.
REGINA: Ci si abitua anche a questo. (Suona una sirena. Orologio 12:00). Ora di pranzo.
Andiamo. (Sonia non si alza) Sirena uguale a pranzo. Mezzogiorno. Andiamo. Vieni. Vieni! Che
scema.
Escono.
Scena 4
Orologio 13:30. Regina fuma e sfoglia una rivista. Sulla cucina da campeggio, un pentolino con
della ceretta – Regina sta per depilarsi. Nella bacinella, in fondo, dei vestiti a mollo. Il letto di
Sonia è ora coperto con il lenzuolo di carta. Sonia ha gli stessi vestiti di prima però ora porta le
ciabatte. Le sue scarpe sono per terra, visibili. Silenzio. Sonia ozia. Cerca qualunque cosa per
distrarsi. Guarda le scarpe. Le ordina in un modo, poi nell’altro. Poi si risiede. Guarda Giocasta
concentrata, poi i muri, poi qualcos’altro, cercando di distrarsi.
SONIA: Ãh... O que você está lendo? [Cosa stai leggendo?]
Regina la ignora.
SONIA: Regina?
REGINA (irritata): Cosa vuoi?
SONIA (scandendo e indicando la rivista): O que você está lendo?
REGINA: Non capisco. (torna a leggere)
Pausa.
SONIA: Tem moscas aqui, né? Tem várias esmagadas aqui na parede. Dá para ver o sangue
grudado. Quantos anos não devem ter essas moscas. Deve ser o calor. Aqui faz um calor. Um
calorão. Parece a minha terra. (Breve pausa) Quem estava aqui antes de mim?
[Ci sono le mosche qui, no? Ci sono diverse spiaccicate al muro. Si può vedere il sangue
appiccicato. Quanti anni non devono avere queste mosche. Deve essere il caldo. Qui fa un caldo
pazzesco. Sembra la mia terra. Chi era qui prima di me?]
Regina la ignora.
Silenzio. Sonia cerca di distrarsi ma è soprafatta dall’ozio e dal silenzio.
SONIA: Posso ligar o rádio? [Posso accendere la radio?]
REGINA: No. Non vedi che sto leggendo?
Pausa.
SONIA: O que tu está leggendo?
REGINA: Cosa stai leggendo, si dice.
SONIA: Cosa está leggendo?
REGINA: stai.
SONIA: Cosa stai leggendo?
REGINA: Niente. Una rivista.
Breve pausa.
SONIA: E que rivista?
REVISTA: Una.
Pausa.
SONIA (indicando il pentolino): Acho que a sua comida está pronta. Está saindo fumaça. Um
cheiro... (si tappa il naso). [Mi sa che il tuo cibo è pronto. Si vede il fumo. E che puzza...]
Regina la ignora.
SONIA (tossendo): Regina? A sua comida... [Il tuo cibo..]
REGINA (arrabbiata): Ma vuoi stare zitta per una volta?
SONIA (sempre tossendo): Mas a comida tá queimando! (facendo il gesto di mangiare, poi
indicando il pentolino) Comida. Queimando. Fumaça. Comida. [Ma il cibo bruccia. Cibo.
Brucciare. Cibo. fumo...]
REGINA (arrabbiata): Si dice cibo, porca vacca! Ci-bo. Ignorante.
Regina va a vedere se la ceretta è pronta. Spegne il fuoco.
REGINA: E comunque non è cibo. E’ ceretta.
SONIA: Como?
REGINA: Ce-re-tta. (fa il gesto della depilazione) Traaac. Togliere i peli. Tu ne avresti bisogno.
Breve pausa.
SONIA: Puzza.
REGINA: E’ il prezzo che si paga per farsi bella.
Silenzio. Regina continua a leggere la rivista mentre aspetta che la ceretta si raffreddi. Sonia cerca
qualunque cosa da fare pur di non annoiarsi: torna a giocare con le sue scarpe, cerca di pulirle,
Cambia loro di posto un’altra volta. Poi va a leggere il Regolamento.
SONIA (pronunciando come il Portoghese): Durante il periodo di permanenza non puoi allontanarti
dal Centro. La Polizia e i Carabinieri hanno il compito di sorveglianza e di mantenimento dell’ordine
pubblico. Durante la permanenza presso il Centro, ti saranno dati vitto, alloggio e assistenza
medica.
REGINA (molto irritata): Vuoi stare zitta, cazzo? Lo stai facendo apposta!
SONIA: Desculpa. [Scusa]
REGINA: E poi lo stai leggendo tutto sbagliato. Imbecille.
SONIA: Não sou imbecile.
REGINA: Sì che sei imbeciLLe. (Chiudendo la rivista) Mi hai stancato. Sei troppo pallosa.
Va a verificare se la ceretta è alla temperatura giusta, ma non è ancora pronta. Accende la radio,
poi va a strizzare e stendere i vestiti che ha lasciato a mollo.
Entra Ciro.
CIRO: Buona sera. (accorgendosi della puzza) Cosa succede qui? Perché tutto questo fumo?
REGINA: Mi faccio bella per te, superuomo. Quando mi fai vedere la tua bella mazza da baseball?
CIRO: Non si fanno queste cose qui.
REGINA: Si fanno e come, tesoro. Lo sai benissimo. E tu dovresti vedere quanto sono brava. Vieni
a trovarmi qualche volta.
CIRO (impaziente): Mi riferisco alla ceretta. Non è permesso farsi la ceretta qui dentro.
REGINA: Da quando avete chiuso il parrucchiere è permesso, amore. (gli manda un bacio)
Ciro la guarda irritato.
CIRO (a Sonia, cercando di controllare l’irritazione): Beh, signorina, devo continuare gli esami.
Sono esami di routine. (prende dalla tasca due barattolini) Vede questi due barattoli? Ora le faccio
vedere. Li deve aprire così e mettere dentro le sue feci e la sua urina. Non insieme, eh. In uno mette
le feci, nell’altro metti l’urina. Poi li richiude così, vede? Li deve chiudere bene. Prenda.
Sonia prende i barattoli.
CIRO: Capito?
SONIA: Ãh... o que eu coloco dentro? [Cosa ci metto dentro?]
CIRO: Devi mettere l’urina. U-ri-na. E le feci. Fe-ci.
SONIA: Urina e...
CIRO: Fe-ci.
GIOCASTA: Devi cagare lì dentro, tonta. Cagare lo capisce. E pisciare. (fa il gesto) Sciiiiiiiiiii.
SONIA: Ah. Xixi e cocô. Tenho que fazer xixi e cocô aqui dentro?
CIRO: Beh... sì. Vengo a prenderli domani. (Fa per andare via. Poi torna indietro, gli accarezza la
faccia, con voce dolce) Hai dormito bene stanotte? (Sonia non capisce) Hai dormito, dormire, bene?
(Sonia non risponde) Se hai bisogno di qualcosa, vieni al mio studio. Posso darti delle pillole. Per
dormire meglio. (La bacia dolcemente sulla guancia. Fa per uscire).
GIOCASTA: Ehi, pisellone, io voglio le pillole.
CIRO (secco): Chiedile all’infermiera.
Esce. Sonia apre i barattoli, gioca con loro, tanto per fare qualcosa. Regina va a verificare se la
ceretta è pronta. Inizia a depilarsi. Sonia la osserva.
SONIA: Por que ‘cê faz isso? Deve doer...
Regina la ignora. Pausa. Regina cerca di accendersi una sigaretta, ma non ci riesce, perché è
incasinata con la ceretta.
REGINA: Mi fai un favore? Mi accendi la sigaretta? I fiammiferi sono lì accanto alla cucina.
SONIA: Ãh... Não entendi. Você pode repetir?
REGINA (con la sigaretta in bocca): Sigaretta. Voglio fumare.
SONIA: E onde estão os fósforos? [Dove sono i fiammiferi?]
REGINA (indicando la cucina): Ali. Lì.
Sonia prende la scatola di fiammiferi, ne prende uno e accende la sigaretta di Regina. Torna nel
suo “spazio”. Cerca di distrarsi ma non ci riesce.
SONIA: Sinto falta da minha família. Não tem nada para fazer aqui. (Pausa) Bom, você sempre tem
alguma coisa para fazer. (Pausa.Cercando di comunicare) Nada fazer aqui. [Sento la mancanza
della mia famiglia. Non c’è niente da fare qui. Beh, tu hai sempre qualcosa da fare…]
REGINA: Si dice: niente da fare qui. (Breve pausa) Beh, se non hai immaginazione.
SONIA: Tinha uns homens jogando futebol lá fora. Fu-te-bol. Entende? [C’erano degli uomini che
giocavano a calcio fuori.]
REGINA: Calcio.
SONIA: O quê?
REGINA: Gli UOMINI giocavano a CALCIO.
SONIA: Ah.
REGINA: E’ vero, loro possono uscire, distrarsi. Le donne sono più sfigate. Soprattutto se sono
sceme come te.Una volta c’era il parrucchiere, una sorta di salone di bellezza in cui le donne
potevano pettinarsi, farsi la piega, il colore... C’era sempre un mucchio di africane che si facevano
le trecce. Come puzzano! Non le sopporto. Ma mi divertivo dal parrucchiere.
SONIA: O que é paruquiere?
REGINA: PaRRUcchiere. (mostrando) Pettinarsi i cappelli, sai?
SONIA: Ah. (Breve pausa) E o que aconteceu com o paRRUcchiere? Perché non parrucchiere?
REGINA: Perché non c’è più? Beh, hanno detto che era pericoloso. Una rumena ha rubato un paio
di forbici e si è tagliata le vene. (fa il gesto) Era sangue da tutte le parti, brrr!
Sonia capisce. Silenzio. Entra l’operatrice.
OPERATRICE (felice): Buona sera, ragazze. Tutto bene?
Regina e Sonia la guardano. Momento di imbarazzo.
OPERATRICE: Ah, ti fai la ceretta? L’ho fatta anch’io ieri. Che marca usi?
REGINA: Non ho idea. Me l’hanno portata così, senza imballo.
OPERATRICE: E’ buona però. La pelle è liscia, si vede. Quelle cattive ti lasciano sempre dei peli
sparsi, e poi deve rifarla da capo, una vera noia. (Regina non è interessata.) Bene. (A Sonia) Ti ho
portato questa. (le porge una scheda) E’ una scheda telefonica. Mancava nel tuo kit. Puoi
telefonare. (fa il gesto) Cinque euro per telefonare. Capisci?
SONIA: Ah, obrigado.
REGINA (a Sonia): Grazie, rimbambita.
SONIA: Grazie, rimbambi...
REGINA: No, solo grazie!
SONIA: Grazie.
OPERATRICE: Prego.
L’operatrice fa per uscire.
SONIA: Desculpa, moça! Scusa. Eh.... (cercando di farsi capire) O agasalho de antes, sabe? Esse
aqui. A senhora falou que trazia um outro.
OPERATRICE: Ah, che testa! Certo. Mi sono dimenticata. Te ne porterò un’altro.
Sorride e fa per uscire nuovamente.
SONIA: Scusa, moça, é que eu queria... A senhora tem... (mimando) papel e caneta. Sabe? Papel e
caneta. Escrever. [Signorina, mi scusi… volevo… lei ha… carta e penna? Per scrivere?]
OPERATRICE: Vuoi una penna? E della carta?
SONIA: Penna, sì. E...
OPERATRICE: Carta, giusto?
SONIA: Sì, grazie. Carta.
OPERATRICE (sorridendo): Purtroppo non te le posso dare, cara. E’ proibito. Ordini superiori. Ah,
dimenticavo: quando vuoi usare la scheda per chiamare, devi farti accompagnare da una delle
guardie. Devi prima dire chi vuoi chiamare. Il direttore deve approvare, capito? Bene, adesso vi
lascio. Ciao, ciao.
Esce.
REGINA (imitando): Ciao, ciao. (burbera) Cornacchia. Un giorno la impicco con la sua stessa
lingua e la lascio lì, in bagno, a dondolare sopra la merda. Come ha fatto l’egiziano. Blablabla.
SONIA: O quê?
REGINA: Niente. Lascia perdere.
SONIA (cercando di imparare): Niente. Lascia perdere.
REGINA (aggressiva): Non imitarmi! Stai zitta e non rompere i coglioni.
Silenzio. Regina alza il volume della radio. Canta. Pop italiano. Sonia s’annoia, va a guardare i
vestiti appesi in fondo. Siccome alcuni sono secchi, si mette a raccoglierli.
REGINA (arrabbiata): Che cazzo fai? Non ti ho detto che ‘sta roba è mia! Lascia stare! (le toglie di
mano i vestiti)
SONIA: Eu estava recolhendo... Estão secas... Eu ia dobrar para você... [Li stavo solo
raccogliendo... Sono asciutte… Volevo piegarli per te]
REGINA: Non m’importa se sono asciutti o meno. Non impicciarti. Sono MIEI! (la spinge)
Sonia va “dalla sua parte”. Regina continua a cantare. La luce scende piano.
Scena 5
Orologio 5:30. Regina dorme. Sonia è sveglia. Rumore d’aereo. Sonia ammazza zanzare.
Scena 6
Orologio 9:00. Regina si sta facendo la barba. Ha una bacinella sulle gambe, la lametta in mano e
la schiuma da barba accanto a sé. Sonia è ancora sdraiata. Cerca di dormire dopo una notte
insonne. Si gira di qua, di là, ma non ci riesce. Finalmente si stiracchia, sbadiglia (ha una faccia
stanchissima) e si siede al bordo del letto. Osserva Regina.
REGINA (guardandola con la coda dell’occhio): Distrutta, eh?
SONIA: O quê? [Cosa?]
Regina ride.
SONIA: Esse barulho de noite. E agora esses pernilongos... Não consigo dormir. [Questo rumore la
notte. E adesso queste zanzare… Non riesco a dormire.]
Regina non risponde. Sonia annusa i vestiti che ha addosso: puzzano.
SONIA: Preciso trocar de roupa. Puzza. [Devo cambiarmi.]
REGINA: Cosa? Ah, i vestiti. Beh, sei già stata fortunata. Ti hanno dato le lenzuola nuove. Io ho
dovuto accontentarmi di quelle che ho trovato. Chissà chi ci ha dormito prima di me. Qualche negro
a dire dall’odore. Bleah. Ho dovuto spruzzare mezza boccetta di profumo.
Rumore di folla fuori scena. Grida di carabinieri.
CARABINIERI: Fate la coda! Attenzione! Dovete fare la coda! Ehi tu, fermo! Adesso state giù.
GIU’! GIU’! Madonna, siete dei muli. GIU’! Adesso facciamo l’ispezione. Ehi voi, dove andate?
No, non potete pisciare adesso. State fermi.
EXTRACOMUNITARIO: Signore, per favore, informazione.
CARABINIERE: ZITTO!
Il rumore continua.
SONIA: O que está acontecendo? O que é isso lá fora? O que – fora? [Cosa sta succedendo? Cosa
c’è là fuori?]
REGINA: Sono i nuovi sbarcati.
SONIA: Não entendo. [Non capisco]
REGINA: Sbarcati. Tu vai in barca per il mare e poi sbarchi da qualche parte. Quelli sbarcano qui.
Sonia continua a sentire i rumori.
REGINA: Non ti preoccupare, non portano nessun’altro. Ci ho già pensato io.
Pausa. Sonia va fino all’entrata della gabbia guarda fuori. Poi torna a sedersi.
SONIA: Tem muita gente. [C’è molta gente]
REGINA: GenTE. Beh, cosa ti aspettavi?
Dopo che Regina ha finito di farsi la barba, prende una scatola da sotto il letto: il suo guardaroba.
Lì ci sono diversi vestiti “di scena”: lunghi, scollati, con piume e pailletes... Ci sono anche scarpe e
qualche accessorio particolare. Sonia guarda rapita. Non ha mai visto vestiti del genere in vita
sua. Ai suoi occhi sono i vestiti di una vera diva.
SONIA: São... são... maravilhosos! (Breve pausa) São seus? [Sono... sono... meravigliosi! Sono
tui?]
REGINA: Certo che sono miei. Si dice: So-no tu-oi.
Regina ne ha stesi diversi sopra la brandina e cerca di sceglierne uno per la “serata”. Li guarda,
se li mette davanti, si guarda allo specchio.
REGINA: Ti piace questo?
SONIA: Mi piace.
REGINA: Sì, sì. E’ bello. Uno dei miei preferiti. Mi piace questa scollatura. E queste pailletes sulle
maniche danno, non so, un tocco particolare. (Sonia guarda meravigliata) Tocca, tocca. Senti
com’è morbido il tessuto.
Sonia tocca il vestito.
REGINA: Non ne hai mai avuto uno così, vero? Da dove vieni?
SONIA: Interior do Ceará. Serra do jegue.1
REGINA (ride): Madonna, che cazzo può esserci in posto del genere. Asini e cactus.
SONIA: Parece o vestido de uma atriz de novela. [Sembra un abito da attrice da telenovela]
REGINA: Beh, almeno c’è la televisione. Anche a me piacciono le telenovelas. Anzi, le adoro. Qui
a volte ne fanno vedere qualcuna. (ride) E’ strano sentire Regina Duarte parlare in italiano con una
voce che non è la sua.
SONIA: Então você conhece Regina Duarte...2 [Allora conosci Regina Duarte…]
REGINA (irritata): Te l’ho detto che qui ce la fanno vedere. (imitandola) Conhece Regina Duarte?
(sfogandosi) Sei insopportabile. (Pausa) Comunque, quale ti piace di più? Quale di questi
preferisci?
SONIA: Não sei... Todos. [Non lo so… Tutti.]
REGINA: Ho capito che ti piacciono tutti, ma devi sceglierne uno. Non posso metterli tutti insieme.
SONIA: Eh... Esse aqui. [Questo qui.]
REGINA: Questo? E’ vero, è molto bello. (se lo mette davanti ) Questo colore mi sta bene. E va
benissimo con questo boa. Sì, stasera me lo metto.
SONIA: Onde... dove você vai?
REGINA: A lavorare, chiaro. (Sonia non capisce la parola) La-vo-ra-re. Come pensi che mi possa
permettere certe cose qui dentro?
SONIA (indicando il vestito): E’ lindo. [E’ bellissimo]
REGINA: Grazie, bambola. (la guarda) Forse non sei del tutto scema.
Entra un carabiniere, con una cartella in mano.
CARABINIERE: Ciao, Giocasta. (a Sonia, incasinandosi tutto) Tu sei Sonia Maria Aparecida
Santos do Nascimento?
SONIA: Sì.
CARABINIERE: Ho bisogno di confermare i tuoi dati. Devi venire con me.
Sonia rimane ferma.
CARABINIERE: Vieni. Venire. Venire con me.
Lui la prende per braccia. Sonia è spaventata.
CARABINIERE: Venire con me per dati. Da-ti. Capito? In-for-ma-zio-ne.
SONIA (prendendo la scheda telefonica): Então io telefonare! Posso telefonare?
CARABINIERE (di cattivo umore): C’è casino oggi. Vediamo.
Escono. Regina mette la radio, canta mentre si trucca. Le luci scendono piano.
Scena 7
Orologio 20:30. Entra Sonia. Ha le lacrime agli occhi. Regina sta finendo di mettersi le ciglia
finta. Ora è una tutta agghindata per il suo show. Fissa Sonia.
REGINA: Ora cos’è successo?
Sonia non risponde. Le lacrime le piombano dagli occhi.
REGINA: Sei veramente patetica. (Pausa) Dai, cos’è successo? Sputa il rospo.
SONIA (con un filo di voce): Nada. [Niente]
REGINA (imitandola): Nada. Si vede.
Silenzio. Sonia va dalla “sua parte”. Cerca di pulirsi la faccia e calmarsi. Regina continua a fare le
sue cose.
SONIA: Eu menti... (Regina la guarda. Pausa.) Menti para a minha família. [Ho mentito alla mia
famiglia]
REGINA: HO mentito. Uh, che grave. Ti metteranno il galera per questo.
Pausa.
REGINA: E va bene. Scusa. Vai avanti. (Pausa) Era uno scherzo, dai. Per sdrammatizzare. (Pausa)
Hai mentito alla tua famiglia. E allora? (Sonia non dice nulla) E va bene.
SONIA: Eu disse que...
REGINA: HO detto.
Pausa.
REGINA: Cerco solo di aiutarti. Devi imparare, no?
SONIA: Disse... ho detto... que moro numa casa enorme. Como os ricos das novelas. [Ho detto che
abito in una casa enorme. Come quelle dei ricchi nelle telenovelas.]
Regina ride a squarciagola.
REGINA: Hai detto alla tua famiglia che abiti in una villa di ricconi? Che forte!
SONIA: Uma casa linda, com muitas empregadas. Eu era a senhora da casa, não a empregada.
Disse... ho detto... que vou me casar com um italiano rico. [Una casa bellissima e c’era la servitù.
Io ero la signora della casa e non la servitù. Ho detto che mi sposavo un italiano ricco]
REGINA (ridendo): Sei incredibile! Ti sposerai con un italiano ricco! Magari con un Agnelli! Mi
fai ridere! (imitando un rapporto sessuale) Ah, agnellino, fammi venire! Adesso!
SONIA (arrabbiata): Você é má. Me deixe em paz. [Sei cattiva. Lasciami in pace.]
REGINA: Calma, tesorino. D’accordo, ho esagerato. A volte mi lascio trascinare dalla mia vena
artistica. Anche tu hai talento, sascena 7i? (Sonia la guarda interrogativamente) Potresti fare del cabaret.
Sei comica. Non ti piacerebbe fare l’attrice?
SONIA: Atriz?
REGINA: Attrice.
SONIA: Não sou bonita. [Non sono bella]
REGINA: E che c’entra? (Breve pausa) E poi non sei così male. Certo, non sei bella come me, ma
con un po’ di trucco... E meno peli, certo.
SONIA (confusa): Truque?
REGINA: TruccO. (fa i gesti) Un po’ di rossetto, fard, maschera per le sopraciglia...
SONIA: Ah, maquiagem.
REGINA: Ecco, le sopraciglia: dovresti potarle un po’, sembrano due cespugli. Figuriamoci lì
sotto...
SONIA: Não tenho maquiagem. [Non ho del trucco]
REGINA: Non mi stupisce. Sembri una suora. Ti piace come mi sono truccata?
Sonia annuisce. Regina prende una scatola di scarpe da sotto il letto, in cui tiene il suo trucco.
Prende un rossetto rosso.
REGINA: Ti mostro io come si fa. Apri la bocca così. No, non troppo. Sì. (gli mette il rossetto)
Adesso devi fare così con le labbra. Brava. Vuoi guardarti allo specchio? Vieni.
Sonia si guarda allo specchio. Sembra non riconoscersi.
REGINA: Molto meglio. Ma bisogna far qualcosa con questi cappelli...
Regina fa per sciogliere i cappelli di Sonia, ma lei si ritrae.
SONIA: Não! [No!]
REGINA: Cosa c’è?
SONIA: Não... é que... não gosto dos meus cabelos. É melhor assim. [Non mi piaciono i miei
cappelli. Lasciali così.]
REGINA: Non fare la scema! Se li lasci sempre così, non puoi sapere se sono belli o brutti.
SONIA: Não, deixa. Por favor. [No, lascia stare. Per favore]
Sonia va nella sua zona.
REGINA: Se preferisci così. (Pausa) Ma sappi che tu sei carina. Non bella come me, ma carina.
Potresti sfruttarlo se volessi...
Entra Ciro. Sonia si irrigidisce.
CIRO: Buona sera.
REGINA: Eccolo qui, il mio uomo! Cosa ci fai a quest’ora? Il tuo turno non finisce alle sei?
CIRO (sbrigativo): Troppo lavoro. (a Sonia) Come ti senti? Stai dormendo bene? Ti ho portato
delle pillole, nel dubbio (le porge delle pillole, dentro una bustina plastica) Beh, vedo che stai
meglio. Ti sta molto bene il rossetto.
Sonia si toglie il rossetto con la mano.
CIRO: Perché l’hai fatto? Peccato. (Pausa) Beh, sono venuto per i barattoli. Ce li hai? I ba-ra-tto-li,
ricordi? (Sonia glieli porge) Brava. Vedo che stai capendo meglio l’italiano. (li mette nella tasca
del suo camice). Ora devo misurarti la pressione. Il braccio, per favore.
Sonia non si muove, lui prende il suo braccio, mette l’apparecchio per misurare la pressione e
esegue la misurazione.
CIRO: Cento e venti per diciotto. Un po’ bassa. Comunque va bene.
Ciro scrive qualcosa sulla sua cartella.
SONIA: Porque todos esses exames? [Perché tutti questi esami?]
CIRO: Gli esami? (Breve pausa. Sorride) Perché ci piace tenere a bada i nostri ospiti. Non
vogliamo che dilaghi qualche epidemia, non è vero?
Guarda Sonia con malizia e pulisce i residui di rossetto sulla sua faccia.
CIRO: Belle labbra. Sei hai bisogno di qualcosa, chiamami.
Esce. Silenzio.
REGINA: Stronza. Con questa faccia da pesce lesso la sai lunga.
SONIA: O quê? [Cosa?]
REGINA: Niente. Mi dai le pillole? (Sonia la guarda) Le pillole, me le dai?
SONIA: Por quê? [Perché?]
REGINA: Non vorrai mica prenderle? Ti stendono.
Sonia le porge la bustina con le pillole. Regina le mette in una scatolina insieme a molte altre.
SONIA: E você, o faz com todas essas pílulas? [Cosa fai con tutte queste pillole?]
REGINA: Collezione.
Rimette la scatolina sotto il cuscino.
Pausa.
SONIA: Grazie.
REGINA: Di cosa?
SONIA: Do baton. Rossetto.
REGINA: L’hai tolto, che ti importa.
Silenzio. Regina mette sulla radiolina una cassetta vecchia e usata.
SONIA: O que você está fazendo? [Cosa fai?]
REGINA: Sono affari miei.
Regina mette la musica e prova il suo numero. Canta e balla. Momento di festa. È importante la
spettacolarità del numero di Giocasta. La tristezza di Sonia pian piano si svanisce, dando luogo a
un grande stupore. Alla fine, applaude fragorosamente.
REGINA (inchinandosi al pubblico come una grande attrice alla fine di una recita): Grazie! Grazie
mille!
SONIA: E’ maravilhoso!
REGINA: Ti piace allora?
SONIA: Você é incrível! Uma grande atriz, uma grande cantora! [Sei stupenda! Una grande
attrice, una grande cantante!]
REGINA: Uh, quanti complimenti. Grazie. (guardandola da capo a piedi) Tu non sai ballare, vero?
SONIA: Eu? (vergognadosi) Não... [No...]
REGINA (alzando il mento di Sonia con un dito) Magari ti insegno io qualcosa.
Buio.
Scena 8
Orologio 3:30
Sonia è a letto e cerca di dormire. Rumore d’aereo. Rumore fuori scena, passi, percossa, grida.
CARABINIERE 1(voce): Zitto, pezzo di merda! Froccio! Cammina!
CARABINIERE 2 (voce): Sai come si chiama? Edevaldo Martins!
Risa.
CARABINIERE 1 (voce): Edevaldo! Ti piace succhiare il cazzo, vero? Ora ti faccio vedere!
Percossa, gemiti.
CARABINIERE 3 (avvicinandosi, voce): Ehi, Germano, lascialo stare,! E’ amichetto del capo.
CARABINIERE 1 (voce): Zitto! Adesso striscia! Striscia per terra, stronzo! Devi leccarmi le
scarpe! Brutto finocchio di merda!
REGINA (voce con dolore): Figli di puttana, vi farò pagare!
CARABINIERE 2 (voce): Basta, andiamo via.
CARABINIERE 1 (voce): La prossima volta che fai lo scemo, ti scoppio il culo con questa pistola,
capito? Coglione!
Il carabiniere spinge Regina dentro la gabbia. Regina è senza parrucca, lui gliela butta la addosso.
Regina ha il naso sanguinante. Sonia la guarda inorridita. Regina rimane seduta per qualche
istante, poi riprende la parrucca, se la rimette, si alza.
REGINA (grida, furiosa):COS’HAI DA GUARDARE?
Sonia trema, si gira dall’altra parte, fa finta di dormire. Regina si siede sulla brandina, mette le
mani sulla faccia e piange in silenzio. Buio.
Scena 9
Orologio 16:30. Sonia e Regina sono sveglie, ognuna sulla propria brandina. Fa molto caldo e la
puzza è insopportabile. Silenzio. Regina ha un ventaglio in mano e lo sventola. Ha dei lividi per il
corpo e la faccia gonfia. Sonia è disturbata da una mosca, che la perseguita. Sonia la scaccia, ma
la mosca torna, e così via, finché non la spiaccica contro il muro con la mano.
SONIA (pulendosi la mano): Que nojo.
Pausa. Sonia prende l’acqua il sapone e si lava la mano. Regina posa per terra il ventaglio e
prende un sacchetto da sotto il letto: dentro ago e filo. Si mette a lavorare all’uncinetto. Sonia la
guarda.
SONIA: Crochê! Que bonito. [Lavori all’uncinetto! Che bello.]
Regina gli getta un rapido sguardo.
SONIA: Eu não sei fazer muitas coisas. Até gostaria, mas não tenho talento. O que você está
fazendo, uma blusa? (Silenzio) Regina? [Non so fare molte cose. Mi piacerebbe, ma non ho
talento. cosa stai faccendo, una magliettina?]
REGINA: Non ho voglia di parlare, te l’ho detto.
Silenzio.
SONIA (indicando la radiolina): Então um pouco de música? [Allora un po' di musica?]
Regina non risponde. Silenzio.
SONIA (timidamente): Eu... posso fazer alguma coisa por você? [Posso fare qualcosa per te?]
Regina non risponde.
SONIA: Regina?
Regina la ignora. Sonia si mette a giocherellare con le sue scarpe. Poi si stanca. Scaccia qualche
mosca.
SONIA: Posso me sentar perto de você? [Posso sedermi vicino a te?]
Regina non risponde. Sonia va a sedersi sulla sua brandina. Gli accarezza il viso un po’ timorosa.
SONIA: Dói? [Fa male?]
REGINA: Tu che ne pensi.
SONIA: Está bem inchado. Você passou alguma coisa? [E’ molto gonfio. Ci hai messo qualcosa?]
REGINA: Una crema.
SONIA: Gelo?
REGINA: No, niente ghiaccio.
SONIA (facendo per alzarsi): Eu posso pedir um pouco de gelo para você. [Posso chiedere un po’
di ghiaccio per te.]
REGINA: No, stai. Lascia perdere il ghiaccio. Non te lo daranno.
SONIA: E o medico?
REGINA: Scherzi?
Pausa.
REGINA: Odio quando fanno così. La verità è che vorrebbero essere inculati ma non hanno le palle
per ammetterlo.
Pausa.
SONIA: Uma vez meu patrão me tratou muito mal. Lá no Brasil. Me botou para fora da loja na
porrada. Falou que eu tinha roubado dinheiro. Fiquei com o olho roxo três dias...
[Una volta il mio capo mi ha trattato molto male. In Brasile. Mi ha buttato fuori dal negozio a
ceffoni e strattonate. Ha detto che io gli avevo rubato dei soldi. Ho avuto lividi in faccia per tre
giorni...]
REGINA: E avevi rubato i soldi?
SONIA: Claro que não.
REGINA: Uno stronzo allora.
SONIA: Foi a minha melhor amiga. Colocou a culpa em mim. [E’ stata la mia migliore amica. Mi
ha incolpata]
REGINA: Veramente? Che troia. E tu cos’hai fatto?
SONIA: Nada.
REGINA: Come nada? Io avrei ammazzato di botte una così.
SONIA: Não falei mais com ela, só isso. [Non gli ho più parlato, e basta]
REGINA: Un po’ poco. Era la tua miglior amica e ti ha fatto perdere il lavoro.
SONIA: E’, não agiu bem. Mas ela estava precisando de dinheiro. Até entendo. [E’ vero, non si è
comportata bene. Ma aveva bisogno di soldi, posso capirla.]
REGINA: Almeno denunciarla.
SONIA: Para quê? Não existe justiça. [Perché? Non c’è giustizia.]
REGINA: Passami una sigaretta.
Regina smette un attimo di fare lavorare all’uncinetto e si accende una sigaretta.
SONIA (annusandosi) Puzzo.
REGINA: Te li puoi scordare i vestiti puliti. Quella se ne frega. (Dopo un attimo, indicando una
maglietta appesa sulle sbarre) Prendi quella maglietta se vuoi.
SONIA: O quê?
REGINA: Quella maglietta. Prendila.
SONIA: Para mim? [Per me?]
REGINA: In prestito.
SONIA (contentissima): Grazie!
REGINA: Prendi anche quel pantaloncino. E lava questi vestiti, per carità.
Sonia si mette la maglietta e il pantaloncino di Regina e si mette a fare il bucato.
REGINA: ‘Sta gente non fa altro che cagare. Fra poco staremmo nuotando nella merda.
Pausa.
SONIA (sorridendo): Hoje falei com a minha família denovo. [Oggi ho parlato un’altra volta con
la mia famiglia]
REGINA: E allora?
SONIA: Mi ha piaciuto.
REGINA: Mi E’ piaciuto. Cosa? Parlare con loro?
SONIA: No. Mentire.
REGINA: Finalmente.
SONIA: Como?
REGINA: Sono contenta per te. Era ora.
SONIA: Eu disse a minha família que conheci alguém.
REGINA: In che senso?
SONIA: Que estava andando na rua e... (si trattiene)
REGINA: Stavi camminando per strada, e?
SONIA: Não, nada.
REGINA: Cosa c’è? Non ho capito. Hai iniziato a raccontare, poi ti tiri indietro.
SONIA: Tenho vergogna. [Mi vergogno]
REGINA: Vergogna di che?
SONIA (la guarda): De você. Vai tirar sarro de mim... [Di te. Mi prenderai in giro...]
REGINA: Non ti prenderò in giro. Non sono dell’umore. (Pausa) E allora?
SONIA: Eu estava andando pela rua... Uma rua muito chique... Rua... [Stavo camminando per
strada… Era una via molto chic… via…] (non si ricorda il nome)
REGINA: Montenapoleone. Via Montenapoleone.
SONIA: Sì. Com lojas caras, vitrines, coisas lindas. Estava passando lá, assim, por acaso. Então ele
me vê. [Sì. C’erano negozi cari, vetrine con cose bellissime. Io passavo di là per caso. Allora lui
mi ha visto]
REGINA: Lui chi?
SONIA: Lui... un homem lindo, alto, com terno e gravata, desses de revista ou de televisão. (Regina
ride) Pensei que ele nem ia me notar, mas dessa vez me olhou. Aquele olhar forte, penetrante, olhos
azuizinhos como uma piscina. Os ombros largos, os braços fortes, as pernas grossas, peludas...
[Lui... un uomo bello, altro, ben vestito, come quelli che si vedono nei giornali o nella televisione.
Ho pensato che lui non mi avrebbe mai notato, ma questa volta mi ha visto. Quello sguardo forte,
penetrante, occhi azzurri come una piscina. Spalle larghe, braccia forti, gambe grosse, pelose…]
REGINA: Era nudo?!
SONIA: Não, mas... quero dizer, dava para imaginar... embaixo da roupa. (riprendendo) Aquelas
pernas, aquele peito... [No, ma... voglio dire... potevo immaginare, sotto i vestiti…
Quelle gambe, quel petto…]
REGINA: Gesù, hai bisogno di una scopata.
SONIA: O quê? [Cosa?]
REGINA: No, niente. Continua.
SONIA: E então ele olhou para mim e eu olhei para ele e me pediu uma informação. [Allora lui mi
ha guardato e io l’ho guardato e lui mi ha chiesto un’informazione]
REGINA: Ti ha chiesto un’informazione? Un italiano a una straniera?
SONIA: É. Sei lá. Não me lembro direito. Mas depois ele me elogiou, me disse: “Moça, você é a
mulher mais linda que eu já vi na face da terra”. [Sì... insomma, non mi ricordo bene. Poi mi ha
fatto un complimento, mi ha detto: “Signorina, lei è la donna più bella che ho mai visto in vita
mia”].
REGINA: In Portoghese? Un italiano in via Montenapoleone ti ha chiesto un’informazione e poi ti
ha fatto una dichiarazione d’amore in Portoghese?
SONIA: Não, eu traduzi. Era um modo de dizer.
REGINA: E poi?
SONIA: Depois me convidou para jantar. [Poi mi ha invitato a cena]
REGINA: E hai acettato l’invito?
SONIA: Sì. Mi ha portato in un ristorante muito chique. Uma fineza só, precisa ver. Um monte de
garfos e facas e copos para água, para vinho, para não sei o quê. [Sì, mi ha portato in un ristorante
molto chic. Che finezza! C’erano tanti tipi di coltelli e forchette e bicchieri per l’acqua, per il vino,
per chissà cosa.]
REGINA: E poi ti ha invitato ad andare a casa sua?
SONIA: Claro que não. É um moço de família. [Ma no! E’ un ragazzo di famiglia!]
REGINA: Che noia. Ora veniva il più bello.
SONIA: Ele tem que me pedir em casamento primeiro. [Lui mi deve chiedere in matrimonio
prima]
REGINA: D’accordo. E te l’ha chiesto?
SONIA: Pegou na minha mão assim, me deu um beijo, como nos filmes, e me disse: você quer
casar comigo? [Mi ha preso per mano, così, mi ha baciato come nei film e mi ha detto: vuoi
sposarmi?]
REGINA: Nel primo appuntamento? Ti ha chiesto di sposarlo nel primo appuntamento?
SONIA: Depois me levou para conhecer a família dele, gente importante. E todos me abraçaram e
ficaram felizes. [Poi mi ha fatto conoscere la sua famiglia, gente importante. E tutti mi hanno
abbracciato, erano molto felici di conoscermi]
Breve pausa.
REGINA: Hai raccontato tutte queste balle alla tua famiglia?
SONIA: E disse também que ele quer ter muitos, muito filhos comigo. [E ho detto anche che vuole
avere tanti figli con me]
REGINA: E ora come fai?
SONIA: Como assim? [In che senso?]
REGINA: Voglio dire, i tuoi vorranno essere invitati al matrimonio. Magari si aspettano che tu
mandi loro dei soldi.
Sonia si rattrista.
REGINA: Ehi, che c’è?
SONIA: Eles ficaram tão felizes. Minha mãe disse que eu sou o orgulho da família. Todo mundo
pergunta de mim. Todo mundo quer saber notícias. [Li ho fatto tanto felici... Mia madre ha detto
che io sono l’orgoglio della famiglia. Tutti chiedono di me. Tutti vogliono avere mie notizie.]
REGINA: Almeno hai una famiglia.
Pausa.
SONIA: Que dia é hoje? [Che giorno è oggi?]
REGINA: Non lo so. Quel calendario è dell’anno scorso. L’ho trovato lì.
SONIA: Quanto tempo falta? [Quanto tempo manca?]
REGINA: Per cosa?
SONIA: Para ir embora. Espulsione. [Per andare via.]
REGINA: Non si sa. Può essere da un giorno all’altro. Dipende da loro. Siccome sono delle capre,
normalmente si resta fino al sessantesimo giorno.
Sonia ha finito di fare il bucato e appendere i vestiti sulle sbarre.
SONIA: Grazie.
REGINA: Prego.
SONIA: Queria te pedir uma coisa. [Volevo chiederti una cosa]
REGINA: Cosa?
SONIA: Você quer me pentear? [Mi vuoi pettinare]
REGINA: Come mai hai cambiato idea?
SONIA (timidamente): Eu queria... ser bonita. Como você. Pelo menos uma vez. [Volevo essere
bella… come te. Almeno una volta nella vita.]
Regina esita. Sonia è ancora molto triste pensando alla famiglia.
REGINA: Vieni qui.
Sonia si siede accanto a Regina, che prende una scatola con spazzole e cose varie per i cappelli. Le
scioglie i cappelli e inizia a pettinarli.
REGINA: Sono belli.
SONIA: Você acha? [Lo pensi davvero?]
Sonia si gode la pettinatura.
REGINA: E allora, hai già pensato al vestito?
SONIA: Que vestido? [Quale vestito?]
REGINA: Per il matrimonio.
SONIA (occhi chiusi, sorridendo): Vai ser branquinho branquinho como uma andorinha.
Comprido, com uma cauda enorme. E com rendas, muitas rendas. Tudo bem fofo. Sapatos brancos
e coroa na cabeça, como uma princesa. [Sarà bianco bianco come una colomba. Lungo, con una
coda enorme. E con tanti tanti merletti. Bello e morbido. Scarpe bianche e corona sulla testa, come
una principessa.]
REGINA: Ti metti il velo?
SONIA: O véu? Sim... Tulle, transparente.
REGINA: Plumas?
SONIA: Não, plumas não. [No, non piume]
REGINA: Eu acho que ficaria bem. [Penso che ti starebbero bene]
SONIA: E os convites. Uma vez eu vi uns convites na casa de uma patroa. Eram dourados, um
papel bem delicado, uma letra bonita. Quero assim. O meu nome e o nome dele. Em letras
douradas. E vou mandar para todo mundo, para todo mundo saber que a Sônia vai casar. A Sônia
vai casar. O pessoal vai ficar impressionado. [E gli inviti. Una volta ho visto degli inviti a casa di
una signora per chi lavoravo facendo le pulizie. Erano dorati, una carta molto delicata, una scritta
molto bella. Voglio proprio così. Il mio nome e il suo. In lettere dorate. E manderò a tutti quanti,
perché tutti sappiano che Sonia si sposerà. Sonia si sposerà. Tutti rimarranno di sasso.]
REGINA: Qui sotto hai dei nodi.
SONIA: E vão dizer: nossa, a Sônia é mesmo uma mulher de sorte. Teve coragem, foi embora,
lutou e mudou de vida. [E diranno: caspita, Sonia è veramente una donna fortunata. Ha avuto il
coraggio, ha lasciato tutto, ha lottato e cambiato vita]
REGINA: Ecco, vedi come brillano?
SONIA: Agora estou tão cansada. [Adesso sono così stanca]
REGINA: Brillano tantissimo.
SONIA: Não tenho dormido bem. [Da tanto che dormo male]
REGINA: E come sono morbidi.
SONIA: Queria tanto dormir. [Volevo tanto dormire...]
REGINA: Mordibi e lunghi.
SONIA: Você ainda tem aquelas pílolas? [Hai ancora quelle pillole?]
Regina inizia a cantare una ninnananna. Sonia s’addormenta.
Scena 1
Orologio 14:30. Calendario sul mese di Settembre. Regina veste la tuta del centro, ha un fazzoletto
in testa e sta scopando la “gabbia”. Sposta le brandine e i pochi oggetti di scena, c’è molta polvere
e lana. Tossisce, non si sente bene. Sonia sta lustrando le sbarre con uno straccio, ha un barattolo
di lucidante accanto a sé.
REGINA: Tutta questa polvere mi sta facendo venire l’allergia, porca miseria! (tossisce) Strofina
bene, eh? Non ho voglia di stare a digiuno per una settimana. Devono luccicare.
SONIA: Estou fazendo o máximo. (strofina più forte) Mais que isso não luccicano. [Sto faccendo
del mio meglio. Più di così non luccicano.]
REGINA: Fammi vedere. No, così non va bene. Ti faccio vedere io.
Regina mette più lucidante sullo straccio, e strofina molto forte.
REGINA (arrabbiata): Cazzo, mi sono rotta un unghia! Fanculo! Ci ho messo due ore per
sistemarla bene.
SONIA (s’innervosisce): Não vou conseguir. Non voglio riuscire mai! Cazzo! Fanculo! Cazzo!
Fanculo!
Regina si siede e inizia a rifarsi l’unghia rovinata.
REGINA: Ehi tu, calmati. Non puoi dire cazzo né fanculo. Non oggi. Niente parolacce oggi, mi
raccomando. (incasinata con l’unghia finta) Perché proprio a me?
Ha un accesso di tosse.
SONIA: Così va bene?
REGINA: Aspetta un attimo. (finendo d’incollarsi un’altra unghia) Non è la stessa cosa. Cazz…
cavolo. Mi è finito lo smalto rosso.
SONIA: Mais que isso è impossibile. [Più di così è impossibile]
REGINA (avvicinandosi): Meglio. Ma secondo me, puoi strofinare di più. Più forza, dai. Ti rassodi
le braccia.
Regina riprende a scopare. Fa un mucchietto di sporcizia, lo raccoglie con una paletta e lo butta in
un sacchetto di plastica.
REGINA: No! E’ bucato! Porca... (Si trattiene. Poi va verso la porta e grida) Ehi, Germano!
Dammi un’altra busta per la spazzatura! Questa è bucata! (tornando verso il mucchietto di
sporcizia) Che sfiga! (guardando l’orologio, poi a Sonia) Devi sbrigarti.
Sonia inizia a strofinare più forte e più veloce. Entra il carabiniere con una busta nuova.
CARABINIERE: Prego. (guardando in giro) Siete un po’indietro. Tra poco arriva, mi raccomando.
Regina mette il mucchietto di sporcizia nella nuova busta e la posa in un angolo. Poi si mette a
sistemare le brande e ordinare le cose in giro.
SONIA: Manca só essas agora. [Mancano solo queste cose]
Regina ha un altro attacco di tosse.
SONIA: Tu non stai bene. Dá para ver. Não é só la polvere. Deixa eu ver. (s’avvicina e gli mette la
mano sulla fronte) Febbre. Tu hai febbre. Acho que é alta, está quente.
REGINA: No, no. Non è niente. Ho un solo un po’ di capogiri e... ‘sta tosse... sarà un’allergia.
SONIA: E’ melhor você deitar. Sdraia tu. Io faccio tutto!
REGINA: Sei matta? Non ce la faremmo mai così. Dobbiamo finire. Se no guai. Se no altro che una
febbruccia del cavolo. (cerca di alzarsi ma ha le vertigini, non ci riesce)
CARABINIERE (voce): Dieci minuti! Dieci minuti! Sbrigatevi! E’ arrivato e sta parlando con il
direttore! Dieci minuti!
Regina e Sonia s’innervosiscono.
REGINA: Dai, sbrigati! Metti quelle cose sotto la brandina, non importa! Veloce! (Sonia nasconde
gli oggetti di scena sotto le brandine)
SONIA (cercando di nascondere la scatola): Não cabe! Não cabe! [Non c’è spazio! Non c’è
spazio!]
REGINA: La devi smontare. (Sonia non ci riesce) Allora rompila! Poi ne troviamo un’altra.
Sonia salta sopra la scatola, la rovina e poi la mette sotto la brandina.
REGINA (indicando alcuni vestiti sulle sbarre): I vestiti!
SONIA: Mas aquelas eu não fiz. Non luccicare. Deixei ali para disfarçar. [Ma quelle non le ho fatte.
Non luccicano. Li ho lasciati lì per nascondere lo sporco]
REGINA: Non possono stare lì. Toglili, vai! (guardando le sbarre nude) Cavolo, sono molto
sporche! Devi finire di lucidarle! Non le possiamo lasciare così! Lascia perdere i vestiti, non
piegarli! Mettili sotto il letto e basta!
SONIA: Mas vão sujar...[Ma si sporcherano]
REGINA (alzando la voce): Lascia perdere, ti sto dicendo! (ha un’altro accesso di tosse)
Sonia cerca di mettere il malloppo di vestiti puliti sotto la sua brandina, ma non ci riesce. Li divide
per diminuire il volume. Poi si mette a strofinare le sbarre mancanti.
REGINA: Non mi sento bene.
SONIA (fermandosi per un attimo): Vuoi alguma coisa? [Vuoi qualcosa?]
REGINA: Che fai? Continua! Devi finire!
CARABINIERE (voce): Cinque minuti! Mancano cinque minuti per l’ispezione!
Sonia fa un grosso sforzo fisico per finire le sbarre mancanti. E’ tutta sudata. Regina si sdraia e
tossisce molto.
REGINA (fra sé): Mi sento le ossa rotte. Ho bisogno di un’aspirina. Dopo mi devo procurare
un’aspirina. (a Sonia) Il sacchetto. Il sacchetto della sporcizia. Te lo sei dimenticato. Sotto il letto,
veloce.
Sonia finisce di lucidare l’ultima sbarra, nasconde il sacchetto sotto una brandina.
REGINA: I copriletti. Sono lì all’angolo. Dobbiamo metterli.
SONIA (accarezzandoli): Que bonito. Macio. [Che belli, mordibi…]
REGINA: Cavolo, ci siamo quasi.
Sonia si sbriga, sistema il copriletto per non far vedere le robe sotto. E’sfinita. Si siede.
SONIA (sorride, alleviata): Conseguimos! Riuscito!
REGINA: Asciugati ‘sto sudore. Puzzi. Non puoi puzzare. Prendi il profumo. (Sonia si mette del
profumo addosso.) Anche nella stanza. Come ti ho insegnato. (tossisce forte) Prendimi una
maglietta qualsiasi.
SONIA: Para mudar de roupa? [Per cambiarti?]
REGINA: Fai quello che ho detto.
Sonia prende una maglietta del malloppo dei vestiti e la porge a Regina.
CARABINIERE (voce): Attenzione! Arriva! Arriva l’ispettore!
Regina si mette la maglietta in bocca, per non fare rumore. Tossisce molto ma non si sente nulla. Si
copre con il copriletto e finge di dormire. Sonia rimane seduta sul letto a sentire. Passi, voci.
DIRETTORE (voce): E questa è l’ala femminile. Abbiamo quattordici container, per un totale di
trenta immigrate. (Passi, rumore di porta che si apre) Da questa parte sono i bagni. Grandi come
può vedere.
ISPETTORE (voce): Molto puliti. Complimenti. E che fanno durante la giornata?
DIRETTORE (voce): Riposano, certo.
ISPETTORE (voce): Un vero centro benessere!
L’ispettore e il direttore ridono. Appaiono alla porta. L’ispettore è grasso, indossa un completo
nero e fuma un sigaro. Il direttore è vestito e si muove in modo da evocare la figura di un prete.
Carabinieri intorno. Stavolta non indossano guanti e mascherina. L’ispettore guarda Sonia da
capo a piedi con un certo interesse, poi getta uno sguardo a Regina, che finge di dormire.
Spariscono. Si continua a sentire le loro voci allontanarsi. Sonia è alleviata.
ISPETTORE (voce): Quando mangiamo? Non ci vedo più dalla fame.
DIRETTORE (voce): Vedrà che sfizi le ha preparato la cuoca.
ISPETTORE (voce): Sì, mi dica, mi dica. Interessante.
Le voci svaniscono, insieme ai passi.
SONIA (sussurrando): Regina! Eles já foram! Andati via! Finito!
Regina si toglie la maglietta della bocca e ha un grosso accesso di tosse.
Scena 2
Orologio 18:30. Tutto come prima dell’ispezione. Regina è a letto, ha ancora la febbre. Entra
Sonia.
SONIA: Grazie per la scheda. Coloco aqui. (poggia la scheda su una scattola-comodino). Come
stai?
REGINA: Male.
SONIA: Trouxe mais aspirina. [Ti ho portato più aspirine]
Sonia gli versa un bicchiere d’acqua. Regina prende la medicina e torna a dormire. Tossisce.
REGINA: Grazie.
Sonia gli mette la mano sulla fronte.
SONIA: Está queimando. Parece que não melhorou nada. [Bruci. Non è migliorato niente.]
REGINA: L’influenza gira da queste parti. Devo solo riposare.
SONIA: Mas é verão... Estranho. Está parecendo pneumonia. Você está tremendo. [Ma è estate.
Strano. Sembra polmonite. Stai tremando.]
REGINA: Non è niente. Vai di là se no te l’attacco. Altrimenti è un macello: io l’attacco a te, tu di
nuovo a me e non ci fermiamo più.
Sonia si sposta.
SONIA: Quando eu era criança e ficava doente, minha mãe me contava histórias. Você quer que eu
te conte também? Vuoi? [Da bambina, quando mi ammalavo, mia madre mi raccontava delle storie.
Vuoi che le racconti anche a te?]
REGINA: Storie? No grazie. Come ti viene in mente? (Pausa) E allora, hai parlato con la tua
famiglia?
SONIA: Sì.
Breve pausa.
REGINA: E allora?
SONIA: Allora cosa?
REGINA: Non mi racconti?
SONIA: Hai detto che non vuoi storie.
REGINA: Era così, per dire. Dai, fammi divertire. (tossisce)
SONIA: Va bene. Però non molto bello.
REGINA: Cosa?
SONIA: La storia.
REGINA: Come sei strana oggi.
SONIA: Ho parlato con mia madre. Sta male. Um problema nas pernas. Não sabe o que é. Foi num
hospital da capital, mas a fila era muito grande, não conseguiu entrar. Teve que voltar para atrás.
[Mia madre ha un problema alle gambe e non sa cos’è. E’ andata in un ospedale del capoluogo, ma
la coda era enorme e non è riuscita a farsi visitare.]
REGINA: Male.
SONIA: Parlato anche con la zia. Perduto lavoro.
REGINA: Ha perso il lavoro?
SONIA: Sì. Tinha um armazém. Adesso non ha dinheiro. Me pediu dinheiro, mas eu disse que não
tenho ainda. [Aveva una merceria. Adesso non ha soldi. Mi ha chiesto un prestito, ma ho detto che
non ho soldi]
REGINA: Ma tu non sei la ragazza ricca ora?
SONIA: Ho detto que meu marito não pode me dar dinheiro agora. Ho detto che ha comprato una
casa nova per tutti. Che vou trazer tutti aqui na Italia, per essere ricchi e felici con me. [Ho detto che
mio marito non mi può darmi soldi adesso perché ha comprato una casa nuova per tutti noi. Ho
detto che voglio portare tutti qui in Italia per essere ricchi e felici insieme a me]
REGINA: Bella questa. E loro?
SONIA: Estão felizes. [Sono felici]
REGINA: Immagino. Però dovrai inventarti qualcos’altro dopo. (Breve pausa) Sai che manca poco
tempo.
Sonia guarda il calendario.
SONIA: Que dia é hoje? [Che giorno è oggi?]
REGINA: Non lo so. Te l’avrò detto cinquantamila volte. (tossisce, sputa su un fazzoletto)
SONIA (sovrappensiero): Não vieram dizer mais nada. Talvez não me mandem mais embora. [Non
sono più venuti a dire niente. Forse non mi mandano più via].
REGINA: Puoi sognartelo. Sono dei fottuti puntualissimi stronzi. (Breve pausa) Dovresti darti una
mossa.
SONIA (cercando di distrarsi): Mia sorella vai se casar.
REGINA: Questa é una buona notizia. Ha il pancione?
SONIA (leggermente offesa): A gente é família boa. [Noi siamo una buona famiglia!]
REGINA: Scusa. E quando si sposa?
SONIA: Daqui a dois meses. [Tra due mesi]
REGINA: Così potrai andare alle nozze.
SONIA (irritata): Não vou voltar para o Brasil! Pára de me repetir isso. [Non tornerò in Brasile! La
vuoi smettere di ripetermelo in continuazione!]
REGINA (tossendo): Scusa. Pensavo ti facesse piacere. Voglio dire, vedere il matrimonio di tua
sorella.
SONIA (vergognandosi): Não é isso. É que... [Non è questo, è che...]
Passa un aereo. Scuote tutto. Cade una boccetta di profumo per terra.
SONIA (guardando il profumo): Quebrou... [Si è roto…]
REGINA (che non ha visto): Cos’è successo?
SONIA: O perfume. Caiu no chão e quebrou. (raccogliendo i pezzi) [Il profumo. E’ caduto per
terra.]
REGINA: No, il mio Chanel n. 5! Fanculo. Non ci credo.
SONIA: Olha. [Guarda.]
REGINA: Aspetta, vedi di recuperare qualcosa. Ho dei barattoli sotto il letto.
Sonia prende un barattolo da sotto il letto. Cerca di recuperare qualche cosa. Poi toglie il vetro del
pavimento.
SONIA: Consegui salvar um pouco. Não muito. [Sono riuscita a salvarne un po’.]
REGINA: Giornata di merda.
SONIA: Pelo menos abbiamo mangiato bene ieri. Podia ter inspezione tutti giorni. [Per lo meno
abbiamo mangiato bene ieri. Potrebbero far ispezione tutti giorni]
REGINA: Certo. Abbiamo mangiato bene perché c’era quell'ammasso di lardo. Che schifo scopare
con uno così. Una volta mi è capitato.
Pausa. Sonia va dalla sua parte, scaccia mosche.
SONIA: Regina?
REGINA: Sì.
SONIA (titubante): Ma tu... perché... perché non parli Português?
REGINA: Te l’ho già detto. L’italiano è una bella lingua, non pensi?
SONIA: Sì, ma...
REGINA (sottolineando le doppie): Una bellissima lingua. (inizia a cantare O Sole Mio, ma poi
scoppia a tossire e non va avanti).
SONIA: Tu cosa fai dopo?
REGINA: Dopo cosa?
SONIA: Dopo la fine. Dopo andare via.
REGINA: Vado a casa.
SONIA: E dove è casa tua?
REGINA: Voglio cambiare aria. Ho degli amici che hanno un club a Lecce. (Pausa) Che ore sono?
Non riesco a vedere l’orologio sdraiata.
SONIA: Quasi le sette.
REGINA: Dio santo, devo andare.
SONIA: Dove?
REGINA: A lavorare.
SONIA: Você está brincando? [Stai scherzandoi?]
REGINA: Che c’è?
SONIA: Regina, você tem que descansar. Olha o seu estado... Você não consegue nem ficar em pé
direito... [Devi riposarti. Guarda come sei ridotta. Non riesci neanche a stare in piedi...]
REGINA: Stupidaggini. Ce la faccio. Mi sento meglio dopo le aspirine. (si siede sul letto) Vedi?
Eccomi qui.
SONIA: Você ainda está suando. [Sudi ancora]
REGINA: E allora? Con questo caldo, cosa vuoi?
Regina si alza, perde l’equilibrio perché ha dei capogiri, ma poi riesce a stare in piedi, anche se un
po’ barcollante. A fatica prende la radiolina e cerca di sintonizzarla, ma trova solo musica
americana.
REGINA: Che merda.
Si pettina. Sonia la guarda.
REGINA: Tu devi capire una cosa. Io sono il mio lavoro. Giocasta. Essere Giocasta, questo é il mio
lavoro. E poi non sopporterei di stare in una stanza con altri venti trattenuti. Principalmente con quegli
arabi di merda, capito? E alla fine uscirò, con il foglio di via in mano.
Scena 3
Orologio 3:30. Notte. Rumore aerei. Entra Regina sfinita. Tossisce molto. Sonia la guarda ma non dice niente. Silenzio. Grida di donna nella notte.
Scena 4
Orologio 8:00. Sonia e Regina dormono. Entra Ciro.
CIRO: Hm-hm. Buon giorno. Sono le otto. Ora di svegliarsi.
Sonia si sveglia e lo guarda. Regina si muove soltanto nel letto. Tossisce.
CIRO (a Sonia, con “tenerezza”): Come stai? Hai dormito bene, vero? Le pillole sono un’ottima
terapia. Ma ce ne sono altre. (Sorride, si schiarisce la gola) Bene, (leggendo dalla cartella) Sonia
Maria Aparecida... E’ arrivato il momento di farti un bel esamino ginecologico. Non l’abbiamo fatto
ancora, vero? Sembra di no, dai miei appunti. (con malizia) E poi, me lo sarei ricordato. Alzati.
(Sonia non si muove) Dai, alzati. Ho altre visite da fare oggi. (Sonia non si muove) Ah, ecco, tu sei
quella... (sorride. Poi grida fuori) Germano! Vieni! Ho bisogno di te.
Regina ha una crisi di tosse.
SONIA: Signore, lei precisa de ajuda. Non io.
CIRO: Non ho la sua scheda. Non è il suo turno.
SONIA: Sì, ma...
CIRO (grida): Germano! Sbrigati!
Entra Germano, trafelato. Ha la divisa sporca di salsa di pomodoro.
GERMANO: Prego, dottore.
CIRO: Cosa significa?
GERMANO: Stavo mangiando la pizza. Mi è scivolata di mano.
CIRO: A quest’ora?
GERMANO: Mi scusi, dottore. Ho fatto il turno della notte.
CIRO: Va beh. Prendi questa qua. Devo fare la solita visita.
Regina si muove sul letto. Tossisce.
REGINA (con fatica): Ehi, stallone, ho bisogno di te.
CIRO: Prego?
REGINA (più forte): Ho bisogno di te.
REGINA: Se vuoi te lo succhio fino a toglierti il respiro. Ti faccio svenire di piacere, ti... (crisi di
tosse)
Ciro alza la gonna di Sonia, che inizia a scalciare e gridare.
CIRO: Zitta! Ferma! Stai ostruendo il mio lavoro! Questo è un reato! Germano, fermala!
Sonia gli sputa in faccia. Ciro la guarda con odio.
CIRO: Stupida puttana.
Colluttazione. Ciro alza la gonna a Sonia e inizia a toglierle le mutande. Regina a fatica si alza e
lo fissa minacciosamente in faccia. Ciro e il carabiniere ricambiano lo sguardo. Buio.
Scena 5
Orologio 20:00. Puzza. Regina è sdraiata sulla brandina, sembra dormire, ma trema. Di tanto in tanto
tossisce. Sonia è rannicchiata per terra, molto avvilita. Regina cerca di raggiungere con la mano
un bicchiere d’acqua sulla sua scattola-comodino.
REGINA: Non riesco. Me ne versi un po’? (Breve pausa) Sonia?
Sonia la guarda.
REGINA: Me ne versi un po’? Ho la bocca secca.
Sonia si alza, sembra quasi senza forze. Riempie un bicchiere d’acqua e lo porge a Regina, che
beve con foga.
REGINA: Ancora, grazie.
Sonia versa ancora acqua.
REGINA: Sono finite le aspirine, vero?
Sonia annuisce.
REGINA: Dai, su. E’ passato.
Tossisce, prende un fazzoletto, sputa.
REGINA: Che schifo. Faccio proprio schifo. Ti faccio schifo ora, vero?
SONIA: No.
REGINA: Menti. Hai imparato bene. (Pausa) Senti che roba. Oggi non sono proprio venute le
filippine. Mi sembra di soffocare. Tu no?
Sonia non risponde. Torna dov’era prima, non ha voglia di parlare.
REGINA: Dovresti cercare di distrarti. Non hai parlato con la tua famiglia oggi?
Sonia annuisce.
REGINA: E che gli hai detto?
SONIA: Nada.
REGINA: Non prendermi per il culo. Non vedi che sto male?
SONIA: Nada. Não disse nada. Não tinha mais nada o que dizer. Não consegui imaginar nada.
[Non ho detto niente. Non avevo più niente da dire. Non sono riuscita a immaginare niente]
REGINA: Non ti hanno detto niente?
SONIA: Sì.
REGINA: Allora?
SONIA: Uma minha prima. Vem uma minha prima. Me pediram para hospedá-la. Na minha casa.
Na minha casa enorme.
[Una mia cugina. Arriva una mia cugina. Mi hanno chiesto di ospitarla. A casa mia. Nella mia casa
enorme]
REGINA: Ospitare una cugina?
Sonia annuisce.
REGINA: Non dovresti ospitare una che ti ha lasciato per strada. Che troia, non rispondere al
cellulare. Io l’avrei cercata e ammazzata di botte.
SONIA: No, non quella. Uma outra. [Un’altra]
REGINA: (tossendo) Cos’hai risposto?
SONIA: Disse que sim. [Ho detto sì]
REGINA: E come fai, non puoi ospitare nessuno.
Silenzio. Passa un aereo lontano. Regina tossisce e sputa sangue.
REGINA: Non sto bene. Mi fa male tutto.
SONIA: Descansa. [Riposati]
REGINA: Non voglio. Aiutami. (cerca di alzarsi) Devi aiutarmi.
SONIA: O quê? [Cosa?]
REGINA: Prendimi un vestito. E il trucco.
SONIA (sorpresa): Você não pode trabalhar assim. [Non puoi lavorare così]
REGINA: Non vado a lavorare oggi.
Sonia sceglie un vestito, Regina lo mette.
SONIA: Va bene questo?
REGINA: Tu saresti una brava aiutante. Sto bene?
SONIA: Sì. Sei bellissima.
REGINA: Ora aiutami a truccarmi. Voglio un ombretto scintillante. Sei capace? (Sonia dice di no)
Non importa. (Pausa) Mettiamo un po’di musica.
Sonia accende la radiolina e la trucca: ombretto, fard, rossetto.
SONIA (mostrando lo specchio): Olha. Ti piace?
REGINA: Sì. Grazie. Le ciglia, mancano le ciglia. Come sono stanca. Mi sdraio. No, prima i tacchi.
Ai tacchi non ci rinuncio.
SONIA: Estão aqui.
REGINA (sorride): Dolce e Gabbana. Ho fatto un affarone in un negozietto dell’usato. Non ho
mangiato per un mese per comprarlo.
Accesso di tosse. Dei liquami iniziano a entrare nella gabbia. Sonia non si rende conto finché non
raggiungono i suoi piedi.
SONIA: O que é isso? [Cos’è questo?]
REGINA: Il bagno. Oggi c’è molta gente e non sono venute le filippine.
Le due salgono sulle rispettive brandine. Sonia si toglie le scarpe, che si sono sporcate. Il
pavimento s’inonda degli escrementi che trasbordano dal bagno. Le due rimangono come due
naufraghe in mezzo ad una fogna. Cantano insieme.
REGINA: Hai visto. Ora ti senti meglio. Lo so.
Scena 6
Orologio 3:30. Sonia è addormentata. Regina ha un attacco di tosse molto forte, respira con molta
difficoltà, poi si ferma di scatto.
SONIA: Regina?
Regina non risponde.
SONIA: Regina? Tudo bem?
Regina non risponde. Sonia si alza per vedere come sta. Nota che non respira più. Fa il segno della
croce, chiude i suoi occhi, la sistema, le dà un bacio sulla fronte, poi torna a sdraiarsi.
SONIA (con calma, come se recitasse una preghiera, pronunciando bene): Gentile ospite... Sei
stato portato presso questo centro perché hai ricevuto un provvedimento di espulsione. Puoi essere
trattenuto per un periodo massimo di 60 giorni. Durante questo periodo, vengono attivate le
procedure, da parte della Questura, per identificarti e organizzare l’eventuale rimpatrio. Durante il
periodo di permanenza non puoi allontanarti da Centro. La Polizia e i Carabinieri hanno il compito
di sorveglianza e di mantenimento dell’ordine pubblico. Durante la permanenza presso il Centro, ti
saranno dati vitto, alloggio e assistenza medica. Il personale addetto alle pulizie ogni mattina svolge
lavoro di pulizia. Si raccomanda di tenere il proprio alloggio pulito per questioni d’igiene e per
rispetto degli altri. Per rispetto delle tue abitudini, convinzioni religiose e della cultura del tuo
paese, sarai alloggiato insieme a persone provenienti da paesi a te vicini e il vitto sarà appropriato
alle tue necessità.
Scena 7
Orologio 15:30. Non c’è più Regina, la sua brandina è piegata. Sonia guarda le scatole
ammucchiate in un angolo: gli effetti personali di Regina. Prende coraggio, inizia ad aprirne una.
Qualche braccialetto e dei finti gioielli. Trucco. Sonia li prova, poi li rimette a posto. La scatola
con i vestiti, Sonia li ammira. La scatola con le scarpe. Poi un’ultima scatola, con fotografie di
Regina in abito da Giocasta, in qualche serata speciale. Sonia sorride.
Entra l’operatrice.
OPERATRICE: Ciao, bella, come stai? (guardando le scatola, quello che è rimasto di Regina) Che
peccato, no? In fondo era carina. Chissà cos’ha qui. Fammi vedere. (sbircia un po’ nelle scatole.
Trova un vestito) Carino. Non mi sta male. Tu che ne pensi? (Sonia non risponde) Magari me lo
prendo. Tanto vanno buttati. (scherzosa) Mica ha lasciato un testamento, no? (indicando l’ultima
scatola, che Sonia ha ancora tra le mani) E quella cos’è?
SONIA: E’... mia.
OPERATRICE: Ah. Bene. Allora mando il tizio a prendere questa roba oggi stesso. Più tardi. Va
bene? Ciao.
Prende uno smalto da una delle scatole, getta un sorriso a Sonia e se ne va. All’uscita incrocia un
carabiniere che entra, gettandogli uno sguardo civettuolo. Il carabiniere le guarda il culo quando
si gira.
CARABINIERE: Tu sei (incasinandosi) Sonia Maria Aparecida Santos do Nascimento? Brasiliana?
SONIA: Sì.
CARABINIERE: Il tuo foglio di via è pronto. (Sonia lo guarda interrogativamente) Il documento
per la espulsione. Devi andartene. Hai cinque giorni per lasciare il paese. Domani ti vengono a
prendere. (Breve pausa. Osserva Sonia, che è molto avvilita. Si avvicina e gli parla quasi
all’orecchio) Sai, il direttore ha molti contatti che ti potrebbero cambiare la vita, se non vuoi andare
via. Puoi sempre restare qui. In Italia. Lui, lei (indicando la brandina che era di Regina) te l’avrà
spiegato, no? Ci sono delle opportunità... (Pausa. Andandosene) Allora ci vediamo domani.
Esce. Sonia è smarrita. Apre la scatola che ha in mano e prendi un barattolino. Lo apre: la
collezione di pillole di Regina. Le ingoia tutte d’un colpo.
Buio.