El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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coordinate spazio-tempo=mondo

giovanna turrini

... di traslochi, ce ne sono stati tanti. Nel corso del tempo. Non solo tuoi, intendiamoci. Nel corso del tempo, appunto. E non solo di persone a cui volevi o che ti volevano bene. Anche persone che non conoscevi – direttamente. Quella che hai visto di sfuggita all'incrocio di una strada, col sacchetto della spesa pieno di giacche (è inverno – a Torino, come in altri posti del resto, fa freddo, molto freddo). Date dal senso di colpa di qualcuno (o forse sul serio dalla sua pietas, dalla sua con-passione), che si è subito sentito meglio(1). Oppure il viso che non chiedeva più niente, biondo, senza più emozioni o aspettative, di quella sig.ra che sta sotto i portici in Piazza S. Carlo, a terra nel salotto buono della città (che strano, non la mandano via – come neanche i clochards giovani a dir loro AIDS e/o fame in Via Roma), sembra slava (a Trieste, suonerebbe quasi come un insulto). Di sicuro ha dei bambini. Forse un marito. O forse, li ha persi, tutti (forse li ha ancora, tutti).
Perché tante sono lo scatole dei traslochi. Vite inscatolate in traslochi. Traversate – di vite. Un km su km, un'ambasciata tira l'altra e un visto su visto (oh sì, visto, abbiamo visto molto, molto ...) Si gioca con le parole, come si giocasse a dadi. E si gioca con le vite. Si parla di extracomunitari, per essere 'politically correct'. Di nuovo, un gioco di specchi. Un altro gioco di specchi. Riflette. ( il vecchio vu cumprà, marocchino, Kanacke, Itaker, broccolino, nigger, cotton picker).
Come siamo civili – linguisticamente. La nuova Europa, una volta ancora, nasconde a malapena e a malapena bofonchia la sua vecchia vigliaccheria. Ma come possiamo chiamarci uomini, se non riusciamo nemmeno a chiamare le cose con il loro nome?
Lo spazio non conta più, in questo tempo. Le definizioni geografiche non contano più, di questi tempi. Non esistono più – almeno – gli asiatici, gli africani. Nemmeno i continenti. Sai che esistono i filippini, solo perché Maria, la tua amica, c'ha la filippina che l'aiuta a casa. Gli africani, perché ti vendono gli occhiali da sole a pochi soldi. E riduci un intero continente nel corso del tempo alla minima potenza, alla tua percezione di un tizio. Alla minima potenza umana. Al minimo comune multiplo, dimenticandoti multiplo e comune. Proprio come quando d'estate ti metti l'ombrellone, a limitarti il cielo. A dimenticarti il cielo. E va bene così, anche se non va bene. E così continueremo, a illuminarci cerulei con brace di sigaretta, continueremo a costruire truffaldine ombre cinesi nel muro dei nostri e degli altrui occhi. ... scambiando una entrata per una uscita.
Ma andiamo avanti, certo, andiamo avanti. Andiamo, in quella suspension of disbelief(2), in incredulità perché la vita è tanta – troppa – per essere (com) –presa(3).

(1)Ma questo non cambia. E non cambia la situazione, se non per l'attimo di incrocio degli occhi, profondo nell'aratro del tempo. Sì, l'incrocio, forse finalmente con semaforo verde - alla faccia di matematici e di linee parallele che non potrebbero incontrarsi mai.

(2)S.Coleridge.

(3)C. Johnson.

Avanti. Riduciamo, riduciamo. Spese, esuberi, riduzioni. Riduciamo tutto a noi, riduciamo tutto a scientismo et tecnologia(4). Riduciamo tutto alle nostre scelte, alla libertà di scelta - tra 100 marche di pomodori in scatola. Ora. Adesso. Choice is a privilege. Poter scegliere è un privilegio, dice un mio caro amico del Sud. E qualcun altra A Wounded Deer - leaps highest - Un cervo ferito salta più in alto -(5). Ora. Adesso.
Adesso che come sempre quella che nella ns. supponenza chiamiamo ingenuità/primitivismo spesso è vicinanza calda e sofferta all'essenza delle cose.
E come sempre è certo anche che, se il macellaio ha bisogno delle sue bestie da macello, anche tu hai bisogno delle tue. Sempre ovunque, e certo è una banalità - e/ma come ogni banalità non avrà mai fine, non avrà mai fine l’onda, non ha confini, l’onda, non ha confini l'onda del mondo dell'Uomo ... e un cervo ferito salta – davvero – più in alto.

Adesso allora, ma allora, adesso, perché inventarsi storie, se già sono tante, tante e vere – solo a ben guardare, a ben ascoltare. Persino dal pedicure, se vuoi, puoi trovare le vene del piede. Nell'attesa. Come fiumi della terra. Le vie del mondo. L'arcipelago(6). A ben guardare, a ben ascoltare, nel tempo.
Basterebbe raccontarle, le vene, come i cantastorie e l'arte sarebbe nel come raccontarli, i fiumi, a braccio, a canovaccio. E nella passione e compassione per quello che si racconta, per chi si racconta – di fronte al pubblico, guardandolo negli occhi (e non dietro al comodo-vigliaccoso velo di carta(7)). E il copyright sarebbe, come è giusto, di Tempo e Mondo.
Perché cambiano le parole – nel mondo che rimane lo stesso. Nell'Essere che rimane uguale, fedele a se stesso. E come preghiera potremo forse avere un Pater noster di aiutami ad indossare lo spirito del Tempo, svestirmi di quello dei tempi.

Basterebbe raccontarle, le vene, come i cantastorie e l'arte sarebbe nel come raccontarli, i fiumi, a braccio, a canovaccio. A te forse la soddisfazione di essere riuscito ad abbracciare l'attimo, per levarti e lasciarlo andare, di nuovo, nei sandali del tempo, in giro da altri disposti a raccoglierlo e a ridarlo. Per altri che verranno. Che son già venuti. Cercare di stare al tempo, stare al tempo. Al ritmo, al mare del mondo. Eterni - per sempre viventi, presenti(8).
E così via, via nel mondo. E così via - nella vita, che è grande. Via nelle vite, che sono grandi. Via nel centro del mondo, nel cerchio del mondo. Delle vite – grandi. Della vita – grande. Del mondo – che è quello che è. Ma tutto il mondo. Tutto, il mondo. Tuttodarifare tuttodapiangere tuttodaridere tuttodaavere tuttodadare. Tutto da dire, il mondo. (è tutto qui?), ma è qui a contare, qui a cantare, qui a (r)accogliere i pezzi di carne e sangue abbracci goffi e fucine-cucine tentate. Perché non si può vivere, non ci si può perdere solamente nei viottoli del pane quotidiano. (grazie, grazie Padre Nostro). Ci vuole il sogno. Il sogno. (quel mondo più alto che biascichiamo male solo a momenti e non digeriamo mai)

(4)(ma-ti-giuro-ho-provato-davvero-a-cercarla-la-lingua-nel-glossario-del-programma-di-video-scrittura-del-mondo-èra-informatica-ma-non-ti-trovo)

(5)E. Dickinson, versione di A. Seri.

(6)M. Cacciari.

(7)Lo diceva anche Canetti - a suo tempo, nel suo tempo, nel tempo.

(8)(sopravviventi).

Ma tu respira, espira, respira, espira. Aspira, aspira – a qualcosa di grande. A qualcosa di buono.
Aspira pure. Perché mi sa che l'anima l'abbiamo mollata in mezzo all'autostrada della civilizzazione. Perché si sa che – metti Carrara – la sua fame, incisa sulla montagna – cava di marmo. La fatica scavata nella carne della tua faccia, cava di vita. Cava, la cava, la vita ... la montagna cava del tuo viso, della tua fatica. La cava ti cava – la vita. E il tuo marmo a braccia nei salotti buoni di altre città. E pure tu, bracciante di marmo, stai a terra nel salotto buono(9).

E magari perché, Padre, alla prossima conferenza stampa (ci) potremmo pure chiedere a buon diritto – e forse anche leggermente alterati – un altro Pater noster.
A quando il prossimo acquisto?
E quando avrà fine il dolore del mondo?

E forse la passione e la compassione costano - costano molto più di un libro o di un copyright. Le paghi, salate, senza saldi di fine stagione. Con la scrittura nera, coi libri, puoi sempre sperare negli sconti promozionali, nei battage pubblicitari o in qualche fiera del libro. Puoi fare il topo (di biblioteca o di libreria) – ma andare a (ab)braccio con gli occhi, gli occhi davanti ...
Guardarli guardarsi. Levarsi di torno, liberarsi di se stessi per impazzire - oppure vivere. Vivere negli occhi, nei mari degli altri. Perdersi negli occhi, nei mari degli altri, per ritrovare no, per carità non solo se stessi, ritrovarci il mondo, il tempo dell'uomo [(oppure, cercare la lingua del tuo mondo, nei (muri dei) tuoi occhi. E forse, di nuovo, forse: l'Attimo?)].

Perché mondo, non basta una vita – per amare.
Perché tu, non basta una vita – per amarti.
E perché – so vertreibe ich die Zeit
è così che passo il tempo
guardandoti
guardandoti
guardandoti.
So liebe ich die Zeit –
È così che amo il tempo–
und liebe dich.
e amo te.

(9)Trafiletto 1999: di nuovo la morte nelle cave di marmo delle Apuane. Loris Babboni, 62 anni, di Querceta, lavorava su una pala meccanica e stava manovrando in una stradina pericolosa, quando il terreno ha ceduto. È morto dopo un volo di venti metri, precipitando sui sassi di un ravaneto nella zona di Torano.

Ma anche questa, come la scrittura, come forse tutte, è una questione di lavatrici e centrifughe. Di pulizia e consommé. Propri ed altrui. Di lavare via il proprio sudiciume e la sozzura del mondo. Ignavia, vigliaccheria, meschinità, rabbia, dolore. (Trattasi di) nascere e rinascere, ad ogni lavata di spugna - oltre piccolezza e limite. Lavarsi. Lavarsi via. Levarsi via - finalmente. O di centrifugare l'attimo (il succo di carota oppure la vita). E di centrifuga in centrifuga ... aspettare - che il lavaggio, sia finito. Che la vita, sia finita(10).

Perché si perdura - tutti.
Perché perdura - tutto.

E si perdura -

insistenti e calmi

come

la tranquillità

continua e senza pace

del mare(11)

(10)e per ricominciare.

(11)e di trasloco in trasloco

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Anno 2, Numero 9
September 2005

 

 

 

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