Nota biografica | Versione lettura |
... di traslochi, ce ne sono stati tanti. Nel corso del tempo. Non solo tuoi,
intendiamoci. Nel corso del tempo, appunto. E non solo di persone a cui volevi o
che ti volevano bene. Anche persone che non conoscevi – direttamente. Quella che
hai visto di sfuggita all'incrocio di una strada, col sacchetto della spesa
pieno di giacche (è inverno – a Torino, come in altri posti del resto, fa
freddo, molto freddo). Date dal senso di colpa di qualcuno (o forse sul serio
dalla sua pietas, dalla sua con-passione), che si è subito sentito
meglio(1). Oppure il viso che non chiedeva più niente, biondo, senza
più emozioni o aspettative, di quella sig.ra che sta sotto i portici in Piazza
S. Carlo, a terra nel salotto buono della città (che strano, non la mandano via
– come neanche i clochards giovani a dir loro AIDS e/o fame in Via Roma), sembra
slava (a Trieste, suonerebbe quasi come un insulto). Di sicuro ha dei bambini.
Forse un marito. O forse, li ha persi, tutti (forse li ha ancora,
tutti).
Perché tante sono lo scatole dei traslochi.
Vite inscatolate in traslochi. Traversate – di vite. Un km su km, un'ambasciata
tira l'altra e un visto su visto (oh sì, visto, abbiamo visto molto, molto
...) Si gioca con le parole, come si giocasse a dadi. E si gioca con
le vite. Si parla di extracomunitari, per essere 'politically correct'. Di
nuovo, un gioco di specchi. Un altro gioco di specchi. Riflette. ( il vecchio vu
cumprà, marocchino, Kanacke, Itaker, broccolino, nigger, cotton picker).
Come
siamo civili – linguisticamente. La nuova Europa, una volta ancora, nasconde a
malapena e a malapena bofonchia la sua vecchia vigliaccheria. Ma come possiamo chiamarci uomini, se non riusciamo nemmeno a
chiamare le cose con il loro nome?
Lo spazio non conta più, in questo
tempo. Le definizioni geografiche non contano più, di questi tempi. Non esistono
più – almeno – gli asiatici, gli africani. Nemmeno i continenti. Sai che
esistono i filippini, solo perché Maria, la tua amica, c'ha la filippina che
l'aiuta a casa. Gli africani, perché ti vendono gli occhiali da sole a pochi
soldi. E riduci un intero continente nel corso del tempo alla minima potenza,
alla tua percezione di un tizio. Alla minima potenza umana. Al minimo comune
multiplo, dimenticandoti multiplo e comune. Proprio come quando d'estate ti
metti l'ombrellone, a limitarti il cielo. A dimenticarti il cielo. E va bene
così, anche se non va bene. E così continueremo, a illuminarci cerulei con brace di sigaretta, continueremo a
costruire truffaldine ombre cinesi nel muro dei nostri e degli altrui occhi. ...
scambiando una entrata per una uscita.
Ma andiamo avanti, certo,
andiamo avanti. Andiamo, in quella suspension of disbelief(2),
in incredulità perché la vita è tanta – troppa – per essere (com)
–presa(3).
(1)Ma questo non cambia. E non cambia la situazione, se non per l'attimo di incrocio degli occhi, profondo nell'aratro del tempo. Sì, l'incrocio, forse finalmente con semaforo verde - alla faccia di matematici e di linee parallele che non potrebbero incontrarsi mai.
(2)S.Coleridge.
(3)C. Johnson.
Avanti. Riduciamo, riduciamo. Spese, esuberi, riduzioni. Riduciamo tutto a
noi, riduciamo tutto a scientismo et tecnologia(4). Riduciamo tutto
alle nostre scelte, alla libertà di scelta - tra 100 marche di pomodori in
scatola. Ora. Adesso. Choice is a privilege. Poter scegliere è un
privilegio, dice un mio caro amico del Sud. E qualcun altra A Wounded Deer -
leaps highest - Un cervo ferito salta più in alto -(5). Ora.
Adesso.
Adesso che come sempre quella che nella ns. supponenza chiamiamo
ingenuità/primitivismo spesso è vicinanza calda e sofferta all'essenza delle
cose.
E come sempre è certo anche che, se il macellaio ha bisogno delle sue
bestie da macello, anche tu hai bisogno delle tue. Sempre ovunque, e certo è una
banalità - e/ma come ogni banalità non avrà mai fine, non avrà mai fine l’onda,
non ha confini, l’onda, non ha confini l'onda del mondo dell'Uomo ... e un cervo
ferito salta – davvero – più in alto.
Adesso allora, ma allora, adesso, perché inventarsi storie, se già sono
tante, tante e vere – solo a ben guardare, a ben ascoltare. Persino dal
pedicure, se vuoi, puoi trovare le vene del piede. Nell'attesa. Come fiumi della
terra. Le vie del mondo. L'arcipelago(6). A ben guardare, a ben
ascoltare, nel tempo.
Basterebbe raccontarle, le vene, come i cantastorie e
l'arte sarebbe nel come raccontarli, i fiumi, a braccio, a canovaccio. E nella
passione e compassione per quello che si racconta, per chi si racconta – di
fronte al pubblico, guardandolo negli occhi (e non dietro al comodo-vigliaccoso
velo di carta(7)). E il copyright sarebbe, come è giusto, di Tempo e
Mondo.
Perché cambiano le parole – nel mondo che
rimane lo stesso. Nell'Essere che rimane uguale, fedele a se stesso. E come
preghiera potremo forse avere un Pater noster di aiutami ad indossare lo spirito
del Tempo, svestirmi di quello dei tempi.
Basterebbe raccontarle, le vene, come i cantastorie e l'arte sarebbe nel come
raccontarli, i fiumi, a braccio, a canovaccio. A te forse la soddisfazione di
essere riuscito ad abbracciare l'attimo, per levarti e lasciarlo andare, di
nuovo, nei sandali del tempo, in giro da altri disposti a raccoglierlo e a
ridarlo. Per altri che verranno. Che son già venuti. Cercare di stare al tempo,
stare al tempo. Al ritmo, al mare del mondo. Eterni - per sempre viventi,
presenti(8).
E così via, via nel mondo. E
così via - nella vita, che è grande. Via nelle vite, che sono grandi. Via nel
centro del mondo, nel cerchio del mondo. Delle vite – grandi. Della vita –
grande. Del mondo – che è quello che è. Ma tutto il mondo. Tutto, il mondo.
Tuttodarifare tuttodapiangere tuttodaridere tuttodaavere tuttodadare.
Tutto da dire, il mondo. (è tutto qui?), ma è qui a contare, qui a cantare, qui
a (r)accogliere i pezzi di carne e sangue abbracci goffi e fucine-cucine
tentate. Perché non si può vivere, non ci si può perdere
solamente nei viottoli del pane quotidiano. (grazie, grazie Padre
Nostro). Ci vuole il sogno. Il sogno. (quel mondo più alto che
biascichiamo male solo a momenti e non digeriamo mai)
(4)(ma-ti-giuro-ho-provato-davvero-a-cercarla-la-lingua-nel-glossario-del-programma-di-video-scrittura-del-mondo-èra-informatica-ma-non-ti-trovo)
(5)E. Dickinson, versione di A. Seri.
(6)M. Cacciari.
(7)Lo diceva anche Canetti - a suo tempo, nel suo tempo, nel tempo.
(8)(sopravviventi).
Ma tu respira, espira, respira, espira. Aspira, aspira – a qualcosa di
grande. A qualcosa di buono.
Aspira pure. Perché mi sa che l'anima l'abbiamo
mollata in mezzo all'autostrada della civilizzazione. Perché si sa che – metti
Carrara – la sua fame, incisa sulla montagna – cava di marmo. La fatica scavata
nella carne della tua faccia, cava di vita. Cava, la cava, la vita ... la
montagna cava del tuo viso, della tua fatica. La cava ti cava – la vita. E il
tuo marmo a braccia nei salotti buoni di altre città. E pure tu, bracciante di
marmo, stai a terra nel salotto buono(9).
E magari perché, Padre, alla prossima conferenza stampa (ci) potremmo pure
chiedere a buon diritto – e forse anche leggermente alterati – un altro Pater
noster.
A quando il prossimo acquisto?
E quando
avrà fine il dolore del mondo?
E forse la passione e la compassione
costano - costano molto più di un libro o di un copyright. Le paghi, salate,
senza saldi di fine stagione. Con la scrittura nera, coi libri, puoi sempre
sperare negli sconti promozionali, nei battage pubblicitari o in qualche fiera
del libro. Puoi fare il topo (di biblioteca o di libreria) – ma andare a
(ab)braccio con gli occhi, gli occhi davanti ...
Guardarli guardarsi. Levarsi
di torno, liberarsi di se stessi per impazzire - oppure vivere. Vivere negli occhi, nei mari degli altri.
Perdersi negli occhi, nei mari degli altri, per ritrovare no, per carità non
solo se stessi, ritrovarci il mondo, il tempo dell'uomo [(oppure, cercare la lingua del tuo mondo, nei (muri dei) tuoi
occhi. E forse, di nuovo, forse: l'Attimo?)].
(9)Trafiletto 1999: di nuovo la morte nelle cave di marmo delle Apuane. Loris Babboni, 62 anni, di Querceta, lavorava su una pala meccanica e stava manovrando in una stradina pericolosa, quando il terreno ha ceduto. È morto dopo un volo di venti metri, precipitando sui sassi di un ravaneto nella zona di Torano.
Ma anche questa, come la scrittura, come forse tutte, è una questione di lavatrici e centrifughe. Di pulizia e consommé. Propri ed altrui. Di lavare via il proprio sudiciume e la sozzura del mondo. Ignavia, vigliaccheria, meschinità, rabbia, dolore. (Trattasi di) nascere e rinascere, ad ogni lavata di spugna - oltre piccolezza e limite. Lavarsi. Lavarsi via. Levarsi via - finalmente. O di centrifugare l'attimo (il succo di carota oppure la vita). E di centrifuga in centrifuga ... aspettare - che il lavaggio, sia finito. Che la vita, sia finita(10).
Perché si perdura - tutti.
Perché perdura - tutto.
E si perdura -
insistenti e calmi
come
la tranquillità
continua e senza pace
del mare(11)
(10)e per ricominciare.
(11)e di trasloco in trasloco