a cura di Mara Casadei
Durante un viaggio in Nuova Zelanda nell'inverno 1994, ho fatto visita ad un caro amico che mi ha introdotto all'opera di J.K. Baxter. La Nuova Zelanda è un paese dalla natura meravigliosa e al tempo stesso spaventosa, un posto desolato ai confini del globo, sul baratro della terra. All'età di 11 anni James Keir Baxter scrisse sulla prima pagina di un nuovo blocco di appunti, questa epigrafe:
libro 1
poesie personali
J.K. Baxter
nato il 29. 06. 1926
morirà quando lui e la natura lo riterranno opportuno.
Rimase fedele alla sua vocazione poetica per il resto della vita oltre a impegnarsi attivamente negli eventi sociali e politici della Nuova Zelanda. Poesia e vita sociale convivono nella sua prospettiva di vita. Il padre Archibald Baxter, di origine scozzese, era un contadino autodidatta dell'Otago. Durante la prima guerra mondiale fu perseguitato a causa delle idee pacifiste. Amava Burns, Byron e Blake e li declamava nei momenti d'ispirazione.
Nelle conferenze pubbliche che teneva in città, Baxter lavorò e predicò in sostegno della ricostruzione di un ordine sociale insistendo sul tema "uno dei più grandi crimini condannati dalla società è essere poveri". Testimonianze del ritiro a Jerusalem sono: Jerusalem Sonnets del 1970, Jerusalem Daybook del 1971, Autumn Testament del 1972.
Baxter morì il 22 ottobre 1972 lasciando ai suoi connazionali un'eredità di poesia inimitabile per estensione e compiutezza. Suo massimo ispiratore fu Dylan Thomas del quale portava sempre con sé, nella tasca interna del cappotto, il libro Deaths and Entrances.
Il suo stile muove da un'iniziale impacciata retorica a un facile linguaggio che rifiuta una lettura accademica ad appartiene ad un onesto artigianato poetico. Negli ultimi dieci anni di vita la poesia ha acquisito voce e personalità proprie e dalle svariate arringhe con Dio, se stesso, la società e la morte, viene alla luce un'opera complessa che fa di lui non solo il poeta più completo mai vissuto in Nuova Zelanda, ma anche uno dei più grandi poeti di lingua inglese di questo secolo.
James Keir Baxter fu sepolto per sua volontà nella terra consacrata di Jerusalem. Il tangi, il funerale Maori, fu condotto dagli anziani della tribù Ngati Hau di cui era diventato membro. L'anziana suora che mi ha indicato la sua tomba mi ha raccontato del funerale. L'atmosfera fu un misto di dolore, sentimentalismo e spiritualismo, a lui sarebbe piaciuta anche un po' d'ironia. A centinaia arrivarono a piedi, in moto, sopra vecchi camion, piccole auto e limousine lungo la lunga e ripida strada sterrata. La moglie Jacquie ed i figli Hilary e John erano seduti dietro la bara aperta con gli anziani Maori. Ricevettero le condoglianze da un'interminabile folla di poeti, romanzieri, impiegati, suore, assistenti sociali, accademici, attivisti, vecchi amici e nuovi venuti a portare l'ultimo omaggio ad Hemi (James in lingua maori) Mezza dozzina di preti celebrarono la messa al centro di una folla rumorosa e piangente. La lapide tombale, una semplice pietra raccolta nel fiume Wanganui porta l'iscrizione "Hemi". Ora la tomba è un luogo solitario e silenzioso, rari sono i visitatori per la difficoltà di raggiungere il villaggio di Jerusalem, Hiruharama in maori. Un ragazzino stracciato ci chiede 10 dollari per farci entrare a visitarla. Si trova nell'aia della casa dove sorgeva la comunità. Non ci sono fiori davanti al bianco sasso, solo una fucsia fiorita. Lì vicino una scrofa allatta i suoi porcellini. L'aria è sottile, il silenzio sacro. Hemi non se n'è andato, non vuole andarsene. Lui è qui, nella sua giovanile bellezza, nella sua venerabile sciatteria, nella sua fede, nella sua santità, nel suo calore umano, nella sua sbornia, nella sua solitudine, nel suo amore per gli altri.