Nota biografica | Versione lettura |
Dall’alto della mia grande sedia, nel parco di Hampstead Heath, guardai l’alba.
La coltre opalescente dell’umidita’ ricopriva il mondo. Si aveva la sensazione di sbirciare sul fondo di un lago.
I raggi del sole vi si immergevano, per poi aprirsi a raggiera ed incendiare la terra. Qua e la’ alti edifici perforavano la superficie, respirando aria.
Io… li riconoscevo: i Monumenti degli Uomini.
Giganti muti, abbandonati dal vento del passato.
Afferrai la luce ed intimidito infilai la testa oltre la foschia.
Finalmente potevo vedere e capire anch’io.
Il mio sguardo catturo’ uomini portati di corsa da piccoli cani e donne attente a spiare danze velate di bimbi in cerchio.
Incontrai un passerotto; le zampette saldamente ancorate ad un grande cartello rosso. Serpentoni di strade larghe come fiumi e barche dalle vele in metallo.
Ascoltai il pianto sommesso in una folla anonima ed una dolce melodia rimbalzare tra le sbarre di una prigione.
Sentii l’odore fragrante dei fiori in un prato di legno ed assaggiai il sapore acre di gialli limoni in porcellana.
Infine abbassai gli occhi e cosi’ lo vidi.
Un puntino nero tra le dune del deserto.
L’uomo guardava in alto, trafitto dal sole. Gli occhi: due scintille luminose, tremolanti nella foschia. Non seppi dire da quanto fosse li’; probabilmente da tutta la vita. Sul suo viso scorgevo il riflesso di cio’ che ero. Frammenti di vetri colorati custoditi nell’incavo di una mano aperta.
L’uomo non si muoveva; la testa sollevata verso la coltre opalescente dell’umidita’. Intuii che mi vedeva… Era l’unico. Possedeva il dono di contemplare i luoghi sconfinati dell’anima.
La sera, forse, avrebbe scritto di me, come io di lui.
Due anime, un unico racconto.
Quello di un uomo a testa in giu’, sul fondo di un lago.